DISSERTARE SULL’ESOTERISMO

Dissertare sull’esoterismo non è certo impresa facile, e per vari motivi.Innanzitutto perché non si tratta certo di argomento accessibile ai più, per cui chi presume di poterne parlare deve limare il linguaggio onde renderlo comprensibile, o perlomeno interessante, evitando la monotonia. Basta pensare che la ricerca esoterica passa obbligatoriamente attraverso la complessa conoscenza acquisita attraverso una discreta speculazione sulle dottrine ermetiche, alchemiche, cabalistiche e gnostiche, mentre di notevole ausilio è l’approfondimento delle religioni orientali, taoismo, induismo e buddhismo in particolare, nonché della filosofia di Confucio che, pur non costituendo una religione, è stata sufficiente a soddisfare i bisogni spirituali dell’intera Cina per oltre 20 secoli. A complicare un pò le cose, si può facilmente constatare che la bibliografia non è di grande aiuto, in quanto non c’è stato alcun pur eccelso scrittore massonico, da Bacci al Guenon, da Porciatti a Moramarco, che ci abbia lasciato messaggi atti a chiarire questo specifico argomento. Esoterismo rimane un termine citato frequentemente, specie nei nostri Templi, raramente a proposito, tanto da far dubitare che il suo impiego sia diventato un abuso inflazionato, lievitato forse dalla diffusa voglia di stupire con battute ad effetto. O forse addirittura per rassicurare sé stessi e gli altri sull’aderenza ai principi muratori del tema trattato, come se questo potesse o dovesse essere unicamente di carattere esoterico. Occorre innanzitutto chiarire che non è certo esoterismo lo studio delle religioni o dei rituali, l’analisi dei simboli, l’esercizio di pratiche tendenti a sviluppare e potenziare poteri latenti nell’uomo, oppure le pratiche divinatorie tanto di moda. Né lo sono tecniche e dottrine, tipo Yoga o Genetics, soltanto molto impropriamente definite esoteriche. La maggior parte di queste potrebbe al massimo essere considerata, con la più benevole adozione della tolleranza, soltanto consequenziale alla ricerca esoterica. Volendo definire l’esoterismo, non è nemmeno d’aiuto la consultazione di vocabolari od enciclopedìe. Parrebbe trattarsi di un sostantivo indefinibile, reso comprensibile solo attraverso il suo più noto e sfruttato aggettivo, “esoterico”, il che rappresenta, nel vocabolario italiano, un caso non proprio comune. Quella che si colloca tra le più celebri e preziose enciclopedie, liquida semplicisticamente la spiegazione di questo termine citando “carattere di ciò che è esoterico”. Al contrario invece, all’aggettivo vengono elargiti molteplici chiarimenti, cui si può ricorrere per meglio analizzare questo termine. Esoterico deriva dal greco “Esotericos” (interiore), usato per definire conoscenze incomprensibili per la gente comune, trasmissibili solo ai cosiddetti “iniziati”. Costituiscono le bibliche “perle”, non propinabili ai porci. L’illustrissimo Fr. Angelo Sebastiani sostiene trattarsi essenzialmente “d’una metologia che permette d’avvicinarsi all’intima essenza delle cose, attraverso ricerca ed individuazione dei legami tra i molteplici aspetti dell’essere e del pensiero” (1). Questo termine viene comunemente impiegato in riferimento alle scuole filosofiche dell’antica Grecia, come appunto quella pitagorica, dei misteri di Delfo, in contrapposizione ad essoterico o exoterico, dal greco “Exotericos“, esterno. Proprio nell’antica scuola pitagorica erano infatti considerati esoterici gli allievi, parte integrante della scuola, godenti della piena fiducia e dell’amicizia dei maestri, mentre essoterici erano gli ascoltatori profani, i cosiddetti “auditori”, ovvero il pubblico, occasionalmente ammesso ai dotti dibattiti. Al riguardo occorre ricordare che gli “iniziati”, cioè quanti erano ammessi alla scuola esoterica, erano spesso vincolati dal giuramento di non rivelare ai profani quanto vi apprendevano. Ancora oggi, sebbene non esistano più “misteri” organizzati, nemmeno nelle religioni orientali, la pratica dell’esoterismo segreto, riservato da maestro a discepolo, è notoriamente diffusa sia in India che nel Tibet. Soltanto il cristianesimo ha ripudiato questa saggia distinzione. Eppure Cristo impartiva un insegnamento esoterico, come conferma Lui stesso parlando ai soli suoi discepoli: ” A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto per parabole, acciocché guardino ma non vedano, ascoltino ma non intendano” (2). Ovvero Cristo parlava di proposito in modo da non essere compreso dalle folle. Poco oltre, nello stesso Vangelo (3), si legge ancora: ” Con molte di queste parabole annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere, ma in privato il tutto spiegava ai suoi discepoli “. La ragione dell’istituzione dei misteri, dell’esoterismo, del segreto, risiede nello stesso ammonimento che ci viene proprio ed ancora da Cristo, ed a cui si è già accennato prima: ” Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino colle loro zampe e poi si rivoltino per sbranarvi “ (4). L’attenta valutazione di opere edite ieri ed oggi col benestare della Chiesa, sbandieranti titoli esoterici, conferma la plurisecolare intenzione della stessa di mantenere il linguaggio usato negli insegnamenti a livelli superficiali, riservando ai misteri la tutela dogmatica, senza alcun accenno di chiarificazione elargita a beneficio di chi sa usare la ragione. Riassumendo, vi sono perlomeno due ben valide ragioni per cui certi insegnamenti particolarmente elevati, ovvero complessi (le perle), non possono essere offerti in pasto al volgo profano (cani e porci). Anzitutto perché vi è il pericolo che “li calpestino”, ossia che non siano in grado di recepirli ed apprezzarli, secondariamente per la possibilità che li travisino, deformando le più alte verità in idolatria, superstizione e fanatismo. Trattasi quindi di una precauzione necessaria, poiché l’elargizione di chiarimenti sui misteri, poi malamente intesi, può nuocere anziché giovare all’evoluzione spirituale. Certe conoscenze, se in possesso di uomini che non abbiano dominato o trasceso passioni ed egoismo, rappresentano addirittura un pericolo per sé e per l’umanità, “che si potrebbe rivoltare per sbranarvi”. Soffermiamoci ora brevemente su una ben nota terzina, recitante: ” O voi ch’avete l’intelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani “. Il Guenon osserva che, con questi versi (5), Dante indica esplicitamente come nella sua Commedia esista un significato nascosto, dottrinale, che può essere ricercato soltanto da coloro che sono capaci di penetrarlo, isolandolo dal velo esteriore che lo maschera e del quale il suo autore non poteva proprio fare a meno. Se non altro, per evitare il rogo romano cui allora s’era condannati per ragioni ben meno valide. Quindi la Divina Commedia, perlomeno nel suo insieme (ma non soltanto, come ci insegna l’illustre Fr. Fiorentino, un vero esperto in materia), può essere interpretata in più sensi, visto che Dante stesso ci ha tanto chiaramente informati sulle proprie intenzioni. Eccoci confrontati con le caratteristiche comuni di due tra le più famose e diffuse opere letterarie: Il nuovo Testamento della Sacra Bibbia e la Divina Commedia. Cristo per mano dell’Evangelista nell’una, e Dante nell’altra, ammoniscono i lettori sui contenuti degli insegnamenti religiosi e dei Canti descrittivi dei tre regni ultraterreni, entrambi contenenti concetti pienamente comprensibili solo attraverso l’intuizione iniziatica. Certi studiosi considerano spesso in modo errato l’occultismo, considerandolo sinonimo di esoterismo. Tale termine dovrebbe infatti designare solo il suo aspetto pratico, cioè le sue possibili conseguenze, le attività più che i principi, le applicazioni piuttosto che la dottrina. La correlazione potrebbe chiarirsi pensando che l’esoterismo rappresenta l’aspetto criptico d’una religione, rivelato ai soli iniziati mediante la consegnadella chiave esplicativa degli arcani, delle tradizioni mistiche, dei riti magici e dei sacri misteri. Mentre nelle antiche scuole occultistiche si sarebbe forse insegnato lo sfruttamento di forze, quasi certamente mentali, tuttora sconosciute alla scienza, ma che nulla hanno da invidiare a quelle oggi note come atomiche. È sufficiente pensare al mistero tuttora oscuro sullo spostamento e sulla precisa posa in opera degli enormi blocchi di pietra, impiegati secoli orsono per la costruzione di piramidi, templi (Stonehenge e Balbek) e monumenti (isola di Pasqua), lunghi anche 20 metri, alti e larghi più di 4 metri e pesanti oltre mille tonnellate. Da notare che tra pietra e pietra di queste primordiali costruzioni risulta impossibile introdurre un semplice spillo. Sono motivi di perplessità, di riflessione. Come la testimonianza pervenutaci su quella certa folla che seguiva Buddha, il Siddharta, durante uno dei suoi frequenti spostamenti, e che ne perse le tracce ai piedi d’una montagna. Lo avrebbero ritrovato solo più tardi, ma sul versante opposto, in comoda attesa. Quella montagna Lui l’aveva inconsciamente attraversata. Affascinante davvero il pensare che non si tratti d’una semplice leggenda. Sempre più vasta eco suscitano infine le affermazioni di quanti praticano, anche professionalmente, terapie alternative alla scienza medica e chirurgica, quali la pranoterapìa e la bioplasmologìa. Entrambe pare si avvalgano di energie che scaturirebbero dalle mani, applicate direttamente nei chakra (punti sensibili del corpo, simili a quelli localizzati nell’agopuntura) nel metodo orientale, o ad una certa distanza dall’organo identificato come “causa” dell’anomalìa fisica nel metodo occidentale. La pranoterapìa di tipo occidentale implicherebbe l’impiego della mente, usata pressappoco a livello “terzo occhio” per dirigere, per far affluire questa misteriosa energia, talora definita cosmica, nell’organo identificato appunto come “causa” del problema patologico. La mente diventa ancor più importante con la bioplasmologìa, poiché il potere “di modificare la materia” verrebbe impiegato per interventi che si sostiene possano sostituire quasi appieno molte tipologie di usuali interventi chirurgici. Pare che questo particolare potere terapeutico sia presente soltanto in quanti abbiano avuto modo di approfondire i più occulti aspetti dell’esoterismo, per cui rientrerebbe tra quelle che abbiamo già definito quali “applicazioni od attività” consequenziali. L’esoterismo và al massimo considerato quale scintilla, o sofferta origine, del potere che l’individuo si ritrova nelle proprie mani, che non andrebbe mai sfruttato per fini materiali quali il lucro. Sarebbe più coerente che tale potere venisse riservato all’altruismo più puro, esercitato mediante l’azione disinteressata per la salute di quanti vengono portati all’incontro col terapeuta, almeno per i casi più gravi o più penosi. Mai abbandonando l’umiltà, mai subordinando la disponibilità al compenso, al dio denaro, se non altro per non contraddire la declamata origine spirituale dei poteri di cui si dicono dotati. Si sa che la carne è debole, per cui tale regola viene quasi sempre disattesa. Eppure sarà soltanto così che si potranno forse conseguire risultati seri, tangibili e sostanziali. Ne potrà derivare una più ampia accettazione di queste terapie da parte dell’umanità, non solo all’attuale livello di “ultima spiaggia” come sono quasi sempre considerate, e magari il loro riconoscimento formale da parte della stessa scienza. Scienza che resta comunque limitata, almeno in quanto strettamente collegata all’organo più misterioso, comunque meno noto del corpo umano, il cervello, conosciuto molto malamente solo per 1/7. Pensare che i residui 6/7 siano presenti unicamente per completare il riempimento della cavità cranica è semplicemente ridicolo. Perché dunque non scavalcare il cervello conosciuto, e quindi la stessa scienza che ne è parto, tentando di sfruttare possibilità, finora ignote, che potrebbero anche portare alla concretizzazione di quelli che amiamo definire impropriamente “miracoli”? Meglio ancora sarebbe forse dire: perché porre limiti alla divina “provvidenza”? È bello, confortevole e fonte di speranze sublimi il pensare che il corretto impiego delle energie mentali possa un giorno rappresentare la soluzione dei persistenti problemi connessi alla salute ed alle necessità energetiche dell’umanità. Ecco forse un’ipotesi nuova: fantasiosa per alcuni, avveniristica per altri, mi auguro assurda per nessuno. L’approfondimento di questo affascinante ma complesso argomento potrebbe anche essere interessante, ma risulterebbe estraneo all’oggetto della presente dissertazione. Opportuna resta certamente la riflessione sulla possibilità che non si tratti d’una infondata congettura, nè del parto d’un inguaribile sognatore ottimista. Comunque, cari Fratelli, resta pertinente e valido il manzoniano: “Ai posteri l’ardua sentenza”! Un insigne Fratello, studioso d’esoterismo e recentemente scomparso, ha evidenziato i quattro diversi elementi che occorre considerare nella trasmissione delle conoscenze esoteriche, ovvero: 1) Colui che insegna, il Maestro; 2) I pochi che ricevono l’insegnamento, ovvero i discepoli; 3) Il particolare rapporto iniziatico esistente, accomunante Maestro e discepoli, da Goethe definito “affinità elettiva”, 4) L’oggetto dell’insegnamento. Risulta opportuno soffermarsi a questo punto sul primo degli elementi citati, ovvero sull’emblematica figura del Maestro. Questi non può che essere un Uomo che ha realizzato uno stato di coscienza in cui non trovano più eco alcuna i valori di comodo, della morale corrente. Un Uomo che si è formato su valori inattaccabili da spazio e tempo, ed universalmente validi. Trattasi di valori costruiti su fondamenta puramente spirituali, le sole che possono fare dell’Uomo un Saggio. Egli trattiene ben saldamente in sé la vera Fede, da cui trae la Forza di cui necessita per alimentare la Morale, che a sua volta consolida la sua Fede. Ecco le tre diverse grandezze intercollegate che distinguono il Maestro. Se realmente presenti, possono portare a condizioni ben lontane dai valori che educazione, cultura e condizionamenti sociali ci hanno portato nel tempo ad accettare come validi, se non addirittura sacri. Sono le condizioni tanto inconsuete che, qualora manifestate, rivelate a profani, colti ma comunque impreparati, desterebbero scandalo se non addirittura accuse di pazzia. Il Maestro, nella saggezza che gli viene dalla Conoscenza, sa che nessuna cosa di valore è acquisibile senza fatica, senza sofferenza, senza lacrime. Nulla ci viene gratuitamente, né nel mondo fisico, materiale o biologico, né tantomeno nella dimensione spirituale. Basta pensare come, alla nostra origine terrena, dalla condizione fetale si realizzi il respiro vitale attraverso sforzo e dolore. Ma quella che per il bruco è la fine del mondo, per il Maestro non è che la farfalla. La Conoscenza del Maestro, inoltre, non può essere comunicabile, specie nei suoi comparti più arcani, più profondi, percepibili soltanto a livelli intuitivi. Quindi non può certamente essere oggetto d’insegnamento poiché, fondandosi sulla più pura spiritualità, suonerebbe comunque quale follia, in quanto comprendente inevitabilmente concetti diametralmente opposti a quelli prettamente materiali, più comuni e pertanto congeniali ai più. Il premio Nobel 1946 Herman Hesse, profondo studioso di filosofia orientale, era convinto che tale Conoscenza potesse essere acquisita, vissuta e sfruttata anche per compiere veri e propri prodigi, o miracoli che dir si voglia. Nel suo Siddharta, viene sottilmente spiegato, e quindi confermato, come essa non la si possa comunicare né insegnare, essendo pervenuta al Maestro attraverso l’evoluzione del suo proprio pensiero, realizzata mediante la concentrazione, la meditazione, le sofferenze fisiche e morali, cui ha fatto improvvisamente ed inaspettatamente seguito la “Rivelazione”. Ma il Maestro non sarà mai in grado di spiegare a chicchessia, né con parole né con la stesura di dottrine, ciò che è avvenuto in Lui nell’ora della “Luce”. Mai dottrina, per quanto limpida ed accetta, potrà comprendere quel particolare “Segreto”, ciò che soltanto ed unicamente il Maestro ha vissuto, quale fenomeno intimo, personale e di natura prettamente spirituale. Il Maestro, il cosiddetto Saggio, sa benissimo di non poter trasmettere la Conoscenza. Se anche si sforzasse di farlo sa che, nella migliore delle ipotesi, sarebbe percepito solo a livello intellettuale. Inoltre egli non ricercherà mai il consenso del discepolo, la sua devozione, o le sue lodi. Il Maestro inseguirà il solo obiettivo di far crescere quel suo discepolo, portandolo dalle tenebre alla Luce, dal conflitto alla pace profonda, dal particolare all’universale. Agirà quindi come catalizzatore, come la corda d’uno strumento musicale che, vibrando, farà vibrare tutte le corde intonate sulla stessa sua frequenza e, si badi bene, unicamente “quelle”. Dovrebbe essere ora chiaro il motivo per cui il termine insegnamento non possa essere associato all’esoterismo. Eppure continuerà forse ad essere inevitabile il parlare di “insegnamento esoterico”, anche se soltanto per comuni, umane esigenze comunicative. Inderogabile a questo punto la necessità di tentare di capire veramente che cosa sia l’esoterismo. Proviamoci insieme, allora: Esoterismo è superamento della sfera dei rapporti umani che opera attraverso e mediante l’energìa dell’autoaffermazione e del comando volitivo. Esoterismo è lo stabilirsi sul piano dei grandi principi, escludenti l’azione individuale, ove non si determina più il potere esclusivo e condizionante, realizzandosi al contrario il “donarsi” incondizionato, l’offrirsi come il profumo d’un fiore, senza desiderare, senza chiedere alcunché, senza volere, si badi bene che non si tratta affato di un paradosso, “neppure la stessa conoscenza”. Esoterismo è piena consapevolezza dell’esistenza di un’illusione evidente per tutti, associata sempre ad una realtà intuita da pochi, l’altra faccia della medaglia, la duplice natura compresa nella perfezione d’ogni cosa creata nell’universo intero, quale splendido mosaico, nonché nello stesso Artefice onnisciente e perfetto di quel Tutto. È insomma capacità di penetrazione nella pozzanghera ai margini della strada, sapendo scorgere, oltre la melma, il delicato splendore di un fiore. Esoterismo è consapevolezza che ogni peccato porti con sé la Grazia, che nell’intimo del proprio cuore ogni uomo è tanto nobile, spregevole, divino, diabolico, quanto lo è lui stesso. È presa di coscienza che il bimbo comprenda già in sé la vecchiaia, come il lattante la morte ed il moribondo la vita eterna. Esoterismo è considerazione puramente positiva di tutto quanto esista, la vita come la morte, l’errore come la santità, l’intelligenza come la stoltezza. Esoterismo è accettazione e rispetto del tutto, anche del diverso: è superamento del già sublime concetto di tolleranza, in quanto questa può condizionare la libertà dell’individuo che la pratica. Qui si tratta invece delle conseguenze dell’acquisizione di idee tanto ampie da implicare l’elevazione mentale, priva d’ogni forma più o meno occulta di riserva, ben al di sopra della limitante meschinità dei pregiudizi. Esoterismo è spiritualità, ovvero superamento delle limitazioni, dei condizionamenti impliciti nella materia che, occorre ricordarlo, s’è perfino arrogata il diritto di definire i confini tra bene e male, cosa che nemmeno il Creatore ha mai fatto, proprio perché tutto, l’intero Creato, è semplicemente perfetto, in ciascuno dei tasselli che lo compongono. Esoterismo è rettitudine, rifiuto del grigio compromesso, coerenza assoluta, passo sicuro perfettamente a cavallo tra le piastrelle bianche e quelle nere del pavimento a scacchi del Tempio massonico. Al profano, al comune mortale, è affidato il fardello della distinzione tra bello e brutto, tra sacro e profano, tra giusto e malvagio, dimentico di quanto la differenza tra questi apparenti opposti sia vaga, sottile, considerata l’assoluta relatività di tutte le cose materiali. Così come sarà compito del Libero Muratore sottoporsi all’influenza tambureggiante dei contenuti spirituali dei messaggi iniziatici recepiti, onde compensare quella materiale impostagli dal mondo profano, ricercando nel mezzo la collocazione di compromesso che gli è più congeniale. Proprio come il saggio contadino che, per raddrizzare un virgulto contorto, lo tira piegandolo nella direzione opposta e fissandolo al terreno. Al momento giusto scioglierà il vincolo, e la pianta risulterà eretta, saldamente puntata verso lo Zenit. Sarà comunque opportuno tenere sempre in considerazione la definizione data da un Saggio al rapporto esistente tra “potere” e “spiritualità”, definito “lo stesso rapporto presente tra un logaritmo ed un albero”. Nulla, assolutamente nulla hanno in comune. Si tratta insomma di un bivio, che si presenta al cospetto d’ogni essere umano, sempre, e più volte nel corso della sua esistenza. È la scelta che ciascuno deve operare tra gli opposti estremi, ovvero tra materia e spirito. Spetta all’uomo questa libera scelta, ovvero l’utilizzazione, lo sfruttamento del dono più prezioso insito nella sua condizione eletta poiché raziocinante, il libero arbitrio. Il libero arbitrio nega il fatalismo di cui il cultore dell’esoterismo può essere accusato. Al contrario egli infatti crede fermamente che l’uomo sia e rimanga unico arbitro del proprio destino, essendo consapevole del ruolo assegnato all’Uomo nel perfetto contesto della natura. È quindi esasperato sfruttamento della ragione, della mente. È piena “attività”, a livello singolo e collettivo, ovvero nei suoi propri confronti e nei suoi rapporti col prossimo. Un compito non alterabile dalla credenza nella reincarnazione, o addirittura nella metempsicosi, vista però coll’occhio di chi orientale non è, e che pertanto riconosce nel G.A.D.U. la perfezione che umana non può né potrà mai essere. Eppure l’uomo, nella sua limitata lungimiranza, ha riconosciuto, nella giurisprudenza di tutte le nazioni terrestri, il diritto-dovere del triplice giudizio per ogni tipo di crimine. Il solo fatto che Dio non possa certo essere inferiore all’uomo identifica da solo una valida ragione per non scartare il principio della reincarnazione, insieme alla considerazione delle plurisecolari motivazioni non già a sostegno del Dio Padre, buono, perfetto, onnisciente, onnipotente e costruttivo, ma del Dio rissoso, ricattatore, giudice, vendicatore e distruttivo, che attende severo per la resa dei conti il peccatore, proprio al termine di quell’unica sua vita. Evidenti le ragioni che hanno portato al ricatto infernale della cristianità, così come é noto l’obolo materiale e morale da essa portato a sostegno di un certo potere temporale, che odora perlomeno di carenza di disinteressata spiritualità. La storia ci dice chiaramente molto al riguardo. L’Uomo è reso pertanto cosciente dell’assenza della casualità, del ruolo determinante ed essenziale svolto perfino dal criminale, dall’assassino, e quindi dei limiti entro cui la libertà individuale può essere esercitata e goduta. Limiti che definiscono i confini del libero arbitrio nel greco-latino “fato” spirituale ben più e meglio che nelpiù moderno “destino” materiale. Non si dimentichi comunque che la ricerca esoterica, qualora ben esercitata, porterà all’emancipazione spirituale ed all’affrancatura dai più macroscopici errori umani, quelli che inesorabilmente conducono alla contaminazione della propria memoria, nonché alla sfiducia ed all’odio. Renderà perciò il genitore fedele protettore del figlio, che si prodigherà affinché questi da fanciullo creda in lui come maestro, da ragazzo lo ami come padre, e da adulto lo rispetti come migliore amico. Porterà a diffidare dal criticare, e soprattutto dal giudicare il prossimo, anche per evitare d’essere inevitabilmente giudicati, come Cristo stesso ammonisce: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati” (6). Dovendolo però assolutamente fare, andrà elusa ogni leggerezza, valutando solo l’effettivo valore definito dalle qualità morali ed intellettuali, scandagliando a fondo il cuore, scrutando le intenzioni, e trascurando in assoluto pregiudizi connessi a possibili distinzioni di fede, razza, nazionalità, fortuna o condizione sociale. Qualsivoglia deviazione da questa regola porta all’errore, di cui prima o poi si dovrà rendere conto, almeno nei confronti di quella che definiamo coscienza. Alla finalità naturale d’ottenere, di conseguire, di “avere”, si sostituirà quella più sottile di dare, di offrire, d’aiutare, cioè di “essere”. Un concetto, un principio compreso nel termine Uguaglianza, acquisibile soltanto attraverso una metamorfosi esistenziale, un’evoluzione intima dell’essenza dell’essere umano, la graduale dissolvenza del culto dell’Ego sostituito da quello dell’Amore. Vorrei sottolineare il fatto che, in questo mio modesto Lavoro, ho intenzionalmente eluso qualsivoglia riferimento alle più note dottrine esoteriche. Non ho parlato di taumaturgìa né di gnosticismo, di ermetismo o di alchimia, di kabala o di zoroastrismo. Credo d’averlo fatto perchè è noto come é stato ed é, da tutti i tempi e da ogni filosofia, da tutte le culture e da ogni sistema, che i Massoni attingono gli eterni principi della morale universale, traendone l’ineffabile Fratellanza, conseguibile proprio nella loro comune condizione iniziatica. Essa fa della Libera Muratorìa un’associazione di uomini scelti che, attraverso l’adozione di rigide regole comportamentali e morali loro imposte dalla Tradizione, si ritrovano tutti “umilmente” tesi verso la vetta della perfezione, pur sapendola irraggiungibile per le umane limitazioni. Però non si arrestano per questo, anzi: si cimentano comunque nell’ascesa, sia per la loro gratificazione che per il bene dell’Umanità intera. I Fratelli si riuniscono nel Tempio, che consacrano ritualmente dopo aver abbandonati metalli e passioni, pesanti zavorre del mondo profano, imponendo tra loro solo serietà, senno, beneficio e giubilo. E’ in quell’armonia che i loro cuori riescono a battere all’unisono. Le differenze risultano completamente annullate, mentre tra le Colonne risuona soprattutto il linguaggio del cuore, la lingua spirituale identificabile con il silenzio. Occorre riflettere, Fratelli cari, sul fatto che, mentre il comune linguaggio, la parola, parto cerebrale della ragione e della materia, consente la semplice comunicazione, il linguaggio del cuore, dello spirito, può portare alla più eclatante e gratificante Comunione. Traguardi inimmaginabili sono conseguibiliallorché s’è raggiunta l’armonia perfetta. Se si riuscisse perlomeno ad intuire gli immensi benefici, i veri prodigi che ce ne verrebbero, dedicheremmo certo all’esoterismo molta più attenzione, mentre saremmo sicuramente molto meno contaminati dalla purtroppo diffusa superficialità. In quella magica atmosfera gli animi si placano, le animosità scompaiono, predominano incontrastate lealtà, probità, bontà e fiducia reciproca, scevre d’ogni riserva mentale. Vi viene realizzata la catena energetica degli spiriti, una vibrante comunità magnetica conseguita grazie all’Amore, ovvero grazie all’apporto, al dono di ciascuno, per quanto ognuno è, e da cui ciascuno trae la forza e l’energia rigeneratrice di cui abbisogna. Forza ed energia che al termine dei Lavori ognuno porterà con sé, in sé, al di fuori del Tempio, per meglio affrontare le traversie della vita, la brutale coercizione cui si è inesorabilmente soggetti nella socialità profana in cui si opera, superando con determinazione condizioni spesso tanto tragicamente precarie da sfiorare i limiti della sopravvivenza. Trattasi d’una forza morale generata, come abbiamo visto, dall’Amore fraterno, solida poiché formatasi nella più pura spiritualità. Essendo l’esoterismo nient’altro che spiritualità spinta ai limiti delle umane capacità, il suo connubio con la Libera Muratoria non può che essere considerato ovvio, inevitabile, naturale, giusto e perfetto. Ecco perchè Costituzione e Regolamenti gli assegnano ripetutamente un ruolo primario, sia nei Metodi che nei Doveri del Libero Muratore: non dimentichiamolo mai. Resta assegnato ad ogni Maestro Massone il non facile compito di applicare a sé stesso la regola esoterica, sforzandosi di farlo con assoluta coerenza, sempre, in ogni istante della giornata, mirando a riuscire a comprendere al meglio gli uomini, almeno per finalmente arrivare a conoscere sé stesso. “La coerenza: ecco identificata la scomoda chiave della perfettibilità”. Mai si dovrà presuntuosamente presumere d’aver raggiunto l’ambizioso traguardo della perfezione, errore paragonabile all’appagamento con le poche conoscenze già acquisite. Ognuno dovrebbe al contrario convincersi della propria eterna condizione di Apprendista Libero Muratore. Solo così un giorno potrà forse essere considerato dal suo prossimo, dai suoi stessi Fratelli, un vero Maestro, un Maestro nell’Arte Reale, un Maestro di vita. Attenzione, Fratelli miei, ricordate sempre che saggio può talvolta e forse esserlo soltanto colui che sostiene con convinzione di non esserlo. Prima di concludere questa forse troppo cavillosa dissertazione, è opportuno precisare che non sempre il Fratello Libero Muratore riesce a focalizzare l’essenza dell’esoterismo. Ciò non costituirà certo colpa massonica, sempre che si riesca a mantenere integra la volontà di superare gli eventuali ostacoli che spesso si frappongono alla partecipazione ai Lavori dell’Officina. Incredibile come tanto spesso non si riesca ad organizzarsi per mantenere la nostra disponibilità per quelle poche serate annuali. Eppure l’alibi, la scusa, la giustificazione non sempre credibile è lì, pronta da sfruttare, cosa che non manchiamo di fare. Questa è sicuramente colpa massonica. La nostra coscienza? Zittita con il ricorso appunto a giustificazioni, quali “stanchezza, svogliatezza, indolenza, malessere, imprevisti e sempre importanti impegni sociali o d’affari, inviti che non si possono rifiutare, vecchiaia”, e chi più ne ha più ne metta. La verità? Superficialità, pigrizia, presunzione ed incoerenza. Risultato? L’assonnamento, se non l’ancor più indecoroso depennamento. La morale? Scuotiamoci, Fratelli. Riceveremo sempre e solo nella misura con cui avremo saputo dare. La Massoneria è quello che noi vogliamo che essa sia. Ma solo la coerenza, unita alla frequenza ai Lavori, può soddisfare la richiesta da ciascuno di noi espressa allorché si è bussato alla porta del Tempio, esoterici od essoterici che si possa essere stati od essere. Tutti infatti abbiamo richiesto ” LA LUCE “. Ammesso che ci si ricordi tutti delle significanze meno banali insite in questa parola, rammentiamo sempre che essa è lì, nel Tempio che insieme consacriamo, pronta e disponibile, sempre, per illuminarci il viso, per riscaldarci il cuore, e per arricchire mente ed anima. Sta solo ed unicamente a noi mantenere salde fede e volontà, onde godere dei suoi immensi benefici. Chissà, forse così si potrà davvero contribuire alla formazione dell’uomo del futuro, che si vedrà attribuito il diritto di cittadinanza nell’incombente età dell’Acquario. Perché è solo in tale società ideale che potrà trovarerealizzazione la cosiddetta “Fratellanza Universale”. Ecco il tanto auspicato Ordine nuovo, il ritorno all’Eden, al “Regno di Dio, o di Jehova”. Ancora una volta religioni e filosofie sono perfettamente concordi nell’affermare che l’unica alternativa alla sua realizzazione resta, purtroppo o meno, l’autodistruzione. Coraggio, Fratelli. La strada, la via esoterica, è lì, ben tracciata davanti a noi. Sforziamoci di finalmente comprendere che la fiaccola, la Luce, la scintilla divina è in noi. Percorriamola dunque, tutti, insieme, umilmente, senza lasciarci mai distrarre dai fragori della profanità, dai rumori assordanti da cui siamo circondati nel mondo in cui noi stessi abbiamo scelto di vivere per la nostra stessa evoluzione. Per il bene nostro, dei nostri cari, di quanti grazie al nostro ed all’altrui fato ci ritroviamo vicini lungo il cammino verso quella luminosa vetta, ma, soprattutto, per il bene ed il progresso dell’intera Umanità. A\G\D\G\A\D\U\   Bibliografia: (1) La Luce Massonica, Ediz. Hermes, 1993 (2) Marco, 4, 11-12 (La Sacra Bibbia, Ediz. CEI, 1974) (3) Marco, 4, 33-34 (4) Matteo, 7, 6 (5) Inferno, IX, 61-63 (6) Matteo, 7, 1-3
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