A 80 ANNI DALLE LEGGILEGGI RAZZIALI

A 80 ANNI DALLE LEGGILEGGI RAZZIALI

CONTRO LA “GIUDOMASSONERIA”

La persecuzione fascista di ebrei e liberi muratori

SANTI FEDELE

Vi è un aspetto della politica fascista nell’arco cronologico compreso tra

l’entrata in vigore delle leggi razziali dell’ottobre del 1938 e la Liberazione del

25 aprile 1945 che non è stato sufficientemente approfondito dagli studiosi né

tanto meno divulgato nel vasto pubblico dei non specialisti: la stretta

concatenazione che sì – realizza ancora prima dello scoppio della Seconda

guerra mondiale e che si accentua nella parte finale della parabola fascista

rappresentata dalla Repubblica sociale italiana, tra persecuzione antiebraica e

persecuzione antimassonica. Invero, nonostante risalisse al 22 novembre

1925 il decreto col quale, al culmine di un’ondata persecutoria avviatasi nel

1923 e pochi giorni prima che entrasse in vigore la legge che disponeva

il licenziamento dei massoni dai pubblici impieghi, il Gran maestro Torrigiani

aveva disposto il sostanziale autoscioglimento del Grande Oriente di Santi

Fedele d’Italia di Palazzo Giustiniani, tra la fine degli anni Venti e l’inizio del

successivo decennio non erano mancate le segnalazioni e le denunce anonime

sul tema non nuovo delle alte sfere della finanza condizionate da una mai del

tutto debellata influenza massonica. Come nel caso di Milano, dove a decine si

conterebbero gli esponenti del mondo finanziario collegati alla massoneria

internazionale o di Torino, città nella quale, a detta degli anonimi

informatori della polizia politica, le alte sfere dei vari istituti bancari, pur

mostrandosi apparentemente ossequiosi al Regime, sono persone affiliate alla

massoneria.  In questa fase l’accostamento tra massoneria internazionale e

alta finanza ebraica è ancora sottinteso, al massimo appena accennato. Nulla

di paragonabile alla teoria del complotto affermatasi in Germania, dove la tesi

. secondo la quale l’invitto” esercito germanico era rimasto vittima della

“pugnalata alle spalle” subdolamente inflittagli dai due nemici giurati della

grandezza della Germania imperiale: gli ebrei e i massoni, si era andata

diffondendo ancora prima dell’avvento al potere di Hitler, e in Spagna in cui

la “congiura giudaicomassonico-comunista” sarà la giustificazione ideologica

della sanguinosa caccia al massone messa in atto dai franchisti già

all’indomani dello scoppio della guerra civile. Ora invece l’allineamento alla

Germania nazista in materia di persecuzione antiebraica determinala ripresa

della polemica antimassonica del fascismo. Se l’ossessione antimassonica di

Giovanni Preziosi che, in una serie di articoli apparsi sulla sua rivista “La Vita

Italiana” nel corso degli anni Venti e Trenta aveva attuato un costante

collegamento tra “massoneria universale” e “giudaismo” raffigurando la

prima come strumento del secondo e ambedue in combutta col bolscevismo3)

ha costituito sino ad allora nel panorama del fascismo italiano una presenza

marginale, la situazione si modifica con l’introduzione delle leggi razziali. Il

tema della congiura giudaico-massonica che minaccia l’Italia fascista non è

più prerogativa esclusiva di Preziosi e di coloro che ne condividono le

farneticazioni ossessive, ma si avvia a diventare parte integrante della

propaganda di regime. L’accostamento tra i due storici nemici dell’Italia

fascista si fa sempre più insistito. Il binomio indissolubile ebraismomassoneria,

la raffigurazione della massoneria come operante in combutta col

giudaismo internazionale e i suoi piani di dominio del mondo trovano la loro,

per così dire, consacrazione ufficiale nell’approntamento della III edizione

della Mostra della Rivoluzione Fascista che il Duce inaugura il 28 ottobre

1942, ventesimo anniversario della marcia su Roma, e che chiuderà

precipitosamente i battenti all’indomani del 25 luglio 1943. Rispetto alle

edizioni precedenti, si è voluto aumentare il numero delle sale riservando le

ultime ai temi di maggiore attualità quali la guerra in corso, le trame intessute

contro l’Italia dall’internazionale ebraica, la mai del tutto venuta meno

minaccia rappresentata da quella massoneria messa diciassette anni prima

fuorilegge. Con materiali che sappiamo in gran parte ceduti dalla Direzione

della pubblica sicurezza; viene così allestita la sala Ebraismo e Massoneria.

Per quanto concerne l’ebraismo mondiale «nemico irriconciliabile del

fascismo», a illustrare questa parte della sala sono copertine del quindicinale

“La difesa della razza”, vignette di satira antiebraica e candelabri a sette bracci

alternati a fotografie di gruppi di ebrei in atteggiamenti tenebrosi e

cospirativi. Il tutto sormontato dalla raffigurazione, cara all’iconografia

nazista, di una tarantola gigante che avviluppa il mondo con la sua terrificante

ragnatela e con l’assicurazione che «Anche nella questione della razza noi

‘ tireremo diritto». Per quanto attiene invece alla parte della sala dedicata alla

massoneria, lo slogan prescelto è l’affermazione categorica secondo cui «È

incompatibile la qualità di fascista con l’appartenenza a qualunque setta o

 

società segreta», mentre il logo è rappresentato da una creatura mostruosa, a

metà tra il serpente e il drago, che porta raffigurati sul ventre squadra e

compasso intrecciati e la cui testa cornuta spalanca le fauci e protende la

lingua in maniera decisamente disgustosa. Nella sottostante vetrina il

 

consueto repertorio di labari, grembiuli, sciarpe, coccarde, spade, coppe delle

libagioni, con l’aggiunta, con palesi intenti orripilanti, di teschi utilizzati nel

Gabinetto di riflessione, mentre una targa a latere riproduce brani essenziali

del deliberato del Gran consiglio del 13 febbraio 1923 che sanciva

l’incompatibilità dell’appartenenza al Pnf e alla massoneria5), E se non vi è

negatività della recente storia italiana che non possa essere ricondotta alle

delittuose trame della “tenebrosa setta”, come potrebbe mai essere la

massoneria esente da responsabilità nella “congiura” che ha portato al

“tradimento” del 25 luglio? A indicarla tra i maggiori responsabili è “La

Stampa”. Nel quotidiano torinese appare il 18 ottobre 1943 un articolo,

intitolato La massoneria, che nel rivendicare all’Italia fascista il merito di

essere stata «la prima nazione in tutta la storia» che «ha osato gettare il

guanto di sfida alla massoneria, distruggendo le logge», ripercorre le tappe

della “vendetta” massonica contro il fascismo: prima il tentativo di

soppressione del Duce con l’attentato orchestrato dai massoni Zaniboni e

Capello, quindi un sistematico lavoro d’infiltrazione nella Pubblica

amministrazione e nell’Esercito favorito dall’indulgenza del fascismo verso

coloro che solo apparentemente avevano abbandonato la setta, per finire con

un’opera di sistematico sabotaggio di cui era stato l’anima Badoglio, «l’ex

massimo esponente della massoneria nel nostro esercito. E come sarebbe

facile — continua l’articolo — scoprire gli antecedenti massonici di gran parte

di coloro che, iniziati o meno, hanno tradito Mussolini, così il gabinetto

Badoglio dei 45 giorni infausti è stato un gabinetto quasi interamente

costituito da massoni». Temi che saranno successivamente ripresi su “La

Stampa” con un articolo del 14 febbraio 1944 intitolato Come la massoneria

preparò il tradimento, che riconduce la «minuziosa e feroce opera di

disgregazione degli spiriti e di sabotaggio militare economico e finanziario

tenacemente perseguita dai massoni[…] sino alla crisi politico-militare che

ebbe il suo culmine sciagurato negli avvenimenti del 25 luglio e in quelli dell’8

settembre» a una congiura contro l’Italia fascista orchestrata sin dal tempo

della conquista dell’Etiopia da un non meglio identificato «supremo Grande

Oriente Universale». Per finire due giorni dopo, il 16 febbraio, con l’articolo 1°

documenti del Grande Oriente che ribadisce come sia stato sempre agli ordini

del «Gran Maestro del Grande Oriente Universale» che i massoni italiani

infiltrati negli alti gradi dell’esercito e persino nei servizi di spionaggio e

controspionaggio militare hanno perpetrato il sabotaggio sistematico dello

sforzo bellico dell’Italia fascista. —Concetti che, pressoché

contemporaneamente, è dato riscontrare in altri organi di stampa pubblicati

nella Rsi, come è il caso, tra i tanti esempi che si potrebbero portare in

proposito, del quotidiano “La Repubblica Fascista”, che nel numero del 13

febbraio 1944 sviluppa il tema consueto degli «ordini di Londra alla

massoneria italiana per minare il fascismo e piegare l’Italia» Mentre la

stampa di regime pubblica articoli siffatti, Preziosi sta per riprendere il suo

posto di alfiere della lotta senza quartiere contro la massoneria disciolta in

Italia da quasi vent’anni e contro gli ebrei italiani già a migliaia uccisi o

mandati a morire nei campi di concentramento tedeschi. Reduce da diversi

mesi trascorsi in Germania dove si era recato all’indomani del 25 luglio

intessendo una fitta rete di rapporti con gli ambienti più oltranzisti del

nazismo e dove l’udienza concessagli da Hitler nel mese di novembre aveva

rappresentato una sorta d’investitura ufficiale del suo ruolo di uomo di fiducia

dei nazisti nell’opera di repressione antiebraica in Italia, Preziosi ancor prima

del suo rientro in Italia ha in un articolo apparso il 26 ottobre 1943 nel

“Vélkischer Beobachter” attribuito a una congiura giudaico-massonica la

responsabilità della caduta del fascismo e in una serie di trasmissioni di Radio

Monaco rivolto aspre e reiterate critiche di inefficienza nella lotta contro il

persistente pericolo rappresentato da giudei e massoni ad alcuni gerarchi di

Salò a cominciare dal ministro dell’Interno Buffarini Guidi da lui definito

«massone» ed «amico degli ebrei». Quindi il 31 gennaio 1944 invia a

Mussolini un memoriale sul ruolo svolto dall’ebreo-massonismo negli ultimi

trent’anni della storia italiana e sull’assoluta necessità di una lotta radicale

contro ebrei e massoni, giacché a suo dire «l’opera di ricostruzione non

potrà cominciare se non quando per Ministri, funzionari, appartenenti al

Partito, ufficiali dell’Esercito, Guardia Nazionale Repubblicana, non che per

quanti hanno mansioni non solo di primo ordine, ma di qualsiasi ordine nelle

Amministrazioni dello Stato, non si esigerà che non abbiano appartenuto alla

massoneria e non si richiederà la dimostrazione della loro arianità nel solo

modo serio, che è quello costituito dalle tavole genealogiche, come si fa in

Germania». Denunciando la presunta arrendevolezza dei vertici di Salò

nella lotta all’ebraismo e alla massoneria Preziosi non ottiene però il posto di

primissimo piano nelle ridisegnate gerarchie conseguenti a un ventilato

rimpasto del governo della Rsi che aveva sperato e ciò non soltanto per la viva

‘antipatia che ha Mussolini sempre nutrito nei suoi confronti, ma anche per le

diffidenze che in larghi settori dello stesso fascismo repubblicano suscitava

«un fanatico che vedeva ebrei e massoni dappertutto e desiderava fare le

proprie vendette su coloro che “ancora” si rifiutavano di riconoscere che tutti j

mali e le disgrazie del fascismo fossero frutto della “congiura ebraicomassonica”

»!9 , Deve contentarsi della nomina, a metà marzo del 1944, al

vertice dell’Ispettorato generale della razza, nuovo organismo assommante le

funzioni razziste e di lotta all’ebraismo già di competenza della Direzione

generale per la demografia e la razza del ministero dell’Interno e dell’Ufficio

studi e propaganda sulla razza del ministero della Cultura popolare, che

stabilirà il suo quartier generale a Desenzano sul Garda. In una situazione in

cui il “lavoro sporco” dell’eliminazione degli ebrei superstiti era affidato in

mani ben più affidabili ed esperte di quelle del “teorico” Preziosi quali quelle

delle SS e dei corpi di polizia della Rsi’o , la ricaduta “pratica” dell’Ispettorato

in termini di persecuzione antiebraica e antimassonica fu limitata. L’azione di

Preziosi nei tredici mesi intercorrenti tra l’assunzione delle attribuzioni di

Ispettore generale per la razza e la Liberazione si svolgerà su due direttrici

principali. La prima rappresentata, in perfetta coerenza con quanto operato

nel trentennio precedente, dalla riproposizione ossessiva della tesi del

pericolo rappresentato da ebrei e massoni, ora corroborata dalla

constatazione che con il “tradimento”del 25 luglio e dell’8 settembre si è

dimostrato che «la tragica situazione nella quale è precipitata la patria è

dovuta esclusivamente alle mene massoniche e giudaiche». Così per l’appunto

si legge nel primo numero, datato 18 marzo 1944, di “Avanguardia Europea”,

che a partire dal secondo numero assumerà il nome di “Avanguardia.

Settimanale della Legione SS Italiana” avendo il più noto dei suoi

collaboratori in Preziosi, che vi pubblicherà articoli intesi a rivendicare il suo

ruolo di vittima delle persecuzioni cui era stato oggetto in ragione della sua

implacabile denuncia delle trame massonico-giudaiche, e a ribadire come

«per sbaragliare le logge massoniche occorre una lotta a fondo, una lotta

condotta implacabilmente da un nuovo ente [l’Ispettorato] che nulla abbia in

comune con quelli esistenti». Temi analoghi a quelli che Preziosi

riprenderà al momento in cui nella seconda metà del 1944 darà vita a una

nuova serie di “La Vita Italiana”, rivista sostanzialmente monotematica

perché quasi esclusivamente incentrata sulla necessità di intensificare la lotta

contro gli ebrei e di smascherare una massoneria, strumento dell’ebraismo

mondiale, i cui uomini continuerebbero ad operare infiltrati financo nelle alte

sfere della Rsi . La seconda direttrice dell’azione svolta da Preziosi nella

qualità di capo dell’Ispettorato è un’intensa attività intesa all’elaborazione di

proposte di legge che non sono perfezionino i meccanismi della persecuzione

antiebraica ma affrontino il più vasto problema razziale anche sotto forma di

strumenti legislativi atti a preservare la purezza ariana della razza italiana

dall’inquinamento di ogni forma di “meticciato”, dovendosi considerare

“meticci” i nati da un genitore ariano e da altro ebreo o in ogni caso non

appartenente alla razza ariana. Nonostante l’ossessione del “complotto

giudaicoplutocratico-massonico” non risparmi ormai lo stesso Mussolini che

nel suo ultimo discorso pubblico, pronunciato al Lirico di Milano il 16

dicembre 1944, indicherà esplicitamente la massoneria quale responsabile, in

combutta con i circoli di corte, con i militari “badogliani”, con le correnti

plutocratiche della borghesia italiana e con alcune forze clericali, del

“tradimento” che ha portato prima alla caduta del fascismo e quindi alla resa

dell’8 settembre, anche per l’opposizione di settori “moderati” della Rsi, le

aberrazioni razziali di Preziosi (che nei giorni della Liberazione, braccato dai

partigiani, si suiciderà assieme alla moglie) non avranno sanzione legislativa e

altrettanto dicasi per la bozza di decreto che stabiliva che «coloro che

appartengono o hanno in qualunque tempo appartenuto alla massoneria di

qualsiasi rito sono esclusi da ogni attività politica», nonché da ogni forma

d’impiego pubblico, venendo puniti con la reclusione sino a cinque anni e con

la perdita dell’impiego tutti coloro che, «richiesti dall’Autorità, negano o con

qualsiasi mezzo occultano la predetta loro qualità». Non alla morte civile

cui li avrebbe voluto condannare Preziosi ma alla privazione della vita tuoi

court andranno incontro i Liberi muratori che non si piegheranno al giogo

nazifascista. Tra i 385 civili e militari, prigionieri politici, ebrei, semplici

sospettati d’antifascismo, trucidati a Roma il 24 marzo 1944 alle Fosse

Ardeatine dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per

l’attentato partigiano di via Rasella, diciannove sono  Liberi muratori già

appartenuti alle disciolte Comunioni di Palazzo Giustiniani e di Piazza del

Gesù. In particolare sono stati i massoni del Goi a ritessere immediatamente i fili dell’organizzazione massonica. Già all’indomani, nel senso letterale del

termine, della caduta del fascismo, il 26 luglio 1943 si riuniscono infatti un

gruppo di massoni romani già appartenuti al Goi che votano un documento,

sottoscritto da Umberto Cipollone, Giuseppe Guastalla ed Ermanno Solimene,

col quale, nel dar conto della ripresa operatività del Grande Oriente d’Italia,

se ne ribadisce la mai venuta meno fedeltà a «gli immortali principi di

Libertà, di Uguaglianza e di Fratellanza» e si riconfermano nel «principio

democratico nell’ordine sociale e politico» e nella «lotta senza tregua contro

tutti i dispotismi politici, le intolleranze religiose e i privilegi di qualunque

genere» le linee guida dell’impegno dei massoni italiani «per l’attuazione di

‘un programma di radicale rinnovamento e rinascita della Patria».

L’occupazione nazista dell’Italia centrosettentrionale, quale si produce

all’indomani dell’8 settembre, costringe nuovamente i massoni alla

clandestinità. A centinaia saranno i Liberi muratori che a titolo individuale

opereranno nella Resistenza militando all’interno di gruppi e brigate

partigiane di vario orientamento politico. Una sola formazione, almeno allo

stato attuale delle conoscenze, ebbe nel panorama della Resistenza italiana

 

una specifica connotazione massonica: l’Unione nazionale della democrazia

italiana fondata dall’antico compagno d’esilio di Torrigiani Placido Martini,

che opererà nella Roma occupata dai nazifascisti annoverando nelle proprie

file diverse decine di massoni. Tra essi vanno quantomeno ricordati Carlo

Zaccagnini, Giovanni Rampulla, Mario Magri, Giuseppe Celani, Silvio

Campanile, Teodato Albanese, Carlo Avolio, vale a dire i fratelli che,

imprigionati e torturati, andranno con Martini il 24 marzo 1944, per come

s’intitola una recente pubblicazione, A fronte alta verso l’Oriente Eterno a

testimoniare nel martirio il – loro amore della libertà . Ad essi si ricollega

idealmente il nome di Giordano Bruno Ferrari, figlio del Gran Maestro Ettore,

che catturato dai nazisti e a lungo torturato senza che i suoi aguzzini

riuscissero a strappargli i nomi dei compagni di lotta, sarà fucilato a Forte

Bravetta in Roma il 24 maggio 1944, vale a dire pochi giorni prima della

Liberazione della Capitale. Anch’egli, al pari di Martini, sarà insignito di

medaglia d’oro al valor militare. Dal lascito ideale del loro sacrificio si

alimenterà la ripresa della massoneria italiana, la cui ininterrotta continuità

organizzativa durante la dittatura sarà richiamata nel decreto col quale il 21

marzo del 1947 il Gran maestro della ricostituita massoneria giustinianea,

Guido Laj, «considerato che durante l’infausto periodo fascista, dopo la

distruzione dei nostri Templi e le persecuzioni delle persone, la continuità

della Famiglia Massonica Italiana fu assicurata dai Fratelli nostri, residenti

all’estero, che vi costituirono il Grande Oriente d’Italia», nomina Albarin,

ultimo Gran maestro dell’esilio, Gran maestro onorario ad vitam del Goi.

Dal disastro immane in cui il fascismo ha trascinato l’Italia, da una sequela

ininterrotta di persecuzioni avviatesi all’indomani della marcia su Roma e

conclusesi solo con la definitiva sconfitta del nazifascismo, rinasce la

massoneria in Italia. Tra mille difficoltà, non ultima quella rappresentata

dalla frammentazione nei tanti gruppi e sottogruppi che ne rivendicano

l’eredità storica. Una situazione che non impedirà tuttavia alla Commissione

delle Grandi Logge statunitensi inviata in Europa nell’estate del 1945 per

verificare le condizioni delle massonerie europee all’indomani della sconfitta

del nazifascismo, di identificare – senza esitazione alcuna nel ricostituito Goi

l’erede legittimo della tradizione massonica nel nostro Paese. Felicemente

sorpresi dello scoprire che «il Grande Oriente si è già riorganizzato ed è

operativo» e favorevolmente colpiti dalla forza di carattere dimostrata dai

fratelli italiani, i commissari ne pronosticano la pronta rinascita e formulano

l’augurio che in un futuro prossimo si ripari alla grave ingiustizia delle

confische operate dal fascismo con la restituzione del «bellissimo Tempio» di

Palazzo Giustiniani. Sì pongono in sostanza le premesse per quel

riconoscimento del Goi da parte delle Grandi Logge statunitensi che

rappresenterà una tappa miliare nel processo di reinserimento a pieno titolo

della Comunione italiana nel consesso della Libera muratoria universale.

TRATTO DALLA RIVISTRA “FMASSONICAMENTE” N° 13/2018

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