La Città, l’Uomo, l’Europa. XX Settembre 1870.
Dall’Unità d’Italia ad un’Europa unita.
di Stefano Bisi
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
(Palazzo Giustiniani)
Benvenuti al Vascello,
Benvenuti nella casa dei Liberi Muratori del Grande Oriente d’Italia,
Benvenuti nel giardino della Fratellanza.
Siamo tanti, direi che siamo tantissimi questa sera nel parco più bello di Roma, curato con tanto amore e professionalità dai nostri giardinieri. Siamo tanti e siamo felici di questo anche se questa partecipazione può creare qualche problema logistico. Siamo fieri di questa sede sul Gianicolo, ma siamo altrettanto orgogliosi di poter esibire un altro fiore all’occhiello come Casa Nathan, inaugurata nello scorso mese di marzo e che è la casa di tutti i Fratelli, a partire da quelli dell’attiva e laboriosa Comunione Romana. È un Tempio di cristallo e di Luce, così come il Vascello è un tempio del verde nel pieno rispetto della bellezza della Natura che ci circonda. Queste case sono due colonne del Grande Oriente d’Italia, sono il nostro passato e il nostro presente, ma sono anche il futuro della nostra Obbedienza. E sono colonne del Grande Oriente d’Italia i templi sparsi ovunque, in tutta Italia, che i Fratelli curano con passione e amore. Siamo qui per continuare una tradizione,
siamo qui per rinnovare il patto di fedeltà alla costituzione e ai nostri valori, di fronte a tanti amici che non appartengono alla nostra Comunione e che saluto con affetto. Siamo qui per guardare avanti,
per guardare al futuro con fiducia, consapevoli delle glorie del nostro passato ma con lo sguardo volto al domani; l’albero che cresce non ha nostalgia delle proprie radici. Ecco, cari Fratelli, cari Amici, noi del Grande Oriente d’Italia siamo come un grande albero che trae preziosa linfa dal passato, ma il presente sono i rami e le foglie, fratelli forti e desiderosi di crescere rigogliosi verso l’alto sempre di più guardando in faccia il sole. Un albero che si erge da secoli consapevole della propria nobiltà e che fa da sicuro riparo a chi si siede sotto le sue fronde sempre scosse dal vento della Libertà e del libero pensiero. Un albero dalla folta chioma, non un tronco spoglio, con rami rinsecchiti.
L’albero del Grande Oriente d’Italia ha un tronco solido e dalle sue cime pendono come frutti tanti valori. Gli ideali sono necessari come l’acqua lo è per la vita. Dell’albero, dell’uomo, dell’Universo.
Un’esistenza senza ideali, risulterebbe arida come la sabbia del deserto e farebbe cadere l’individuo nel pozzo vuoto e senza fondo dell’indifferenza, dell’inutilità, della depressione, in quelle che i Liberi Muratori chiamano tenebre. Al contrario, un’azione forte, sostenuta da valori e da nobili aspirazioni riempie la vita, la rende luminosa, la arricchisce di significati. Prendere riempie le mani, dare riempie il cuore. È proprio quello che fa la Massoneria, antica quanto l’uomo, che lavora ed opera “per il bene e il progresso dell’Umanità”, e che nella sua azione vivificante e propulsiva, ha individuato e sostenuto ideali comuni agli uomini che sono rimasti validi nei secoli in tutti gli angoli della Terra. La Libertà, l’Uguaglianza, la Fratellanza, la Tolleranza, la Solidarietà, la Pace Universale, la Difesa dei Diritti dell’Uomo, con in primo piano la Dignità di qualsiasi essere umano. E a proposito di dignità, rivolgo un pensiero ai nostri marò. Penso e pensiamo ai nostri marò. Ecco chi sono Liberi Muratori.
Sono questi, sono coloro che credono che la dignità umana vada messa al primo posto nella scala degli ideali. Sono coloro che oggi celebrano il 20 settembre come Equinozio d’Autunno e come Breccia di Porta Pia. Oggi il muro da abbattere è quello dell’intolleranza, del fanatismo religioso che possono distruggere quello che uomini di buona volontà hanno costruito giorno dopo giorno, mattone dopo mattone. C’è bisogno di armonia. C’è bisogno di concordia.
“Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere”. Queste parole non sono le mie, ma sono quelle di Giovanni Falcone, un magistrato che ha pagato barbaramente con la vita il prezzo del suo lavoro per la giustizia, parole che sono più che mai attuali. Come non condividerle, ci fanno riflettere. Come quelle di Paolo Borsellino, altro grande magistrato, anche lui ucciso da mani assassine
e prive di valori, che in un’intervista anticipò la sua fine e diede a tutti una grande lezione di coraggio: “La paura – disse – è normale che ci sia,
in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, sennò diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti”. Andare avanti imperterriti, ed avere coraggio. Tanto coraggio. Anche noi, cari Fratelli, dobbiamo averlo nell’esercitare con maestria la nostra opera per il bene dell’Umanità in uno scenario mondiale che, effettivamente, preoccupa e ci consegna sistematicamente tanti brividi. Tante situazioni di crisi aperte che minacciano l’Armonia umana e mettono sotto scacco la Ragione.
“In un momento di difficoltà ci vuole il coraggio. Le difficoltà stimolano il coraggio, nel coraggio si tempera la forza, con la forza si impone la rotta al destino. Questo vuol dire vivere”, ha detto il filosofo Gustavo Rol. Guardiamoci attorno. Tutto sta cambiando con una rapidità vertiginosa. Assistiamo alla globalizzazione sfrenata, alla crisi economica dei mercati, a conflitti laceranti, all’escalation dei fondamentalismi, alla violenza su donne e bambini, al razzismo, alla grande tragedia dell’immigrazione che vede l’Italia e Lampedusa in prima linea da sempre. Eppoi la crisi degli ideali. La trama del tessuto sociale si sta lacerando. Forse mai come adesso l’Umanità è stata messa di fronte a tanti cambiamenti, su tutti i piani e su tanti livelli.
Che cosa può fare la nostra pietra che proviamo ogni giorno a levigare in questo mondo che sembra sempre più incattivito, nelle nostre fredde e frettolose città che hanno perso la gioia dei sorrisi nei volti della gente, dove tutto sconfina nell’Ego personale e materiale, e dove tutti diffidano
del prossimo e spesso gli voltano anche le spalle? Noi in queste Città abbiamo bisogno di uomini coraggiosi e capaci.
Coraggiosi e capaci, persino rivoluzionari, come lo fu nei primi anni del
Novecento il nostro Fratello Ernesto Nathan. Un sindaco di Roma che rappresenta anche ai giorni nostri un esempio di operosità sociale e di grande amministratore della cosa pubblica. Occorre agire con la ragione e con il cuore. Testa fredda, cuore caldo.
Noi Liberi Muratori abbiamo il dovere e l’onere di custodire, difendere e trasferire nel mondo i nostri principi ben espressi nel trinomio all’Oriente dei nostri Templi: Libertà, Uguaglianza e Fratellanza. Dobbiamo avere fiducia, dobbiamo trasmettere fiducia. Dobbiamo dare fiducia al prossimo. Dobbiamo operare per la costruzione di una Civiltà migliore, di una società migliore, di un mondo migliore. Lo dobbiamo fare col compasso del nostro pensiero libero e puro come l’aria, e con la squadra ed il regolo dell’equilibrato dire e corretto agire. E non dobbiamo indietreggiare di fronte a niente. Perché solo così la nostra Comunione, talvolta criticata ed esposta ai venti mutevoli dei mezzi di informazione, sarà sempre viva e tetragona di fronte all’evoluzione del mondo e del progresso. Al passo con i tempi. Solo così la nostra indissolubile catena della Fratellanza sarà inattaccabile e salda.
La Massoneria ha saputo sempre essere all’avanguardia, capire ed anticipare gli eventi. Lo dice la Storia. E noi Liberi Muratori del Grande Oriente d’Italia, siamo e dobbiamo essere in questo momento cruciale delle vicende umane, dei veri cittadini del mondo. Avere coraggio. Come quel “ragazzo dell’Europa” mirabilmente descritto nella canzone della mia concittadina Gianna Nannini.
Tu ragazzo dell’Europa
Tu non perdi mai la strada.
Tu ragazzo dell’Europa
Porti in giro la fortuna.
Tu ragazzo dell’Europa
Tu non pianti mai bandiera.
Cittadini del mondo senza piantare mai bandiera? Proprio noi che abbiamo tanti simboli da innalzare e di cui andare orgogliosi?
A qualcuno potrà sembrare un paradosso? No, non si tratta di un paradosso, di una fuga dalla realtà, dalla vita reale. Noi costruttori un tempo di Cattedrali, oggi siamo costruttori di una cittadinanza pluriculturale, noi siamo costruttori di armonia. Il nostro non piantare bandiere significa semmai che dobbiamo guardare oltre l’orizzonte, allargare la nostra visione, mantenendo salde le nostre radici, non bisogna fermarsi di fronte a quella che ci pare una meta già raggiunta.
Dobbiamo andare avanti risoluti per la nostra strada, la strada della saggezza, che ha dei luoghi sicuri dove esercitare la nostra Arte Reale. I nostri Templi, le nostre officine hanno conosciuto e conoscono l’integrazione di culture e di razze da secoli.
Da noi uomini di differente colore e religione siedono uno accanto all’altro, non uno contro l’altro. Ci si alza, si prende la parola e si dialoga, ci si confronta e si cresce. Si cerca sempre di dare il meglio per l’Officina e per l’Umanità. Con paziente, tenace, illuminata, e laboriosa ricerca. Il nostro Paese, questa Europa alla ricerca di una maggiore coesione, di una identità fondante e comune ben lungi dall’essere definita e di una vera, e sottolineo vera, solidarietà, hanno diritto al nostro pensiero, alla nostra azione, alle nostre idee, alle nostre decisioni di uomini coraggiosi e liberi. Ecco, perché quel “ragazzo d’Europa” della Nannini porta in spalla più bandiere da piantare. Cammina con la sfrontatezza della sua giovinezza e dialoga col mondo. Ha coraggio e tanta speranza. E bussa alle nostre porte, perché vede in noi dei costruttori di integrazione e di uguaglianza, dei costruttori di armonia. Proprio qualche giorno fa è arrivata una mail di un giovane bussante, uno dei tanti ragazzi che vedono in noi una scuola di vita.
“I miei valori, insieme ai viaggi in Ucraina e Danimarca dove ho fatto diverse esperienze lavorative – scriveva questo ragazzo al Grande Oriente d’Italia – mi hanno permesso di prendere coscienza della profonda e luminosa luce che vive nelle persone e nella vita stessa di ognuno di noi. E come giovane del mio tempo voglio contribuire con il mio umile apporto ad un progetto comune dove uomini e fratelli lavorano insieme attraverso insegnamenti di vita e prove di spirito. Un progetto per il bene delle generazioni future”.
Ecco, cari Fratelli, un bel messaggio che ci deve rendere ancora di più responsabili e coscienti della nostra grande Missione, della nostra unicità e universalità. Diamo e continuiamo a dare a questo giovane ed
agli altri che continuano a bussare da noi risposte all’altezza della nostra Tradizione. Diamole con “forza e vigore”, senza rassegnarci al clima di scoramento che sembra regnare. Partecipiamo al cambiamento, ricordandoci che per cambiare bisogna battersi per un ideale, un ideale di libertà che è il nostro inesauribile tesoro che abbiamo in casa e possiamo proporre come punto di riferimento per l’Umanità. Le nostre Logge sono dei piccoli microcosmi di democrazia, di tolleranza, di solidarietà, come i tanti bei Campanili di questa Italia, paesi e uomini che hanno ancora ideali forti, solidi, che non si sono spezzati e che vanno difesi strenuamente. Una società migliore si può e si deve costruire, mattone su mattone, giorno per giorno, attimo dopo attimo, all’infinito, pur sapendo che il muro all’interno dei nostri templi non sarà mai completato. Che il nostro lavoro e la nostra opera non si concluderanno mai.
Cominciamo dai piccoli gesti. Stiamo vicino ai nostri anziani. Ai nostri fratelli che preferisco chiamare giovani antichi. Ne cito uno per tutti: Mario Sacconi, di Roma, ha novanta anni. Qualche giorno fa è venuto al Vascello, lui che in casa cammina a malapena. Ha percorso le scale con la leggerezza e l’entusiasmo di un ragazzo. Sosteniamo i giovani, che sono la nostra vita e il nostro futuro, battiamoci per la loro formazione culturale. Diamo loro una speranza ma anche una prospettiva.
“La speranza – diceva Pablo Neruda – ha due bellissime figlie: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle”.
E noi dobbiamo farlo, dobbiamo trovare questo coraggio per cambiarle e costruire il futuro di un’Umanità migliore.
TRATTO DA “HIRAM” 3/2014