Gli uomini del Fuoco
(M. L.)
Qualcuno di voi forse ricorderà l’ultima immagine della serie di diapositive che abbiamo visto tempo indietro nella Sala dei Passi Perduti: si trattava di un uomo che, in piedi sopra una carbonaia, aveva uno strumento di lavoro in mano e guardava la sua opera (la carbonaia appunto) che stava lentamente procedendo nella combustione. Tutto intorno c’era del fumo e l’atmosfera era abbastanza surreale. Il commento della foto parlava di questo mestiere che andava scomparendo, di un mestiere appunto, “rubato una notte al Dio Vulcano”.
Anche adesso si parlerà di un mestiere ormai quasi scomparso, esercitato egualmente con il fuoco rubato agli Dei e portato tra gli uomini da un essere ardimentoso. Questi era il Fabbro che lo usò per fondere i minerali, creare il metallo e quindi tutti gli arnesi utili all’uomo. Sono uomini del fuoco quindi quelli dei quali parlerò, ma non solo per discendenza o perché usano e maneggiano questo elemento per le loro necessità, ma soprattutto perché partecipano alla sacralità del Fuoco stesso.
L’articolo descrive la tecnica metallurgica della popolazione dei Matakam, nel Camerun, tecnica ormai quasi scomparsa ma che è interessante analizzare per i molteplici aspetti rituali e simbolici che contiene. Tutto il lavoro viene ordinato secondo il susseguirsi di operazioni che comportano una sapienza esoterica trasmessa di padre in figlio, che l’Apprendista riceve dopo un tirocinio laborioso, a cominciare dalla fanciullezza, quando accanto al padre il ragazzo impara a maneggiare il mantice o a battere il martello.
Analizzando tutto il complesso di riti che portano dal minerale grezzo all’oggetto finito, credo che si possano individuare tre fasi diverse, tre gradi attraverso i quali avviene una graduale purificazione, un affinamento continuo ottenuto con Strumenti di lavoro di volta in volta diversi.
Alla prima fase appartiene la ricerca e la raccolta del minerale, scegliendolo scrupolosamente tra la sabbia dei fiumi. Contemporaneamente viene costruita una carbonaia per ottenere il combustibile necessario all’impianto. Il legno usato per questo scopo è quello di Acacia, probabilmente perché ha un potere calorifero superiore agli altri tipi di legno, ma ormai quasi scomparsa.
Il forno dove verrà fuso il minerale, è una costruzione abbastanza semplice, ma osservandola bene si capisce che non è solo una macchina industriale, ma contemporaneamente un luogo sacro e un Altare per sacrifici.
Costruito in argilla a ridosso di una roccia verticale naturale, ha una forma antropomorfa femminile con occhi, naso, bocca ed un grosso ventre dal quale verrà “partorito” il metallo.
E’ qui dunque dove la materia si trasforma una prima volta.
La facciata anteriore del Forno si prolunga superiormente oltre lo sperone naturale di appoggio formando un muretto-balaustra. Dietro il muretto, in alto seduto sulla roccia, rimarrà a dirigere l’opera per tutta la durata della lavorazione, l’artefice, la mente di tutto il complesso: il Fabbro-Sacerdote.
Questo Maestro ha tre collaboratori che agiscono secondo quanto precedentemente stabilito in merito all’organizzazione del lavoro, guardando sempre a Lui come al loro punto di riferimento. Ci sono comunque alcune operazioni che vengono fatte esclusivamente da questo Fabbro dato che rivestono un carattere di sacralità: in particolare è lui che, una volta costruito il Forno, lo riveste in superficie impastando argilla con erbe e tuberi che solo lui conosce, per dare consistenza e protezione nello stesso tempo; è lui che, con gesti rituali, impasta sette blocchetti di argilla per farne altrettanti cornetti triangolari da porre sulla sommità del muretto-balaustra. Ed è ancora il Fabbro – sacerdote che effettua tutti i sacrifici propiziatori consumati direttamente sul cornetto centrale.
Questi cornetti hanno un significato spirituale preciso: rappresentano la sede della divinità più elevata dei Matakam che sarà invocata a protezione del lavoro e degli uomini, nel momento solenne del sacrificio.
L’ultima operazione prima dell’accensione del forno consiste nell’introduzione dalla bocca inferiore del Forno di un grosso tubo in argilla che viene fissato sospeso, in modo che l’aria dei mantici azionati dai Fabbri-assistenti possa circolare all’interno del forno in ogni sua parte. L’apertura viene poi sigillata con mattoni di argilla sovrapposti uno ad uno; nel collocarli il Fabbro-muratore sputa su ogni mattone e lo leva al cielo tre volte invocando il Dio Creatore. Così, dopo aver costruito questa struttura che ha assunto la funzione di luogo sacro, dopo averla consacrata con riti e sacrifici, aver selezionato il miglior minerale ed averlo preparato separandolo dal materiale inerte, si esaurisce la prima fase del lavoro degli Uomini del Fuoco.
Più tardi gli assistenti, ad un ordine del Fabbro-sacerdote, immettono nel Forno una carica di brace accesa per incendiare il carbone che si trova all’interno. Nello stesso tempo gli addetti ai mantici cominciano ad insufflare aria perché la combustione inizi subito senza problemi e continui poi in modo uniforme.
L’operazione viene ripetuta più volte mentre il lavoro dei mantici aumenta gradatamente di intensità: adesso sembra che questo ammasso di argilla che sino ad ora era inerte, inizi pian piano a prendere vita seguendo il soffio dei mantici ed infine che cominci lui pure a respirare ansimando.
E’ giunto ora il momento cruciale di carica del minerale, l’operazione più importante del ciclo lavorativo. Ma non è pensabile intraprenderla se il Maestro non avrà compiuto, nei modi prescritti dalla tradizione degli Avi, il più solenne dei Riti: il sacrificio di un pollo.
Il sangue della vittima deve bagnare il forno per dargli vita e forza così ch’esso crei nuova vita a sua volta. Soltanto adesso, quando tutto sembra “Giusto e Perfetto”, si carica il forno con il minerale perché solo ora è aperta la strada ad un lavoro propizio.
Altre cariche di minerale e carbone seguiranno, ma anche se le cose adesso sembrano avviate senza problemi, tutto deve procedere secondo i modi prescritti e senza distrazioni: per questo il Fabbro-sacerdote controlla attentamente ed è pronto a riprendere colui che potrebbe compromettere il lavoro di tutti. Viceversa, se ognuno lavorerà per quello che deve essere lo scopo comune, si creerà un’atmosfera di perfetta armonia tra i partecipanti, al punto che saranno intonati canti e suonati strumenti musicali così da lavorare in un clima di intensa espressività partecipativa.
Un’altra operazione eseguita personalmente dal Fabbro Maestro è quella del controllo della massa incandescente e della scorficazione eseguita in più riprese.
Per questo nel muretto di argilla viene praticata una fessura di controllo dalla quale usciranno poi le scorie mentre il metallo, più pesante, andrà a depositarsi sul fondo.
Dopo diverse ore, durante le quali nessuna donna è ammessa nel luogo, tutto cessa: ognuno scende dal suo posto e tutti si raccolgono davanti alla bocca del forno. Il Maestro del Fuoco rompe con una zappa il diaframma di chiusura mettendo a nudo il frutto del lavoro. Ed è a questo punto, che dopo aver usato l’argilla per costruire il forno, il fuoco per incendiare il carbone e l’aria per far proseguire la combustione, il Fabbro si serve di un quarto elemento: l’acqua, impiegata ora per raffreddare la massa incandescente e poterla poi maneggiare. Questa spugna di ferro, mista ancora ad impurezze, viene ridotta in pezzi onde permettere la separazione delle scorie ulteriori dai “frustoli” di metallo che vengono puliti uno ad uno e raccolti religiosamente insieme alla briciole in una ciotola di terracotta.
Si chiude così la seconda fase del lavoro, mentre il frutto di tanta fatica viene portato nel chiuso della capanna—officina dove si completerà l’opera con una trasformazione: da metallo grezzo a oggetto finito.
In questo luogo un masso piatto serve da incudine, un maglio in pietra lavorata ed arrotondata, funge da martello. La forgia o “Fossa del Fuoco” è già pronta insieme a due mantici simili a quelli usati per il forno. Altri arnesi del fabbro sono una tenaglia, uno scalpello, un martello in ferro ed uno, più piccolo, in pietra.
Accanto alla forgia c’è una cavità piena d’acqua a disposizione per effettuare la tempera. Le piccole noci o “Frustoli” di ferro vengono sbriciolati con il pesante maglio di pietra e di nuovo liberati dalle impurità. Quello che si ottiene viene quindi raccolto un po’ per volta in una scodella e messo direttamente sul fuoco dove, sotto l’azione del calore e dei mantici, avverrà la fusione del metallo fino a formare dei blocchetti incandescenti. Il fabbro li prenderà volta per volta e lavorando con forgia e martello ne ricaverà il prodotto finito: zappa, coltello, falce, ecc…
L’oggetto viene poi rifinito con la tempera dell’acqua che ne assicura la durezza. Gli arnesi che il fabbro usa sono considerati sacri e spesso su di loro viene prestato giuramento. La stessa fucina, consacrata precedentemente con il sacrificio di un pollo, è luogo considerato divino, un luogo dove, secondo la tradizione degli Avi, nacque tutta la civiltà, dove il Fabbro primordiale istituì le più importanti pratiche della vita sociale ed economica della popolazione. Addirittura in altre tribù dell’Africa, la Fucina è il luogo dove il primo Fabbro avrebbe creato l’Uomo ricavandolo dal ferro della sua zappa, mentre in Nigeria questo è il luogo Sacro dei giuramenti e delle riunioni maschili.
Possiamo quindi dire che questo luogo non è solo laboratorio, ma anche fucina di idee e di uomini; è simbolicamente, il “Centro del Mondo”. Intanto, proprio nella fucina, il lavoro procede in maniera precisa e regolare: i colpi del martello del Fabbro sono intercalati dal soffio dei mantici, così che l’atmosfera risulta scandita da un ritmo musicale, quasi magico.
Termina qui, in questa officina, il “Viaggio” di questo metallo, raccolto un giorno allo stato di minerale tra le sabbie sterili e trasformato sapientemente fino a divenire un oggetto quasi vivo, destinato a strumento indispensabile di una cultura in estinzione. Certamente alcuni di noi (e tra questi anche io), sono abituati ormai da anni ad assistere ad enormi colate di acciaio fuso ed a lavorare circondati da montagne di ferro, tanto che questo sembra possa venir prodotto con estrema facilità (adesso sembra perfino che in commercio ce ne sia troppo). Certamente, se pensiamo a quanto c’è a Piombino, ai grandi altiforni e alle acciaierie che sono sempre in funzione, ci viene da sorridere pensando a quanta fatica è occorsa a questi Uomini del Fuoco per fare, in fondo, una quantità così esigua di ferro.
Tuttavia, se riflettiamo bene, noi stessi, se siamo arrivati a questo stadio di civiltà e di benessere, lo dobbiamo soprattutto a tutti gli altri Uomini del Fuoco che ci hanno preceduto qui, su questo stesso territorio, e che per 2.500 anni, ininterrottamente, hanno saputo usare la loro Arte tramandata all’inizio solo a pochi iniziati. Credo quindi che sia importante volgere il pensiero indietro verso le nostre origini, perché è solo così che possiamo scoprire le vere radici della nostra cultura e rispondere almeno in parte, all’interrogativo “DA DOVE VENIAMO ?“.
Le Considerazioni di Interesse Iniziatico, gli Aspetti Simbolici e le Ricerche di tipo Esoterico che si potrebbero fare su questo articolo, oltre a quelle già accennate, credo che siano innumerevoli. Personalmente proverò a fare alcune riflessioni, certo già fin d’ora che ciò che avrò saputo cogliere sarà poca cosa in confronto a quanto Fratelli più esperti di me potranno dire su questo argomento. Principalmente credo che sia da mettere in risalto l’individuazione delle tre fasi durante le quali assistiamo ad una continua trasformazione della Materia. In questi stadi intervengono direttamente i Quattro Elementi del Quaternario che sono gli stessi artefici della morte e della rinascita: così la legna si è trasformata in carbone, il minerale prima in massa informe di scorie e metallo, quindi in ferro puro.
La Sacralità del Ferro stesso è presente durante il lavoro di questi uomini che lo considerano talmente prezioso da reputarlo dono degli Dei. Forse è per questo che lo vediamo raccogliere con tanta religiosità per separarlo dalle impurezze e si può facilmente rimanere suggestionati dall’atmosfera con la quale viene seguito “il parto” del Ferro dal ventre del Forno, quasi fosse una cosa viva.
Ecco, potremmo a questo punto dire che tramite i Quattro Elementi del Quaternario: il Fuoco, la Terra, l’Acqua, l’Aria, così come avvenne un tempo, qualcosa di inerte ha preso vita.
Un’altra considerazione potrebbe essere fatta a proposito del ferro o meglio dell’alone di vitalità che lo accompagna: idealmente esso compie un viaggio, diviso in tre stadi, durante i quali, oltre a trasformarsi ogni volta, si purifica, si migliora liberandosi da ogni scoria fino a quando, reso più forte immergendolo nell’acqua, quasi come un antico Battesimo, diventa idoneo per essere usato come strumento. Sembra in questo modo di assistere al Viaggio Iniziatico attraverso i Tre Gradi: da Profano scelto nella massa, ad Apprendista, quindi a Compagno d’Arte attraverso la purificazione (cioè gettando via le scorie), fino al grado perfetto, del Maestro.
Oppure si potrebbero accostare le tre Fasi distinte a quelle della lavorazione della Pietra che ognuno di noi farà (o ha già fatto) attraverso il suo Personale Viaggio: da Pietra Grezza a Pietra Squadrata e quindi a Pietra Cubica. Ed ancora, parlando del ferro, viene spontaneo riferirsi alla sua durevolezza, alla sua forza e quindi alla figura che in Loggia ne è il Simbolo e che insieme a quella della Saggezza e della Bellezza ispira i Nostri Architettonici Lavori.
Il Forno. Dal punto di vista simbolico, credo si possano identificare due funzioni essenziali in questa costruzione: una è quella della Fecondità, della Forza Creativa che si esprime sia nella configurazione stessa dell’esterno costruito come figura antropomorfa femminile come a richiamare il Grembo della Grande Madre Terra, sia nel Soffio vitale che emana al momento dell’introduzione della brace accesa con l’avvio dei mantici.
La seconda funzione è quella di luogo sacro, che per i molteplici aspetti simbolici può essere assimilato alla Loggia stessa. Intanto potremmo dire che lo stesso numero dei componenti, il Fabbro—Sacerdote e due Sorveglianti, riconduce alle tre Luci del Tempio; inoltre i Sette Cornetti triangolari di argilla richiamano il numero di Fratelli necessari per avere una Loggia Giusta e Perfetta.
Nello stesso modo, ma invertendo le due cose, ritroviamo nel Simbolismo Alchemico la Loggia rappresentata con l’Athanor: un Forno a temperatura costante e a giusto regime di fuoco per la cottura dei metalli e della Materia Prima da trasformare. Ed ancora possiamo assimilare il Forno alla Parte Femminile che per produrre ha bisogno di essere in perfetta simbiosi con la Parte Maschile che è rappresentata dal Fuoco. L’incontro tra queste due parti si concretizza con l’introduzione nel ventre del Forno della tubiera in argilla contenente il minerale che, attraverso appunto il calore del Fuoco, verrà fecondato ed uscirà prendendo vita.
Possiamo adesso dire che tutto il ciclo del lavoro è contrassegnato da aspetti simbolici e rituali che in qualche modo aiutano le varie operazioni: tuttavia queste non potrebbero compiersi, o meglio non potrebbero essere perfette, se non ci fosse una sapiente regia che le coordina e le dirige. Ecco quindi la figura di Colui che conosce l’Arte di maneggiare il Fuoco, di modellare il Forno con la creta, Colui che segue ed ispira il lavoro stando seduto sulla balaustra, Colui che partecipando alla Sacralità del Fuoco del quale è il Maestro, acquista un carisma che lo rende punto di riferimento per tutti i partecipanti: il Fabbro.
L’accostamento con i Lavori di Loggia e l’identificazione della figura del Fabbro con quella del Maestro Venerabile nel Tempio, è a questo punto chiara e doverosa.
Arrivato alla fine di questa mia serie di considerazioni, vorrei chiudere facendo un ultimo accostamento tra i fattori preminenti del lavoro profano che abbiamo seguito sino adesso e quelli presenti nel Lavoro Rituale-Esoterico che noi tutti svolgiamo nella Loggia.
Io credo cioè che potremmo identificare:
– Il Fuoco, insieme alla sua Vitalità ed al suo Apporto di Calore, con l’Apprendista.
– Il Ferro, più volte depurato e trasformato da abili mani, con il Compagno.
– Il Fabbro, Costruttore Perfetto oltre che regista ed ispiratore del Lavori, con il Maestro nel Tempio.
Se tutto questo funzionerà in armonia e ci sarà un giusto dosaggio dei Singoli Elementi, così nel Forno o nella Fucina, come nella Loggia, potremo veramente riuscire tutti insieme a mettere in opera numerosi Mattoni per la costruzione del Nostro Tempio alla Virtù, ALLA GLORIA DEL GRANDE ARCHITETTO DELL’UNIVERSO