GIUSEPPE GARIBALI
Cittadini di Nizza e d’Europa
Gli effetti della vicenda umana, nel corso dei secoli, edificarono gli stati sopra ed attraverso le nazioni.
Ogni volta che tentarono di intervenire nelle etnie, contro natura e tradizione, gli stati si trovarono a fronteggiare funesti eventi di guerra e rivoluzione.
Dei fatti cruenti, ove si sacrificò sangue di uomini, dunque di fratelli, è arduo cancellare il ricordo.
In Italia si è costruito lo stato «uno» (ora anche repubblicano) sopra le ceneri di stati e staterelli.
Tutti alimentati nello spirito di diverse regioni ma tutti di una terra «dove il SI suona».
Dunque l’unità del 1861 fu, per ampia parte, unità nazionale oltre che statale.
Oggi, proprio dove alcune frange di nazione si sacrificarono sull’altare dell’unità, si possono meglio individuare importanti fenomeni della problematica di una più ampia unione: l’Europa.
Il 15 aprile 1860 ebbe luogo, a Nizza il plebiscito di annessione alla Francia: 6810 Si, ll No.
Il baratto che insultava Giuseppe Garibaldi, Primo Massone d’Italia, era compiuto.
Iniziava l’esodo di migliaia di italiani del Circondario di Nizza; coloro che volevano vivere in italianità di stato, non solo di nazione,
L’amarezza di Garibaldi era palese anche mentre accettava con gratitudine la cittadinanza sanremese: «… non intendo però con questo cessare di essere cittadino di Nizza. Io non riconosco a nessun potere sulla terra il diritto di alienare la nazionalità di un popolo indipendente … Mi riservo il diritto di rivendicare il mio paese nativo in un’epoca ove il diritto delle genti non sia una vana parola …».
A livello di regnanti e di altissimi «consiglieri», sopra il ricatto francese dei centomila armati della guerra d’indipendenza pronti a scendere dalla Lombardia alla Toscana, il destino di Nizza e della Savoia era già compiuto.
Vittorio Emanuele II aveva già anticipato «… lo e lui (Garibaldi) dobbiamo offrire all’Italia il sacrificio più grande che ci si possa chiedere»,
Ma Garibaldi, per una volta più legalitario che prorompente, in Parlamento incalzava «… ogni traffico di gente ripugna oggi a senso universale delle nazioni civili e deve abolirsi poichè stabilisce un precedente pericoloso che potrebbe menomare la fiducia che il paese deve giustamente avere nel suo avvenire …».
L’esodo, l’esilio, lo spirito di rivendicazione, il dolore di un re e di parte del suo popolo erano una realtà del secolo
scorso. .
La realtà di oggi, con l’idea di Europa, può rendere vacua, non solo datata, quella «realtà. Se ciò è vero, Europa è fatta.
Qualunque esodo sarebbe vano se, ovunque in Europa, si potesse appartenere alla propria nazione.
Garibaldi, cittadino e di Nizza e d’Europa, non potrebbe denunciare alienata la propria nazionalità; perdendo senso ogni rivendicazione.
Pure un re, in Europa, sarebbe cittadino tra i cittadini; unica sacrificata l’anacronistica «regalità».
I «traffici di gente» di un paese civile fondato sulla libertà e l’eguaglianza non conserverebbero neppure significato logico.
Ciascuna nazione europea potendo alimentare la fiducia anzi la certezza del proprio divenire ed avvenire. Leggere la storia significa anche piangere; ma è tempo di piangere da ogni parte
e per ogni parte. Leggere la storia, con moderno «antistoricismo illuministico», può significare. la realizzazione di una fascinosa utopia.
Parafrasando un «barattiere» di allora: «LIBERA NAZIONE IN LIBERA EUROPA».
Giacomo Gavino