TOLLERANZA E LIBERTÀ RELIGIOSA
Valerio Zanone
L’obbedienza alla religione è il punto più alto della costruzione prescrittiva, l’apice della Verità cui la libertà deve salire per estinguersi, il luogo dove l’ Assoluto pronuncia la sua sentenza contro il relativismo. Lo stesso Locke, che dedicò gli ultimi vent’anni di vita a scrivere in favore della tolleranza e a proteggersi contro lo scandalo che ne seguiva, escludeva tuttavia la tolleranza verso gli atei, ritenendo che la mancanza di fede avrebbe svuotato di sanzione i giuramenti e i contratti necessari all’organizzazione della convivenza civile.
All’origine il concetto di imperium aveva sottoposto l’individuo a un’autorità a un tempo politica e religiosa; poi l’imperium si era spartito fra potere spirituale e potere temporale, secondo la teoria delle “due spade” che non potevano essere impugnate da una mano sola; e si era aperta la controversia fra i due poteri. Ma per entrambi l’individuo restava sempre suddito, e la tolleranza poteva al massimo essere concessa alle minoranze religiose per ragioni di convenienza, e a condizioni onerose. Pontefici e sovrani potevano contendersi la precedenza nella titolarità del potere ma per il suddito dissenziente il trattamento abituale erano il bando, la confisca, la prigionia e (pare, dalla fine del XII secolo) le fascine del rogo. Ogni tanto nella duplice sudditanza si apriva un interstizio, una voce solitaria richiamava la separazione fra l’autorità della forza e l’autorità della fede. Fino dai primi secoli Tertulliano distanziava la religione dalla politica (“nulla res magis aliena quam res publica”) e respingeva l’imposizione coercitiva della fede “quae sponte suscipi debet, non vi”; e il re barbaro Téodorico scriveva perla penna di Cassiodoro agli ebrei genovesi “religionem imperare non possumus, quia nemo cogitur ut credat invitus”.
Ma ci sarebbe voluto un altro migliaio di anni perché la tolleranza fosse ammessa, per gradi e sempre con l’attitudine forzata dell’accomodamento al male minore. Negli animi dogmatici restava (forse rimane ancora oggi) l’idea che tollerare ciò che si giudica il male equivalga a offendere ciò che si giudica il bene. Sul versante opposto, nel Settecento illuminista(e già prima all’inizio del secolo, nel parlamento inglese), i liberi pensatori consideravano la tolleranza, dapprima invocata come una grazia, ormai come un insulto alla libertà.
Proprio perché tocca il culmine del dissidio fra Assoluto e relativo, la tolleranza in materia di religione ha aperto il varco non solo alla libertà religiosa come diritto soggettivo ma al sistema complessivo dei diritti individuali. Se ne trova l’esempio e quasi il simbolo nel libro sui Diritti di libertà scritto nel 1926 da Ruffini perle edizioni di Gobetti. I Diritti di libertà di Ruffini seguono di soli due anni il suo corso di diritto ecclesiastico tenuto nel 1924 su La libertà religiosa come diritto pubblico subiettivo. Il sodalizio fra il diritto soggettivo alla libertà religiosa e il sistema complessivo dei diritti individuali risalta nell’introduzione di Piero Calamandrei alla seconda edizione del libro, pubblicata dopo la Liberazione: “Seil Ruffini avesse potuto seguire dal 1926 fino ad oggi l’immane dramma di questo ventennio, avrebbe visto la scienza giuridica tedesca non solo tornare, dopo l’avvento di Hitler, alla concezione autoritaria assertrice dell’onnipotenza dello Stato e negatrice delle libertà politiche individuali, ma arrivare addirittura a teorizzare l’abolizione della nozione di diritto soggettivo, di qualsiasi diritto soggettivo, cioè, in sostanza, della stessa rilevanza giuridica della persona: Kampf wider das subiektive Recht, che poi voleva dire, nel campo morale, guerra contro la personalità umana”.
I guasti prodotti dal fascismo in Italia erano stati di poco inferiori. Il regime abbinava all’obbligo dell’obbedienza politica l’obbligo della religiosità esteriore, e al duplice obbligo corrispondeva una duplice irrisione della libertà di coscienza. L’infatuazione nazionalista costrinse la cultura italiana a un isolamento pernicioso dalle correnti più vive della spiritualità europea, e la repressione di ogni critica fece mancare gli anticorpi al momento del contagio razzista che sfociò nella vile persecuzione dei concittadini ebrei.