LE NUOVE LENTI DEL CANNOCCHIALE DI GALILEO
LE NUOVE LENTI DEL CANNOCCHIALE DI GALILEO
Massimo Andretta
La Massoneria è lo studio della natura e la comprensione delle forze che la governano” Manoscritto scoperto da Locke nel 1696 presso la Biblioteca Bodleyana ed attribuito ad Enrico VI d’Inghilterra
“Signori, vi annuncio la fine della fisica […] Tutti i fondamenti della fisica ci sono noti e null’altro di sostanziale c’è dunque da scoprire sulla natura fisica delle cose” William Thompson, detto Lord Kelvin.
Londra, Royal Institute,1900. Nonostante l’autorevolezza scientifica dell’autore della seconda citazione, la scienza del XX secolo ha clamorosamente smentito tale affermazione.
Nello stesso anno, Max Planck, nel tentativo di spiegare la così detta “radiazione del corpo nero”, vale a dire un oggetto ideale che assorba tutta la radiazione elettromagnetica incidente, a qualsiasi lunghezza d’onda, senza rifletterla (e perciò detto “nero”, secondo l’interpretazione classica del colore dei corpi), avanzò l’ipotesi che gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche da parte degli oggetti materiali avvengono non come previsto dalla “teoria classica” delle onde elettromagnetiche di Maxwell, bensì in forma discreta, proporzionale, secondo una costante universale, alla frequenza di oscillazione dell’onda elettromagnetica. Tale ipotesi aprì la strada alla teoria quantistica degli atomi e dei loro costituenti interni (elettroni, protoni, neutroni, quark ecc.), i quali assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo, vale a dire per “quanti di energia”. Quantità di energia finite, discrete nei valori che possono assumere e limitate nello spazio, sì che l’energia può essere concettualmente rappresentata, come la materia, sotto forma granulare: appunto, i così detti “quanti”. La “Teoria Quantistica”, sviluppata ed approfondita da molti dei più brillanti fisici del novecento, tra cui possiamo ricordare Einstein, Bohr, Schrödinger, Heisenberg, Fermi, Dirac, si può dire che mini, alle radici, la visione classica, ottocentesca, del mondo fisico, a cui si riferiva Lord Kelvin nel sopra citato discorso. Ad Albert Einstein, poi, dobbiamo anche le altre grandi rivoluzioni scientifiche del XX secolo: la Teoria della Relatività Ristretta (RR) e della Relatività Generale (RG), che hanno radicalmente mutato il nostro modo di descrivere e rappresentare lo spazio, il tempo e, strettamente collegata a questi concetti, la Gravitazione Universale (GU), che si manifesta fra tutti i corpi dotati di massa. Ma le sorprese e le difficoltà nel cammino della scienza non sono affatto finite. Il più importante fra tutti i problemi scientifici ancora irrisolti è dato proprio dall’attuale, irrisolta incompatibilità e fondamentalmente diversa descrizione del mondo fornita dalle suddette teorie fisiche. Nonostante le innumerevoli conferme sperimentali nei rispettivi campi di applicabilità, sia della Teoria Quantistica, sia del così detto Modello Standard dei Processi Elementari (MS), che ne rappresenta l’evoluzione avvenuta dal ʼ900 ad oggi, sia delle Teorie della Relatività, la visione del mondo che deriva da questi paradigmi scientifici appare assolutamente dicotomica. La situazione attuale della fisica moderna è ben descritta dalle parole del fisico Carlo Rovelli: «Uno studente universitario che assista alle lezioni di relatività generale il mattino e a quelle di meccanica quantistica il pomeriggio, non può che concludere che i suoi professori siano grulli». Al mattino gli verrebbe data una descrizione del mondo in termini di grandezze continue, di corpi la cui massa, o energia, deforma in maniera progressiva il tessuto dello spazio-tempo in cui gli stessi oggetti sono immersi. Un po’ come biglie pesanti che, poste su di un telo elastico, ne deformano la superficie; la quale, a sua volta, con la sua forma, influenza la traiettoria delle sfere in moto su di essa. Nel loro moto, poi, le biglie increspano la superficie elastica, generando onde (gravitazionali) che si propagano come le onde del mare: i moti dei corpi e le onde dello spazio-tempo sono grandezze fisiche continue, “armoniose”, che si raccordano in maniera “dolce e progressiva” l’una rispetto all’altra. Nella descrizione della Teoria Quantistica dei processi elementari, invece, siamo proiettati in un mondo ove regna la discontinuità, il caso assoluto. Un elettrone, come ogni altra particella sub-atomica, ora è rilevabile in un posto, poi, improvvisamente, scompare per ricomparire in un altro luogo, con una velocità differente, senza che noi si possa dire nulla, misurare alcunché, di ciò che sia avvenuto nel balzo da un punto all’altro dello spazio-tempo. E tutte le particelle non possono stare ferme in un punto, ma sono vincolate, dalle leggi di natura a noi note, a muoversi in maniera caotica, in un balletto convulso che ci impedisce di conoscere, entro certi limiti di precisione, al medesimo istante, la loro posizione e la loro velocità esatta. È questo, dunque, il regno degli elementi discreti, dei “quanti di energia”, dei balzi discontinui delle grandezze fisiche.
Per cercare di dare una “spiegazione artistica” delle differenti descrizioni del mondo, potremmo dire che le Teorie della Relatività possono essere paragonate a brani di musica classica, dalle eleganti modulazioni, mentre la Teoria Quantistica si potrebbe associare a brani di musica seriale.
La Teoria della Relatività Ristretta si applica quando le velocità dei costituenti il sistema di studio sono molto grandi, prossime alla velocità della luce nel vuoto (circa 300.000 km/s). La Relatività Generale entra in gioco quando le masse rilevanti sono molto elevate e gli effetti gravitazionali risultino molto importanti. La Teoria Quantistica e la sua evoluzione, il Modello Standard dei Processi Elementari si applicano, infine, nella descrizione degli elementi atomici e sub-atomici. Quando le velocità in gioco risultino molto basse, le masse interagenti attraverso la gravità siano relativamente piccole, almeno su scala cosmologica (minori di 1030 kg, vale a dire mille miliardi di miliardi di miliardi di chilogrammi), e le dimensioni dei sistemi risultino molto maggiori della scala atomica (10-11 m, cioè un centi-miliardesimo di metro), tali teorie vengono a coincidere con i loro equivalenti “classici”, rappresentati dalle leggi della Relatività Galileiana, della Gravitazione Universale e della dinamica di Newton.
I differenti ambiti di applicabilità delle tre teorie fanno sì che, in moltissimi casi, nonostante le sottostanti contrastanti visioni fisiche del mondo, i risultati dell’applicazione dei relativi principi non portino ad alcuna contraddizione interna. Inoltre, in tutti questi casi, come accennato in precedenza, i risultati delle rispettive previsioni teoriche sono stati verificati sperimentalmente innumerevoli volte, confermando sempre quanto emergeva dai calcoli. I problemi, però, sorgono quando i campi di applicabilità si sovrappongono; tipicamente quando si devono studiare gli effetti gravitazionali in sistemi dalle dimensioni sub-microscopiche. Un esempio fra tutti, forse fra i problemi aperti di maggior rilievo per la fisica moderna: la descrizione del comportamento dell’Universo nei suoi primi C. Rovelli, La realtà non è come ci appare. La struttura elementare istanti di vita (da 0 a 10-44 s), quando le dimensioni del Cosmo delle cose, Cortina Raffaello Editore, Milano 2014. erano dell’ordine di grandezza di 10-35 m. “Hic sunt leones”: le formule che si ottengono applicando i principi delle tre teorie presentano soluzioni con valori infiniti delle variabili in gioco. Si manifestano, cioè, le così dette “singolarità” delle equazioni, con valori delle grandezze di interesse evidentemente impossibili dal punto di vista fisico, a dimostrazione del fatto che abbiamo superato il limite di applicabilità delle rispettive teorie. In altri termini, con linguaggio un po’ più specialistico, possiamo dire che, a tutt’oggi, manca, una teoria quantistica della gravità. Ma i problemi e le zone d’ombra della nostra conoscenza del mondo fisico non sono terminati. Se confrontiamo i moti delle galassie con i risultati dei calcoli basati sulle leggi della Gravitazione Universale di Newton o, indifferentemente, della Teoria della Relatività Generale di Einstein, considerando tutta la massa visibile con i nostri telescopi, a tutte le lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica, ci accorgiamo, per così dire, che “manca all’appello” circa il 25% della materia responsabile dell’attrazione gravitazionale delle stelle e delle galassie. Questa massa mancante è stata chiamata Materia Oscura, proprio per il fatto di risultare, ad oggi, invisibile all’osservazione diretta tramite onde elettromagnetiche. Si suppone debba esistere, potremmo dire “solo su base indiziaria”, attraverso gli effetti che produce, secondo le teorie della (GU) e della (RG), sul moto degli oggetti osservabili nel cosmo.
E le sorprese non sono finite. Osservazioni astronomiche condotte nel 1998 hanno mostrato come gli oggetti astronomici più distanti, e quindi più antichi, invece di rallentare nel loro moto relativo, per effetto dell’attrazione gravitazionale reciproca, si allontanano reciprocamente ad una velocità non solo proporzionale alla propria distanza, ma anche fortemente accelerata. Nell’Universo, quindi, deve esserci una riserva di energia che causa questa accelerazione. La causa di tale “espansione accelerata dello spazio-tempo”, contraria alla Gravitazione Universale, è stata chiamata Energia Oscura.
L’Energia Oscura, detta anche Energia del Vuoto, in verità, era stata già prevista da Einstein nel 1917, che la inserì come un parametro “ad hoc”, detta Costante Cosmologica Λ, nelle sue equazioni della (RG); questo per impedire soluzioni che descrivessero un Universo assolutamente instabile, che collassasse inesorabilmente in una “singolarità” di dimensioni infinitesime. Tale energia è di un tipo completamente diverso da tutto quello che conosciamo al momento; la chiamiamo, appunto, Energia Oscura, perché non sappiamo esattamente cosa sia, se non per il fatto che si comporta in maniera opposta alla materia/energia a noi note. Non abbiamo, di fatto, ancora alcuna spiegazione valida per inserirla nei calcoli; sappiamo solo che dobbiamo inserirla, per non avere soluzioni cosmologiche assurde, ma non sappiamo esattamente cosa sia. L’Energia del Vuoto dovrebbe rappresentare circa il 70% di tutta l’energia del cosmo conosciuto. Altri problemi, poi, sorgono quando proviamo ad applicare le nostre attuali conoscenze per cercare di ricavare, per via teorica, il valore di tale Costante Cosmologica. Anche utilizzando le più sofisticate tecniche matematiche per risolvere le equazioni del caso, i risultati che si ottengono, come valore previsto dell’Energia Oscura, risultano di ben 120 ordini di grandezza (10120) superiore al valore ricavabile dalle osservazioni astronomiche. Tanto che tali calcoli sono stati definiti: «La peggiore predizione nella storia della fisica»!
Se ci pensiamo, tutto questo è molto imbarazzante per i fisici moderni: abbiamo teorie diverse che descrivono, in maniera molto differente fra loro ed in diversi ambiti applicativi, il mondo fisico. Ciascuna teoria, verificata nei propri campi di validità ed in moltissime, differenti condizioni sperimentali, ha dato risultati assolutamente in accordo con le osservazioni. Tuttavia, nel caso in cui gli ambiti di applicazione delle diverse teorie si sovrappongano, non sappiamo proprio come conciliare fra loro le differenti descrizioni del mondo. Ed inoltre, non abbiamo alcuna idea sulla natura ultima del 95% della materia, o, se vogliamo, dell’energia, che dovrebbe essere presente nel nostro universo conosciuto.
Evidenzio il dovrebbe per un ben preciso motivo che chiarirò fra breve. Ad oggi, nonostante le numerose e differenti ipotesi teoriche che sono state elaborate al riguardo negli ultimi decenni, nessuna delle teorie sulla natura fondamentale della Materia e dell’Energia Oscura e sulle loro interazioni reciproche ha trovato verifica sperimentale; né nelle osservazioni astronomiche, né nei laboratori di fisica delle particelle ad alta energia come il CERN di Ginevra, ad esclusione, ovviamente, dei sopra citati effetti gravitazionali su scala cosmologica ad esse attribuibili. Quello che, ad oggi, possiamo affermare sulla base delle evidenze sperimentali, è che la Materia Oscura è come un ectoplasma, di cui possiamo osservare solo gli effetti gravitazionali, che aleggia in tutto l’Universo; essa si dovrebbe disporre in maniera disomogenea attorno alla materia visibile delle galassie, come eterei, immensi filamenti, nuvole estese miliardi di miliardi di anni-luce (un anno luce misura circa 1013 km, 10 mila miliardi di chilometri). Ancora più misteriosa è la natura fondamentale e l’origine dell’Energia del Vuoto, che presenta un comportamento opposto a quello dell’energia a noi nota. Una sorta di “lievito cosmico”, che dilata il tessuto spazio-temporale. E infine, forse strettamente collegata a questi interrogativi, qual è la natura quantistica della gravità?
La Materia Oscura e l’Energia Oscura sono state, così, inglobate nel così detto modello “LAMBDA-CDM” (dove CDM sono le iniziali di Cold Dark Matter, cioè Materia Oscura Fredda), che è attualmente accettato dalla maggior parte degli astrofisici.
Purtroppo, però, tale modello spiega le osservazioni facendo ricorso ad entità invisibili, non ancora rilevate in nessun tipo di esperimento: le particelle responsabili della Materia Oscura e la densità di energia del vuoto. A ben vedere, la situazione descritta in precedenza non è nuova nella storia della scienza; solo per citare due esempi, essa ricorda, sotto molti aspetti, la condizione dell’astronomia del XVI-XVII secolo, quando, per poter spiegare le sempre più precise rilevazioni astronomiche dei moti dei pianeti nell’ambito del geocentrismo tolemaico, vi fu la necessità di ipotizzare epicicli intorno ad altri epicicli, introducendo, col passare del tempo, ipotesi “ad hoc” sempre più complesse, che permettessero di adattare il vecchio paradigma ai nuovi dati osservativi. O, se vogliamo, presenta notevoli analogie con le ricerche della fisica di fine ‘800, quando si interpretarono le soluzioni ondulatorie delle equazioni di Maxwell dei campi elettromagnetici secondo schemi “classici”, mutuati della meccanica dei continui e, di conseguenza, furono effettuati numerosi esperimenti alla ricerca dell’allora detto “etere luminifero”, ipotetico mezzo materiale attraverso il quale si pensava si sarebbero dovute propagare le onde elettromagnetiche.
Questo stato delle conoscenze, tuttavia, lascia molto perplessi, sia dal punto di vista scientifico, sia, potremmo dire, come Massoni; che poi, a ben vedere, è per il medesimo motivo, visto che il metodo scientifico, basato sui principi ed i criteri del “razionalismo critico” propri della Massoneria, si è sviluppato ed ha raggiunto la sua piena maturità metodologica grazie agli scienziati illuministi dei secoli passati.
Se facciamo riferimento alla schematizzazione delle fasi della scienza di Thomas Kuhn4, applicata ai sopracitati ambiti scientifici, possiamo riconoscere come, per quanto riguarda le Teorie della Relatività e della Teoria Quantistica (o, se vogliamo, del suo successivo sviluppo rappresentato dal Modello Standard dei Processi Elementari), una volta iniziata una fase di crisi di tali paradigmi scientifici, con l’emergere di alcune anomalie fra dati osservativi e schemi teorici interpretativi, a questa fase non abbia ancora fatto seguito alcuna nuova rivoluzione scientifica. Ci si è fermati, per così dire, a tentativi più o meno soddisfacenti di “adeguamento dei paradigmi”. Invero, mentre una teoria quantistica della gravità, che permetta di conciliare la Relatività di Einstein con il Modello Standard, appare ancora alquanto distante all’orizzonte e, allo stato dell’arte, molto ardua dal punto di vista matematico, relativamente alla supposta presenza di Materia Oscura ed Energia Oscura nell’Universo, alcune recentissime ricerche di astrofisica teorica fanno presagire l’avvento di una possibile prossima rivoluzione scientifica, anche se, probabilmente, non della portata epocale di quelle che abbiamo visto nel ʼ900. Ho già accennato al modello “LAMBDA-CDM”, che, però, non trova assolutamente concordi tutti i fisici. Alcuni scienziati, infatti, cercano, a mio avviso in maniera molto più corretta, di spiegare il mondo con ciò che è noto, anziché fare appello a grandezze sconosciute e invisibili.
Uno di questi è il fisico israeliano Mordehai Milgrom, per il quale, ad esempio, l’Energia Oscura e la Materia Oscura non esistono affatto: è la gravità che bisognerebbe riscrivere. La sua teoria è basata sul così detto” Principio di Invarianza di Scala”: cioè sul fatto che, cambiando la grandezza della scala di osservazione (pensiamo alla lunghezza di un ipotetico regolo per misurare le distanze), una proprietà o una legge non cambiano. Ad esempio, non vi è invarianza di scala in presenza di materia, perché nella Relatività Generale è la massa che definisce la metrica dello spazio-tempo (vale a dire la lunghezza dei regoli ed il ritmo degli orologi); quindi, a guardar bene nei principi alla base della Teoria della Relatività Generale di Einstein, le lunghezze ed i tempi risultano diversi a seconda che si sia in presenza o meno di materia. Milgrom assume, quindi, che «lo spazio vuoto su larga scala
possa avere la proprietà di invarianza di scala, dal momento che, per definizione, non vi è niente per definire una scala». Inserendo queste ipotesi nelle equazioni della Relatività Generale di Einstein, si ottiene un risultato, a prima vista sorprendente: «l’effetto dell’invarianza di scala è quello di provocare un’espansione accelerata delle galassie», consistente con i dati osservativi. In questo modo si può spiegare l’accelerazione dello spazio-tempo senza dover ricorre ad alcuna “misteriosa” Energia Oscura; la si è eliminata in un colpo solo, spiegando l’accelerazione con le quali le galassie si allontanano fra loro come semplice effetto dell’introduzione dell’ipotesi, per altro plausibilissima, dell’Invarianza di Scala dello spazio vuoto.
E non solo; confrontando i risultati del suo modello di Relatività Generale modificato con tutte le anomalie per la cui spiegazione si era supposta l’esistenza della Materia Oscura (vale a dire: i dati delle velocità delle galassie, delle curve di rotazione della Via Lattea e della dispersione di velocità nelle stelle lontane dal piano galattico) Milgrom ha ottenuto un raffronto sostanzialmente soddisfacente. Anche la Materia Oscura non sarebbe, quindi, più necessaria per spiegare la dinamica degli oggetti cosmologici (le stelle nelle galassie e le galassie all’interno dei loro gruppi locali).
Quanto fin qui brevemente delineato relativamente ad un particolare settore scientifico dovrebbe farci riflettere sul contributo che, più in generale, la Massoneria può dare nel cammino verso la ricerca delle risposte fondamentali sulla natura del Mondo. Indubbiamente, negli ultimi decenni, la Scienza si è indirizzata verso particolari filoni di studio e di indagine. Gli indirizzi seguiti sono stati favoriti sia dai flussi di finanziamento, necessari, visti i costi e l’impegno richiesto per effettuare esperimenti ed osservazioni d’avanguardia, sia dalla “rilevanza” nei rispettivi campi, di gruppi di ricerca particolarmente influenti. Questa situazione ha portato, però, in alcuni ambiti scientifici, ad una sorta di “cristallizzazione” delle idee; a percorre ed approfondire, cioè, schemi teorici ed interpretativi dei dati osservativi privi, in alcuni casi, di una corretta base metodologica e scientificità, almeno nel senso corrente del termine. In questo, come abbiamo evidenziato, ripetendo, per molti aspetti, situazioni già viste nello sviluppo storico del pensiero scientifico. Si dovrebbe, quindi, ripensare ai fondamenti del metodo scientifico e, in particolare, quel “riduzionismo metodologico” che ha caratterizzato, così profondamente, lo sviluppo della Scienza a partire dalla fine del XVII secolo. È proprio in questo recupero degli aspetti filosofici della Scienza che noi Massoni, eredi degli scienziati illuministi dei secoli passati, uomini del dubbio costruttivo, del razionalismo critico, ricercatori della Verità in tutti i campi di interesse, dovremmo dare, anche in questi settori, esempi efficaci e stimolo di riflessione, per un nuovo Rinascimento, che possa coinvolgere tutti i campi della Cultura, sia umanistica, sia scientifica