UN ITALIANO MASSONE NELL’OVEST AMERICANO

UN ITALIANO MASSONE NELL’OVEST AMERICANO

di Agostino Pendola

Saggista

Le statistiche migratorie iniziarono solo a partire dal 1876, ma in realtà

gli italiani avevano iniziato a cercare fortuna oltre l’Atlantico da almeno

un secolo. Tuttavia l’emigrazione settecentesca fu sporadica, limitata ad alcune realtà, finalizzata alla marineria e al commercio.

In mancanza di dati, solo l’esperienza e lo studio genealogico può venirci in aiuto per delineare le migrazioni italiane nei decenni successivi, fino a poco dopo l’Unità. Migrazioni collegate non solo alla ricerca del miglioramento del tenore di vita, ma spesso obbligate dalla situazione politica, oppure dalla ricerca di occasioni commerciali.

Tra le migrazioni politiche, ricordiamo l’esodo di molti sudditi piemontesi dopo i moti del 1821, che arrivati sul Rio de La Plata, tra l’Argentina e l’Uruguay, si definirono esuli piuttosto che emigranti. Dopo neanche un decennio tuttavia, dal Piemonte, dalla Liguria, e in particolare dalle Riviere Liguri, partirono i primi veri emigranti per motivi economici. Ne ricordiamo uno in particolare; nel 1837 da Genova Domenico Ghirardelli, di appena Vent’anni, si imbarcò alla volta di Montevideo per cercare fortuna. La trovò, ma diversi anni dopo e in tutt’altra parte dell’ America.

 Fu solo dopo il 1848, e la scoperta Dell’oro in California, che l’emigrazione ligure si diresse a nord, verso gli Stati Uniti.

Già nel 1849 nel porto di New York approdarono brigantini i cui passeggeri erano in gran parte sudditi sardi, e in numero limitato, del Ducato di Parma. Le copie delle liste dei passeggeri, ancora oggi disponibili, sono lì a testimoniarlo.

Benedetto Pendola giunse a New York sul veliero Fairfield verso la fine del 1857. Era partito da Le Havre il 12 ottobre, aveva Vent’anni. Non sappiamo come e perché raggiunse la costa francese, tuttavia la partenza dai porti atlantici era, per l’epoca, abbastanza comune. Si trovano di frequente italiani (sardi, o piemontesi, era indicato come nazionalità) nelle liste passeggeri delle navi che arrivavano negli Usa da Bordeaux e Le Havre. Sicuramente Benedetto, nato a Rapallo (Genova) avrà iniziato il suo viaggio a piedi, e molto probabilmente la sua prima tappa sarà stato il capoluogo ligure.

Lì giunto è molto probabile che abbia incontrato un suo omonimo (Giovanni Pendola), di un anno più giovane e il cui padre era nato nello stesso paesello di Benedetto (San Maurizio di Monti, sopra Rapallo).

Giovanni abitava con la famiglia nella parte orientale della città, presso Porta Pila, là dove giungeva la via da Rapallo. La presenza del padre di Giovanni a San Maurizio è registrata in quegli anni in documenti

dello stato civile parrocchiale come testimone di nozze. Giovanni Pendola nel maggio 1860 seguì Garibaldi a Marsala.

Erano due esistenze in quel momento profondamente diverse, che ben illustrano la siderale distanza tra gli abitanti della campagna e della città nell’Ottocento. Benedetto, contadino, molto probabilmente era analfabeta, assolutamente lontano  dalla politica com’erano tutti gli abitanti della campagna, il suo solo obiettivo era migliorare le condizioni di vita; per questo si imbarcò per l’America.

Giovanni, nato a Genova, ebanista, diventò adulto tra la Prima e la Seconda Guerra d’Indipendenza, quando la città era il crocevia del movimento repubblicano e nazionale. La sua presenza tra i Mille non fu occasionale, ma tutta la sua vita fu segnata dall’impegno civile.

Genova in quell’estate del 1857 fu testimone di un avvenimento in seguito al quale un altro suo figlio si trovò, nel decennio successivo, a poche centinaia di chilometri dalle valli della California dove visse Benedetto. Il 29 giugno i mazziniani tentarono una sommossa, che in realtà non ci fu perché venne annullata ancora prima di iniziare. Per sfuggire alla repressione della polizia sabauda, Angelo Mangini, che della sommossa era stato un organizzatore, fuggì prima a Londra e poi a San Francisco. Fu quindi un esule, non un emigrante. Nella città sul Pacifico, un oceano che probabilmente Benedetto non vide mai, negli

anni seguenti ebbe incarichi influenti nella comunità italiana, legandosi sia per lavoro che per affetti familiari a Domenico Ghirardelli.

La corsa alljOvest

Arrivato a New York alla fine del 1857, Benedetto Pendola si fermò due anni sulla • costa orientale, a Cincinnati in particolare, dove lavorò in un macello. Ma nel 1860 lo troviamo già registrato nel primo censimento in California, intento a lavorare in una miniera nella contea di Mariposa.

Nell’adiacente Calaveras, sempre nella grande valle centrale dello Stato sul Pacifico, nel 1866 si naturalizzò, diventando cioè cittadino americano, e assunse il nome di Benjamin, anche se usò ancora a lungo il suo nome italiano. Non abbiamo alcuna documentazione su come sia giunto fino in California. Due erano, prima dell0 apertura della ferrovia transcontinentale nel 1867,

le vie per raggiungere l’Ovest partendo dall’Est: in nave, doppiando il Capo Horn, la punta meridionale dell’ America, oppure la carovana dei tanti film western. Noi propendiamo per quest’ultima via, anche alla

luce di quanto venne scritto quando, molti anni dopo, morì.

Nei pionieristici giorni della frontiera del West, Pendola lavorò in molte occasioni per il Governo degli Stati Uniti per fare da interprete nei negoziati con varie tribù indiane. Pendola venne all’ovest da Cincinnati con i primi pionieri, la sua casa precedente. Di professione era un macellaio e economizzando attentamente mise da parte abbastanza

denaro per acquistare in questa parte dell’ America una attività che gli permettesse una vita agiata.

Il punto di partenza delle varie carovane che attraversavano il continente era invariabilmente Saint Louis, nel Minnesota, e la partenza avveniva sul finire della primavera, per arrivare oltre le Montagne Rocciose prima dell’inverno. Queste migliaia di persone che, nello spazio di una ventina di anni, a partire dal 1849, si riversarono in California, cercavano invariabilmente una sola cosa: l’oro. Scoperto vicino a Sacramento nel 1848, l}oro venne cercato ed estratto in una fascia di territorio che andava dal Nevada (Reno) fin quasi a Fresno, nella California centrale. Centinaia di chilometri, lungo fiumi e attraverso montagne.

La vita per i cercatori e i minatori era dura, le provviste alimentari scarseggiavano, le condizioni sanitarie precarie.

Ma l’oro abbondava, e un cercatore poteva anche trovarne per un valore tra 10 e 50 dollari al giorno. I primi accampamenti si trasformarono presto in città che venivano abbandonate quando oro non se ne trovava

più, diventando città-fantasma, le ghost towns; ne sono state censite quasi 550. Qualcuna in realtà non venne mai abbandonata del tutto, qualche altra, come Virginia City, nel Nevada, è stata restaurata, in un certo senso, ed è diventata un museo a cielo aperto.

Ma molti italiani, liguri in particolare perché nelle valli della California erano il gruppo regionale allora prevalente, si accorsero ben presto che più dell’oro poteva essere redditizio fornire generi alimentari ai cercatori. Sorsero allora gli orti italiani, come vennero definiti; già negli anni Sessanta iniziarono piccole imprese agricole; nel 1880 da un conto approssimativo apprendiamo che erano 1200, dove lavoravano diecimila persone, in gran maggioranza liguri. Qualcuna di queste imprese in seguito si sviluppò e diventò una multinazionale, come la Del Monte, fondata nel 1859 da Marco Fontana e Antonio Cerruti (provenienti dal Genovesato). Domenico Ghirardelli, giunto a San Francisco dal Sud America nel 1848, dopo una breve esperienza come minatore, mise a frutto l’esperienza di pasticciere appresa a Genova, e fondò una fabbrica di cioccolato che, sotto altre forme, esiste ancora oggi. Altri aprirono un saloon. Benedetto Pendola fu tra questi.

Commerciante

Nel 1870 troviamo Benedetto Pendola a Pine Grove, nel Nevada occidentale. Pine Grove attualmente è una delle meno conosciute ghost-towns, gli edifici ancora in piedi sono solo tre o quattro. Ma nel 1880 era abitata da un migliaio di persone; era stata fondata nel 1866 quando l’oro era stato scoperto nelle montagne che la sovrastavano e già nel 1870 c’erano 600 persone, che lavoravano in tre miniere.

A Pine Grove Benedetto aveva un saloon. Leggiamo in un giornale del tempo: Persone che provenivano la scorsa settimana da Pine Grove ci hanno riferito che un tale Robert Wallace, scozzese, di 26 anni, mentre era ubriaco entrò nel saloon di B. Pendola, iniziando a disturbare gli altri clienti e a dare fastidio. Pendola lo colpì allora alla testa. Presenti riferirono   che lo fece in modo talmente rapido che non capirono se usò qualche oggetto. Ma Wallace per questo colpo morì all’istante. Il verdetto del Coroner fu che la morte venne causata dal colpo in testa dato dal Pendola. Il quale venne portato di fronte al Giudice di Pace e rimesso in libertà dopo aver depositato una cauzione di duemila dollari.

Non abbiamo ulteriori notizie; Benedetto restò a Pine Grove e tre anni dopo, nel 1873, venne nominato Postmaster (direttore Dell’ufficio postale). Leggiamo infatti sullo stesso giornale: Postmasters appointed: […] Nevada – Pine Grove, Esmeralda county, Benedetto Pendola.

In California, e nell’adiacente Nevada occidentale, da alcuni anni vi era già una rete telegrafica. La telegrafia era arrivata a San Francisco nel 1853, quando alcuni imprenditori avevano creato una rete rudimentale

che collegava i principali campi auriferi. Nel 1861 questa rete venne collegata, con una linea transcontinentale, alla costa orientale, che attraversava il Nevada a Virginia City, nella principale zona aurifera

dello Stato. Reno non è molto distante.

Solo nel 1867 la rete ferroviaria collegò l’Est degli Stati Uniti all’Ovest.

Benedetto rimase altri due anni a Pine Grove, e nel 1875 lo troviamo nel Nevada orientale, a Mountain City, a fare il minatore.

Leggiamo infatti che B. Pendola ha effettuato di recente delle ricerche vicino al fiume Bruno, vicino a Mountain  City, Nevada Orientale, ed ha scoperto sabbia che contiene oro lavato brillante. Unjoncia del prezioso metallo si vende per dollari 19,50, e ve ne è in quantità. Ritornerà ai suoi scavi in primavera.

Ma non tornò più, perché l}estate seguente un annuncio pubblicitario su di un giornale di Reno ci fa sapere che loWestern Star Saloon è di proprietà di B. Pendola. Nell}annuncio leggiamo che ai clienti sono dedicate tutte le attenzioni. Ordine e civiltà è la regola del saloon. Come erano trattati i disturbatori lo sappiamo dalla sua esperienza precedente.

Benedetto restò in Nevada forse ancora  cinque o sei anni, per spostarsi poi a Visalia, nella parte meridionale della valle centrale della California (San Joaquin Valley). Infatti, al momento della sua morte, nel 1922, un giornale scrisse che […] aveva vissuto a e intorno a Visalia per un quarto di secolo, prima di spostarsi a Bakersfield circa dieci anni fa. Anche a Visalia aprì un saloon. Non sappiamo quanto ordine regnasse nel locale, però anche nella sua nuova residenza non mancò di manifestare il suo carattere.

Infatti in un giornale di molti anni dopo, quando il museo locale venne derubato di alcuni oggetti, leggiamo che tra i reperti asportati vi è la

Colt calibro 36 di B. Pendola, modello Navy, del 1860 circa, con due tacche sotto il grilletto. Il proprietario, il Sig Pendola, che aveva inciso il suo nome nel calcio, intagliò le tacche dopo ave sparato e ucciso due tra le meno rispettabili signorine di Visalia quando avevano cercato di derubarlo, credendolo più ubriaco di quanto in realtà era.

Nel 1911-1912 si spostò ancora una volta, l’ultima, stabilendosi a Bakersfield, a quel tempo una mezza giornata di viaggio da Visalia. Lì aprì un negozio dove vendeva frutta, noci, tabacco e bevande non alcoliche, come diceva l}insegna. Piccolo di statura, un gran paio di baffi ancora neri, una pesante catena da orologio decorava il panciotto, così lo tramanda una fotografia che lo immortalò sulla soglia. Vi restò fino al 3 gennaio 1922, quando venne brutalmente ucciso da un rapinatore. Il delitto fece scalpore nella città, Pendola slayer escapes (“L}assassino

di Pendola fugge”) titolò il giornale locale che gli dedicò un lungo articolo. Un altro articolo apparve il giorno successivo. I funerali avvennero a Visalia alcuni giorni dopo, alla presenza di un pastore della

Chiesa Metodista e dei due figli.

Massone

L’appartenenza di Benedetto alla Massoneria venne resa pubblica in occasione della sua morte, infatti lo stesso giornale locale scrisse che era membro della Loggia di Visalia. La Massoneria era ben presente nell’ Ovest Americano: anche senza andare a ricercare l}appartenenza all’Ordine dei primi esploratori, come Lewis e Clark che nel 1804 attraversarono il continente raggiungendo l’Oregon, è certo che tra i primi  pionieri si incontravano massoni. Appena formate le nuove comunità costruivano anche l’edificio che avrebbe ospitato la loggia.

Se le prime logge erano poste all’obbedienza di Grandi Orienti degli Stati dell’Est, ben presto si organizzarono sul posto. In California già nel 1850, quindi all’inizio della corsa all’oro, venne formata la Gran Loggia. Ma per quanto riguarda la vita di Benedetto, è senz’altro più importante la situazione in Nevada. La prima parte ad essere abitata, in quel territorio che sarebbe poi diventato lo Stato del Nevada, fu vicino

al confine con la California, lungo la valle del fiume Truckee. In quel luogo il fiume, percorrendo un paesaggio in gran parte arido, forma una specie di oasi, nella quale si fermavano le carovane dirette ad Ovest;

lì verso il 1860 si formò il primo nucleo di Reno. Un poco più a nord, nel 1859 venne scoperto l’oro dove in seguito sarebbe sorta Virginia City. Se la prima loggia del futuro Stato sorse a Carson City, a Virginia City nel 1863 ne venne aperta un’altra.

Reno, che si trovava al centro di un bacino minerario, divenne il luogo di transito dei cercatori, e negli stessi anni sorse quella che sarebbe diventata la Loggia n. 13 del Grande Oriente del Nevada, che si formò a sua volta nel 1865. La precarietà della vita del cercatore e del minatore, in un ambiente ostile e sconosciuto, spinse i massoni ad organizzare delle Società di Mutuo Soccorso. In diverse città si formarono Associazioni Massoniche, che avevano lo scopo dell’aiuto reciproco in caso di malattia. Nell’associazione venivano ammessi solo coloro che erano in grado di provare di essere massoni, membri di una qualunque loggia. Dovevano pagare una quota mensile, che serviva per indennizzare il socio bisognoso.

Nelle cittadine sorte accanto alle miniere, quando erano sufficientemente grandi, veniva costruita una loggia, che seguiva  il destino della città. Quando la miniera si esauriva e la città diventava una città – fantasma (ghost-town) anche la loggia veniva abbandonata. Se oggi scorriamo l’elenco delle logge del Nevada, troviamo un gran numero di logge estinte.

In quale di queste sarà stato ammesso Benedetto? Non abbiamo alcun documento che ce lo dica, anche se però abbiamo la testimonianza diretta che fu effettivamente massone. Infatti la sua scheda, proveniente dall’Archivio della Gran Loggia di California, lo indica come: n. 48073, Pendola, Beneditto, Visalia n. 128, suspended 1-20-1917. Quando morì era quindi in sonno. Per l}ammissione, possiamo solo fare delle congetture. Visse a lungo in California, però la parte più attiva della sua vita fu in Nevada. Se escludiamo Pine Grove, dove non vi fu mai alcuna loggia, resta Reno, dove visse alcuni anni e dove

la Massoneria era ben presente. Poi, c}è il nome. Benedetto dopo la naturalizzazione, nel 1866, assunse il nome di Benjamin e con questo nome venne citato sui giornali di Visalia e Bakersfield al momento della morte. Quand}era in Nevada però, lo abbiamo visto nei giornali, era chiamato ancora con il suo nome italiano, Benedetto. Con questo nome, a parte un lieve errore (una i al posto di una e) è indicato nella scheda. Tutti elementi che ci inducono a pensare che sia stato iniziato

proprio a Reno, dove tra l’altro era proprietario di un saloon, e dove quindi aveva una stabile posizione economica.

In quanto al suspended, l’assonamento, ha una logica. Nel 1911-12 aveva abbandonato Visalia per Bakersfield, allora a mezza giornata di viaggio, nel 1917 aveva ormai ottant’anni, e quindi è probabile che abbia smesso di versare le quote.

Benedetto Pendola, che aveva lasciato la collina sopra Rapallo a vent’anni, uno delle migliaia di contadini che si imbarcavano per l’America, per il quale, come la stragrande maggioranza dei contadini dell’Ottocento la politica e l’impegno civile erano sconosciuti, impegnati com’erano nella lotta per la sopravvivenza, nella seconda parte della sua vita fu straordinariamente vicino, negli ideali, a Giovanni Pendola,

probabilmente incontrato a Genova nel 1857, prima di partire per l’America. Giovanni era stato tra i Mille, fu tra i fondatori     della Croce Rossa a Genova qualche decennio dopo, ma soprattutto la sua appartenenza alla Massoneria sotto la Lanterna è documentata. E fu anche idealmente vicino all’altro genovese, che certamente non conobbe mai, ma che come lui abbandonò Genova nell’estate del 1857, Angelo Mangini.

A San Francisco, dove esule si rifugiò, partecipò alla locale Società di Benevolenza, fu artefice della costruzione dell’ospedale italiano e fu probabilmente membro della loggia francese “L}Union Parfaite”, assieme al suocero, Domenico Ghirardelli.

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