ESPERIENZE

Esperienze di C. P.

Se penso ad un rapporto fraterno ideale, lo immagino caratterizzato  dallo scambio di molte confidenze, dal desiderio di comunicare i propri pensieri per farsi conoscere per quel che siamo, con sincerità.

Le dotte conversazioni hanno un ruolo importante in questo rapporto, ma sicuramente non così determinante.

Sono queste le motivazioni che mi spingono a scrivere su un’esperienza umana che in qualche modo può avere influito sulla mia formazione.

Ognuno di noi ha un analogo inestimabile patrimonio di «esperienze», ma troppo spesso lo tiene chiuso dentro di sé. Chissà se queste poche righe potranno diventare le prime di una lunga serie di «esperienze» riesumate per conoscerci meglio!

Quel congresso a Washington è stato per molti una straordinaria occasione di aggiornamento, con i migliori specialisti del settore e le

interminabili sessioni, dalle prime ore del mattino fino a tarda sera.

Eppure io lo ricordo per un’esperienza umana che mi è stata più utile

di tutti i seminari e le tavole rotonde organizzate in quell’occasione.

È stato l’incontro con un collega-amico che ritengo opportuno raccontare a chi mi è fratello.

Ralph l’avevo conosciuto alcuni anni prima perché si occupava di oncologia comparata ed io ero nel comitato organizzatore di un congresso su questo tema in Italia.

Era arrivato con la moglie e quell’aria da intelligente ragazzotto di campagna che non ti lasciava indovinare gli anni. Me l’aspettavo più vecchio, data la fama e la reputazione internazionale, ma lui era parte di quel sistema che affida ai trentenni gli incarichi più prestigiosi per sfruttarne tutta la potenziale genialità.

Ci eravamo incontrati nuovamente negli Stati Uniti in occasione dei miei viaggi di studio ed una volta in Italia per un altro congresso; era sempre un piacere ascoltare i suoi progetti per rendere più efficiente e funzionale il Dipartimento che gli era stato affidato.

Anche lui provava interesse per le mie iniziative e la stima era reciproca.

Una volta ero riuscito a trovare il tempo di raggiungerlo, con la mia famiglia, in quel piccolo centro del Nord America che io credevo una grande città, data l’importanza che aveva assunto l’Università di cui era sede.

Di quell’occasione ricordo ancora l’estrema educazione dei suoi figli e la gentilezza della moglie, la benedizione del cibo che ci veniva offerto

e la laboriosità di tutti.

L’incontro di Washington fu una piacevole occasione per stare assieme qualche ora, anche per parlare di lavoro e del nostro contributo all’attività universitaria in ambito internazionale.

Ricordo l’immensa sala dell’albergo con le scalinate per raggiungere   i ristoranti, le vetrine dei negozi, le televisioni a schermo gigante e le decine di poltrone e divani: un palcoscenico sul quale ci si sentiva parte di un insieme indivisibile, non più individui.

All’improvviso, mentre parlavamo di un problema che coinvolgeva le due istituzioni cui facevamo capo e delle possibili soluzioni, Ralph decise di darmi la chiave di lettura del suo stile di vita, anche per farmi comprendere le scelte che stava facendo:

«Claudio, disse, devi sapere che ho educato i miei figli in modo tale che osservino sempre alcuni semplici princìpi cui io e mia moglie ci atteniamo sia nella vita famigliare che nel lavoro. Le regole d’oro per noi sono queste:

primo, sii sempre onesto;

secondo, comunica sempre con gli altri;

terzo, affronta subito i problemi nel momento in cui insorgono, non lasciarli marcire;

quarto, aggredisci le situazioni, non le persone che ne sono coinvolte; sii gentile con loro».

Ralph, credente e permeato di una religiosità che raramente avevo osservato in altri, aggiunse ancora un’ultima considerazione: «God will never give us more than we can handle!» (Dio non ci darà mai da portare un fardello superiore alle nostre forze). Di quel congresso mi è rimasto questo ricordo. Gli argomenti scientifici, le recenti acquisizioni, le straordinarie scoperte di alcuni ricercatori, quelle informazioni che avevano motivato tanta fatica, il viaggio, le spese, l’insonnia, oggi sono tutte superate.

Ma le regole d’oro di Ralph me le sono scritte, un po’ con la vergogna del bambino che copia anche se conosce la lezione. Perché lui non enunciava solo buoni propositi, lui era l’esempio, la dimostrazione di cosa si può realizzare applicandoli nella vita quotidiana.

Devo dire che da allora ho provato ad osservare con maggiore attenzione quelle regole d’oro e che la mia famiglia ne ha tratto indubbi vantaggi.

Nell’ambiente di lavoro non è andata sempre così bene; affrontare i problemi in un’istituzione che per metodo li lascia marcire ha creato qualche incomprensione. Ma questa è un’altra storia che racconterò in un’altra occasione, se avrà un lieto fine.

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