MAESTRO MASSONE:
Designazione del terzo Grado della Massoneria, attributo dell’Iniziato che è potenzialmente riuscito ad assimilare tutti i segreti dell’Arte Reale (v.). Fu introdotto nella Massoneria inglese solo a partire dal 1733. Fino ad allora esistevano infatti due soli gradi, ovvero quello d’Apprendista (v.) e quello di Compagno d’Arte (v.). La Maestria rappresenta ritualmente e simbolicamente l’iniziazione massonica definitiva. Il titolo di M. era prima di allora riservato unicamente al Compagno eletto alla conduzione della Loggia, l’attuale M. Venerabile (v.). Fu a quel tempo che entrò nella ritualità la leggenda di Hiram (v.), di origini mai completamente chiarite. Tale adozione scandalizzò i cultori della Bibbia, che protestarono contro quella che giudicarono un’assurda ed inutile invenzione, negata dal testo del 1° Libro dei Re, versetto 13, dove si dice: “Ora il Re Salomone mandò a prendere Hiram di Tiro, figliolo d’una donna vedova della tribù di Neftali; ma suo padre era un tirio, fabbro di rame, e compiuto in industria, e intendimento, e scienze, da far qualunque lavoro di rame. Ed egli venne al re Salomone, e fece tutto il suo lavoro”. Nel 2° libro wpe3.jpg (6987 byte)delle Cronache, cap. II, 13-14, il re Hiram di Tiro, scrivendo a Salomone, si esprime a sua volta in questi termini: “e ora in effetti ti mando un uomo abile, esperto in intendimento, che appartiene a Hiram-Abif (v.). figlio di una donna dei figli di Dan ma il cui padre fu un uomo di Tiro, esperto nel lavorare oro ed argento, rame e ferro, pietra e legno, in lana tinta di porpora rossiccia, il filo turchino e in tessuto fine e in cremisi e nel fare ogni sorta di incisioni, e nell’ideare ogni sorta di progetto che gli si dia insieme ai tuoi propri uomini abili ed agli uomini abili del mio signore Davide tuo padre”. Quindi, secondo i testi della Bibbia, nulla giustifica la leggenda del nostro terzo Grado, Hiram non essendo mai stato chiamato a dirigere la costruzione del Tempio di Gerusalemme, ed a comandare l’immenso esercito di operai (almeno 70.000 uomini), suddivisi in apprendisti, compagni e maestri. Perciò fu solo nel XVIII secolo, per le necessità di un simbolismo iniziatico d’altissimo valore, che il personaggio biblico venne promosso architetto e rivale in saggezza dello stesso re Salomone. Nonostante l’opinione espressa dai suoi denigratori, dal punto di vista della scienza dei miti e dei simboli, questo dramma resta comunque un puro capolavoro, indubbiamente senza uguali nel suo genere. Il Rituale del Grado viene attribuito dagli studiosi ad Elias Ashmole, una figura eccelsa dell’Obbedienza inglese, che l’avrebbe redatto alla fine del 1648. (Da La Massoneria, Il Maestro, Libro III, Ediz. Atanor, 1992). Il M. Massone riceve il salario nella Camera di Mezzo, la sua età simbolica è di sette anni, e la batteria comprende nove colpi, in tre gruppi di tre colpi ciascuna. La sua parola di passo è Tubalcain. Tra i Doveri attribuiti dalla Tradizione al Maestro, egli deve: completare la sottomissione di quanto deve obbedire, soprattutto degli istinti che guidano la bestia umana, senza sopprimerli, poiché sono necessari, un dovere evidenziato dal segno dell’ordine, posto sul ventre, sede degli appetiti che il M. riduce al silenzio; collaborare al rinnovo delle tradizioni affrancandole dalla consuetudine, non temendo di migliorare quanto coagula in uno stile decaduto o che tende a pietrificarsi nel cieco culto del passato; sapersi completare passando dalla meditazione silenziosa al confronto della libera discussione, tanto più feconda quanto più sono divergenti le idee scambiate, senza temere di istruirsi con avversari ritenuti in buona fede; astrarsi dallo scenario sensibile che maschera una verità interiore deprimente, illudendosi di nulla e giudicando inesorabilmente anche quanto ama maggiormente, soprattutto sé stesso, poiché la penetrante visione del Saggio percepisce lo scheletro, ovvero la realtà delle cose; mai dimenticare che non può ritenersi libero solo perché i suoi antenati sono morti per la libertà, poiché l’indipendenza non è ereditaria, per cui ogni giorno occorre affrancarsi per diventare e restare liberi; essere sempre d’esempio al prossimo, sia all’interno che all’esterno della L.M., nella piena coerenza comportamentale ed ideologica con tutte le regole ed principi istituzionali. Secondo il Wirth, “ben difficilmente un iniziato M. può veramente considerarsi tale. Non basta rispondere che si conosce un certo ramoscello se non si è compreso il significato e la portata di quel simbolo. Egli stesso, dopo quasi mezzo secolo di Maestria, confessa di sentirsi non più che Compagno. Sapendo comunque molto bene, dopo anni di studi e ricerche, quel che si dev’essere per potersi dire M., egli si sentiva inferiore a tale Grado. Era cosciente di quanto lo separasse dall’ideale, ma poteva misurare la distanza da percorrere per conseguirlo. Ispirandosi a Ragon, ad Eliphas Levi, ad Albert Pike ed a Goethe, era convinto che non fosse sufficiente assimilare il pensiero altrui. Per riallacciare le tradizioni occorre rivivificare il passato con uno sforzo personale intenso, rivivendo i tempi antichi, immergendosi nello studio dei monumenti significativi che ci hanno lasciato. Rovine, superstizioni, filosofie e religioni vanno esplorate con cura. Ma nulla è più rivelatore dei poemi e dei miti. L’epopea caldea dell’eroe Gilgamesh e la leggenda di Ishtar discesa negli inferi, sono composizioni di immenso valore iniziatico che risalgono ad oltre cinquemila anni fa. Il racconto della morte di Osiride come molte altre favole, svolgono in immagini insegnamenti d’una profonda saggezza. La stessa Bibbia è preziosa per quanti sanno capirla. La seduzione di Eva da parte del serpente allude ai principi fondamentali di ogni iniziazione. Le generazioni si trasmettono fantasmagorie apparentemente frivole, che il pensatore non deve disdegnare. Esse animano la vetrata della finestra d’Occidente, alla quale l’Iniziato, partito la mattina dall’Oriente, si avvicina la sera, dopo aver esaminato a Mezzogiorno ogni cosa allo splendore della luce del sole. Sin dall’alba la sua ragione vigile aveva spiato presso la finestra d’Oriente i primi raggi chiamati a penetrare nel suo spirito. Quest’illuminazione improvvisa doveva abbagliarlo e renderlo presuntuoso. Piena d’ardore, l’intelligenza così sorpresa, si sente forte contro l’errore. Vede ovunque pregiudizi da combattere e fantasmi da fugare. É l’età dei giudizi affrettati che ignorano ogni autorità e che condannano quanto non quadra con l’opinione intransigente acquisita affrettatamente. Un’esuberanza giovanile destinata a calmarsi verso la metà della vita. É allora che una luce implacabile cade quasi verticalmente dalla finestra di Mezzogiorno. Gli oggetti non hanno più ombra e si rivelano nella loro realtà. É il momento di esaminarli con attenzione, ed allora il giudizio si fa prudente, rimanendo spesso in sospeso. Una scrupolosa comprensione rifiuta di condannare, poiché essa analizza con indulgenza considerando ogni fattore in causa. La piena luce conduce alla Tolleranza, che caratterizza la Saggezza dei veri Iniziati. Occorre aver giudicato ogni cosa serenamente prima d’avere il diritto d’aprire la finestra occidentale del Santuario del Pensiero. Il sole è tramontato, l’agitazione del giorno si calma, la pace della sera si estende lentamente sulla pianura. I particolari si attenuano nell’ombra crescente, che da risalto allo splendore della stella vespertina alla cui presenza impallidiscono tutte le altre. Questo astro non è più l’arrogante Lucifero, ispiratore d’orgoglio e di rivolta; è un focolare di dolce luce che induce al sogno evocatore dell’idealità. Ormai la notte può rendere più fitti i suoi veli, le tenebre esteriori non prevalgono più sulla luce interiore. Poi, quando i vivi tacciono, i morti si apprestano a parlare. É giunta l’ora di evocare i detentori dei segreti che hanno portato con sé nella tomba. Sono essi i veri e soli Maestri, di cui possiamo far rivivere il pensiero conformandoci ai riti prescritti. Ma non attribuiamo alle cerimonie valori sacramentali. Hiram non risuscita in noi solo perché abbiamo esteriormente recitato la sua parte. In Iniziazione nulla conta, eccetto quanto si è compiuto interiormente. Ogni M. simbolico deve dunque sforzarsi di trasformare i simboli in realtà. Solo attraverso il successo in quest’impresa egli può sperare d’aver acquisito l’effettiva Maestrìa nell’Arte Reale” (v. anche Lavoro).