LA RELIGIONE NELL’ANTICO EGITTO

La Religione nell’Antico Egitto

La Religione nell’Antico Egitto – La Metafisica e la Mitologia ed il loro Ruolo nel Quotidiano, l’Aldilá e la Creazione

I principi della religione egizia

Quella che ora noi chiamiamo religione, in Egitto era un concetto cosí ampiamente accettato e diffuso che    non necessitava neppure di un nome. Nella lingua indigena non esiste infatti una parola corrispondente al termine ‘religione’.

Gli abitanti dell’Antico Egitto non concepivano alcuna differenza tra azioni sacre e profane (mondane), distinzione in cui invece ora noi, in epoca moderna, crediamo. Ogni azione, non importa quanto terrena – l’atto di arare, seminare, mietere, fermentare, costruire imbarcazioni, muover guerra, giocare, il sistema dei pesi e delle misure – erano tutti concepiti come simbolo terreno di una specifica attivitá divina.

Per definizione, la religione é un qualsiasi sistema di credo, adorazione e condotta che spesso implica un codice etico ed una filosofia. Gli elementi fondamentali della religione egizia (credenze metafisiche), nella sua forma piú antica, sono i seguenti:

    Dio, l’Origine Divina

    La Creazione dell’Universo

    La Creazione dell’Uomo e la sua Funzione

    I Canoni

    L’Aldilá

1. Dio, l’Origine Divina

In senso stretto, la religione egizia é monoteista (un solo Dio). Gli antichi egizi consideravano l’universo il risultato di un atto cosciente di creazione da parte di un unico grande Dio. La dottrina fondamentale ruotava intorno al concetto dell’unitá della deitá. Non esiste una sola immagine rappresentante questo unico Dio. Quelle che venivano rappresentate erano invece le funzioni e gli attribuiti del suo regno. Quando si faceva riferimento alle sue funzioni / attributi egli diveniva un’entitá ben distinta , esemplificativa di queste particolari funzioni / attributi e della propria influenza sul mondo. Le diverse funzioni ed attributi quale quelle di Creatore, Saggio, Curatore, ed Eterno ed altre similari, erano chiamate neteru (al singolare: neter per la forma maschile e netert per quella femminile). Ne consegue che un neter / una netert egizia non fossero rispettivamente un Dio od una Dea, bensí la personificazione di una specifica funzione / attributo dell’unico Dio.

Il concetto egiziano per il quale questo Dio potesse essere rappresentato dalle sue funzioni / attributi trova il proprio equivalente nell’ambito dell’umanitá stessa. Ognuno di noi possiede funzioni ed attributi. Un individuo puó essere un insegnante in un aula scolastica, un padre di famiglia, un marito, un giocatore di squadra, etc. Ció non significa che questa persona abbia una personalitá multipla, ma piuttosto che possiede una moltitudine di funzioni / attributi.

Gli antichi egizi riconoscevano il valore di questa filosofia a livello universale e la applicavano a tutti i livelli di organizzazione gerarchica del mondo. Sebbene possa apparire complessa di primo acchito, con l’esperienza si ci rende conto che si tratta di una filosofia coerente e sensata. E’ questo essenzialmente il pensiero filosofico egizio. Si tratta di una vera e propria filosofia basata su principi organizzati, sistematici, coerenti e sensati.

Punto focale dell’intera concezione dell’universo era la convinzione che l’uomo fosse stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, e come tale, egli rappresentava l’immagine creata di tutte le creazioni. Di conseguenza, il simbolismo egizio come pure tutti i sistemi di misurazione venivano automaticamente conformati a misura d’uomo, della Terra, del sistema solare e, in ultima analisi, dell’universo.

Ai fini della semplificazione e per spiegare queste nozioni astratte degli attributi divini, essi elaborarono delle immagini standardizzate. Ne consegue che le immagine di Ptah, Osiris, Amun, Mut, etc divennero il simbolo di tali attributi / funzioni.

Queste rappresentazioni servivano solo come mezzo per attirare l’attenzione o per rappresentare racconti leggendari oppure concetti astratti e non volevano assolutamente essere intese quale espressione di personaggi reali. Non vi era alcuna forma stilizzata per la rappresentazione di un neter / netert perché gli antichi egizi credevano che quest’ultimi potessero assumere qualsiasi sembianza auspicata, dato che la forma non aveva altra funzione se non quella di attirare l’attenzione o rappresentare un’idea astratta.

Ptah

2. Creazione dell’Universo

La creazione dell’universo e quella dell’uomo sono accomunate da tematiche complementari ed interagenti. Le due creazioni verranno trattate in sedi separate, iniziando con quella dell’universo.

I concetti cosmologici nell’Antico Egitto, venivano espressi mediante simboli ed elementi mitologici, mezzi eccellenti per l’espressione di concetti metafisici. La filosofia, la matematica e la scienza sono dottrine aride, ricche di astrattismi. La mitologia ospita idee filosofiche e scientifiche in forma narrativa, come una dramma sacro o un racconto misterioso facilmente assimilabili. I termini ed i concetti scientifici e filosofici meramente astratti non sono garanzia di comprensione. L’informazione di per sé é vana a meno che non venga trasformata in comprensione ed una mitologia sapientemente elaborata puó raggiungere questo scopo.

I miti egizi della creazione, relativi all’universo, assomigliano al rendiconto fornito nel capitolo introduttivo della Genesi; Dio crea il cielo e la terra, divide le acque, crea la luce e dá vita agli animali e all’uomo.

L’origine del mondo e la natura del neturu che partecipó alla sua creazione erano costantemente oggetto di interesse da parte degli antichi egizi. La cosmologia egizia era suddivisa in quattro insegnamenti , separati ma complementari, ognuno dei quali godeva di una propria specializzazione . Bisogna considerare questi insegnamenti quali versioni dettagliate delle diverse fasi espresse nel capitolo introduttivo del libro della Genesi. Le quattro diverse dottrine egizie, nei quattro centri, erano offerte dai quattro diversi neturi (erroneamente tradotti con il termine ‘Dei’). I principali neturu della creazione sono Ra di Eliopolis, Ptah di Memphis ed Amon di Thebes. Il quarto, chiamato Tehuti (Thoth di Ermopolis), forniva un resoconto della creazione con parole simili a quelle dell’introduzione al Vangelo secondo San Giovanni.

I principi filosofici e scientifici implicati nella creazione dell’universo ( come ad esempio quello del Big Bang), espressi negli insegnamenti, sono forniti in Egyptian Cosmology: The Animated Universe, di Moustafa Gadalla.

3 – La Creazione dell’Uomo e la sua Funzione

Secondo le credenze metafisiche egizie, sebbene tutta la creazione sia da considerare di origine spirituale, l’uomo nasce mortale ma ha in sé il seme del divino. Il suo ruolo in questa vita é quello di coltivare questo seme ed il frutto, se coltivato con successo, é la vita eterna dove si ricongiungerá con la propria origine divina. Esiste un’analogia tra la cura delle piante coltivate nel suolo e quella dello spirito sulla Terra mediante la prestazione di azioni buone.

Potete trovare ulteriori informazioni a questo proposito in Egyptian Cosmology: The Animated Universe, di Moustafa Gadalla.

4 – I canoni

Un canone é, per definizione, una raccolta di volumi la cui autenticitá é ufficialmente riconosciuta da un ente religioso. La Bibbia, in base a questa definizione, rappresenta quindi il canone della religione cristiana. Essa é il risultato di una selezione effettuata nel passato a livello ecclesiastico e deriva quindi da diverse scritture antecedenti. La selezione definitiva ha portato all’esistenza della nostra comune Bibbia, costituita da trentanove (39) libri nel Vecchio Testamento e ventisette (27) nel Nuovo Testamento. Nell’Antico Egitto vi erano diverse dottrine e scritture di natura metafisica, ma quest’ultime non furono mai incorporate entro un unico canone. Gli antichi egizi non hanno mai disdegnato un qualsiasi punto di vista, non importa quale fosse. Alcune scritture erano contraddittorie, ma ció non era rilevante dato che non era compito di nessuno selezionare o scegliere a nome loro. Ogni insegnamento era concepito come una chiave di accesso alla veritá e le varie versioni esistenti erano chiavi a rappresentanza del lucchetto. Per questo motivo, decisero di conservare e rispettare tutte le diverse versioni.

Mai esistette un’unica autoritá religiosa con il potere o il desiderio di selezionare alcune scritture per incorporarle in un unico canone, come nel caso della Bibbia, se non durante il regno di Akhenaton che peró era un’eccezione.

Il pilastro della religione egizia é rappresentato dall’insieme delle credenze metafisiche. La creazione dell’intero universo é un opera intenzionale. L’uomo é stato creato per adempiere ad una funzione specifica all’interno del grande progetto cosmico. L’uomo, nato in carne, gode del privilegio di potersi trasformare in spirito. I testi egizi descrivevano in modo dettagliato le varie fasi del processo di trasformazione da uomo come entitá terrena in carne ad entitá di puro spirito.

Ciascuno di questi testi sottolinea degli aspetti specifici della dottrina egizia relativamente a vita / morte / rinascita. Il Libro delle Caverne possiede un’ impostazione psicologica, e la tematica della punizione e della ricompensa ne rappresenta il punto focale. Il Libro dei Cancelli ha invece un’ impronta spirituale. Il Libro di Cosa Esiste nel Duat (o Mondo Sotterraneo) si esprime in toni magici / alchimisti. Il Libro del Giorno ed il Libro della Notte si concentrano sugli aspetti cosmologici ed astronomici.

Il Libro dell’ Avvento del Quarto Giorno, erroneamente tradotto e generalmente conosciuto con il titolo di Il Libro della Morte, é costituito da piú di cento capitoli di varia lunghezza, derivati, in maggioranza, dal ‘Testo dell’Unas Funebre’ (Piramide) (2500 a.C circa). Questo libro esiste, nella sua versione integrale, unicamente scritto su papiri arrotolati tra le fasciature delle mummie del defunto con il quale veniva seppellito.

5. L’Aldilá

In un manuale di istruzioni, un re egizio consiglia al proprio figlio, il principe, di prefiggersi come scopo il raggiungimento delle massime virtú , dato che in punto di morte avrebbe rivisto, in un solo istante, tutta la sua vita e quanto egli aveva conseguito nel corso della sua esistenza terrena sarebbe stato esaminato e valutato dai giudici. Negli ultimi anni sono stati scritti numerosi libri sull’esperienza di molte persone in punto di morte. Sembra che questo fenomeno del vedersi scorrere davanti la propria esistenza nell’arco di un brevissimo istante sia un’esperienza comune a tutti coloro trovatisi in prossimitá della morte. La morte non é sinonimo di fine, ma piuttosto una fase di transizione. L’esperienza sopra descritta é perfettamente coerente con la teoria sostenuta dagli antichi egizi del processo di trasformazione, che ha inizio con il Giorno del Giudizio; il momento della valutazione della vita di una persona.

Come dichiarato precedentemente, gli antichi egizi usavano esprimere le loro credenze metafisiche mediante racconti (miti), come drammi sacri o storie misteriose. Le seguenti sono le rappresentazioni simboliche con le quali gli stessi descrivevano quanto avveniva nel Giorno del Giudizio.

Lo spirito del defunto nega di aver commesso ognuno dei peccati / errori dinnanzi al giudice assegnatogli, recitando le quarantadue confessioni negative (analoghe ai famosi Dieci Comandamenti). Queste confessioni negative provengono da Il Libro dell’ Avvento del Quarto Giorno ( comunemente ed erroneamente noto con il titolo di Il Libro della Morte). Segue una traduzione di alcune di queste confessioni negative. Alcune potrebbero essere accusate di ridondanza, ma ció probabilmente é imputabile all’impossibilitá di riproduzione fedele dalla lingua originale.

    Non ho commesso ingiustizie

    Non ho rubato esercitando violenza

    Non ho commesso atti violenti

    Non ho rubato

    Non ho ucciso né uomo né donna

    Non ho agito in modo ingannevole

    Non ho rubato oggetti di proprietá divina

    Non ho pronunciato il falso

    Non ho pronunciato malvagitá

    Non ho attaccato altri

    Non ho violato la donna d’altri

    Non ho commesso peccato contro la purezza

    Non ho intimorito altri

    Non ho vissuto nella rabbia

    Non ho finto sorditá alle parole giuste e veritiere

    Non ho incoraggiato conflitti

    Non ho abusato d’altri

    Non ho espresso giudizi affrettati

    Non ho contaminato le acque

    Non non stato insolente

    Non ho perseguito alcuna distinzione

Lo spirito imperfetto rinascerá sotto nuove sembianze fisiche (corpo) per concedere allo spirito la possibilitá di un ulteriore sviluppo sulla Terra. Questo ciclo continua sino a che lo spirito viene perfezionato e riesce ad adempiere ai quarantadue Comandamenti nel corso dell’esistenza terrena.

Sembra che gli antichi egizi volessero impedire il processo di reincarnazione imbalsamando i corpi dei defunti. Preservando l’elemento fisico, lo spirito era in grado di continuare ad esistere nel mondo sconosciuto di Duat. Lo spirito avrebbe potuto cosí operare ai fini della propria resurrezione e, quindi, annullare la necessitá di un’ulteriore reincarnazione fisica.

Lo spirito perfezionato verrá sottoposto al processo di trasformazione, e, in base a quanto descritto nei testi egizi, “divverrá un astro e raggiungerá Ra, per navigare insieme il cielo nella sua nave vecchia di milioni d’anni”

Per ulteriori informazioni sull’argomento, consigliamo la lettura di Egyptian Cosmology: The Animated Universe(Cosmologia Egizia), di Moustafa Gadalla.

di Moustafa Gadalla

Traduzione di Maritza Navarro

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