LA NUOVA CITTADINANZA RESPONSABILE
di Pietro F. Bayeli
Università degli Studi di Siena
Premessa
La Loggia è una Palestra di Pensiero, quindi di “Dialogo” di “Discussione”.
Che tipo di Pensiero? Pensiero, pensieri eterei, puri, evanescenti, fini a se stessi?
Voli pindarici, ragionamenti per massimi sistemi? Giochi utopici come i dialoghi sulla purezza, la perfezione, la bellezza, il sospiro dell’universo, il sesso degli angeli?
Talvolta piacevoli divagazioni, talora attrazioni suggestive.
Ma, per favore, qualche volta voliamo basso, scendiamo a terra. Parliamo di ciò che ogni giorno ci affligge (molto) o ci rallegra (poco).
Indagare, sceverare i motivi e la natura delle cose che ci circondano può oltretutto alleggerire le afflizioni, accentuare le rare soavità. Parlandone ci chiariamo gli aspetti, i problemi, conosciamo meglio l’essenza di queste espressioni dell’umana attività e così, forse così, solo così, possiamo trarne un qualche profitto, un qualche vantaggio, un tentativo per migliorare la vita nostra e dei nostri simili.
È l’accettazione dei problemi e il tentativo di risolverli che allevia l’irritazione, trasto, la ricusa che li accentua e li aggrava.
Compenetrare le ragioni di un evento, di una azione, capire le motivazioni di un sentimento, di una convinzione, siano queste di tipo letterario, scientifico, storico, politico, sociale o filosofico, ce le avvicina, ce le fa sentire nostre, ci rivelano e ci conducono ad uno stato o di piena partecipazione oppure di completo distacco, di grande rifiuto, ma comunque sicuramente in entrambe i casi ci poniamo in una definitiva,
compiuta, serena decisione, liberi dalle incertezze e dalle ansie di una scelta dubbiosa.
Prima, inesplorati, ci trovavamo nel dubbio e nel relativismo di una incertezza sofferta, dopo, conosciuti, nella pacata sicurezza di una accettazione o di un rifiuto. Tranquillità di una convinta decisione.
Nascono così temi di studio strettamente attinenti al quotidiano della nostra vita, ai nostri tempi, ai nostri luoghi, alle nostre problematiche come ad esempio: immigrazioni, tasse, incidenti, accidenti, patologie, economia, scienza, storia, cultura, letteratura, arte …
Basta sfogliare una enciclopedia per trovare mille motivi di reali, sentite e partecipate argomentazioni. Qui ora proponiamo un tema.
La Cittadinanza Cosa e? Burocraticamente è l’insieme degli abitanti di una città, ai quali il Comune di residenza rilascia, dall’ufficio di stato civile, il Certificato di Cittadinanza, la Carta d’Identità. Ma, come è misera questa definizione, insoddisfacente, deludente. In senso lato e molto più profondo la Cittadinanza è il vincolo di appartenenza, di affinità, di un individuo ad una città, ad una regione, ad uno stato, ad una etnia con i suoi usi, costumi, consumi, abitudini, lingua e cultura. Oltre a tutto questo, insito nell’intimo di ogni persona, la Cittadinanza è anche diritto politico di voto, diritto civile di istruzione e di aiuto-assistenza sicurezza sociale (welfare), ma è anche un dovere etico di responsabilità e di osservanza di leggi, civili, penali, economiche.
Insomma una Cittadinanza completa si identifica nella percezione della propria identità, cioè nella consapevolezza e nell’orgoglio delle proprie radici, del proprio passato, della propria storia, della cultura, della lingua e nel rispetto delle norme e delle leggi.
È vero che la Cittadinanza ha acquistato oggi un carattere antropologico dinamico a causa della globalizzazione (comunicazioni in tempo reale, rapidi viaggi, scambi culturali) e delle intense immigrazioni che stanno investendo l’Europa, il sud dell’Europa, l’Italia in particolare, sicuramente mal regolate o respinte dai paesi di arrivo. La Cittadinanza tende idealmente ad uscire dai confini di un paese, di uno stato, di una nazione e presenta quindi una complessità di significati che vanno dal giuridico, al legale, al sociale, al politico, all’etico, al morale.
Il nucleo centrale del problema della Cittadinanza, in questa intensa fase migratoria e globalizzante, sta comunque nel a chi concederla e nel come darla.
Non esiste discussione per lo Ius Sanguinis valevole e tipico delle popolazioni stanziali anche se l’idea di nazione etnica e chiusa sta in verità tramontando. L’aspetto giuridico dello Ius Sanguinis trova la soluzione nella propria definizione: chi nasce da genitori italiani in territorio italiano è, una volta denunciato all’Ufficio di Stato Civile, automaticamente cittadino italiano. È lo Ius Soli con i suoi aspetti giuridici e legali il vero motivo del contendere. Esiste infatti il timore che lo Ius Soli, non opportunamente regolamentato, snaturi l’identità Italiana, soprattutto se, come ora, porte e finestre sono aperte a tutti in un paese già sovrappopolato come il nostro, in profonda crisi politica, economica, sociale, morale, ed afflitto da altissima disoccupazione giovanile.
Secondo la legge 91/1992, attualmente in vigore, chi nasce in Italia da genitori immigrati (stranieri) acquisisce il diritto di Cittadinanza dopo la maggiore età, quando cioè, dopo i 18 anni, generalmente si ritiene
che sia sufficientemente maturo e omologato per cultura, per patente di guida, per diritto di voto e soprattutto per una libera ed oculata scelta della propria identità di cittadino. I due adulti, suoi genitori, avranno invece acquisito il diritto di cittadinanza dopo 10 anni di stabile e proficua residenza sul territorio nazionale. Ma lo Ius Soli non è poi così rigido poiché permette la cittadinanza ai nati in Italia, figli di genitori sconosciuti, oppure nati anche all’estero purché apolidi. Gli aspetti legali si estendono anche per eventi successivi alla nascita come il matrimonio, l’adozione, il servizio militare, il pubblico impiego, oppure
per eminenti servizi resi all’Italia.
Vi è, tuttavia, anche chi vorrebbe aprire il diritto di cittadinanza a chiunque nasca nel territorio nazionale, sbilanciandosi, noncurante dei problemi degli autoctoni, verso una totale perdita di identità da parte dei cittadini del paese ospite. Questa radicale presa di posizione solleva il problema politico del diritto di voto e può introdurre anche il velato sospetto del voto di scambio.
Naturalmente per quegli immigrati, dal casellario giudiziario intonso, che lavorano nel territorio nazionale e partecipano fiscalmente alla economia del paese, il godimento dei benefici sociali (welfare) viene
a costituire un diritto.
Logicamente lo Ius soli, senza restrizione alcuna, trova la sua più razionale giustificazione nei paesi con vaste aree a bassa densità abitativa per cui il processo immigratorio si tramuta in una fortunata opportunità sia per il migrante che per il paese ospite. Invece i paesi Europei tendono a privilegiare lo Ius Sanguinis soprattutto a causa dell’alta densità abitativa dei propri cittadini autoctoni per i quali gli spazi risultano assai limitati.
Lo straniero, l’immigrato che vive in un nuovo paese se non si amalgama con gli autoctoni che sono in maggioranza e vivono di abitudini, costumi e rapporti interpersonali ormai codificati, storicizzati, secolarizzati, finirà per vivere e far vivere male e con sospetto, lui e gli abitanti del posto. È una legge naturale e lapalissiana: il branco non può sottostare al singolo o a pochi a meno che questi ultimi non assumano una posizione di guida, di comando, di leader.
È, bensì, il singolo, i pochi che devono uguagliarsi al branco se desiderano convivervi e, essendo venuti da fuori, appare evidente che lo desiderino. È l’ospite che si omogeneizza con la famiglia, è il filo dell’olio che nella maionese si amalgama con il tuorlo d’uovo, altrimenti la famiglia lo rifiuta, la maionese impazzisce. Il dinamismo imposto dalla globalizzazione determina un rimescolamento della società ed è qui il precario punto di equilibrio che si vorrebbe e dovrebbe raggiungere tra popolazione stanziale ed immigrati: un rimescolamento
ed una reciproca accettazione di culture, usanze, costumi diversi ma nella responsabile consapevolezza che ciascuna delle due parti dovrà abbandonare qualcosa del suo passato ed accettare almeno parzialmente nuove visioni future.
Così è accaduto in passato (le invasioni barbariche), così avviene nel presente ed avverrà nel futuro. Con i suoi lunghi tempi di maturazione, si crea così una Nuova Cittadinanza responsabile.
Nuova in quanto multiculturale: alla antica cultura ed alle radici religiose del posto si aggiungono nuove schegge di cultura e di fede religiosa; Cittadinanza è assumere una nuova identità sia per lo straniero che non deve essere più tale, sia per l’autoctono che non deve
perdere la propria identità ma solo arricchirla, ampliarla, proiettarla nel futuro, così come tante volte è già avvenuto nel passato. Tutto questo nel pubblico senza necessariamente ledere nel privato le libertà
individuali. Ciascuno può esprimere nel proprio intimo, nella privacy della propria famiglia o del proprio clan, gli usi i costumi le abitudini che si è portato dietro e con i quali desidera e necessita convivere per non soffrirne la mancanza, per non subire una languorosa sensazione di vuoto o soccombere alla mestizia di un melanconico ricordo. A tale proposito rammento le comunità russe presenti negli Stati Uniti che, seppure socialmente aperte e perfettamente amalgamate con il quotidiano statunitense, mantengono vivi i loro usi e i loro costumi, festeggiano nei propri incontri le loro ricorrenze, le loro feste senza per
questo chiudersi al mondo esterno. Saranno le generazioni future, nate, allevate nel paese di arrivo ad anestetizzare la memoria del passato, ad amalgamare le tendenze del futuro.
Responsabile: inutile combattersi, contrapporre con più o meno dispregio le rispettive culture. l’immigrazione è ormai avvenuta, il fenomeno esiste e non è sopprimibile, va invece regolato, articolato secondo un criterio razionale e responsabile di cessioni e di acquisizioni da entrambe le parti.
Per una Nuova Cittadinanza responsabile occorre una cessione etnica sicuramente maggiore per la parte ospitata, migratoria, minore per la parte ospitante, stanziale. Il multiculturalismo se accettato con equanimità da entrambe le parti, seppure con la prevalenza etnica degli stanziali porterà, come per il passato, una visione culturalmente allargata, una maturità intellettuale capaci nel complesso di far progredire l’umanità. Uno sguardo al passato, seppure per lotte e contrapposizioni a volte feroci, sia per alti e bassi nella etica storica dell’uomo, ci conferma quanto andiamo affermando.
Si giunge ad un riequilibrio solo dopo estremismi più o meno violenti, quasi necessiti una sofferenza maturativa, una catarsi purificatrice.
Le due identità devono fondersi, pubblicamente e col tempo anche privatamente, stabilito che le migrazioni sono un fenomeno antropologico inarrestabile: ma inarrestabile non vuol dire non regolabile, non governabile, altrimenti si torna indietro nei secoli, alle invasioni barbariche, dove la fusione avveniva a fil di spada. La civiltà attuale deve essere in grado di mitigare le asperità del fenomeno, valutando le opportunità di una immigrazione, ma nel contempo sostenendo le prerogative ed il benessere dei propri concittadini.