DIVAGAZIONI SULLA MASSONERIA
(Nota informativa per gli iniziandi e per i profani curiosi)
di Arnaldo Francia
Non sembra esserci dubbio che chiunque si accinga a far parte di una
associazione, di qualsivoglia natura essa sia, debba possedere, di norma, idee abbastanza precise in merito alle caratteristiche e agli scopi dell’associazione o del circolo cui ha chiesto di appartenere o al quale gli sia stato proposto l’ingresso e che egli debba sentirsi interessato ed attratto dal tipo di attività ivi esercitata e allineato, nello spirito, con le finalità di quell’associazione sempre che ne abbia richiesto o accettato l’inserimento per libera scelta. Tali considerazioni che possono sembrare addirittura peregrine nel caso di iscrizione ad un circolo sportivo o ricreativo non dovrebbero ammettere eccezioni soprattutto quando si tratti di aderire ad una associazione di tipo culturale o politico o religioso la cui frequenza imponga ben differente
impegno intellettuale, morale, talora fideistico. Ne consegue che l’inserimento di un individuo in una organizzazione può essere interpretato come una decisione di tipo sillogistico: mi piace una certa attività, sportiva o culturale o di altro genere; in un determinato gruppo
essa viene praticata, quindi decido, o accetto, di aderirvi. Tale interpretazione, apparentemente così logica e razionale, non può essere
utilizzata senza qualche riserva nei confronti di chi stia per aderire
alla Massoneria. Ben più difficile risulta infatti per l’iniziando, fino
a quel momento profano, possedere l’esatta coscienza di un corretto
allineamento dei suoi princìpi con quelli propri dell’ideologia muratoria,
né la certezza dell’identificazione dei suoi presupposti morali
con quelli propri dell’etica massonica. Infatti, malgrado gli approcci
con l’Organizzazione, scaturiti attraverso i colloqui preparatori, definiti
in «gergo» massonico tegolature, nonostante le letture che in
genere tutti quanti gli iniziandi si premurano di effettuare nella fase,
per così dire, preparatoria all’iniziazione, nonostante ancora il bagaglio
culturale magari anche cospicuo in alcuni di essi, recepito attraverso studi approfonditi e spesso anche corredato esperienza[G1] [G2] [G3] da una grande di vita e suffragato da un livello intellettuale e professionale prestigioso, manca comunque una precisa conoscenza di quella che potremmo definire, con termine burocratico, la normativa massonica. Per recepirla non sono sufficienti riferimenti indiretti ma è indispensabile una frequenza impegnata, talora prolungata, in qualche caso anche passibile di rigetto.
Non deve quindi creare stupore che anche il più erudito e il più esperto tra gli iniziandi possa avere difficoltà nel rispondere alle precise e apparentemente semplici domande: che cos’è la Massoneria? Perché hai deciso di aderirvi? Potrà unicamente giustificare la sua decisione in quanto convinto di essere in sintonia con le motivazioni illustrategli da coloro che hanno seguito la sua fase preparatoria, i cosiddetti tegolatori. Per il resto, ancora profano nei confronti di un’Organizza- zione di tipo riservato – non segreto -, non potrebbe che tentarne un’identificazione attraverso quanto di essa è stato scritto e detto: e c’è di tutto e il contrario di tutto. Da una parteci sono gli apologeti che citando una prestigiosa nomenclatura che comprende monarchi illuminati, politici insigni, artisti eccellenti ne tessono le lodi considerandola una sublime corrente di pensiero che si ricollega idealmente, quasi senza soluzione di continuità, ai grandi iniziati del passato, che si è maturata nei tempi sotto l’influsso di tante correnti filosofiche e religiose, che si è attivata anche operativamente attraverso l’Illuminismo e che è stata partecipe e talora promotrice di quasi tutti i grandi avvenimenti politici e culturali degli ultimi secoli seppure non direttamente ma tramite gli scritti, le iniziative e l’azione dei suoi adepti.
Altri invece la contestano talora anche con toni violenti, non infrquentemente la denigrano, in certi casi con la diffusione di grossolane menzogne e di gravi calunnie propalate persino attraverso libelli scandalistici se non infami, spesso supportate da campagne di stampa bene orchestrate e talora anche strumentalizzate. A riprova basti osservare come ancor oggi, almeno nel nostro Paese, non vi sia avvenimento sospetto o volutamente tale, in cui non si ipotizzi la longa manus della Massoneria, non vengano sussurrate ed anche denuncia- te intromissioni o speculazioni massoniche o addirittura non ne avvenga una specifica colpevolizzazione.
Per coloro invece che già fanno parte dell’Organizzazione, anche se
più facile risulta trovare risposte a queste domande grazie all’esperienza acquisita con la partecipazione attiva ai lavori di Loggia, si dovranno comunque giustificare eventuali differenze nelle risposte stesse in relazione oltre che al diverso grado di maturazione iniziatica, alla non sempre facile realizzazione di una univoca interpretazione dei
princìpi massonici e quindi di una omogenea applicazione dei loro contenuti per le inevitabili differenze individuali di tipo psicologico, culturale, comportamentale. Resta comunque ad essi, quale patrimonio comune, la presa di coscienza, ormai derivata dall’esperienza, della validità di quei princìpi e l’impegno sincero, anche se talora possa sembrare velleitario, di tentare di sintonizzare le proprie azioni quotidiane con gli ideali muratori.
È sulla base di queste premesse che si possono meglio comprendere
le difficoltà che si oppongono ad illustrare l’essenza della Massoneria
a dei profani, quali sono ancoragli iniziandi, specie poi quando non
si abbia la presunzione di possedere oltre che particolari doti cultura
li in ambito storico, filosofico, esoterico, anche la certezza di una sua
corretta interpretazione e sufficiente capacità di trasferire ad altri la
propria eventuale esperienza.
Ci si potrebbe quindi limitare, al momento del loro ingresso in Massoneria, ad esprimere loro un voto augurale e a ricordare, così come
anche a tutti i profani interessati a questi problemi, che esiste tutta
una serie di riferimenti bibliografici cui attingere e quindi la possibilità
di approfondire le loro conoscenze o appagate le loro curiosità
in questo campo, attraverso la consultazione e la lettura di tanti volumi,
accuratamente selezionati, storicamente affidabili, non improntati
a finalizzazioni apologetiche ma parimenti immuni da denigrazioni
preconcette.
Ma io non voglio comunque sottrarmi ad un tentativo di risposta personale sull’«essenza» della Massoneria sia pure formulata alla buona
ed espressa, per così dire, in prima battuta, certamente non con la
pretesa di illuminare nessuno di una luce che non saprei accendere
né per trattare l’argomento sotto il profilo storico, filosofico, ideologico
ma da accettarsi unicamente quale sincera confessione, scaturita
dall’esperienza acquisita in ormai lunghi anni di appartenenza all’Organizzazione e soprattutto quale doverosa testimonianza di affetto
nei confronti degli iniziandi e quale prima prova di solidarietà al momento del loro ingresso tra noi. Così, liberatomi dall’impegno di una relazione accademica, per rispondere a questa domanda, mi riferisco
alla più semplice delle definizioni, ormai da considerarsi classica: la
Massoneria è una scuola di vita. Si tratta, come è noto, di un’espressione che può essere considerata una «frase fatta» ma forse poche volte, a ben riflettere, il concetto espresso in maniera tanto sintetica in questa frase, risulta così aderente alla realtà e così ricco di significato.
E aggiungo: è una scuola di vita e quindi, come tale, si di propone insegnare qualcosa e precisamente un modo di vivere cui ogni iniziato dovrebbe cercare di adeguarsi. Che si tratti di una scuola non v’è dubbio. Vi è un’aula che è il Tempio, vi è un Maestro coni suoi Assistenti, vi sono gli Allievi. Ma si tratta di una scuola «sui generis» in quanto, dato che la frequenza non è concessa a bambini o adolescenti
ma riservata ad adulti che si auspica che siano uomini liberi e di buoni costumi, è possibile uno scambio di ruoli anche frequente senza che ciò crei disordine o confusione, anzi nel rigoroso rispetto di quell’ordine e di quella correttezza che sono alla base del suo funzionamento.
Infatti in questa scuola ciascuno può essere di volta in volta allievo e maestro poiché non esiste alcuno che non possa insegnare qualcosa ad altri mentre tutti, credo, hanno pur sempre qualcosa o tanto da imparare anche se ricchi di cultura e profondi di intelletto.
È una scuola che propone un modello di società ove vengono insegnate,
e nel suo ambito applicate, quelle regole comportamentali che tutti noi riconosciamo valide ai fini di una corretta convivenza societaria ma che così frequentemente vengono ignorate o disattese o aggirate nella vita quotidiana.
Si tratta di quelle regole cui ciascuno degli iniziati dovrebbe sempre attenersi e l’uso del condizionale non sorprenda se si considerano i limiti di ciascuno e le difficoltà di concretizzare e mettere in pratica
quei princìpi, pur nella convinzione della loro validità. Proprio l’acquisizione di questa convinzione rappresenta il primo passo dell’apprendimento muratorio da parte del neofita e la fondamentale finalità didattica di questa scuola particolare. La salvaguardia costante di questa convinzione e la sua sempre maggiore compenetrazione, unitamente al tentativo di uniformare le proprie azioni nello spirito di
questi princìpi mediante l’utilizzo del massimo impegno, costituiranno
la prova pratica dell’esercizio muratorio. È quindi una scuola sicuramente ambiziosa, non facile, che si propone di realizzare, almeno
al suo interno, un minuscolo modello societario quanto più possibile
depurato dalle imperfezioni profane, quasi un microcosmo idealizzato.
In essa ci si veste con indumenti ognuno dei quali richiama
simbolicamente un preciso dovere, in cui sé parla seguendo un protocollo sicuramente curioso e apparentemente anacronistico, quindi non facilmente assimilabile dal neofita e spesso ridicolizzato dal profano, ma, a ben rifletterci, profondamente ispirato ad una disciplina armoniosa, in cui ci si muove nel rispetto di linee e di angoli ben definiti
nella sublime intenzione di un riferimento con l’immutabile ordinamento cosmico.
È facile comprendere come questa scuola presuma quindi nell’allievo
non solo il riconoscimento della validità del suo insegnamento ma una
naturale inclinazione al recepimento e preciso impegno al rispetto delle
sue regole. Per accedervi, comunque, non è assolutamente necessario
essere superuomini o eroi: è sufficiente, come si è detto, essere liberi
e di buoni costumi, prudentemente coraggiosi e cautamente ottimisti,
disponibili e tolleranti, dotati di quella dignitosa umiltà che, senza
scalfire l’orgoglio della partecipazione, scaturisce dalla conoscenza
dei limiti della natura umana, e infine possedere e alimentare in
continuazione il senso del dovere. Si tratta, come si vede, di qualità
sì impegnative ma certamente non eccezionali, comunque meritevoli
di un breve commento.
L’iniziando deve essere libero, nel senso che deve aver saputo e voluto
depurarsi di quelle concezioni dogmatiche e di quei preconcetti
che possono ostacolare i suoi tentativi sulla via della conoscenza. Per
quanto concerne il possesso di buoni costumi, tenuto anche conto della
difficoltà di una precisa e universale definizione in merito, entro certi
limiti persino condizionata dai tempi, dai luoghi, dagli usi, sarà il
candidato stesso che dovrà averne coscienza, previo approfondito confronto con i princìpi muratori che gli sono stati illustrati e darne personale testimonianza. L’Organizzazione non potrà che offrire fiducia
alle garanzie offerte dai presentatori e dai tegolatori e attenersi
al responso di una fedina penale pulita e del negativo certificato dei
carichi pendenti.
Egli deve certamente possedere e dimostrare interesse nei confronti
di argomenti di tipo metafisico, esoterico, storico, umanistico anche
di una certa difficoltà e sufficiente entusiasmo per offrire la sua partecipazione ai tentativi di interpretazione e di soluzione problemi anche dicerti quando ritenuti aprioristicamente dai più, ineluttabili
o irrisolvibili. E in tante occasioni egli si renderà conto che solo accompagnando le sue ferme intenzioni con un pizzico di ottimismo, riuscirà a non dichiararsi rassegnato e tanto meno battuto in partenza.
Egli deve essere disponibile concettualmente per assecondare quel l’assimilazione spirituale con coloro che con lui frequentano questa scuola di vita, premessa determinante per un proficuo lavoro comune.
A tal fine dovrà esercitare la sua tolleranza per attenuare gradualmente, e se possibile eliminare, quelle intemperanze così frequenti e spesso inevitabili nella vita profana: potrà così trarre talora interpretazioni meno ingenerose e critiche in merito a certi atteggiamenti del prossimo, in qualche caso, approfonditene le motivazioni, trovare anche giustificazioni a certi comportamenti a tutta prima difficilmente comprensibili. Potrà più attentamente e serenamente ascoltare le opinioni altrui, oltre che per difenderne il diritto all’esternazione, anche meglio disposto mentalmente a recepirle, qualora ne possa essere convinto, piuttosto che già quasi inconsciamente e pre- concettualmente predisposto al contradditorio.
Così come è umile la Massoneria che non pretende di sconvolgere
gli ordinamenti del mondo, né di costruire la Repubblica di Platone
o il Paese del Sole, ma unicamente di insegnare agli iniziati un modello di vita, in quanto orgogliosa della sua interpretazione etica, così
il massone dovrà essere dotato di umiltà in quanto conscio della
modestia del suo contributo pur sempre condizionato dai limiti umani ma altrettanto orgoglioso di aspirare a divenire, per il suo comportamento nella vita profana, se non punto di riferimento almeno un uomo che, in qualche caso, sappia suscitare desiderio di emulazione.
Fra tutte le doti auspicabili nell’iniziando, la più impegnativa (che
dovrebbe costituire bagaglio fisso dell’iniziato), è quella di possedere
e saper alimentare in continuazione il senso del dovere. Si tratta anche
della dote più soggetta a tentazioni e a tentativi di elusione, frequenti
e di differente natura. Il massone deve costantemente impegnarsi
per rimanere coerente con la massima filosofica: «Fai quello
che devi. Avvenga ciò che potrà» che è coercitiva nel suo imperativo
e non ammette deroghe all’espletamento del dovere. Infatti essa non
costituisce soltanto un monito o un insegnamento ma rappresenta un
vero e proprio comandamento morale che, nella sua grandezza e nella
sua universalità, travalica i limiti etnici, ideologici, financo religiosi.
Per chiunque, compiere non correttamente o non compiutamente ciò
che si deve, cioè il proprio dovere o tantomeno eluderlo, significa commettere colpa grave, tanto maggiore quanto più profonda risulti la
sua sensibilità morale, più vasto il bagaglio culturale, più responsabile
la collocazione sociale e, per il massone, più progredita la sua maturazione iniziatica. Infatti il maggior possesso di tali requisiti dovrebbe rendere sempre meno probabile il mancato recepimento di una corretta presa di coscienza del senso del dovere. Ogni qualvolta si
opereranno scelte che non ne comportino l’espletamento, accampando
scusanti o dubbi di interpretazione in merito a quanto si deve e
a quanto si può anche non fare, si dovrà riconoscere che l’operato
sarà comunque condizionato da patteggiamenti con la propria coscienza sulla base di valutazioni non valide sul piano morale. Il compimento del dovere deve anche prescindere da un’analisi critica dei risultati che ne scaturiranno specie quando, nelle previsioni di grave impegno o sacrificio, sia più facile indulgere ad una preventiva valutazione di comodo in merito al rapporto costo-beneficio nella quale si potrebbe trovare giustificazione al mancato assolvimento del dovere o alla rinuncia ad una partecipazione operativa o a condizionamenti messi in atto per garantire la propria collaborazione. E frequenti se non
quotidiane sono le testimonianze in proposito: quante scuse vengono
troppo spesso accreditate per eludere o limitare il personale coinvolgimento in attività operative apparentemente anche di portata limitata in quanto pre-concettualmente giudicate insufficienti o sterili o magari inidonee per lo scopo prefissato. Si finisce così per delegare
ad altri la soluzione di questo o quel problema con troppa frequenza
rassegnati preventivamente all’ineluttabilità o alla staticità di certe
situazioni ma altrettanto solerti alla critica per le mancate realizzazioni.
L’elencazione delle principali caratteristiche che dovrebbero costituire il bagaglio ideale del profano che bussa alla porta del Tempio deve
suscitare in lui una profonda meditazione, non solo finalizzata lutare la a va- sua personale dotazione in merito, da cui desumere l’idoneità
o meno alla frequenza di questa scuola ma anche fondamentalmente
per la corretta presa di coscienza dell’insegnamento che gli si propone,
il riconoscimento della sua validità e la riproposizione di affrontare
un lungo tirocinio anche faticoso.
Come già si è detto, egli dovrà anche essere conscio dei rischi, delle
critiche, talora delle accuse che dovrà o potrà affrontare nel corso della sua militanza.
La Massoneria, infatti, è ancora oggi accusata di segretezza, è frequentemente ridicolizzata per i suoi rituali considerati anacronistici
e di non facile interpretazione da parte dei profani e la benché minima
discrepanza tra certi comportamenti anche solo sospetti di scorrettezza da parte dei suoi adepti nei confronti dei princìpi etici informatori
dell’Istituzione viene puntualmente segnalata, commentata
e frequentemente esaltata dai mass-media e interpretata dall’opinione pubblica quale palese dimostrazione di incoerenza nei confronti di princìpi, di per sé giudicati utopistici e non realizzabili nella pratica
quotidiana, se non testimonianza di ipocrita strumentalizzazione
degli stessi per finalizzazioni utilitaristiche o anche criminose.
Persino episodi circoscritti, in cui siano coinvolti dei massoni, condizionano facilmente ingiusta e generalizzata colpevolizzazione dell’intera Organizzazione.
Si tranquillizzino i neofiti e i profani. Oggi la Massoneria regolare
non è assolutamente una società segreta. Per quanto poi ci concerne direttamente, l’Obbedienza di Palazzo Vitelleschi rappresenta un filone
ortodosso, originatosi dal Grande Oriente d’Italia, dopo la scissione
del 1908, organizzato secondo i più rigorosi princìpi della Massoneria
universale su tutto il territorio nazionale. Abbiamo la certezza
assoluta che nei nostri Orienti non esistono logge, congregazioni,
gruppi, strutture coperte o segrete 0 autonome, comunque ad essi collegati.
Si tratta quindi di una Obbedienza statutariamente regolare, assolutamente
Non segreta, con tanto di targa alla porta d’ingresso e con denominazione sull’elenco telefonico, con elenchi completi e sempre
aggiornati a disposizione dell’autorità, correttamente rispettosa della
legislazione in atto e delle disposizioni della così detta Legge Anselmi,
i cui membri, al momento di aderirvi, giurano fedeltà alle Leggi
dello Stato e che ogniqualvolta, al termine di una cerimonia, partecipano ad un brindisi, levano il calice, per primo, al Capo dello Stato.
Essa ha ottenuto tutta una serie di riconoscimenti in Europa, America e Asia, meno che dalla Gran Loggia d’Inghilterra che ha riservato
questo riconoscimento, che non costituisce privilegio discriminante,
all’altra Obbedienza regolare italiana, quella di Palazzo Giustiniani,
per il fatto che L’Obbedienza di Palazzo Vitelleschi, con una interpretazione a nostro avviso più moderna e liberale, ha consentito l’accesso anche alle donne.
Oltre alle tornate riservate agli iscritti, quest’Obbedienza ha già da
tempo organizzato riunioni pubbliche, anche con l’intervento della
stampa e della televisione, ponendo in discussione argomenti di tipo
culturale, sociale, scientifico. Ciò è già avvenuto a Roma, a Torino,
a Firenze, a Venezia, a Bologna e in altre città.
La riservatezza della maggioranza degli iscritti e la prudenza di rivelare
la propria appartenenza alla Massoneria ai profani e spesso anche
agli amici è purtroppo una caratteristica squisitamente ed essenzialmente italiana che suscita stupore in primo luogo nei Massoni di altri Paesi, di più lunga tradizione democratica, abituati a ben diverso comportamento in un clima di libertà, rispetto, tolleranza delle idee di tutti, che ancora non vige in Italia. Questo atteggiamento, purtroppo tenacemente radicalizzato e tale da suscitare da noi una diffusa diffidenza da parte dell’opinione pubblica, trova differenti matrici ma fondamentalmente è da considerarsi retaggio risorgimentale
in un Paese in cui la Chiesa cattolica che, non dimentichiamolo, sino
a poco più di cent’anni or sono esercitava ancora un potere temporale
rilevante, ha sempre avversato la libera Muratoria, fin dalla sua “comparsa ai primi del XVIII secolo, per il timore che la sua concezione
liberale spesso travisata come libertaria, inficiasse il suo rigido dogmatismo e potesse incrinarne l’autorità. Né, d’altro canto, molto diverso fu l’atteggiamento della Chiesa nei confronti di Cavour e della
stessa Casa Savoia, osteggiati per la loro politica espansionista e sempre meno larvatamente accusati o sospetti di anticlericalismo.
Nei confronti della Massoneria la Chiesa Cattolica mise quindi in atto
vari e ripetuti tentativi finalizzati ad isolarla e talora quasi a ghettizzarla, in ciò favorita per la verità da un certo atteggiamento anticlericale, allora radicato in alcune correnti massoniche. Ciò contribuì a creare e ad alimentare quell’alone di mistero e di leggenda, già implicito in una organizzazione iniziatica e a condizionarne una operatività forzatamente riservata, in qualche caso segreta, almeno là dove più rigoroso era il controllo poliziesco. Forse anche da quell’esigenza di copertura, allora necessaria per la salvaguardia del diritto di opinione e talora perla difesa della propria libertà, può derivare un certo retaggio di tipo psicologico che condiziona ancora, ai tempi nostri, il comportamento di parecchi massoni, almeno nel nostro Paese.
Né va dimenticato che successivamente il Fascismo, dopo alcuni tentativi falliti di inserimento, nel 1925 sciolse tutte le Logge massoniche,
talora promuovendo vere e proprie persecuzioni nei confronti
dei massoni ancora una volta costretti alla clandestinità ideologica e che per oltre vent’anni la Libera Muratoria, così come sempre avviene
sotto i regimi dittatoriali, poté trovare unicamente testimonianza
nel cuore di alcuni nostalgici.
Solo dopo la guerra si poté dare inizio alla ricostruzione ma in maniera
non omogenea ed uniforme, anzi forzatamente frazionata e discontinua, in quanto collegata con il ripristino di un clima di libertà
d’opinione nelle singole regioni, di volta in volta raggiunte dalle forze
alleate.
È quindi comprensibile come questa fase di ricostruzione e riorganizzazione possa aver avuto momenti di estrema difficoltà, come la ristrutturazione su base nazionale dei due tronconi ufficiali della Massoneria italiana, talora anche in polemica in merito al diritto di primogenitura, sia stata difficoltosa e come si sia potuto anche accumulare un notevole ritardo nel confronto con gli altri Paesi, in merito alla pubblicizzazione e all’esteriorizzazione dell’Organizzazione e dei suoi princìpi.
Per tentare di giustificare quel certo riserbo comportamentale che caratterizza la maggior parte dei Massoni, prescindendo da disquisizioni storiche e attenendoci a semplici considerazioni di tipo umano e psicologico, ci sia consentito di abusare di una forse banale esemplificazione,
giustificata dalle finalità unicamente informative di questa nota: pensate quanto sia difficile, per un massone, rifiutare una certa sera l’invito di un amico per una partita a carte o per una cena in trattoria o per la partita di Coppa, giustificando il rifiuto in quanto impegnato, quella sera stessa, al circolo massonico dove andrà ad ascoltare una relazione sull’esoterismo nella Divina Commedia oppure
dove egli stesso terrà una conferenza sulle teorie gnostiche nel primo Medioevo o ancora dove andrà a discutere dell’influenza dell’Illuminismo sulla Rivoluzione Francese. E dovrebbe aggiungere che
per fare ciò sarà costretto magari a rinunciare alla cena, dovrà comunque infilare dei guanti bianchi e indossare un grembiulino rispettando un rituale particolare, anche piuttosto complesso. Non è difficile presumere in lui una certa riluttanza a questa coraggiosa apertura e, nell’interlocutore, un vero e proprio senso di stupore se non di incredulità in carenza di una sua corretta preparazione teorica in merito all’essenza dell’ideologia massonica, di una approfondita interpretazione delle sue finalità, di una precisa conoscenza delle realizzazioni che gli uomini, ammaestrati alla scuola muratoria, avevano potuto effettuare al di fuori dei Templi. Sarebbe altrettanto difficile, in assenza di queste premesse, far loro comprendere che i paramenti che si indossano nelle tornate e la gestualità rituale hanno un significato essenzialmente e squisitamente simbolico e quindi costituiscono quasi richiamo mnemonico costante correlato all’insegnamento, così come avviene per i sacerdoti che indossano abiti particolari nelle cerimonie religiose, per i militari che accompagnano ancor oggi l’uso di sciabole ormai anacronistiche a smaglianti divise in occasione di parate militari e ancora per i giudici che indossano toghe ornate di frange e fiocchi e, nella vecchia Inghilterra, anche i parrucconi, quando siedono nelle aule dei Tribunali.
Poiché noi stessi, al momento del nostro ingresso in Massoneria, non
abbiamo potuto evitare un senso di stupore nell’impatto con una normativa certamente desueta nella vita profana e solo gradualmente,
con il passar del tempo e con una frequenza impegnata, abbiamo via
via sempre più compiutamente compreso e assimilato i significati esoterici e i risvolti simbolici della Libera Muratoria, rischiamo spesso che una disquisizione accademica o anche una spiega- zione di tipo scolastico possano risultare oltreché difficoltose anche di non facile comprensione per il non iniziato, non sufficientemente preparato a recepire una realtà apparentemente così poco aderente alla sua vita profana.
Sia pur lentamente le cose stanno cambiando, malgrado si determinino periodicamente dei rigurgiti antimassonici purtroppo caratteristi- ci del nostro Paese. Per quanto concernei rapporti con la Chiesa cattolica sarà sufficiente leggere il volume dedicato alla Massoneria dal paolino Padre Esposito e più recentemente la monumentale Storia della Massoneria in Italia del Mola per rendercene conto. D’altro canto quella Chiesa che coraggiosamente, sia pure a distanza di qualche centinaio d’anni, ha voluto riabilitare Galileo e sembra possa addirittura rivedere le sue posizioni nei confronti del Savonarola e di Giordano Bruno, non ha potuto non rendersi conto della totale innocuità degli attuali massoni nei suoi confronti e nell’enorme caduta del tasso di anticlericalismo una volta presente in alcune frange massoniche. In particolare si deve prendere atto che la stragrande maggioranza dei massoni di Palazzo Vitelleschi non solo è di fede cattolica ma in gran parte è anche praticante, almeno nel senso corrente del termine nel nostro Paese, e che, almeno nella nostra Regione, quasi il 90% degli iscritti contribuisce al sostentamento della Chiesa Cattolica mediante il contributo fiscale. Per quanto concerne l’esteriorizzazione, già è stato detto che la Mas- soneria di Palazzo Vitelleschi ha iniziato un rapporto con l’opinione pubblica mediante l’organizzazione di convegni e anche di veri e propri congressi, ampiamente pubblicizzati, i cui atti sono a disposizione di chiunque ne sia interessato. Esistono pubblicazioni periodiche, una di carattere nazionale «Officinae» e altre di tipo regionale tra le qua- li ricordiamo «Delta», edita a Torino, che illustrano le finalità, le attività, la vita stessa del nostro Ordine. È auspicabile che l’esteriorizzazione lentamente in atto possa continuare e che da ciò possa derivare all’opinione pubblica una più preci- sa conoscenza della Massoneria e una più aderente interpretazione delle sue finalità che in Obbedienze regolari non possono prescindere dal rispetto della Legge. Gli stessi massoni potranno così sentirsi più sereni e dichiararsi con un po’ di orgoglio e senza timore di incomprensione o di interpretazioni difformi dal vero. Ciò avviene già in tutti i Paesi civili, con più lunga tradizione democratica, come in America dove i massoni sono alcuni milioni e numerosi Presidenti degli Stati Uniti hanno orgogliosamente dichiarato la loro appartenenza alla Massoneria, come nella libera Francia, come in Inghilterra dove per antica tradizione un membro della famiglia reale ne è anche Gran Maestro. Purtroppo ciò non può avvenire in quei Paesi dove esistano dittature, sempre sostenute da regimi di polizia, perché ivi non può sussistere il rispetto della libertà d’opinione.
Ben più difficile risulta sostenere la difesa nei confronti di accuse ri- volte alla Massoneria in genere, quasi sempre accanite, anche soltanto
quando venga ipotizzato il coinvolgimento di qualche massone in
azioni criminose. In proposito si impongono alcune osservazioni. Quando le accuse colpiscono genericamente l’Organizzazione o gruppi massonici non qualificati né precisati, poiché non esiste un marchio depositato o un brevetto che impedisca a chi non ne ha specifico diritto
di utilizzare l’etichetta massonica, si deve ammettere l’evenienza che
individui, abusando di quest’etichetta, costituiscano gruppi spuri che
vivono, per così dire, di luce propria, privi di organizzazione gerarchica
e di rigoroso controllo, del tutto estranei alle correnti nazionali,
sulle cui finalità, sino a prova contraria è lecito, se non doveroso,
avanzare riserve e nei cui confronti non è possibile escludere a priori
propositi personalistici e strumentali. Perché tale ipotesi non sembri
fantasiosa o opportunista basti ricordare che è già avvenuto che comuni malavitosi si siano travestiti da poliziotti per compiere rapine
e che frequentemente divise di carabinieri vengono ritrovate nei covi
dei malviventi.
Sarebbe certamente valido e producente poter effettuare nei confronti
di gruppi che si presuma possano abusare delle insegne massoniche
o comunque non ne onorino statutariamente lo spirito, controlli di
qualità, una valutazione delle loro patenti di ortodossia, una indagine
documentata sul loro comportamento all’interno e soprattutto all’esterno delle loro vere o fasulle officine, non certo per soddisfare
un impulso di superbia o di presunzione ma unicamente per la legittima salvaguardia della Massoneria ortodossa e per evitare che l’usurpazione del suo nome da parte di speculatori possa crearle nocumento e possa ingiustamente offendere la militanza di chi vi ha aderito con senso del dovere e con spirito di sacrificio.
Differente deve la nostra reazione quando invece precise accuse, o anche solo ipotesi di tali, investono iscritti ad Obbedienze regolari, legittimate da una impostazione statutaria rigorosa, così come è recentemente avvenuto a Torino, nel così detto scandalo delle U.S.S.L.L. Nella fattispecie venne data massima rilevanza all’appartenenza alla Massoneria di alcuni inquisiti, anche se la maggior parte di essi risultava assonnata e quindi non più quotizzante. Ne seguì immediatamente una violenta campagna di stampa non tanto nei confronti dei singoli in merito alle ipotesi di reato, quanto dell’intera
Massoneria subito sospettata di un coinvolgimento globale e anticipatamente colpevolizzata. Si tratta di una consuetudine ormai inveterata e quasi ricorrente che ogni volta umilia e avvilisce profondamente i massoni degni di questa qualifica che si sentono personalmente penalizzati da una generica colpevolizzazione dell’Organizzazione e che divengono, nel loro intimo, assurdamente parte lesa in un processo precostituito in cui non possono esercitare il diritto di testimonianza e di difesa. Uno solo degli inquisiti era appartenuto una decina di anni or sono alla nostra Obbedienza. È tuttavia impensabile che illazioni, sospetti, accuse comunque espressi nei confronti della Massoneria, proprio in relazione alla sua universalità e alla conoscenza per lo più approssimativa che di essa e della sua struttura hanno i profani, non finiscano per investire profondamente tutti i suoi adepti e, almeno nel nostro Paese, ricadere cumulativamente sugli affiliati all’una e all’altra delle due Obbedienze nazionali. Basti in proposito ricordare gli effetti nefasti provocati dalla vicenda P2, tutt’oggi ricorrenti, anche nei confronti della nostra Obbedienza che a quel deprecabile fenomeno di eresia massonica, era totalmente estranea.
Pertanto, ogni qualvolta accuse ipotizzate o formalizzate sono indirizzate nei confronti di individui con una connotazione massonica ben precisa, non possiamo non prenderne dolorosamente atto e riconoscere tutti quanti, conformemente e con tanta umiltà, pur senza procedere a riconoscimenti di colpevolezza pregiudiziali, che anche in
Massoneria, purtroppo, possono entrare o comunque essere accolti,
uomini apparentemente liberi e di buoni costumi, anche magari dotati
parzialmente di quelle qualità in precedenza commentate, che alla
resa dei conti possano dimostrarsi non degni di appartenervi. Presumere di eliminare questa eventualità costituisce ipotesi ambiziosa
ma non realistica ma pare doveroso esercitare il massimo impegno per- ché essa rappresenti evenienza sempre meno probabile se non eccezionale.
Ci conforta, in proposito, nientemeno che una frase recentemente
pronunciata dal Santo Padre il quale ha ammesso che «anche
i Vescovi hanno colpe perfino in forme così gravi e riprovevoli
da recare danno alla Comunità poiché il Signore non toglie loro i limiti
e le imperfezioni della natura umana». Né noi siamo così presuntuosi
e stolti da presumere che tale immunità possa derivare ai
massoni per il solo fatto della loro iniziazione. Quando si verificano
vicende sicuramente deplorevoli come queste, alla dolorosa presa d’atto, deve accompagnarsi un momento di raccoglimento e di riflessione e deve scaturire l’impegno ad una selezione sempre più rigorosa che non si limiti soltanto ad avallare segnalazioni derivate dalla conoscenza e dalla fiducia dei singoli proponenti, al più attento controllo dell’insegnamento espletato nelle nostre officine, del quale il
cardine fondamentale è per l’appunto costituito dalla riproposizione
continua dell’osservanza del dovere, alla periodica valutazione del corretto recepimento teorico e pratico di quell’insegnamento da parte
dei singoli capitanti e ancora l’impegno di allontanare coraggiosamente
in tempo utile quanti non si siano dimostrati idonei a quella scuola
di vita e di comportamento che rappresenta il fine dell’Istituzione.
Con il rispetto scrupoloso di questi presupposti, quella scuola avrà
correttamente e coerentemente assolto il suo impegnativo mandato:
in caso di fallimento essa potrà respingere ogni accusa di responsabilità
e di coinvolgimento in quanto la causa dovrà ricercarsi nell’inadempienza del singolo, nella sua inadeguatezza nei confronti dei programmi, nella sua inidoneità ad un loro corretto recepimento.
Mentre questa nota era già alle stampe ha preso vita una maxi-inchiesta su possibili rapporti tra la malavita organizzata e frange massoniche.
Come è noto il nostro Paese non ha ancora saputo guadagnarsi una
soddisfacente reputazione in merito a tante sue istituzioni. Anzi queste
vengono spesso criticate dall’opinione pubblica con effetti negativi
anche sui giudizi espressi all’estero nei confronti dell’Italia (e degli
italiani). Capita così che spesso e volentieri il governo venga giudicato
malgoverno, che i servizi divengano, nei commenti popolari, considerati
disservizi, che la sanità venga ormai quotidianamente presentata
come malasanità e così via. È possibile che a questo fenomeno
non sfugga la Massoneria e che quindi possano esistere e operare frange «mal-massoniche». Per fortuna da questo contagio nazionale che sembra talora quasi avere caratteristiche genetiche, è rimasta immune la Magistratura e quindi c’è da auspicare che essa possa sempre svolgere in tutta serenità quel difficile mandato che le è proprio e, nella
fattispecie, possa identificare gli eventuali colpevoli, nel contempo
restituendo dignità e serenità a quei massoni che, frequentando obbedienze rispettose della Legge, hanno unicamente creduto, in tutta
buona fede, di onorare il trinomio «Libertà-Fraternità-Eguaglianza».
A conforto, qualora necessario, di questi massoni, parecchi dei quali
per il loro comportamento costituiscono un prestigioso riferimento
per ogni cittadino, ma soprattutto per una corretta informazione nei
confronti degli iniziandi e dei neofiti nonché dei tanti profani giustamente curiosi e spesso, anche per colpa nostra, non sufficientemente informati, non sembra inutile riproporre una puntualizzazione in merito ai rapporti della Massoneria con le leggi penali e civili dello Stato, già pubblicate su Delta nel 1985.
TRATTO DALLA RIVISTA “DELTA” N. 32