RITORNO ALLE FONTI

RITORNO ALLE FONTI

del prof. Franco Franchi

Chiesa e Massoneria hanno compiuto un cammino lungo e difficile, ma ora felicemente compiuto, nell’accettazione reciproca. Sono solo tornate alle origini, quando Liberi Muratori e operatori pastorali collaboravano nella costruzione delle cattedrali, dei quartieri d’abitazione, dei ponti e delle strade. Tra i punti in cui tale convergenza è maggiormente evidente, e di primaria importanza, c’è la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Quella dell’Assemblea nazionale francese del 1791 è stata rigettata senza mezzi termini dalla S. Sede; quella del 1948, della quale stiamo celebrando il cinquantenario, gradatamente è stata accettata e celebrata con grande solennità dalla Chiesa, ai vertici supremi e nella comunità cattolica. Lo stesso cammino di accostamento è stato compiuto in relazione agli altri postulati massonici. Fatto ormai assodato, che personalmente ho dimostrato analiticamente e documentariamente nel saggio intitolato Le grandi concordanze tra Chiesa e Massoneria (Firenze, Nardini, 1987), ora in ristampa.

L’insegnamento pontificio da Pio VI a Pio XII (1791-1958)

È l’epoca del rigetto, e va detto subito che esso è stato reciproco. Un’altra premessa dev’essere evidenziata, non per impostare un concordismo gratuito, ma perché il problema venga illuminato al meglio: la S. Sede non era avversa alla sostanza del tema. Portando avanti il messaggio evangelico, nel corso della storia non poteva che collocarsi accanto all’uomo, specialmente al più debole, per difenderlo e promuoverlo. Sennonché al volgere dei tempi nuovi, nel secolo XVIII, la Chiesa non accettò la formulazione giuridico-filosofica di questa dottrina, che in ogni caso è e resta un fatto evangelico, portato avanti dagli illuministi e dalle Logge.

Richiamo qualcuno dei documenti ecclesiali che illustrano le circostanze più dilacerate del rigetto ecclesiale. Pio VI espresse in otto documenti il rigetto della Dichiarazione. Mi limito a due casi. Nel breve Quod aliquantulum (10-3-1791), rivolto all’episcopato francese, scriveva: “Nella vostra Costituzione è stabilito come diritto dell’uomo il godimento di un’assoluta libertà nella società in cui egli è incorporato… Non si può immaginare nulla di più insensato che lo stabilire una tale uguaglianza e una tale libertà, fra noi” (U. Bellocchi, Tutte le encicliche, Libr. Ed. Vaticana, 1996, vol. II, 154-156).

Nell’enciclica Adeo nota (23-4-1791) denunciava le spoliazioni effettuate dalle autorità francesi nei domini pontifici di Avignone e del Contado Venusino e le modifiche apportate nelle loro Costituzioni. Le motivazioni addotte sono esplicite: “Senza contare con inutili parole tutte le deliberazioni dell’Assemblea del Contado, basterà citare quei 17 articoli dove i diritti dell’uomo erano pressappoco accolti come erano stati spiegati e proposti nei decreti dell’Assemblea Francese, ossia quei diritti che erano contrari alla religione e alla società; essi venivano accolti come se fossero base e fondamento della nuova Costituzione. Altrettanto basterà ricordare gli altri 19 articoli che erano i primi elementi della nuova Costituzione, presi e attinti dalla stessa fonte della Costituzione francese” (Ivi, p. 202).

Nei tempi successivi le condanne furono numerose. Gregorio XVI nell’enciclica Mirari vos (15-8-1832) definiva “deliri” le libertà moderne: “Da questa corrottissima sorgente dell’indifferentismo scaturisce quell’assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che debbasi ammettere e garantire a ciascuno la liberà di coscienza, errore velenosissimo, a cui appiana la via quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato. A questo fine è diretta quella pessima e mai abbastanza esecrata ed aborrita libertà di stampa nel divulgare scritti di qualunque sia genere” (Tutte le encicliche, a cura di E. Momigliano, Corbaccio, 1964, 192). La sintesi di questa situazione conflittuale può essere indicata nella proposizione n. 80 del Sillabo di Pio IX (8-12-1864), che condanna la seguente proposizione: “Il Romano Pontefice può e deve venire a patti e conciliazione col progresso, col liberalismo, e con la moderna civiltà” (Momigliano, cit., 280).

Il magistero di Leone XIII esprime un collegamento diretto tra i Diritti dell’uomo ed i placiti della Massoneria. Nel documento più solenne e impegnativo che la S. Sede ha prodotto contro questa associazione, cioè nell’enciclica Humanum genus (28-4-1884) di questo grande Pontefice, è detto che i massoni “seguono i principi della scienza civile, dove in genere dettano legge i Naturalisti: tutti gli uomini hanno gli stessi diritti e una condizione perfettamente uguale: ciascuno è libero per natura… Ogni potere risiede nel popolo… Che queste regole piacciano ai massoni e che sulla scorta di essi vogliano organizzare gli Stati, è così risaputo che non occorre dimostrarlo” (Bellocchi, V, 186). Nell’enciclica Tametsi futura (1-11-1900) contrappone i termini finali della questione globale: “Di quelli che si definiscono diritti dell’uomo la moltitudine ha udito parlare fin troppo; senta finalmente parlare dei diritti di Dio” (Ivi, VI, 415).

Nel corso dei pontificati seguenti il rigetto della Massoneria è costante, anche se la carica ottocentesca gradualmente va placandosi. Per ragioni di brevità non adduco altri documenti, del resto facilmente raggiungibili nelle fonti che vengo citando.

Da Giovanni XXIII ai nostri giorni

Il magistero di Giovanni XXIII è decisamente impostato sull’accoglimento apertissimo delle nuove realtà, anche quelle che sembravano più conflittuali nei confronti del Cattolicesimo. Nel suo insegnamento il richiamo ai diritti dell’uomo è esplicito e frequente. Nell’enciclica Pacem in terris (11-4-1963) abbina nell’elogio la Dichiarazione e l’ONU: “Le Nazioni Unite si proposero come fine essenziale di mantenere e consolidare la pace fra i popoli, sviluppando fra essi le amichevoli relazioni sui principi dell’uguaglianza, del vicendevole rispetto, della multiforme cooperazione in tutti i settori della convivenza. Un atto della più alta importanza compiuto dalle Nazioni Unite è la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, approvata nell’Assemblea del 10 dicembre 1948… Su qualche punto particolare della Dichiarazione sono state sollevate obbiezioni e fondate riserve. Non c’è dubbio però che il documento segni un passo importante verso l’organizzazione giuridico-politica della Comunità mondiale” (n. 47).

Il Concilio Vaticano II è talmente imbevuto dell’istanza di stabilire dialogo e cooperazione a tutto campo con le strutture civili, che non a torto il vescovo reazionario e scismatico Mons. Marcel Lefèbvre lo ha più volte definito protestante e massonico. Dal suo punto di vista non ha torto, perché uno dei capisaldi dell’assise ecumenica è la riaffermazione della dignità dell’uomo. Il documento più consonante coi principi che per capirci senza circonlocuzioni possono essere chiamati dell’89, ma che – per comune affermazione dei Papi e degli studiosi – discendono “per li rami” al Vangelo, è la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa intitolata appunto Dignitatis humanae.

Essa esordisce così: “Nel nostro tempo gli uomini diventano sempre più consapevoli della propria dignità di persone, e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive. Ugualmente gli stessi esseri umani postulano una delimitazione giuridica della pubblica potestà, affinché non siano circoscritti i confini dell’onesta libertà tanto delle singole persone quanto delle associazioni” (n. 1). Il documento proclama in diverse riprese la tolleranza religiosa. Più oltre infatti scrive: “La potestà civile deve provvedere che l’eguaglianza giuridica dei cittadini, che appartiene pure al bene comune della società, per motivi religiosi non sia, apertamente o in forma occulta, mai lesa, e che non si facciano fra essi discriminazioni” (n. 6).

In adesione all’insegnamento di Gesù e degli Apostoli, i pastori della Chiesa mantenuto ferma la dottrina della libertà di coscienza, ma il documento si guarda bene dal chiudere gli occhi sulle prevaricazioni ecclesiali, e sui rigetti anche teoretici che siamo appena venuti elencando: “Quantunque di quando in quando nella vita del popolo di Dio pellegrinante attraverso le vicissitudini della storia umana si siano avuti modi di agire meno conformi al Vangelo, anzi ad esso contrari, tuttavia ha sempre perdurato la dottrina della Chiesa, che nessuno può essere costretto con la forza ad abbracciare la fede” (n. 12).

La costituzione conciliare Gaudium et spes, che ha come sottotitolo “la Chiesa nel mondo contemporaneo”, a sua volta insiste e promuove questa dottrina, ed anch’essa mantiene una visione realistica a proposito del discernimento da mettere in opera nel giudicare le varie circostanze della storia ecclesiastica. Al n. 36 infatti dice: “A questo punto ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali che talvolta non mancano nemmeno fra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia delle scienze, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro”. In nota i Padri Conciliari, a dimostrazione del fatto che l’assemblea ecumenica intendeva rimanere nel concreto, e far comprendere con esattezza a quale tipo di eventi si riferiva, esemplificano citando la Vita e opere di Galileo Galilei di Mons. Pio Paschini prof. alla Pont. Univ. Lateranense (Libr. Ed. Vaticana, 1964).

Il magistero di Paolo VI e di Giovanni Paolo II è sotto i nostri occhi. La profonda consonanza della Chiesa coi postulati della laicità e – qui bisogna dirlo con tutta chiarezza – con le dottrine enunciate e perseguite dalla Massoneria, si evince da numerose testimonianze. Paolo VI il 5 ottobre 1965 fu accolto all’Assemblea generale del Palazzo di Vetro; Giovanni Paolo II vi è stato accolto due volte. Se dicessimo che essi sono entrati in una casa massonica, ognuno giustamente obietterebbe che da un lato esageriamo, dall’altro delimitiamo il significato di un’istituzione supernazionale che edifica tutto il genere umano. Se però affermiamo che essi sono stati accolti ed onorati in una struttura che è stata promossa e voluta dalla Massoneria e da tutte le nazioni libere e liberatrici, non diremmo nulla di indebito.

Nell’omelia pronunciata il 4 ottobre 1966 Paolo VI enunciò in termini espliciti questa identità di vedute tra la Chiesa e l’ONU: “Anche oggi noi pensiamo con gioia e stupore alla meravigliosa corrispondenza, mai finora celebrata con tanta evidenza e solennità, che esiste tra lo scopo elevato di quest’Assemblea e la voce umile, gioiosa, eterna, del nostro Vangelo. L’una e l’altra concordano in maniera singolare e misteriosa nell’identica parola: pace” (Documentation catholique, 1966, col. 1818).

Nell’enciclica programmatica di Papa Wojtyla (Redemptor hominis, del 4 marzo 1979) viene data l’intonazione ad un motivo che, come ognuno constata facilmente, viene ripetuto dal Pontefice quasi ogni giorno, anche al cospetto di governanti che calpestano questi diritti. In questa enciclica, il Pontefice scrive: “La Dichiarazione di questi diritti, unitamente all’istituzione dell’ONU, non aveva certamente solo il fine di distaccarsi dalle orribili esperienze dell’ultima guerra mondiale, ma anche quello di creare una base per una continua revisione dei programmi, dei sistemi, dei regimi, proprio da quest’unico fondamentale punto di vista, che è il bene dell’uomo… È un fatto significativo e confermato a più riprese dalle esperienze della storia, come la violazione dei diritti dell’uomo vada di pari passo con la violazione dei diritti della nazione, con la quale l’uomo è unito da legami organici, come con una più grande famiglia” (Insegnamenti di G. Paolo II, Libr. Ed. Vaticana, II-1, 640).

Constatazioni conclusive

Le grandi linee delle relazioni intercorse tra la Chiesa e la Massoneria e, in prospettiva più vasta, tra la Chiesa e la società civile, attestano che le due Società hanno compiuto un cammino di riavvicinamento di fondamentale rilevanza. Nei confronti della Massoneria la Chiesa negli ultimi decenni ha mutato decisamente il suo giudizio. Fino a questo momento per il solo magistero di Leone XIII ho repertoriato, fra editi e inediti, ben 2.046 documenti di radicale condanna della Massoneria. Per Pio IX sono giunto alla cifra di 150 per quelli maggiori, senza applicare la tecnica messa in opera per Papa Leone, il suo successore, cosicché è fuori discussione che una ricerca sulle consulenze, gli sciami e le risonanze prodotte dai medesimi, questa cifra sia da moltiplicare per 10 ed oltre. Sugli altri pontificati i documenti pubblicati si aggirano sul centinaio, da completare a loro volta con la stessa tecnica e con lo stesso coefficiente. Affermare che per almeno 3.500 volte la Chiesa ha condannato la Massoneria è un puro fatto statistico. Sullo spirito di rigetto, i documenti pubblicati ci consentono di rilevare il rifiuto totale, continuo ed incondizionato dell’associazione iniziatica.

A partire dagli anni ’60 nella Chiesa si è verificato il movimento di riesame della questione. Ne sono stato testimone diretto e, per quello che riguarda l’Italia, anche operatore sul piano della ricerca culturale e su quello del dialogo fra le due componenti. Questo dialogo si è svolto tra una delegazione ecclesiale ed una del Grande Oriente d’Italia; feci richiesta esplicita di informare le altre Comunioni massoniche, alle quali domandai ovviamente il riserbo. Al GM di Piazza del Gesù, ora Palazzo Vitelleschi, gen. Ghinazzi, scrivevo direttamente, senz’averne mai ricevuto risposta. La nostra delegazione era composta da D. Vincenzo Miano, segretario del Segretariato per i non-credenti, perciò di livello del vertice vaticano, dal gesuita P. Giovanni Caprile, scrittore della “Civiltà Cattolica” e dal sottoscritto. La delegazione del GOI era composta dal G. M. Giordano Gamberini, dall’avv. Roberto Ascarelli e dal prof. Augusto Comba; in seguito i componenti variarono, mentre il prof. Gamberini fu assente solo una volta, nella IX Conversazione, 6 giugno 1977; la Ia aveva avuto luogo nella Casa del Divin Maestro dei Paolini, ad Ariccia, l’undici aprile 1969. Nelle altre nazioni altre persone e gruppi hanno compiuto il cammino analogo. In tutti i casi alla S. Sede è stata rivolta la richiesta di modifica dello stato di conflitto, cominciando dalla cancellazione della scomunica. Gli episcopati a loro volta hanno espresso alla S. Sede, e con autorevolezza ben più elevata, la medesima richiesta.

L’eliminazione della condanna, che aveva nella scomunica la sua struttura più grave e solenne, è stato un adempimento che chiudeva l’epoca dell’inimicizia e realizzava la riconciliazione, nello spirito dell’ascolto della Parola di Dio, dell’insegnamento pontificio e dell’orientamento del Concilio. Per documentare la dirimenza e l’esplicitazione del cammino compiuto, riproduco i due canoni del Codice di diritto canonico, che si iscrivono in questa progressione del dialogo e della riconciliazione.

Il primo è contenuto nel Codice del 1917, che solennizza un insegnamento ecclesiale che ha il suo esordio nella Costituzione apostolica In eminenti apostolatus specula di Clemente XII (28 aprile 1738). Questo canone porta il numero 2335 e dispone: “Tutti coloro che si iscrivono alla setta massonica o a tutte le altre associazioni dello stesso genere, che congiurano contro la Chiesa o contro le legittime autorità civili, contraggono ipso facto (cioè automaticamente), la scomunica riservata semplicemente alla Sede Apostolica”.

Il nuovo Codice, promulgato il 25 gennaio 1983 ed attualmente in vigore non fa nemmeno menzione della Massoneria, né commina più la scomunica. Al can. 1374 dispone: “Chi dà il nome ad un’associazione che complotta contro la Chiesa, sia punito con giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige, sia punto con l’interdetto”.

Non occorre qui impostare un’esegesi che i lettori sono in grado di fare agevolmente per conto proprio. Ricordo semplicemente che la Massoneria non solo non può impostare conflitti religiosi o civili, ma ha la missione costituzionale di promuovere la pace, la concordia e la tolleranza, cosicché i motivi di conflitto se non hanno mai avuto proponibilità nel passato, oggi non sono nemmeno immaginabili.

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