MANOSCRITTI DEL MAR MORTO

Manoscritti del mar Morto
Raccolta di manoscritti in lingua ebraica, detti anche “manoscritti di Qumran” in quanto scoperti, fra il 1947 e il 1956, in undici grotte a nord-ovest del mar Morto, allora in Giordania, nei territori occupati in seguito da Israele nel 1967, nei pressi di Khirbet Qumran, ovvero “rovine di Qumran”: in questo luogo sorgeva infatti, come hanno mostrato gli scavi condotti dal 1951 al 1956 dalla celebre Ecole Biblique dei domenicani di Gerusalemme, l’edificio, una sorta di monastero, dove nel II secolo a.C. si rifugiarono i membri di una comunità rigorista. La comunità rimase attiva fino al 68 d.C., producendo alcune centinaia di manoscritti, la maggior parte su cuoio di pelli di capra o di pecora, poi nascosti nelle grotte circostanti al sopraggiungere dell’esercito romano.
Fra i testi rinvenuti, i due rotoli contenenti buona parte del libro di Isaia, la testimonianza più antica del libro profetico noto in precedenza soltanto da copie del IX secolo d.C., che costituiscono il pezzo più pregiato dell’abbondante sezione. Essa comprende, oltre a frammenti di tutti i libri dell’Antico Testamento tranne Ester, una parafrasi suggestiva del libro della Genesi, il manoscritto detto “Apocrifo della Genesi”, e copie degli apocrifi e dei deuterocanonici, ovvero i testi non compresi nel canone ebraico della Bibbia, come i libri di Tobia, del Siracide, il libro dei Giubilei e quello di Enoc, nonché l’originale del “Testamento di Levi”, conosciuto anche nelle versioni in greco, siriaco, latino ed etiopico. I testi principali 
I testi fondamentali sono tuttavia quelli che, attribuibili agli stessi membri della comunità, hanno permesso agli studiosi di ricostruire i tratti salienti dell’esperienza religiosa di Qumran: furono i beduini a scoprire in circostanze fortuite, nel 1947, oltre a uno dei rotoli di Isaia, la raccolta degli Inni della comunità e il rotolo – documento suggestivo ed essenziale per comprendere l’ideologia di integralismo religioso della confraternita – contenente la Regola della guerra dei figli della luce contro i figli delle tenebre, testi che furono immediatamente acquistati dall’università ebraica di Gerusalemme. La Regola della comunità e il Commento ad Abacuc, pure scoperti dai beduini e acquistati, insieme all’altro rotolo di Isaia e all’Apocrifo della Genesi, dal superiore del monastero giacobita siriaco di San Marco di Gerusalemme, furono depositati negli Stati Uniti, prima dell’acquisizione definitiva, nel 1954, da parte dello stato di Israele, nel quadro di vicende complesse legate a un vero e proprio caso di spionaggio internazionale.
Tutti i documenti furono allora collocati, insieme ai frammenti successivamente rinvenuti, in quello che oggi è il “Santuario del Libro” del Museo ebraico di Gerusalemme, e affidati a un’équipe internazionale di studiosi, incaricati, fra l’altro, della loro pubblicazione. Se la lentezza con la quale sono apparse le edizioni dei diversi manoscritti ha contribuito alla diffusione di voci incontrollate circa il loro contenuto, il timore dei rischi legati a eventuali eventi bellici in Medio Oriente ha portato alla decisione di fornire a diverse istituzioni internazionali copie su microfilm del materiale non ancora pubblicato, con l’obbligo di mantenerlo comunque segreto. Contravvenendo a questa disposizione e scatenando accese polemiche, la Huntington Library di Pasadena, in California, ha reso pubblici nel 1991 i documenti che doveva custodire, fra l’esultanza di quanti insistono nell’accusare gli studiosi di volere occultare testi che conterrebbero dati decisivi e inaspettati circa la storia del cristianesimo primitivo. La comunità di Qumran 
Al di là delle speculazioni, l’esame dei manoscritti pubblicati mostra con sufficiente chiarezza gli ideali di questa singolare comunità, che abbandonò precipitosamente il suo rifugio nel 68 d.C. per sfuggire all’esercito romano inviato, agli ordini di Vespasiano, a soffocare la grande rivolta ebraica scoppiata nel 66: fine ultimo dei membri della confraternita era la preservazione di una fede ebraica ortodossa e pura, secondo il modello ideale dell’epoca di Mosè, in opposizione agli orientamenti dei sommi sacerdoti del tempio di Gerusalemme, condannati come corrotti e infedeli.
Lo studio della Torah, la legge ebraica contenuta nei primi cinque libri della Bibbia, costituiva l’occupazione principale per i fedeli, fin dal duro tirocinio iniziale per ottenere l’ammissione alla comunità, organizzata secondo un criterio rigidamente gerarchico e unita nella venerazione dei propri maestri, fra cui la figura, circondata da un’aura di mistero, del cosiddetto “Maestro di giustizia”, assimilabile per alcuni aspetti al personaggio messianico tratteggiato nel libro del Deuteronomio (18:18) e atteso come guida delle schiere dei figli della luce nel combattimento escatologico contro i figli delle tenebre.
Nonostante le riserve espresse da alcuni studiosi, si considera ormai come dato acquisito l’affiliazione di questa confraternita alla corrente ebraica degli esseni, le cui pratiche, descritte da Filone di Alessandria, oltre che da Flavio Giuseppe e da Plinio il Vecchio, sembrano corrispondere in molti aspetti con i dati contenuti nei manoscritti di Qumran. Interessanti sono in questo contesto le notizie che alcuni dei testi forniscono sul periodo ellenistico e romano della storia ebraica, interpretandone le drammatiche vicende secondo una prospettiva teologica. Ne è un esempio il caso degli enigmatici frammenti 3 e 4 del commento al libro di Naum, dove si allude al tentativo di conquista della Palestina condotto nell’88 a.C. da Demetrio III di Siria, sostenuto dagli empi farisei collaborazionisti contro Alessandro Ianneo, il re asmoneo discendente dei Maccabei (i difensori dell’indipendenza ebraica di fronte alla pretesa egemonica dei monarchi ellenistici e di Antioco IV Epifane in particolare).
Non sono mancati, in questa prospettiva, i tentativi di identificare lo stesso “Maestro di giustizia” con Giuda maccabeo e con gli altri eroi della lotta di liberazione, oltre che con Menahem, capo degli zeloti. La figura del “sacerdote empio” persecutore, che pure compare nei manoscritti, venne identificata con lo stesso Antioco IV e ancora con i maccabei Giovanni Ircano e Alessandro Ianneo, visti come traditori della causa ebraica.
Non trascurabile, infine, è la visione escatologica di alcuni manoscritti che, insistendo sulla necessità di un immediato pentimento in vista del prossimo avvento del regno di Dio, parlano di una sorta di “battesimo nello Spirito Santo” riservato agli eletti, con accenti simili a quelli presenti nella predicazione attribuita dai Vangeli a Giovanni Battista, il precursore di Gesù considerato molto vicino agli ambienti degli esseni da alcuni studiosi, nell’ambito delle indagini volte a determinare con precisione i presunti rapporti intercorsi fra la confraternita di Qumran e la primitiva comunità cristiana.
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