Biografie di alchimisti
Paracelso [1493-1541]
a cura di Adriano Cosi
Philippus Theophrastus Bombast von Hohenheim (detto Philippus Aureolus Theophrastus Paracelsus) nacque il 14 novembre del 1493 a Einsiedeln, un villaggio vicino alla città di Zurigo, in Svizzera. Suo padre, Guglielmo Bombast di Hohenheim, era un medico discendente dell’antica e celebre famiglia Bombast detta di Hohenheim dalla sua antica residenza, conosciuta come Hohenheim, un castello presso il villaggio di Plinningen, nelle vicinanze di Stoccarda, nel Wurttemberg. Il nonno di Paracelso, Giorgio Bombast di Hohenheim, era Gran Maestro dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni.
Guglielmo si stabili, come medico, presso Maria-Einsiedeln e, nel 1492, sposò la direttrice dell’ospedale appartenente all’abbazia del luogo. Il risultato del loro matrimonio fu Paracelso, loro unico figlio.
Dopo la prematura morte della moglie, nel 1502 Guglielmo si trasferì a Villaco in Carinzia, portando con sé Paracelso; ivi rimase per trentadue anni ad esercitare la sua professione di medico.
Che Paracelso sia stato evirato nell’infanzia in conseguenza di un incidente o da un soldato ubriaco, come narra la leggenda, o se non sia stato evirato affatto, non è stato accertato. È comunque certo che la barba non gli crebbe sul volto, e che il suo cranio, ancora esistente, ha piuttosto la conformazione di quello di una donna che di quello di un maschio.
Nella prima giovinezza, Paracelso ricevette un’istruzione scientifica da suo padre, che gli insegnò i rudimenti dell’Alchimia, della chirurgia e della medicina. In seguito continuò gli studi sotto la guida dei monaci del convento di Sant’Andrea (nella valle di Savon) e sotto l’egida dei dotti vescovi Eberhardt Baumgartner, Mathias Scheydt di Rottgach e Mathias Schacht di Freisingen.
Successivamente fu istruito dal celebre Johann Trithemius di Spanheim (Tritemio: 1462-1516), abate di San Giacomo a Wurzburg (1461-1516), uno dei maggiori adepti della Magia, dell’Alchimia e dell’Astrologia del suo tempo, venerato nel seicento, insieme ad Agrippa von Nettesheim, come uno dei maggiori luminari dell’Arte Spagirica (Alchimia Esterna). Sotto la guida di questo maestro Paracelso coltivò e mise in pratica il suo talento e il suo amore per l’occulto.
Il giovane Theophrastus assunse probabilmente in quel periodo il suo soprannome latinizzato “Paracelsus” intendendo accentuare la sua convinzione di essere superiore all’arte medica del passato.
Nel 1509 andò a studiare a Vienna, sotto la guida dell’umanista svizzero Joachin de Watt (Vadianus), dove, nel 1511, ottenne il baccalaureato.
In seguito Paracelso viaggiò molto: visitò la Germania, l’Italia (dove forse si laureò in medicina presso l’Università di Ferrara), la Francia, la Spagna, l’Olanda, la Danimarca, la Svezia, l’Inghilterra, la Polonia, la Russia e molte altre regioni dell’est europeo. Forse si recò anche in India, e dopo essere stato fatto prigioniero dai Tartari e portato al cospetto del Khan, ne accompagnò il figlio a Costantinopoli. È probabile che Paracelso sia rimasto presso i Tartari fra il 1513 e il 1521, perché secondo la relazione di Van Helmont, giunse a Costantinopoli in quest’ultimo anno e là ricevette la Pietra Filosofale. La leggenda narra che l’adepto da cui Paracelso ricevette questa pietra fu un certo Solomone Trismosinus (o Pleiffer) compatriota di Paracelso. Si dice che questo Trismosinus fosse anche in possesso della Panacea Universale; e si afferma che sia stato visto, ancora vivo, da un viaggiatore francese, alla fine del diciassettesimo secolo.
Tra il 1521 e il 1524 Paracelso viaggiò lungo le regioni danubiane e venne in Italia, al servizio di Venezia, dove lavorò come chirurgo militare nell’esercito imperiale partecipando a molte spedizioni militari di quei tempi.
Dopo avere viaggiato per dieci anni, talora esercitando la sua arte di chirurgo, altre volte insegnando o studiando Alchimia o Magia, nel 1524, a trentadue anni, tornò nuovamente in Germania, a Salisburgo, dove divenne presto famoso grazie alle sue meravigliose cure.
Nel 1525 Paracelso giunse a Basilea, e nel 1527, per raccomandazione di Ecolampadio, fu nominato dal Consiglio Cittadino professore di fisica, medicina e chirurgia ricevendo un onorario notevole. Le sue lezioni non erano come quelle dei suoi colleghi: semplici ripetizioni delle teorie di Galeno, Ippocrate e Avicenna. Paracelso insegnava le sue proprie dottrine indipendentemente dalle opinioni altrui, ottenendo il plauso dei suoi studenti e facendo inorridire i suoi ortodossi colleghi. Il 24 giugno del 1527 bruciò pubblicamente in piazza gli scritti di Galeno e di Avicenna, ripetendo le parole sacramentali: “Così ogni mala cosa si disperda nel fumo!”
La crescente ostilità dei medici accademici e una lite giudiziaria costrinsero Paracelso, nel febbraio del 1528, ad abbandonare Basilea.
Paracelso riprese la sua vita randagia vagabondando per il paese, come aveva fatto in gioventù, vivendo in villaggi, taverne e osterie. Numerosi discepoli lo seguirono, attratti dal desiderio di sapere o dalla brama di acquistare la sua arte e valersene a proprio profitto. Il più noto dei suoi seguaci fu Johannes Oporinus, che per tre anni lo servì come segretario e che poi divenne professore di greco, scrittore conosciuto, libraio e stampatore a Basilea. Paracelso era decisamente reticente nel confidare i suoi segreti, anche con i propri discepoli. Oporinus, dopo aver abbandonato il proprio maestro, parlò duramente di lui, schierandosi con i suoi nemici. Ma dopo la morte di Paracelso, egli si rammaricò della propria indiscrezione ed espresse grande venerazione per lui.
Paracelso fu a Colmar nel 1528, e a Esslingen e a Norimberga tra 1529 e il 1530. I “medici regolari” di Norimberga lo denunciarono come ciarlatano e impostore. Per confutare le loro accuse egli chiese al Consiglio Cittadino di affidargli la cura di alcuni pazienti che erano stati dichiarati incurabili. I successi ottenuti da Paracelso non mutarono la sua fortuna, ma accrebbero le ostilità degli accademici condannandolo a nuovi e continui vagabondaggi.
Nel 1530 lo troviamo a Noerdlingen, a Monaco, a Regensburg, ad Amberg e a Merano. Nel 1531 è a San Gallo, e nel 1535 a Zurigo. Andò poi a Maehren. a Kaernthen. a Krain e in Ungheria, e finalmente approdò a Salisburgo dove era stato invitato dal Principe Palatino, il duca Ernst di Baviera, grande amante e studioso di Esoterismo e di Alchimia. Là Paracelso raccolse finalmente i frutti delle sue lunghe fatiche e della sua vasta fama.
Ma non era destinato a godere a lungo il riposo da lui tanto meritato perché, il 24 settembre 1541, mori all’età di quarantotto anni e tre giorni in una stanzetta della locanda del “Cavallo Bianco” lungo il fiume. Il suo corpo fu sepolto nel cimitero della chiesa di San Sebastiano, conformemente alla sua volontà. Il Principe Arcivescovo ordinò due solenni funerali. Sulla tomba fu eretta una piramide, al centro della quale fu posto il suo ritratto.
Grava ancora un mistero sulla sua morte: molti biografi sostengano che egli morì di morte violenta, dovuta a veleno o a ferite. Nulla avvalora però questa tesi. Il cranio di Paracelso fu ripetutamente esaminato: esso presentava in realtà una frattura lungo l’osso temporale, ma non ci sono prove che facciano supporre che tale ferita gli sia stata inferta in vita.
Paracelso non ebbe pace nemmeno nella tomba: fu dissepolto innumerevoli volte (sette spostamenti delle spoglie sono documentati) e le sue ossa furono scompigliate e trafugate.