PREMIO NOBEL PER LA MEDICINA-CAMILLO GOLGI

CAMILLOGOLGI

NOBELPERLAMEDICINA1906

di Claudio Bonvecchio

 Dopo aver diretto, a Pavia, per più di trent’anni un Collegio Universitario che porta il nome di Bartolomeo Camillo Emilio Golgi e, dopo essermi seduto per più di quarant’anni sulla sedia del suo studio, mi sono sentito quasi obbligato a tracciare il profilo di questo grande scienziato: premio Nobel, nel 1906, per la medicina, ma anche ini­ziato Libero Muratore nella Libera Muratoria Uni­versale. Golgi è nato, terzo di tre figli, il 7 luglio1843 a Còrteno – piccolo paese della bresciana Val Camonica a cui, nel 1956, fu aggiunto il nome di Golgi per onorare il suo illustre concittadino – e raggiunse l’Oriente Eterno, il 21 gennaio 1926, a Pavia: sua città di adozione. Era figlio di un me­dico condotto, Alessandro, pavese di origine, che già subito dopo la laurea – conseguita all’Univer­sità degli Studi di Pavia nel 1838 – si trasferì a Còrteno. E qui non ci si può astenere dal ricordare l’importanza e il valore che ebbero i medici con­dotti nell’Italia ottocentesca e unitaria. Basta scor­rere Dolci ricordi dalle Veglie di Neri di Neri Tanfucio, ossia Renato Fucini, per rendersene conto. “Quando mi destai, “così scrive Renato Fucini” vidi mio padre seduto dall’altra parte del focolare che si asciugava alla fiamma i calzoni fradici di pioggia. Pareva stanco e pallido. Tossiva mala­mente e aveva schizzi di fango fino sulla faccia” .Era il ritratto di medici che, scarsamente remune­rati, soli, senza particolari strumenti, svolgevano, con dedizione estrema e con laico spirito fraterno, il loro compito di medici condotti: la loro mis­sione. Si muovevano a piedi e a cavallo, in situa­zioni estreme e in zone disagiate e dissestate, per portare soccorso medico, umana vicinanza, consi­glio e, spesso, anche aiuto materiale a una popo­lazione poverissima, devastata da malattie sociali e da infime condizioni di vita. L’Italia moderna ha dimenticato questi silenziosi e nascosti eroi del progresso e della Fratellanza. E li ha dimenticati, pure, la Libera Muratoria più incline a celebrare i(pur importanti) fasti politici e letterari del Risor­gimento che la quotidiana fatica e il continuo sa­crificio di questi umili personaggi. Uomini che erano, in molti casi, Liberi Muratori. E che percor­revano pianure e montagne – come Alessandro Golgi – per testimoniare, con la loro quotidiana fatica, una fede spesso religiosa, sicuramente laica, sempre umana e alimentando la fiaccola ideale dell’amore per il prossimo. Questo “stile umano” sicuramente ha influenzato Camillo Golgi che avrà di certo visto, molte volte, suo padre nelle condi­zioni di quel medico così efficacemente descritto da Renato Fucini. Ne è prova la sua sensibilità di medico che lo portò – nel corso della sua straordi­naria attività scientifica – a occuparsi della malaria che, insieme alla pellagra, era una delle patologie che colpiva, con più frequenza, le classi lavoratrici delle campagne sfruttate e lasciate a sé stesse.

Ben presto il giovane Golgi si trasferirà – per un breve periodo a Pavia – poi, dal 1852 al 1856, fre­quenterà il Ginnasio di Lovere (Bergamo) per poi fare ritorno, definitivamente, a Pavia dove termi­nerà i suoi studi liceali nel Regio Ginnasio Li­ceale. Liceo questo – dal 1865 intitolato a Ugo Foscolo e attualmente ancora funzionante (visto che l’ho frequentato pure io) – collocato nell’an­tico convento barnabita di Santa Maria di Cane­pa nuova, attivo come scuola superiore dal 1557 e che vanta, oltre a Golgi, illustri alunni: come Be­nedetto Cairoli, Felice Casorati, Luigi Porta, Fi­lippo Turati, Tranquillo Cremona e altri ancora. Nel 1860, si iscriverà alla Facoltà medica dell’Alma Ticinensis Universitas di Pavia. L’Università degli Studi di Pavia – sorta, come Scuola giuridica, per vo­lontà dell’Imperatore Lotario nel 1825, fondata, come Studium Generale, dall’Imperatore Carlo IV nel 1361 su sollecitazione di Galeazzo Visconti, duca di Milano e riportata a nuova e più presti­giosa vita da Sua Maestà Imperiale Maria Teresa e da Suo figlio Giuseppe II nel Settecento – era une delle più antiche e prestigiose Università Ita­liane. In essa avevano insegnato illustri giuristi e letterati – come Baldo degli Ubaldi, Andrea Al­ciato, Giasone del Maino, Lorenzo Valla, Agrippadi Nettesheim, Girolamo Cardano, Giandomenico Romagnosi, Vincenzo Monti, Ugo Foscolo – e non meno illustri scienziati: come Lazzaro Spallanzani, Lorenzo Mascheroni, Alessandro Volta, Antonio Scarpa, solo per citarne alcuni. In questo contesto, Golgi avrà avuto modo di partecipare all’attiva vita goliardica incrementata anche dall’esistenza di due secolari Collegi Universitari come il Colle­gio Ghislieri (fondato nel 1567 da san Pio V) el’ Almo Collegio Borromeo fondato nel 1561 da  San Carlo Borromeo.

Ma non si deve pensare che la vita goliardica pa­vese, sicuramente vissuta da Golgi, trascorresse solo in divertimenti, allegria, giochi, passioncelle, avventure erotiche e versi licenziosi: come quelli che fecero cacciare dal Collegio Ghislieri, nel 1726, Carlo Goldoni. I giovani universitari pavesi erano, anche, politicamente, socialmente e patriot­ticamente impegnati. Lo dimostra la probabile presenza di una Loggia della Libera Muratoria nel Collegio Ghislieri e in città, i fermenti rivoluzio­nari francesi fatti propri dagli studenti, la presenza napoleonica in Università e soprattutto – dopo l’eclissi di Napoleone – la grande speranza risor­gimentale che infiammava i giovani universitari pavesi. Basta solo pensare al contributo di sangue dei Fratelli Cairoli, Ernesto, Luigi, Enrico, Gio­vanni e Benedetto: l’unico, sopravvissuto anche se ferito agli altri quattro morti sui campi di batta­glia. O agli studenti pavesi morti – insieme a quelli pisani – nella battaglia di Curtatone e Mon­tanara del 29 maggio 1848 e ai 170, circa, studenti pavesi che parteciparono, con Giuseppe Garibaldi, alla spedizione dei Mille. Non bisogna, poi, di­menticare – oltre all’afflato politico – anche quello culturale e sociale. L’Università degli Studi di Pavia, infatti, era all’avanguardia negli studi scientifici e medici già dal Settecento con l’illustre anatomista Antonio Scarpa, con medici come Sa­muel A. Tissot e Johann P. Frank e, altrettanto lo sarà nell’Ottocento con personaggi del calibro di Bartolomeo Panizza, Giulio Bizzozzero, Eugenio Oehl, Paolo Mantegazza e Cesare Lombroso. L’orientamento prevalente – in sintonia col sentire europeo – era quello positivista. Un Positivismo, certo, in cui la ricerca scientifica si associava, anche, con spinte patriottiche – basta ricordare Carlo Cairoli, Ordinario di Chirurgia, Rettore dell’Università e padre dei già citati Fratelli Cai­roli – e sociali. Non è casuale che il celebre Cesare Lombroso – ebreo di nascita, positivista, raziona­lista, libero pensatore e forse, pure lui Fratello –si sia occupato di quel vero e proprio flagello so­ciale rappresentato dalla pellagra. Rappresentava il desiderio di mettere la scienza medica a dispo­sizione delle classi più umili per favorirne il mi­glioramento e l’innalzamento: come farà lo stesso Golgi occupandosi, attivamente, del problema della malaria non meno drammatico della pella­gra.

È, dunque, in questo contesto estremamente ricco di stimoli che si snoderà il cammino universitario di Camillo Golgi che, ventiduenne, si laureò, nel1865, in Medicina, con una Tesi “Sull’eziologia delle malattie mentali” discussa con Cesare Lom­broso e, subito dopo, iniziò il suo cammino di me­dico e di ricercatore. Infatti, senza alcuna discontinuità, prese servizio presso il pluriseco­lare – era stato fondato su sollecitazione del dome­nicano fra Domenico da Catalogna nel 1448 –Ospedale San Matteo di Pavia, frequentando sia l’importante reparto di Chirurgia che quello di Dermatologia per diventare, subito dopo, Assi­stente della Clinica di Malattie Nervose diretta del già famoso (e oggi criticatissimo) Cesare Lom­broso, di cui da studente era stato allievo. Nel con­tempo, frequentava il laboratorio istologico fondato dal celebre Paolo Mantegazza e diretto da Giulio Bizzozzero che gli sarà mentore e Maestro. Lombroso e Bizzozzero saranno dunque le sue guide in un cammino che lo porterà al vertice mondiale della scienza medica. L’uno, Cesare Lombroso – che era stato un convinto patriota e volontario nell’esercito piemontese – aveva tro­vato nell’Università degli Studi di Pavia (dove si era laureato) un ambiente a lui consono non solo per la celebrità dell’Ateneo ma, anche, per lo spi­rito ivi imperante. La Facoltà Medica – in sintonia con le più avanzate convinzioni dell’epoca – rifiu­tava, infatti, le dottrine vitaliste e orientava le sue ricerche sulla base del metodo sperimentale, im­prontato a un rigoroso materialismo. Questo sti­molò, senza dubbio, gli interessi di Lombroso che iniziò ad occuparsi, attivamente, delle malattie mentali e delle relazioni intercorrenti tra la biolo­gia e le patologie della mente e con questo, senza, dubbio influenzò il giovane Golgi nel per seguire gli studi sull’eziologia delle malattie mentali e neurologiche e, quindi, del cervello. Inutile dire che, in questi studi, Golgi mostrava una sensibi­lità positivista e antimetafisica che si sposava pie­namente anche con le posizioni della Libera Muratoria dell’epoca. Così, sotto la guida di Lom­broso, pubblicò, nel 1868, il suo primo articolo scientifico su di un caso di pellagra e, nel 1869, una importante monografia vertente Sull’eziologia delle alienazioni mentali. L’altro, Giulio Bizzozzero –convinto positivista e enfant prodige della Medicina– esercitò una altrettanta e maggiore influenza su Golgi che aveva preso le distanze da Lombroso che gli sembrava – e aveva, pienamente, colto nel segno – “troppo avventato nelle sue conclusioni e non rigorosamente aderenti ai precetti proclamati da Lombroso”. Questo lo avvicinò agli interessi di Bizzozzero che lo stimolò ad occuparsi di Istologia, interessandosi prioritariamente del sistema ner­voso e perseguendo un metodo rigorosamente sperimentale. Anche in questo caso, accanto a quelle scientifiche era presente il desiderio di sve­lare, grazie all’architettura del cervello, i “segreti, dei comportamenti degli esseri umani. Grazie al giovane Giulio Bizzozzero (era più giovane di lui), Golgi si applicò con grande impegno alla ricerca, giungendo a pubblicare diversi lavori tra i quali uno studio sulla neuroglia (un tessuto fondamen­tale che sostiene l’encefalo e il midollo spinale) che ebbe una discreta risonanza, a livello interna­zionale.

Tuttavia, per motivi prettamente economici e su insistenti pressioni paterne – come è noto la car­riera universitaria, ieri come oggi, non favorisce certo i meno abbienti – Golgi partecipò, nel 1872,al concorso per Primario Chirurgico presso le Pie Case degli Incurabili di Abbiategrasso. E lo vinse. Questa vincita, tuttavia, non si trasformò, per lui, in una comoda sinecura: come poteva accadere in casi consimili. Casi in cui il primariato in una pic­cola cittadina coincideva con una posizione di pre­stigio e di potere, magari aumentati da un matrimonio rappresentativo e da una vita senza particolari stimoli, ma di rappresentanza. Al con­trario, Golgi allestì – con caparbietà e spirito di sa­crificio – un rudimentale laboratorio, continuando nelle sue ricerche. II risultati non si fecero atten­dere. Infatti, sarà proprio a Abbiategrasso che porrà le basi per la cosiddetta “reazione nera”: la fissazione del tessuto nervoso in bicromato di po­tassio e poi l’immersione in nitrato d’argento. Questa reazione facevi si che alcune cellule, così trattate, risultassero al microscopio, rivelando la morfologia e l’architettura del tessuto cerebrale: in tutte le loro ramificazioni. Era l’inizio di quelle che saranno chiamate le Neuroscienze e che, oggi, hanno una importanza straordinaria e, sempre dipiù ne avranno. Grazie a questa scoperta, Golgi studiò, in seguito e con successo, la struttura del cervelletto (le cellule di Golgi della corteccia ce­rebellare), i bulbi olfattori, altri aspetti ancora del­l’area cerebrale e i primi principi della sua teoria generale dell’organizzazione del cervello. Grazie a questi studi e alla rapida diffusione della sua no­torietà, divenne, nel 1876, professore di Istologia nella Regia Università degli Studi Pavia e anche di Anatomia nell’Università degli Studi di Siena. Dopo la parentesi senese, fu nominato in via defi­nitiva (1879) Ordinario di Patologia Generale e responsabile di un reparto nell’Ospedale Dan Matteo.

Gli onori accademici, la notorietà internazionale e il matrimonio (nel 1877 con Lina Aletti, nipote di Giulio Bizzozzero) non lo distolsero dalla ricerca: come già era accaduto durante il periodo trascorso a Abbiategrasso. Al contrario, continuerà la ricerca testimoniata dall’organo tendineo del Golgi, dai corpuscoli di Golgi-Mazzoni, dagli imbuti cornei della mielina, dagli studi sulla malaria (che si concreteranno nella Legge di Golgi), dalle ricerche  sull’istologia del rene, sulla trasfusione del san­gue peritoneale, sui canalicoli delle cellule parie­tali delle ghiandole gastriche e su molto altro ancora

Ma se questo è il cursus honorum strettamente me­dico di Camillo Golgi, non meno importante è quello civile e politico. Un cursus honorum che la­scia intravvedere come l’affiliazione muratoria –di cui non conosciamo i dettagli – ha lasciato, inlui, una importante traccia. Fu infatti Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Pavia per ben due mandati – dal 1893 al 1896 e dal 1901 al1909 – dando un importante e equilibrato contri­buto alla crescita dell’Università, a cui si dedi­cherà con particolare impegno in anni di grande fermento sociale. Suo scopo principale era la di­fesa e l’ampliamento della Università in cui scor­geva la possibilità di dar vita a una Italia in grado di competere con gli altri Istituti Scientifici: a li­vello internazionale. Questo è stato il motivo per cui è sceso in politica, concentrandosi sulla ammi­nistrazione di Pavia: la sua città di adozione, anche se mai dimenticherà Corteno, il suo paese di nascita. Si schiererà nell’Unione Liberale Mo­narchica lottando, nelle elezioni comunali, contro il futuro Senatore a vita Roberto Rampoldi espo­nente della sinistra (amico dei miei nonni) che fu deputato per molte legislature sempre nella Sini­stra. In questa contesa, il vincitore fu Golgi, moti­vato più che dal desiderio di condurre una attività politica vera e propria dalla volontà di difendere   l’Università sia dalle mire milanesi sia dall’apatia dei pavesi. Golgi temeva infatti che Milano vo­lesse dotarsi di strutture universitarie competitive con Pavia – come, per altro stava avvenendo – di­minuendo, con questa frammentazione, la possi­bilità di avere sedi universitarie in grado di compete a livello internazionale. Va, in questo, ravvisata l’intelligenza accademica del Golgi che temeva – cosa questa che avverrà nel secondo do­poguerra – la provincializzazione delle Università ridotte a super Licei a causa della loro dispersione sul territorio nazionale. Sulla notoria apatia dei pavesi basta scorrere la storia di Pavia per tro­varne ampie conferme.

Il suo desiderio – comunque in perfetta sintonia con l’approccio sociale della Libera Muratoria del­l’epoca – era quello di dar vita ad un nuovo e mo­derno Policlinico San Matteo in grado di rispondere alle esigenze della popolazione della nuova Italia. Questo suo progetto – maturato nel periodo in cui fu Assessore alla Sanità nel Co­mune di Pavia – troverà accoglienza soltanto nei primi decenni del Novecento in cui sorgerà, delo­calizzato rispetto alla sede storica, il nuovo Poli­clinico San Matteo.

Con lo stesso spirito di servizio e la medesim aumiltà, terminato il suo periodo di Rettorato, Ca­millo Golgi tornerà all’insegnamento e agli studi

occupandosi sia della rete per i neuronale sia del­l’apparato reticolare interno del sistema nervoso che fu chiamato “apparato di Golgi”. E, con la stessa alacrità intellettuale continuò sino alla morte la carriera di studioso pur ottenendo una lunga serie di onori accademici e pubblici. Fu no­minato Senatore del Regno nel 1900 e fu chia­mato, come già ricordato, ad esercitare, ancora, la carica di Magnifico Rettore nell’Università degli Studi di Pavia dal 1901 al 1909. Nel 1906 ebbe, poi, il grandissimo e meritatissimo onore di rice­vere dalle mani del Re di Svezia il Premio Nobelper la Fisiologia e la Medicina insieme a Ramony Cayal, con cui aveva avuto cavalleresche contese. Ricevette il Nobel prima del Fratello Giosué Car­ducci, Premio Nobel per la Letteratura. Non biso­gna, altresì, dimenticare che fu decorato della più alta onorificenza italiana, il Gran Cordone dell’Or­dine di San Maurizio e Lazzaro, a cui si aggiunse il Cavalierato dell’Ordine Civile di Savoia e l’am­bitissimo Cavalierato dell’Ordine pour le Merite dell’Impero Tedesco. Durante la Prima Guerra Mondiale, oramai anziano, non si sottrasse al suo dovere di patriota, dando il suo contributo come   direttore dell’Ospedale di Guerra che era stato in­stallato nell’Almo Collegio di Pavia, ponendo tutti i suoi sforzi e le sue competenze nel curare i feriti di guerra e nell’adoperarsi per la loro riabilita­zione.

Nel 1918, andò e pensione pur continuando a in­segnare fino al 1920 come Professor Emeritus nel­l’Alma Tciinensis Universitas che lo aveva avuto come studente, Professore e figlio prediletto. Nel 1926raggiunse l’Oriente Eterno lasciando la moglie che lo segui nel 1940. Una semplice tomba li accoglie entrambi nel Cimitero Monumentale di Pavia.

Difficile è stabilire il Cammino Muratorio di Ca­millo Golgi: non avendone alcuna documenta­zione. Non si sa se è stato iniziato a Brescia, a Pavia o a Roma. Non si conoscono né la data di Iniziazione e neppure quella dell’Assonnamento: se mai ci fu un Assonnamento. E neppure sap­piamo se è stato iniziato nel Grande Oriente d’Ita­lia o nella Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori: ma questo, in fondo, poco conta. Quello che conta è che Camillo Golgi è stato – come dimostra tutta la sua vita, il suo im­pegno morale, civile e scientifico – un vero, grande, sincero Libero Muratore. Ha dimostrato come nell’Italia che si stava edificando era possi­bile, per un figlio della piccola borghesia, rag­giungere, per il merito i traguardi più elevati. Ha testimoniato, altresì, una ferrea volontà e un ar­dore civile che l’ha guidato, con sacrifici, in tuttala sua esistenza a migliorare la vita degli esseri umani in nome di quel “bene e progresso  del­l’Umanità” che – oggi come allora – è una delle frasi più significative del Rituale di Iniziazione. Certo era un Positivista, sicuramente non era – al­meno per quanto ne sappiamo – un esoterista: in senso stretto. Ma sappiamo, anche, che fortunata­mente nella Libera Muratoria Universale il filone esoterico e quello più razionalista convivono, pro­ficuamente: divisi su molti aspetti ma totalmente concordi nel lavorare per il proprio perfeziona­mento interiore e per il miglioramento della vita di chi vive accanto a noi. Questa è stata la divisa di Camillo Golgi. Questo – ben più del Nobel e di tutti gli onori terreni – è il suo grande merito e il dovere di ricordarlo come un Fratello che dà lu­stro, in eterno, alla Libera Muratoria Universale. Onore al Fratello Camillo Golgi.


TRATTO DA MASSOCICAmente n. 21

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