Commemorazione defunti
(L. M.)
Carissimi Fratelli,
il pensiero iniziatico si nutre di simboli; esso può essere grafico, fonico, gestuale, architettonico, tuttavia i simboli per eccellenza sono da sempre quelli della natura.
L’osservazione della luna con le sue fasi crescenti e calanti, la sua scomparsa per tre notti, ad esempio, è certo all’origine delle prime credenze nell’immortalità dell’anima. Nulla di meglio del nostro satellite poteva suggerire, con altrettanta efficacia, l’idea di un ciclo di rinascite.
Le prime iniziazioni rituali dell’età preistorica furono, con ogni probabilità, di carattere lunare fino al periodo matriarcale del tardo neolitico.
Più tardi, con l’avvento della grandi teocrazie guerriere (Egitto, India, Mesopotamia), anche il sole svolse un suo rilevante ruolo simbolico: come la luna anche il sole nasce e muore ogni giorno e le tenebre della notte si possono considerare come una discesa agli inferi, la prova iniziatica esemplare affrontata dallo spirito solare.
Il mistero della morte è sicuramente il fenomeno naturale che più ha stimolato la riflessione dell’uomo primitivo; non poteva accettare un fenomeno irreversibile, avendo sempre davanti il ciclo lunare e solare intesi come fenomeni quotidiani di morte seguiti sempre da una resurrezione. Sono queste riflessioni la base degli studi iniziatici, il desiderio dell’uomo di migliorarsi a tal punto da poter somigliare agli astri del cielo, con un ciclo della vita che potesse somigliare ad un ciclo astrale.
Questo sforzo, in alcuni casi, ha trovato esito nelle varie religioni, in altri, e questo è il caso della Massoneria, rappresenta un filone di ricerca tuttora attuale.
In ogni sistema religioso le dottrine e le pratiche che si riferiscono alla morte hanno particolare importanza sia quantitativamente , (poiché spesso comprendono larga parte del patrimonio dottrinale e dello spazio rituale)sia dal punto di vista della loro incidenza nell’ambito più essenziale di ciascuna religione, nello stile di ciascuna espressione religiosa; è così infatti, che abbiamo voluto riconoscere proprio nell’esperienza della morte, uno dei fondamenti primari determinati dal fenomeno religioso. Davanti alla morte l’uomo sarebbe stato indotto a formulare sistemi dottrinali che tenessero conto di una presunta realtà extra sensoriale per offrire un qualche rasserenamento conoscitivo all’agonia suscitata dal continuo ripetersi delle morti.
La morte si può considerare :
- Come decesso, come un fatto che ha luogo nell’ordine della cose naturali.
- Nel suo rapporto specifico con l’esistenza umana.
– Come decesso, la morte è un fatto naturale che non ha per l’uomo uno speciale significato; esistono procedimenti oggettivi per la constatazione e il controllo di questo fatto. Un medico per esempio, è chiamato a constatare il decesso di una persona: il decesso in questo caso, è un fatto accettabile di natura biologica, che può avere conseguenze determinate, ma indirette rispetto alle altre persone. Della morte come decesso si parla ogni volta che si considera la morte come una condizione generale della natura vivente o della circolazione della vita o della materia. Quando Shakespeare fa dire ad Amleto che le ceneri di Alessandro Magno possono in parte essere presenti nell’argilla che è servita a tappare un barile di birra, allude alla morte proprio come un fatto naturale che da luogo alla circolazione della materia dell’Universo.
Di fronte a una descrizione così pragmatica della morte si ha ben poco da dire o forse ciò che si può dire si riduce alla frase di Epicuro: Quando ci siamo noi la morte non c’è; quando c’è la morte noi non ci siamo.
– Nel suo rapporto specifico con l’esistenza umana la morte può essere intesa:
- come inizio di un ciclo di vita
- come fine di un ciclo di vita
- come possibilità esistenziale
- Come inizio di un ciclo di vita, Platone definisce la morte come separazione dell’anima dal corpo, una definizione che viene accettata da tutti coloro che ammettono l’immortalità dell’anima.
- Al concetto della morte come fine di un ciclo di vita si fa appello quando si considera la morte come
pace, riposo, cessazione delle cure terrene, un concetto che ricorre frequentemente nelle
considerazioni della sapienza popolare intorno alla morte, si pensi ai frequenti riposa in pace scritti
sulle tombe o su oggetti sacri. A questo concetto di fine di un ciclo di vita, fine di una vita perfetta e
beata come quella di Adamo nel Paradiso terrestre, si può collegare il concetto biblico della morte
come pena del peccato originale, ma questo include anche il concetto di una limitazione
fondamentale che questa vita ha dovuto subire a partire dal peccato di Adamo; a questo secondo
aspetto appartiene propriamente al concetto della morte come possibilità esistenziale.
- Questo concetto implica che la morte non è un evento particolare situabile nell’animo o al termine del ciclo di vita propria dell’uomo, ma una possibilità sempre presente alla vita umana e tale da determinare le caratteristiche fondamentali di essa.
– La morte nella società umana è un avvenimento che non solo riveste importanza sociale, in quanto interessa tutta la società e non solo il ristretto gruppo dei parenti del defunto, ma determina tutta una serie di costumanze, riti e credenze, a iniziare dal trattamento del defunto.
Nella credenza popolare la morte non chiude definitivamente il ciclo della vita. Come la nascita, il fidanzamento e le nozze, la morte è un avvenimento di transizione che implica la separazione dal mondo dei vivi e l’aggregazione a un altro mondo, quello dei morti, diversamente rappresentato secondo le civiltà e le religioni (dogmatiche o popolari).
Le pratiche e le credenze più diffuse vengono perciò regolate dal meccanismo dei riti di passaggio o di separazione che comprendono:
– il distacco del cadavere dalla casa, il suo trasporto processionale al luogo della sepoltura e il pugno
di terra sulla tomba, sono scene rituali che danno azione materiale al dramma e manifestano
l’esistenza di un legame anteriore; riti di esposizione o attesa (la veglia funebre e il lutto).
– il lutto infine che prolunga il ciclo delle tradizioni relative alla morte rappresenta una fase intermedia
che gli intimi del defunto sono tenuti ad attraversare prima di riprendere la vita normale.
Verso la morte proviamo timore, che è un fenomeno naturale ed istintivo; non si tratta di sopprimerlo del tutto, ma di dominarlo ed addolcirlo. L’eroismo in faccia alla morte non consiste nel non aver paura, né nell’affrontarla con coraggio e con forza d’animo; tutto ciò rappresenta per l’iniziato un supremo campo di prova che riuscirà ad affrontare attraverso i riti e la simbologia della nascita.
Fratelli, non a caso stasera abbiamo parlato di morte; tra pochi giorni è l’equinozio di Primavera che è il naturale esempio di rinascita, il perfetto equilibrio tra la luce e tenebre, simbolicamente l’armonia tra il mondo manifestato e quello non manifestato.
Ogni rinascita implica tuttavia un particolare legame con la morte che segue e precede la vita. La Massoneria Italiana è solita celebrare la ricorrenza dei defunti il 10 Marzo, anniversario della morte di Giuseppe Mazzini.
Per noi questa ricorrenza rappresenta l’obbligo di rivolgere il nostro pensiero a tutti coloro che passando all’Oriente Eterno ci hanno ricordato la precarietà della nostra permanenza in questo mondo.
La Luce che ci hanno lasciato consentirà a noi di continuare, sul loro esempio, i lavori da essi intrapresi; cercheremo di portarli a termine con il loro stesso impegno e la loro stessa determinazione per onorarne la memoria.
La Catena lniziatica è fatta del presente, ma anche del passato e noi opereremo perché mai si spezzi.
La celebrazione dei tanti Fratelli che passarono in Massoneria, dedicando la vita a portare umilmente il proprio mattone è per noi un atto doveroso che cerchiamo di onorare chiamandoli uno ad uno all’Oriente: