SALVEZZA. L’ALCHIMIA SPIRITUALE

SALVEZZA

        L’Alchimia Spirituale

Nell’alchimia ellenistica, in particolare per Zosimo, l’ opus alchemico era metafora e insieme strumento di un’operazione interiore di perfezionamento, un’ascesa alla vita immortale attraverso gradi successivi di purificazione: nell’interpretazione tradizionale ermetica questo tema è diventato quello dell’alchimia ‘spirituale’ riletto psicologicamente da C.G.Jung come processo di individuazione. Nella cultura islamica il legame fra pratiche di laboratorio e perfezionamento umano è stabilito nell’idea della produzione del corpo sottile, che supera il dualismo filosofico tradizionale e permette di pensare lo scopo della ricerca alchemica come reintegrazione cosmo-antropologica: di ciò danno una suggestiva idea gli studi di H. Corbin. La portata spirituale dell’opus rimase in secondo piano nei primi momenti della diffusione dell’alchimia nell’Occidente latino, ma ben presto una serie di motivi cominciarono ad affacciarsi nei testi: la ricerca della perfezione dei metalli o dell’elixir richiede, ma insieme produce, un atteggiamento interiore di purezza d’intenti, che si manifesta in prescrizioni di tipo etico-religioso (l’alchimista dev’essere prudente, casto, devoto). Inoltre l’attribuzione di scritti alchemici a grandi personaggi della tradizione filosofica (come Tommaso d’Aquino o Raimondo Lullo) e profetica (come Arnaldo da Villanova) indica di per sé che gli alchimisti concepiscono il loro lavoro in uno spazio che non è quello della semplice produzione materiale. Tutto ciò converge nella tematica della quintessenza, materia sottile e vera e propria idea-chiave della successiva ricerca alchemica occidentale. Il processo di collegamento fra l’idea religiosa di salvezza e quella alchemica di perfezione materiale è accelerato dal collegamento fra operatività alchemica ed espressione simbolica e immaginale introdotto da testi arabi come la Tabula chimica di Ibn Umail (Senior Zadith) e replicato nella produzione latina che a partire dal XIV secolo si avvale di un linguaggio allegorico e visionario, in testi come l’Aurora consurgens, attribuita a Tommaso d’Aquino, in cui la Sapienza racchiusa nella materia chiede all’alchimista di essere liberata; o come gli Exempla philosophorum, attribuito ad Arnaldo da Villanova, in cui le operazioni alchemiche sono lette come sacrificio e messe in parallelo con la passione di Cristo. Da questa tradizione prenderà il via la produzione dei primi cicli di immagini alchemiche propriamente dette, che troveranno ampio spazio nella letteratura alchemica post-medievale e nell’alchimia

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