SPIRITUALITÀ LAICA, INIZIATICA E
VIRTUALITÀ INTERNETTIANA
di Francesco Pullia
Non c’è dubbio che la condizione, del tutto imprevista, in cui ci si è venuti a trovare in seguito alla diffusione pandemica abbia prospettato uno scenario fino a poco tempo fa impensabile che ha
coinvolto e sconvolto la dimensione umana nella sua interezza.
Da un lato ha favorito una sorta di battuta d’arresto nei confronti di una visione antropocentrica che pareva destinata ad allargarsi in modo smisurato e arrogante, dall’altro ha costituito un’occasione quanto mai opportuna per ripensare la nostra finitudine, la nostra limitatezza a partire dallo strumento prioritario di orientamento e comunicazione in nostro possesso, cioè il corpo. Ben lungi dall’essere mero involucro o, secondo un certo platonismo, vera e propria prigione per l’anima, il corpo si è rivelato invece un pretesto simbolico, un punto di partenza imprescindibile per spingerci oltre, verso una coralità o, se vogliamo, una compresenza in cui ogni essere
(quindi, non solo umano), proprio a causa della propria transitorietà, acquista pregnanza. Paradossalmente, il rischio del contagio, la malattia, l’incalzare della morte, anziché impoverire il nostro passaggio e sprofondarlo negli abissi di un nichilismo senza speranza,
hanno contribuito a sollecitarci prepotentemente verso un’ulteriorita che ci arricchisce disvelando spazi e territori da affrontare e percorrere, direzioni che altrimenti sarebbero rimaste precluse o secondarie.
Come sempre accade in periodi di grave crisi – e quella che stiamo vivendo è sicuramente epocale – troviamo soccorso in una discesa, ardita quanto necessaria, nella nostra interiorità per reperire stimoli e strumenti utili a volgerci al presente lasciando intravedere possibili vie d’uscita.
Ci si chiede, allora, quale connotazione possa avere, nell’attuale contesto, la spiritualità, se e come possa cioè declinarsi e definirsi senza cadere nella minacciosa lusinga di pericolosi integralismi e fideismi. Al di là della religione, di una codificazione strutturata,
irrigidita, dogmaticamente fondata, si affaccia pertanto una spiritualita laica, dove il termine laico va inteso in un’accezione non contrapposta a religioso ma, al contrario, come la sua espressione più alta perché ispirata a un criterio di libera ricerca non dogmatica.
Si tratta di vedere se e come questo anelito spirituale possa incontrarsi e intrecciarsi con il percorso iniziatico, con il dischiudersi di un orizzonte simbolico e misterico finalizzato all’acquisizione non di conoscenze, ma di consapevolezza volta a rapportare, in un indissolubile e fecondo legame, l’io e l’altro. E, ancora, alla spiritualita laica e a quella iniziatica si è aggiunta, accentuandosi soprattutto in questi giorni di restrizioni e isolamento, una sorta di spiritualita internettiana, in cui l’algoritmo, anche qui paradossalmente, anziché caratterizzarsi come alleato impercettibile e privilegiato di un sistema
dominante dedito a controllare, vigilare, penetrare anche nella psiche e nell’intenzionalità, ha assunto un ruolo squadernante, liberante. Già decenni fa alcuni scrittori e filosofi hanno intravisto la
possibilità di utilizzare la virtualita per uscire dalla mondanità, da un mondo chiuso, angusto, definito, per spingerci addirittura ben al di là delle limitate e limitanti coordinate spaziotemporali a noi note.
Michaux, con le loro assunzioni di sostanze psicotrope, si sono avventurati in territori inesplorati diventando essi stessi psiconauti. Ma ancora prima, coloro che diedero vita alla felice stagione delle avanguardie artistiche del Novecento, e ci riferiamo in modo particolare al Surrealismo e alle sue scismatiche derivazioni fino al gruppo dei Cobra e al movimento situazionista, hanno intravisto e sperimentato l’oltrepassamento del ristretto orizzonte umano e umanistico destinandosi all’intentato e mostrando l’insussistenza di ogni dualismo di fondo.
È doveroso, a questo proposito, citare i più significativi René Daumal, Antonin Artaud e Georges Bataille; quel Bataille che, insieme a Pierre Klossowski, fece propria l’accorata esortazione nietzscheana ad andare al di la del bene e del male, sovvertendo coraggiosamente, dietro l’impulso del filosofo della morte di Dio, un ordine morale avvertito come imposto e fallace, a partire dalla riconsiderazione, avviata dal marchese De Sade, del corpo e di una sessualità destituente l’ordinamento precostituito. Bataille, Klossowski e, sulla loro strada, Jean Baudrillard e Mario Perniola si sono soffermati su una fenomenologia dello scambio simbolico, dell’azzardo, della ritualità fine a se stessa, dell’economia del dispendio (si pensi alla pratica del potlach diffusa tra i nativi d’America secondo cui un capo tribale, quando riceve quello di un’altra tribù, fa un sacrificio con cui spreca e distrugge risorse per dimostrargli la propria sovranità impegnando, a sua volta, la controparte a compiere un sacrificio di maggiore entità).
E ancora Baudrillard e Perniola, ognuno da proprie angolazioni, hanno esaminato l’estinzione del criterio di autenticità e originalità e la sua sostituzione con lo spurio, l’ibrido, la ripetizione seriale generatrice di stornamento espaesamento, l’avvento del simulacro, il mimetismo diffuso verso cui declina la soggettività. D’altronde già Carl Eistein e Alfred Kubin, nella prima metà del Novecento, si erano diffusi nell’alveo dell’Espressionismo.
Valga tra tutte un’opera del 1912 come Bebuquin o i dilettanti
del miracolo. Oggi, nell’epoca del postumano preannunciato da Günther Anders nel celebre libro del 1956 sull’inadeguatezza umana,
siamo ben oltre la tarda modernità, in una dimensione che non è più nemmeno liquida, come sosteneva Bauman, ma addirittura eterea, fluttuante nella virtualita. Grazie all’informatizzazione, è ormai possibile attualizzare il futuro e appare sempre meno fantascientifica e avveniristica l’ipotesi di viaggiare nell’intratemporalita. Di fatto, la
spiritualità preconizzata da remoti insegnamenti iniziatici, che nel corso dei secoli hanno fornito linfa vitale alla cosiddetta philosophia perennis, trova nella virtualita un ambito fecondo, foriero di imprevedibili implicazioni, riscontrabili ad esempio in film come Blade Runner del 1982, Minority Report, di vent’anni più tardi, o, ancora, Avatar, del 2009. Nel 1991, undici anni prima della scomparsa, Elémire Zolla elogiava l’esistenza di strumenti in grado di produrre realta virtuali. «All’uomo», affermava con preveggenza, «sara offerta
la possibilita di fare esperienze sciamaniche, mistiche (…) Non esistera piu una sola realta. Il primato tirannico della realta, con la R maiuscola, quella ritenuta finora unica, si perdera». In un’opera del 1992, intitolata emblematicamente Uscite dal mondo, lo stesso Zolla ci ha invitato ad andare al di là dei recinti concettuali per scioglierci e abbandonarci all’immensa distesa del possibile, sì da scorgere lumi nelle tenebre e, anzi, fugare queste ultime tramite guanti, cuffie, sensori, occhiali adatti alla tridimensionalita, tute che consentono al corpo di spingersi oltre se stesso in territori che incrinano la pseudo realtà e la scalzano.
Spiritualita laica e spiritualita iniziatica trovano nell’universo
telematico e informatico modalità per esplicarsi, evolversi,
convergere verso quell’altrove intravisto nel corso dei secoli da
mistici, sciamani, psiconauti, visionari. Le sperimentazioni psicoattive di Hoffman, Leary, Huxley, Castaneda, le inquietudini di esponenti della beat generation come Ginsberg, Burroughs, Kerouac, Gary Snyder, le intuizioni di Einstein, Bohr, Heisenberg, Schrödinger e poi di Lovelock, Bateson e soprattutto di Fritijof Capra (si legga, a questo proposito il bel libro di David Kaiser, Come gli hippie hanno salvato la fisica), la radicalità teologica di Altizer e Hamilton (ma già l’affascinante marxismo escatologico di Ernst Bloch aveva messo l’accento sull’ateismo nel cristianesimo), lo zen di Daisetz Teitaro Suzuki, il tao di Alan Watts, in breve quanto di altro e alternativo è stato espresso nel Novecento rispetto a strutture cognitive e concezioni religiose coercitive trova nella cibernetica una sponda per un interessante rimescolamento.
Si tratta, per dirla a la Michaux, di «flusso, flusso senza fine respingendo restrizioni, delimitazioni (…) onde viaggianti su onde». Questa spiritualità è espressione di quel neotribalismo postmoderno, indagato a fondo da Michel Maffesoli, nato dalla e sulla delusione nei confronti di stantie concezioni politiche, religiose, ideologiche e dalla spinta a ritualizzare la quotidianità. Contrariamente a quanto superficialmente si possa pensare, il web ci ha reso più empatici consentendoci appartenenze, vicinanze, frequentazioni, in una vertigine comunicazionale, con simili la cui fisicità spesso è immaginaria ma non per questo meno valevole, tutti partecipanti a ritualità destrutturate e riassemblate.
La virtualita non elude affatto le domande esistenziali di fondo ma le colloca in uno scenario completamente nuovo in cui l’esperienza spirituale si fa più libera e privata, svincolata da dogmatiche restrizioni, rispondente a una creatività che ha il proprio perno nella crisi e nel misconoscimento di un criterio autoritativo assolutizzante.
Ne scaturisce una spiritualita laicizzata, secolarizzata, ma anche,
a suo modo, iniziatica perché presuppone innanzitutto la messa in discussione di sé e di valori imposti che hanno via via dimostrato la propria inadeguatezza: «La virtualita», come ha scritto Perniola, «non e una simulazione, una imitazione, una mimesi della realta, ma l’ingresso in un’altra dimensione, per cosi dire ontologicamente differente».
Con la destituzione di un unico criterio veritativo, improponibile in una società multidirezionale e composita come l’attuale, fortemente segnata dall’intersecazione di segmenti diversificati e talora contraddittori, emerge la necessità di pensare la verità nella direzione del molteplice e si ricorre al dubbio come bussola orientativa. È proprio in virtù del dubbio che le tradizioni vengono del tutto reinventate in un’intimità che fa tesoro della demitizzazione di religioni che, ammantate come sono di orpelli, risultano, nell’ottica
contemporanea destinate a implodere (com’è dimostrato, d’altronde, dai violenti colpi di coda dei vari fondamentalismi, non soltanto di matrice islamica). Nell’isolamento imposto dal protrarsi delle disposizioni miranti ad arginare la diffusione della pandemia, grazie alla virtualità e all’interazione internettiana, siamo stati sollecitati
a ripensare quanto avevamo dato per scontato, a cominciare dall’onnipotenza della scienza e della razionalità, a prendere atto dell’avvento dell’imponderabile e della sua ineluttabilità, ad acquisire consapevolezza della vacuita e impermanenza di ogni aspetto del cosiddetto reale. Il dialogo serrato tra noi e la molteplicità internettiana ha consentito di accentuare una spiritualità, tutt’altro che semplicistica, dai risvolti etici non indifferenti, primo tra tutti quello di un empatico legame di interdipendenza e interconnessione che ci spalanca incredibili aperture, offrendoci, tra l’altro, la possibilità di lasciarci avvincere da fascinazioni distanti, estranee ai contesti culturali in cui siamo cresciuti, ma proprio per questo maggiormente portatrici di fecondità e suggestioni innovative.
TRATTO DALLA RIVISTA “HIRAM” 2021/1