LA CASA MASSONICA
di G. Z.
Partiamo, con questa prima parte, con il tracciare un primo aspetto relativo all’origine del luogo-Loggia nella sua accezione storica, sebbene alla Vostra scienza muratoria non sfuggirà l’aspetto esoterico sotteso che verrà trattato in seguito. Continueremo con la tavola che tratterà “Il tempio e i suoi simboli”, escludendo l’aspetto cosmogonico ed astrale, mentre il rapporto, o meglio l’analogia, tra i simboli del Tempio, il Cosmo ed il microcosmo del singolo iniziato-muratore presente nel Tempio, sarà indicato con la sua terza e conclusiva Tavola “Il Tempio ed il Cosmo, cenno sulla grande Triade e la Tradizione estremo-orientale”.
Queste tre tavole hanno l’intento di condurre verso una unica strada che è quella indicata dalla denominazione comune: Tavola per una Loggia tradizionale e funzionale.
Forse è opportuno, soffermarci brevemente su cosa intendiamo per tradizione. Quando parliamo di Tradizione intendiamo “l’insieme coerente di insegnamenti di carattere sacro e di influenze spirituali che viene regolarmente e legittimamente trasmesso per catena ininterrotta, da un’epoca all’altra”.
Quando, nello specifico, parliamo di tradizione massonica, non ci riferiamo certo a qualcosa di essoterico, esterno e teso alla salvezza individuale, ma di esoterico che, grazie all’iniziazione, ha come scopo principale la ricostituzione dello stato primordiale edemico, simbolicamente inteso come “età dell’oro”, ovvero lo sviluppo graduale delle possibilità dello stato umano nella sua totalità, i “piccoli misteri” o “misteri minori”.
Per concludere questa premessa, dobbiamo dire che ci rendiamo conto della grande difficoltà e complessità che questi temi evidenziano; il nostro vuole essere un primo ed iniziale contributo affinchè riflettiamo insieme su chi siamo, guardando al nostro passato, per potere avere chiaro il “dove andiamo”.
Edward Conder ed altri autori sostengono che la Massoneria simbolica sia la diretta discendente degli antichi Collegia, tipiche istituzioni della vita imprenditoriale romana.
I romani diedero vita a societa’ che favorivano l’esercizio delle arti pratiche e i loro membri erano considerati fratelli l’un l’altro. La societa’ romana connessa alle costruzioni era il Collegium Fabrorum, governato da un Magister e da Decuriones (liberamente traducibili con
Maestro e Sorveglianti) mentre i ranghi erano costituiti da “sodales” cioe’ Compagni.
I collegi avevano una cassa ed una mensa comune ed i candidati prestavano giuramento all’atto dell’ammissione. Si ritiene che quando i Romani introdussero l’architettura ed altre arti in Inghilterra, abbiano portato con se anche i Collegia ed alcuni autori sostengono che essi furono i prototipi delle corporazioni medievali del mestiere e che, in particolare, il Collegium Fabrorum fu l’antenato delle corporazioni muratorie.
In epoca romana il locale di adunanza era denominato “Schola” e tale termine deriva dal greco “skole’ ” che in origine aveva il significato di “libero uso delle forze spirituali”.
Nel periodo bizantino la “Skole’ ” era il luogo dove si esercitavano gli apprendisti e, fino all’alto medioevo, dunque, “Schola” era il vocabolo che designava il luogo delle assemblee collegiali e dell’insegnamento per i giovani praticanti.
Nel periodo gotico vi fu una notevole attivita’ costruttiva ed a questo periodo si puo’ far risalire la vera fondazione della muratoria. Adiacenti al cantiere sorgevano rozze baracche di legno dove muratori e scalpellini, impegnati nella costruzione di cattedrali, conventi, fortezze, edifici civili, si incontravano per riposare, per consultarsi e per discutere sui prolemi del mestiere e, secondo l’antico costume greco-romano, per istruire gli apprendisti.
Questi rozzi ambienti erano in pratica i luoghi dove la principale attivita’ era il dibattito e l’istruzione e, quindi, erano molto vicini alla “Schola” dei Collegia Fabrorum.
Questi locali, che al completamento dei lavori venivano demoliti, assunsero il nome di Logge.
La Loggia, secondo una descrizione di Benvenuto Cellini, era un ambiente con le pareti “aperte” da una o piu’ parti. Si trattava dunque di un ampio capannone coperto da una tettoia retta da assi di legno e, secondo Andrea Palladio, era largo dieci piedi (cinque metri circa) e lungo non piu’ di venti piedi.
E’ interessante ricercare l’origine etimologica della parola Loggia.
Diverse sono le proposte interpretative della sua origine: una prima ipotesi la fa derivare dal greco “logeion” (proscenio) che costituiva una propaggine di un complesso organismo (quadroscenico) per lo piu’ con tre lati liberi ed e’ da notare, a questo proposito, che la Loggia Massonica e’ configurata come un luogo che non possiede alcuna finestra sul lato settentrionale mentre ne ha sugli altri lati.
Altri studiosi fanno derivare la parola Loggia dal latino “Locus” (luogo) che ha diretto rapporto con Lucus (bosco sacro) che arcaicamente indicava la macchia chiara della foresta cioe’ la radura nella quale si celebravano i sacri riti.
Altre derivazioni possono ritrovarsi nel Francone ed in alcuni scritti inglesi. Comunque queste varie interpretazioni hanno un unico denominatore: la voce sanscrita “Loka” (mondo) che proviene dalla radice indoeuropea Lok/Leuk che indica la “luce riflessa”.
Quindi e’ legittima la definizione della Loggia massonica come un simbolo del mondo e del Cosmo: e’ propriamente, in opposizione alle “tenebre esteriori” corrispondenti al mondo profano, il “luogo illuminato e regolare dove tutto si compie secondo il rito, cioe’ in conformita’ all’ordine”. Il termine Loggia compare per la prima volta, secondo Bernard Jones, nel 1278 su carte riguardanti i lavori all’Abbazia Reale di Vale.
Successivamente con la dilatazione del fenomeno della accettazione, le Logge cominciavano ad utilizzare quali centri delle periodiche riunioni, ospitali locande o taverne. E proprio dal nome di queste ospitali taverne, le prime Logge assunsero i loro nomi: ad esempio la Loggia dell’Uomo Forte n.45, oppure “Alla spada”, “Al Merlo” etc., oppure assumevano nomi come “Armonia”, “Concordia”, “Fedelta’ “.
Solo all’inizio del secolo XVIII per iniziativa di alcune Logge operative furono adoperati dei Locali esclusivi e permanenti per le Assemblee degli officianti.
La costruzione delle logge veniva eseguita seguendo il metodo dei cinque punti: le pietre che segnavano questi cinque punti erano chiamate landmarks ed è questo il senso primo ed originario di tale termine massonico. Simbolicamente i landmarks rappresentano, quindi, “il confine” che non può essere superato, e che racchiude in sè la tradizione, la legge, la dottrina, il rito, la consuetudine, elementi in base ai quali i massoni misurano gli eventi del mondo profano. Per determinare l’esatta posizione dei landmarks, e quindi l’esatto orientamento della loggia e quindi del Tempio, si partiva da una colonna centrale (axis mundi) che simboleggiava la comunicazione tra terra e cielo. Tale pilastro centrale indica, col gioco delle ombre solari, la posizione dei punti cardinali sui luoghi prescelti. Intorno alla colonna viene tracciata una circonferenza sulla quale l’ombra della colonna indica, con le posizioni estreme del mattino e della sera, i due punti dell’asse est-ovest. Puntando su questi due punti si tracciano due semicerchi che nei loro punti di intersezione indicheranno il nord ed il sud. Puntando ancora su questi ultimi due punti, si tracceranno altri due semicirconferenze che nel loro punto di intersezione con le prime due determinano i quattro punti estremi della costruzione, appunto i landmarks. Il rito di orientazione è di portata fondamentale: infatti le tre fasi del rito corrispondono a tre figure geometriche: il cielo, immagine del ciclo solare, la croce degli assi cardinali, immagine dell’uomo intermediario tra cielo e terra e il quadrato, immagine della terra. I landmarks, quindi, simbolicamente rappresentano quei punti fermi necessari per la trasmissione, mediante il rito, di una influenza spirituale fondamentale per l’uomo che intenda elevarsi agli stadi superiori dell’Essere ed ottenere quella che si può definire l’identificazione con l’immagine del Grande Architetto dell’Universo.
I Landmarks, pertanto, indicano chiaramente dei limiti (i l Tempio) entro i quali regna l’ordine e la luce: al di fuori il caos, le tenebre. Essi rappresentano la perfetta comunione tra il cielo (il cerchio), l’uomo (il triangolo) e la terra (il quadrato). Secondo quanto riferisce il Fratello Clemente Stretton, iniziato nel 1866 in una Loggia operativa del Derbyshire, in una casa massonica i lavori venivano svolti contemporaneamente in tutti i sette gradi e, quindi, erano necessarie sette camere una per ogni grado. Secondo lo schema tracciato dal Fratello Stretton, queste camere o Logge erano distribuite in due costruzioni oblunghe e parallele, orientate secondo l’asse est-ovest, ognuna delle quali comprendeva tre camere: nella prima costruzione, alla quale si aveva accesso da oriente, si trovavano nell’ordine le camere di 1°, 2° e 3° grado, separate le une dalle altre da doppie porte; nella seconda costruzione posta a nord della prima, si trovavano le camere del 4°, 5°, 6° e 7° grado, con doppie porte fra le prime due camere e porte pieghevoli fra le ultime due, sicchè i lavori in queste potevano essere compiuti a porte aperte. Questa seconda costruzione, inoltre, oltre alla porta principale ad oriente, disponeva anche di un accesso ad occidente ad uso esclusivo dei tre grandi maestri del 7° grado operativo. Infine a nord- ovest di queste costruzioni si trovava la loggia di 4° grado o sito del Tempio, la quale rivestiva un’importanza del tutto particolare nell’insieme dei sette gradi. Infatti a tale luogo sacro si aveva accesso solo scalzi e con il capo coperto ed era anche il teatro di rievocazioni annuali sotto forma di drammi rituali o di episodi importanti avvenuti durante la costruzione del Tempio di Salomone. Al centro del sito del Tempio, inoltre, sotto il pavimento si trovava una camera sotterranea alla quale avevano accesso solo coloro che avevano ottenuto il grado di maestro di 6° e 7° grado e, nella quale, all’interno di una colonna quadrangolare, erano custoditi i piani del Tempio. In questa camera, infine, a cui si addice la denominazione di camera di mezzo, aveva luogo l’iniziazione del 7° grado.
Collateralmente a questo modello di casa massonica (operativa) e che spesso era solo ideale, si impose, poco per volta, un edificio meno complesso, ma soddisfacente per le esigenze ritualistiche per l’emergente massoneria speculativa. La nuova sede era per lo più costituita da due piani. Il primo, interrato o a livello strada, era ripartito in ambienti di servizio (cucina, cantina, spogliatoio) ed in piccoli appartamenti ad uso del maestro di casa, del fratello custode, dei fratelli serventi, ecc… Il secondo piano, rialzato rispetto la strada, era riservato esclusivamente alle logge. Quest’ultimo piano era suddiviso in tre parti principali che, simbolicamente, riproducevano le tre sfere del Tempio di Salomone: la terra, l’acqua ed il cielo. La prima parte era costituita da un vasto salone “atrio dei profani” con ai due lati due piccole camere denominate “oscure o gabinetti di riflessione”; la seconda da un altro salone “la sala dei passi perduti”, con agli angoli ben quattro locali, due “lavacri”, due “camere azzurre o gabinetti di meditazione”; la terza era il tempio. Altri locali completavano la struttura della casa massonica: la sala di ricreazione, la biblioteca o sala delle tavole architettoniche, il vestibolo, ecc…
Fondamentale è anche soffermarsi sul significato del gabinetto di riflessione che noi possiamo accostare alla grotta primitiva abitazione degli esseri umani e che era intesa come luogo di raccoglimento, di gnosi, di avvicinamento a Dio e come luogo di preghiera lontani dal mondo ed insomma luogo di iniziazione. Nell’architettura medievale il significato della grotta venne espletato da appositi antri o celle di riflessioni iniziatiche. La caverna era vista come luogo di avvicinamento agli “istinti bassi” dell’uomo ed alla “ignoranza della luce”, ma anche come simbolo dei “rimorsi di coscienza”. Platone, con la nota immagine della caverna, nella quale gli uomini sono incatenati fin dall’infanzia e costretti a guardare le ombre degli uomini e degli oggetti proiettati sulla parete della caverna dalla luce del fuoco acceso fuori dall’antro, osserva che per quegli uomini le ombre sarebbero la realtà conosciuta. L’antro sotterraneo, continua Platone, è il mondo visibile, il fuoco che illumina è la luce del sole e colui che sale a vedere la luce è l’anima che si eleva nel regno dell’intellegibile e non bisogna, quindi, meravigliarsi se coloro che vi sono giunti non amano più occuparsi delle faccende umane e le loro anime aspirano senza posa a risiedere in questa regione superiore. La risalita dalla caverna diviene, quindi, nella simbologia, il simbolo dell’ascesi dell’uomo verso la luce, verso la conoscenza dell’intellegibile, l’abbandono graduale delle tenebre e della fallacità delle ombre: è l’immagine della vita iniziatica. Quindi, in conclusione, possiamo dire che l’originaria funzione iniziatica della grotta, della cripta e, poi, di antri, celle e cappelle nel medioevo, come luoghi di riflessione iniziatica, possono essere stati l’origine del gabinetto di riflessione, dove il neofita viene rinchiuso prima dell’iniziazione nel Tempio per redigere il Testamento e compiervi in solitudine il primo viaggio iniziativo in cui dalla simbolica morte ha inizio la rinascita.