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“I manoscritti ebraici di Qumran: A che punto siamo? in Istituto Lombardo (Rend. Lett.) 129 (1995), 243-273”
Per le note si rinvia all’edizione a stampa del lavoro
“I manoscritti ebraici di Qumran: a che punto siamo?”,
in Istituto Lombardo (Rend. Lett.) 129 (1995), 243-273
di ELIO JACCI
I.
La scoperta dei primi Manoscritti di Qumran avvenne nell’inverno 1946-47, ma più probabilmente nella primavera del 1947, negli anni successivi furono a mano a mano ritrovati altri manoscritti e si procedette progressivamente a srotolare, leggere, studiare e pubblicare i testi in essi contenuti. L’opera di pubblicazione non è ancora terminata, e solo recentemente sono divenute accessibili le fotografie dell’intero corpus.1
Da quanto appare dalle pubblicazioni preliminari, i nuovi testi non contengono novità tali da rivoluzionare l’attuale inquadramento storico e letterario dei testi, tuttavia alcuni dettagli potranno ancora venire precisati con uno studio più accurato, con una conferma delle letture incerte, con nuove proposte di integrazione delle lacune, con uno studio sistematico e globale dei nuovi manoscritti nel contesto dell’intero corpus qumranico.
Complessivamente sono stati ritrovati i frammenti di circa 800-850 manoscritti, di questi circa cinquecento provengono dalla quarta grotta, scoperta dai soliti beduini nel 1952, ma purtroppo tra i manoscritti di questa grotta non se ne è conservato nemmeno uno intero, e anzi per la maggior parte sono fortemente frammentati e lacunosi, si contano almeno 15.000 frammenti. Circa 225 manoscritti contengono testi biblici, mentre un certo numero di manoscritti, tra 275 e 300, per il loro pessimo stato di conservazione, con frammenti minutissimi, sono praticamente inservibili. Si deve anche ricordare che parecchi testi sono testimoniati in più di una copia.
Dovremo qui precisare che se spesso si indicano i manoscritti di Qumran come i manoscritti del Mar Morto, in realtà tale denominazione risulta imprecisa, in quanto intorno al Mar Morto in differenti località sono stati trovati anche altri manoscritti. Può essere utile almeno una presentazione sommaria, poichè la loro scoperta è in parte intrecciata con quella dei testi di Qumran.
1. Khirbet Mird. Posto nella Buqe‘a, 9 miglia a SE di Gerusalemme, 6 mi. a O del Mar Morto. Era una fortezza asmonea (Hyrcanion), divenne il monastero di Castellion o Marda (in aram. = fortezza) fondato nel 492 da S. Saba. Dalla sua biblioteca derivano i Mss (arabi, greci, aramaici) trovati tra le rovine e datati dal VI al IX sec.
2. Murabba‘at. Si tratta di 5 grotte situate 15 mi. a SE di Gerusalemme, 12 mi. a S. di Qumran, 10 mi a N di En-gedi. I beduini incominciarono a commerciarne i Mss. nel 1951, De Vaux e Harding condussero gli scavi nel 1952. Solo tre grotte contenevano Mss. Le grotte conservano tracce di insediamenti occasionali o duraturi dal calcolitico all’età araba. In particolare furono utilizzate durante la II rivolta giudaica 132-135 d.C dalle truppe di Bar Cochba = Simon Ben Kosibah del quale si conservano due lettere al luogotenente Jeshua‘ ben Galgula. Sono importanti anche i frammenti ebraici dei Profeti Minori (5Mur 88).
3. Valli tra En-gedi e Masada. a. Nahal Hever (Wadi Khabra). 3 mi a S di En-gedi e 7 mi a N di Masada. Tra l’altro nella “grotta delle lettere” (5-6) nel 1961 sono state trovate 15 lettere in aramaico, ebraico e greco di Simon Ben Kosibah ai suoi luogotenenti. Nella stessa grotta nel 1962 sono stati trovati da Yadin 35 documenti in nabateo, aramaico e greco, appartenenti a un certo Babata. Inoltre documenti legali del periodo della seconda rivolta, simili a quelli di Murabba‘at. In un’altra grotta la “grotta dell’orrore” (8), è stato trovato il frammento di un rotolo greco dei Profeti Minori (da collegare con il manoscritto proveniente da scavi clandestini e pubblicato recentemente iin DJD VIII) estremamente importante per la storia del testo. b. Nahal Se’elim (Wadi Seiyal). 8 mi a S di En-gedi e 2.5 mi a N di Masada. Nella grotta dei rotoli durante gli scavi condotti da Y. Aharoni sono stati trovati filatteri ebraici e papiri greci (liste di nomi).
4. Masada. A sud del Mar Morto. Fortezza maccabaica, erodiana e poi romana. Occupata dagli zeloti nel 66 d.C. Nel 1964 Yadin ha scoperto vari Mss. 1. un ostracon aramaico, 2. un rotolo con i Sal. 81-85, 3. una copia ebr. del Siracide, 4. una copia della Liturgia del Sabato di Qumran. Questo conferma l’informazione di Giuseppe Flavio, secondo il quale alcuni Esseni presero parte alla resistenza antiromana.
Tornando a Qumran, la scoperta dei rotoli, in età contemporanea, è dovuta alla curiosità di tre giovani beduini della tribù Ta‘amireh che pascolavano le pecore nella zona di ‘Ain Feshkha Uno di questi, Jum’a Muhammad, lanciando pietre in una apertura della roccia sentì uno strano suono e incuriosito chiamò i compagni. Poiché era sera, decisero di esplorare la grotta il giorno successivo. Ma fu Muhammad Ahmed el-Hamed, soprannominato ed-Dib (il lupo) che, due giorni dopo, di primo mattino, senza aspettare i compagni iniziò l’esplorazione, trovò alcune giare, e in una di queste tre rotoli di pergamena, due dei quali avvolti in panni di lino. Con questi ritornò al suo accampamento. Ai primi tre rotoli successivamente, in ulteriori esplorazioni, se ne aggiunsero altri quattro. Quattro rotoli dopo varie trattative finirono nelle mani di un mercante di Betlemme, che trattava anche oggetti d’antiquariato, Halil Iskandar Shahin, soprannominato Kando. Questi rotoli giunsero nelle mani del Metropolita della chiesa siriana ortodossa di Gerusalemme, Mar Athanasius Yeshue Samuel, superiore del convento siro-giacobita di San Marco in Gerusalemme. Altri tre manoscritti giunsero ad un altro antiquario di Betlemme Faidi Salahi che verso la fine del 1947 li mostrò a Eliezer L. Sukenik, dell’Università ebraica di Gerusalemme, che ne trattò l’acquisto per la Biblioteca dell’Università. Pare che le trattative si siano svolte proprio il 29 novembre del 1947, giorno nel quale l’ONU votò la risoluzione sulla spartizione della Palestina che avrebbe dato il via alla costituzione dello stato d’Israele. Successivamente altri manoscritti furono acquistati dal Palestinian Archaeological Musem (PAM) di Gerusalemme. I rotoli furono poi pubblicati dallo stesso Sukenik in ebraico. Uscì poi postuma l’edizione inglese, curata da N. Avigad e Y. Yadin.
Nel febbraio del 1948 il Metropolita Athanasius Yeshue Samuel portò i suoi rotoli presso l’American Schools of Oriental Research (ASOR, ora Albright Institute of Archaeological Research) dove furono studiati dapprima da John Trever (che li fotografò. E le sue fotografie, di ottima qualità, restano ancora una delle migliori testimonianze di quei testi, che nel frattempo si sono ulteriormente deteriorati) e da William Brownlee, quindi anche da Millar Burrows, il direttore della scuola, momentaneamente assente. Scoppiata la guerra in Palestina dopo la proclamazione della fondazione dello stato d’Israele, 15-5-1948, il metropolita e i rotoli raggiunsero prima il Libano poi gli Stati Uniti, solo nel 1954 Y. Yadin, figlio di Sukenik, concluderà l’acquisto per conto dello stato d’Israele dove i rotoli ritornarono nel 1955. Infine, insieme ai rotoli già acquistati da Sukenik, furono collocati nel “Santuario del Libro” di Gerusalemme, inaugurato nel 1965. Tre di questi rotoli erano già stati pubblicati da M. Burrows, J. Trever, W.H. Brownlee. Erano 1QIsaa : rotolo pressoché completo di Isaia, Ms: 125-100 a.C.; 1QpAbac: tipico Commentario-Pesher sul libro di Abacuc, Ms della metà del primo sec. a.C.; 1QS – Regola della Comunità, Ms.: 100-75 a.C.; il quarto, che per il suo deterioramento non si potè subito srotolare, fu pubblicato successivamente da Y. Yadin e N. Avigad (1QGenAp – Apocrifo della Genesi. Parafrasi di gran parte del racconto della Genesi, Ms: I sec. a.C.- inizio I sec. d.C.). La lettura di questi rotoli gettò nuova luce anche su un testo che era stato scoperto da S. Schechter nel 1897 nella genizah del Cairo e pubblicato nel 1910, il Documento di Damasco. Subito ed indipendentemente Sukenik e Burrows riconobbero la relazione tra quei manoscritti medievali e i rotoli di Qumran, in particolare con la Regola della comunità e con il Pesher su Abacuc. La loro intuizione fu confermata nel 1952 con la scoperta di frammenti del Documento di Damasco nella quarta, nella quinta e nella sesta grotta.
Nell’aprile del 1948 comparvero i primi annunci delle scoperte sulla stampa (Times del 12 Aprile; New York Times del 25 Aprile; BASOR 110 dell’aprile 1948). Ciò diede naturalmente un nuovo stimolo alla ricerca.
Tra il 1948 e il 1949 la prima grotta fu nuovamente esplorata e numerosi manoscritti, una settantina, ma per lo più molto frammentari, vennero ritrovati dai beduini, dai siro-giacobiti ed infine dagli archeologi, in particolare da Gerald Lankester Hardyng del Dipartimento Giordano delle Antichità e Roland De Vaux dell’École Biblique di Gerusalemme. I nuovi reperti furono depositati nel Palestinian Archaeological Musem di Gerusalemme. Nello stesso museo confluirono i manoscritti scoperti dai beduini, con l’intermediazione di Kando, che resterà un personaggio centrale anche nelle successive vicende.
Dopo la scoperta della prima grotta e la conferma dell’importanza dei manoscritti in essa trovati, si aprì come una gara nella ricerca di nuove grotte e di nuovi manoscritti, protagonisti ne furono i beduini e gli archeologi. Si può affermare che i beduini ebbero certamente la meglio nel confronto, le grotte più ricche di manoscritti furono infatti scoperte proprio da loro.
Alla fine del 1951 vengono iniziati da De Vaux e Harding degli scavi sistematici sulle rovine di Qumran e si incomincia a mettere i relazione i manoscritti con questi edifici, prima considerati i resti di una fortezza romana. Determinante per il collegamento fu il ritrovamento di vasellame dello stesso genere di quello trovato nella prima grotta. e in particolare di giare identiche a quelle usate per conservare i manoscritti.
Nel 1952 i Beduini, che già nel 1951 avevano scoperto i manoscritti delle grotte del Wadi Muraba’at, scoprono la seconda grotta di Qumran. Tra i testi piuttosto frammentari in essa contenuti (testi biblici, apocrifi) vale la pena di ricordare un frammento ebraico del Siracide (2Q18= 2QSir).
Gli archeologi del Palestine Archaeological Museum, dell’École Biblique e dell’American School of Oriental Research, in una vasta campagna, appoggiata dalla Legione araba giordana, scoprirono la terza grotta. Oltre a pochi frammenti biblici e apocrifi fu trovato il cosiddetto Rotolo di Rame (3Q15), una lista di tesori sepolti, la cui interpretazione ha fatto e continua a fare discutere, sia per la caratteristiche materiali e paleografiche e linguistiche del manoscritto, sia per l’interpretazione da darsi alla stessa lista. Ai beduini toccò invece la scoperta di quella che è stata senza dubbia la grotta più ricca di manoscritti, la quarta. I beduini precedettero di un giorno l’intervento degli archeologi, ma per quanto avessero asportato una grande numero di manoscritti, ne lasciarono comunque almeno un centinaio agli archeologi. La grande quantità di questi manoscritti, il loro stato estremamente frammentario, migliaia di frammenti, talvolta minutissimi, pose dei problemi organizzativi che hanno accompagnato fino ad oggi la storia della loro pubblicazione. Dagli archeologi fu scoperta sempre nel 1952 la quinta grotta. Tra i suoi testi, biblici e apocrifi spicca una descrizione della Nuova Gerusalemme (5Q15 = 5QJN ar) ma meritano di essere ricordati i frammenti della Regola della comunità e del Documento di Damasco. Di nuovo i Beduini scoprirono la sesta grotta (1952), tra i suoi frammenti di testi biblici e apocrifi si possono ricordare quelli del libro enochico dei Giganti (6QEnGiants = pap6Q8) e del Documento di Damasco (6Q15), l’Allegoria della vigna (6Q11), un calendario (6Q17). Ancora gli archeologi nel 1955, durante la quarta campagna, di scavi scoprirono le grotte 7-10. Lasettima conteneva alcuni frammenti di papiro scritti in greco e per lo più di difficile identificazione. Si considera sicura l’identificazione di un frammento dell’Esodo 28,-4-7 (7Q1) e della Lettera di Geremia 143 (7Q2). La proposta di J. O’Callaghan (con numerose pubblicazioni a partire da1 1972. A lui si affiancò soprattutto C.P. Thiede) di individuare in questi testi dei frammenti neotestamentari, continua a fare discutere ancora oggi senza riuscire a convincere la maggioranza degli studiosi. L’ottava grotta conteneva pochi frammenti, tra i quali si può ricordare un filatterio e una mezuza, la nona grotta un solo frammento papiraceo, la decima un ostracon. Al 1956 infine risale la scoperta della undicesima grotta, nuovamente per opera dei beduini. Come la prima anche quest’ultima grotta conteneva numerosi manoscritti interi e in discreto stato di conservazione. Si devono ricordare almeno il manoscritto del Levitico in scrittura “paleoebraica” (11QpaleoLev), i rotoli dei Salmi e dei Salmi apocrifi, importanti per la storia della formazione del Salterio e della sua canonizzazione (11QPsa; 11QPsApa), il Targum di Giobbe (11QtgJob), il più antico esempio di targum che ci sia pervenuto, (11QMelch), (11Q ShirSabb) e infine il Rotolo del Tempio (11QT). Conservato dal solito Kando e recuperato da Y. Yadin durante la “guerra dei sei giorni” (1966), si tratta di un ampio testo che descrive, secondo un progetto mai realizzato, il piano di costruzione del tempio e la sua liturgia, soffermandosi ampiamente sulle esigenze di purità delle varie parti del Tempio, della città santa e della terra di Israele. Con la sua ampia ripresa della Scrittura, in particolare del Deuteronomio, con modifiche, inserzioni e “mosaici” di altri testi biblici e non, rappresenta un esempio di riscrittura della Legge che ha gettato una nuova luce sul rapporto esistente a Qumran, e verosimilmente nel mondo giudaico contemporaneo, col testo biblico. Già in questo testo, ma ancora più nella Parafrasi del Pentetuco (4QPP = 4Q364-367) o in altri testi “armonizzanti” o “parafrastici” si nota la difficoltà di individuare una linea di frontiera tra “biblico” e “non biblico”, e la creatività scribale nella trasmissione della tradizione.
La progressiva lettura dei manoscritti e il proseguimento delle campagne di scavo di Qumran, cinque campagne tra il 1951 e il 1956 e una sesta nel 1958 ad Ain Feshka, ha rafforzato nella maggior parte degli studiosi la convinzione di una stretta relazione tra loro. E ciò ha condotto naturalmente a interpretare le rovine di questo insediamento alla luce di quanto si andava leggendo nei testi scoperti nelle grotte, e delle testimonianze antiche (specialmente di Flavio Giuseppe, Filone, Plinio) sugli Esseni, che a partire da Sukenik e poi principalmente con Dupont-Sommer si incominciaro ad identificare con gli abitanti di Qumran. Alcuni studiosi contrari all’identificazione del movimento qumranico con l’essenismo o con una sua branca hanno sottolineato come la scoperta iniziale di rotoli quali la Regola della comunità o il Pesher di Abacuc può avere influenzato tutta l’impostazione della ricerca dei qumranisti. Questo può effettivamente essere vero, ma si potrebbe anche sostenere che è stato un caso fortunato, perchè ha indirizzato la ricerca sulla giusta pista.
Nell’occupazione di Qumran si distinguono normalmente le seguenti fasi:
0. Fra l’ 800 e il 600 a.C. è attestato nella località di Qumran un primo insediamento, seguito da un lungo abbandono.
Ia. Un breve periodo di insediamento, caratterizzato dall’assenza di nuove costruzioni, si deve collocare in un periodo variamente datato dagli studiosi. F. García Martínez sostiene che “The only absolutely certain facts are as follows. The initial occupation by the sect occurred shortly before the reign of John Hyrcanus or during his long reign (135/134- 104 B.C.E.), i.e. well in the second half of the second century B.C.E. and this occupation lasted for a very short time since the remains attribuable to it are very sparse”
Ib. Caratterizzato da una notevole espansione e da intensa attività costruttiva. I suoi inizi devono collocarsi non più tardi del regno di Alessandro Janneo (103-76).
La sua fine, dovuta a una distruzione violenta, viene variamente datata: invasione dei Parti negli anni 40/37 a.C.; terremoto del 31 a.C.
IIb.Dopo un breve periodo il sito viene rioccupato con riattamenti e qualche modifica.
La sua fine violenta, testimoniata da distruzioni e incendi, e da resti di armi, punte di frecce romane, viene attribuita all’avanzata delle legioni romane dopo il giugno del 68 a.C., in seguito alla prima rivolta giudaica.
III. Guarnigioni romane hanno occupato il luogo, forse fino al 73, data della caduta della fortezza di Masada, roccaforte degli zeloti.
IV. Un ultimo periodo di occupazione si può individuare, negli anni 132/135, da parte di aderenti alla rivolta antiromana.
Le fasi correlabili con le grotte e i manoscritti sono la I e la II. Sono stati fatti vari tentativi di correlare i dati archeologici con l’evoluzione della comunità che si può evidenziare nei testi qumranici. Purtroppo si tratta di correlare due insiemi sui quali restano comunque molte incertezze. I risultati non possono dunque che restare ipotetici.
I manoscritti sono grosso modo databili nel periodo compreso tra il III sec. a.C. e il I sec. d.C., con un maggiore concentrazione di testi tra l’ultimo terzo del II sec. a.C e il I sec. d.C., specialmente per quanto riguarda i testi più propriamente qumranici e per quelli contenenti allusioni di carattere storico (CD, Pesharim). La datazione su base paleografica, è stata successivamente confermata dall’analisi con carbonio 14. Gli strati archeologici dell’insediamento di Qumran che più ci interessano Ia, Ib, II vanno circa dalla metà del II sec. a.C. al 68 d.C.
Forse può essere utile la classificazione dei manoscritti proposta da H. Stegemann e ripresa da J. Trebolle Barrera e la correlativa distribuzione tra le grotte: a) manoscritti che servivano come modello per farne delle copie (si tratta delle opere più lette), erano conservati in giare apposite e sono stati scoperti nella prima grotta; b) manoscritti di uso normale, per lo più testi biblici, scoperti nel grotte 1-6 e 11; c) manoscritti contenenti opere aventi un interesse particolare, ad es. i manoscritti della settima grotta: testi della LXX; d) manoscritti deteriorati dall’uso, sarebbe il caso della quarta grotta, qui in particolare si troverebbero numerose opere precedenti alla formazione della comunità e che in parte avevano perso interesse (un criterio distintivo sarebbe quello di calssificare così opere di cui si sia conservato uno o due manoscritti, abbastanza antichi e di cui non ci siano copie in altre grotte), e materiali quali in tempi posteriori si sarebbero depositati in una genizah, sembrerebbe questo l’uso della terza grotta. Per quanto possa mostrarsi utile questa classificazione, almeno come tentativo di ordinamento del materiale, mi sembrano significative le parole dello stesso Trebolle Barrera “todo intento de síntesis … sobre la historia literaria y social del judaismo y de su rama esenia en particular tiene hoy algo de juego de cartas o de castillo de naipes”
II.
Come si è già avuto modo di accennare, su un totale a Qumran di circa 800/850 Mss. la quarta grotta, scoperta dai soliti beduini nel 1952, ne conta circa cinquecento.
Dopo la scoperta, con fondi provenienti da vari paesi e organizzazioni si acquisirono dai beduini i frammenti, che furono collocati nel Palestinian Archaeological Museum (PAM. Ora Museo Rockefeller) nel settore giordano di Gerusalemme. Fu costituito un team di studiosi di varia nazionalità e convinzione religiosa. Dati i rapporti tra Israele e Giordania non vi era incluso nessuno studioso ebreo o israeliano. La ricongiunzione dei frammenti procedette abbastanza rapidamente, e fu seguita da una prima trascrizione dei manoscritti cui seguì l’approntamento di una concordanza. Questo lavoro proseguì per tutti gli anni cinquanta. Poi incominciò il lentissimo processo della pubblicazione. Processo non ancora conclusosi. Né quella prima trascrizione né la concordanza furono resi pubblici. Agli inizi degli anni novanta solo un centinaio di manoscritti circa il venti per cento era stato pubblicato. E ancora più lenta procedette la pubblicazione ufficiale nella serie DJD di Oxford, in quanto parte dei testi pubblicati sono usciti in edizioni preliminari presso altri editori, come i lavori di Eileen Shuller e di Carol Newsom usciti negli Harvard Semitic Studies, Scholar Press, Atlanta (Georgia).
Nel corso degli anni incominciarono a levarsi le proteste degli studiosi esclusi dal team ufficiale. Già negli anni settanta studiosi del valore di G. Vermes denunciarono vivacemente lo ‘scandalo’ del ritardo della pubblicazione. Nel corso degli anni ottanta le proteste crebbero. E nella seconda metà di quel decennio vi furono delle vere e proprie campagne di stampa in favore della liberalizzazione dell’accesso ai rotoli. In particolare si distinse in questo senso la Biblical Archaeology Review diretta da Hershel Shanks.
Il 1988 vide anche un cambiamento nella politica delle autorità israeliane nei confronti del team editoriale. Gli Israeliani erano diventati i possessori dei rotoli dopo la guerra dei sei giorni nel 1967. Succedevano così, grazie alla conquista militare, al governo giordano che aveva nazionalizzato i rotoli nel 1961, e nel 1966 aveva nazionalizzato il museo (PAM).
Ma fino al 1988 l’autorità israeliana non si intromise nell’attività del team. Con il nuovo direttore della Israel Authority of Antiquities, Amir Drori, c’è un intervento più diretto delle autorità israeliane sul team con l’istituzione di un comitato apposito. In un primo momento gli israeliani riconobbero l’autorità di J. Strugnell come coordinatore del team. Strugnell si era subito dimostrato abbastanza attivo e innovatore: sua è l’iniziativa di una pubblicazione ad uso interno, in tiratura limitata a 25 o 30 esemplari, della famosa concordanza, e fu lui che ampliò il team con l’inserzione di nuovi collaboratori. Ma i rapporti si deteriorano rapidamente e nel 1990 a Strugnell viene affiancato nella direzione del team Emanuel Tov. Questa mossa porta a un peggioramento dei rapporti tra Strugnell e l’Authority.
Il culmine viene raggiunto dopo che, in un’intervista, Strugnell rilascia dichiarazioni che furono considerate ‘antisemite’, ma che certamente erano antisioniste, manifestando una netta antipatia per lo stato d’Israele. Sulla scia delle polemiche derivatene Strugnell viene rimosso, ufficialmente lascia l’incarico per motivi di salute. La nuova direzione del team viene affidata a E. Tov, affiancato da Eugene Ulrich, Émile Puech (che sostituiscono i defunti Skehan e Starcky). Pur ampliando il team dei collaboratori e promettendo una più veloce pubblicazione anche la nuova direzione mantiene il principio del monopolio del team sui manoscritti. Ma le acque si smuovono sempre più rapidamente.
Proprio a partire dalle concordanze, che oltre alla edizione ufficiale videro una sia pur limitata diffusione “pirata” in fotocopie, due studiosi americani Ben Zion Wacholder e Martin G. Abegg incominciarono a pubblicare una edizione dei testi inediti ricostruiti con l’ausilio del computer a partire dalle concordanze (4 Settembre 1991 ss.). Ne scaturirono controversie legali per violazione dei diritti di pubblicazione.
Contemporaneamente William Moffet direttore dal 1990 della Huntington Library, San Marino, California, annuncia il libero accesso alle fotografie dei manoscritti conservate dall’istituzione da lui diretta (22 Settembre 1991). Anche la storia dell’acquisizione di queste foto da parte della Huntington, merita di essere ricordata, un’avventura nell’avventura. Le foto, in realtà foto delle foto dei rotoli, erano state concesse alla signora Elizabeth Hay Bechtel, fondatrice dell’Ancient Biblical Manuscript Center di Claremont. Ma in seguito a dissidi sul controllo del centro, diretto dal prof. J.A. Sanders, la signora Bechtel lasciò un set completo delle foto al centro tenendosene una copia, depositata successivamente presso la Huntington Library. La Bechtel morì nel 1987 lasciando le foto alla Huntington Library. Ne seguirono nuove polemiche e contatti tra il team, l’Autority e la Huntington per cercare di ridurre la portata di questa iniziativa.
Nel Novembre 1991 la Biblical Archaeology Society pubblica un’edizione in due volumi delle fotografie dei manoscritti inediti, a cura di R.H. Eisenmann e J.M. Robinson. L’editore non ha rivelato pubblicamente la fonte delle foto pubblicate, negando però che provenissero dalla Huntington. La qualità delle riproduzioni fotografiche è abbastanza buona, ma in qualche caso è insoddisfacente. Anche in questo caso vi sono stati strascichi legali, e il volume venne ritirato, per un certo periodo di tempo dal commercio.
Ma, di fronte al fatto compiuto, l’Autority israeliana e la direzione del team decisero finalmente di pubblicare un’edizione in microfiches delle fotografie dei Manoscritti in attesa del proseguimento della vecchia collana. Si noti che secondo le dichiarazioni ufficiali di alcuni membri del team alcuni di questi volumi sarebbero pronti ormai da anni.
Nel frattempo era uscita a cura di Eisenman e Wise (1992) una trascrizione di un’ampia selezione dei testi “inediti” accompagnata dalla relativa traduzione. Anche questo volume The Dead Sea Scrolls Uncovered suscitò ampie polemiche. Sempre nel ‘92 è uscita un’ampia raccolta di testi curata da F. García Martínez. L’originale spagnolo è stato tradotto nel 1994 in inglese.
Set di fotografie dei rotoli sono presenti nella Huntington, nell’Ancient Biblical Manuscript Center, Claremont California, presso l’Hebrew Union College, NY (parziale), e presso l’Oxford Centre for Postgraduate Hebrew Studies che le ha ottenute per l’intervento di una fondazione che aveva contribuito all’acquisto dei rotoli e alla formazione del team.
Oggi dunque il pubblico ha a sua disposizione una riproduzione di tutti i manoscritti ufficialmente conosciuti. Per una soddisfacente edizione completa ci vorrà verosimilmente ancora parecchio tempo. Intanto gli studi proseguono con ritmo accelerato.
Resta però la possibilità, suffragata dalla testimonianza di alcuni autorevoli studiosi, che esistano ancora dei rotoli in possesso di privati, secondo Strugnell si tratta di ben quattro rotoli fra cui un testo completo di Enoc.
Vedremo mai questi rotoli?
III.
La polemica sul ritardo della pubblicazione si è accompagnata negli anni con rivelazioni sul presunto carattere esplosivo delle notizie contenute nei testi inediti e con l’accusa verso i responsabili della pubblicazione di ritardarne appositamente il corso per nascondere testi che avrebbero potuto mettere in crisi l’interpretazione ‘ufficiale’ dei manoscritti e della comunità di Qumran, o persino di mettere in crisi i fondamenti storici del cristianesimo. Da buoni ultimi e con particolare virulenza ripresero questo filone due giornalisti specializzati in libri-sensazionalistici M. Baigent e R. Leigh.
Che cosa si può dire su di ciò ora che i testi sono a nostra disposizione?
Noteremo subito che, proprio contestualmente alla pubblicazione degli inediti, autori come Eisenman hanno riaffermato le proprie posizioni, che a loro parere trovavano conferma nei nuovi testi. In questi testi secondo Eisenman si parlerebbe dei primi cristiani e in particolare emergerebbe nella sua piena luce il contrasto che divise la corrente di Giacomo e quella di Paolo.
Ma a un esame serio e imparziale i nuovi testi non rivelano nulla di sconvolgente, nulla che costringa a ricusare in toto le vecchie interpretazioni dei rotoli e della comunità.
Oggi come ieri c’è spazio per differenti interpretazioni. Molte domande restano senza risposta, e molte risposte sono semplici ipotesi di lavoro.
In quanto alle tesi di studiosi come Eisenman, B. Thiering (Giovanni Batt. = M.d.G., Gesù sac. empio), J.L. Teicher (Ipotesi ebionita. Paolo = sac. empio) si può considerarle soprattutto come provocazioni che ci sollecitano a prendere in esame con più attenzione quegli elementi di somiglianza che pure ci sono tra il cristianesimo e movimenti del giudaismo più o meno contemporaneo.
Fin dall’inizio della pubblicazione delle scoperte di Qumran c’è stato un confronto con i testi del Nuovo Testamento e si è incominciato ad evidenziare analogie e differenze. La spiegazione più seguita e che si tratta di due movimenti che affondano le radici in terreno comune, ma con sviluppi in gran parte indipendenti. Vi può tuttavia essere stata, è verosimile che ci sia stata, per alcuni punti una interazione diretta, che resta però comunque difficile da dimostrare in modo sicuro. Alcuni singoli studiosi hanno proposto una almeno parziale identificazione dei protagonisti dei due corpi letterari. Su questo terreno sin dall’inizio della ricerca qumranica sono sorte, e periodicamente riemergono, anche polemiche pretestuose, basate spesso su forzate interpretazioni dei testi, se non su interpretazioni del tutto fantasiose.
Un discorso a parte va fatto per l’ipotesi avanzata inizialmente dallo studioso spagnolo Jose O’Callaghan, e sostenuta successivamente da altri, in particolare dal tedesco C. Thiede. Nella settima grotta ci sarebbero dei frammenti in papiro del N.T., in particolare di Marco 6,52-53 nel frammento più leggibile (7Q5: circa venti lettere, di cui solo 11 sicure, su cinque linee, neanche una parola intera certa). In realtà la condizione estremamente frammentaria di questi frammenti rende impossibile qualsiasi ipotesi solidamente fondata. La loro eventuale presenza poi comunque potrebbe trovare differenti spiegazioni, e riguarderebbe esclusivamente il periodo più recente della storia della comunità. Si terrà inoltre presente la particolarità di questa grotta che contiene solo frammenti (19 framm.) su papiro scritti in greco. Ora la settima grotta è crollata, erosa dalle infiltrazioni.
Mi pare utile la presentazione di alcuni dati che testimoniano l’utilità del confronto della letteratura neotestamentaria con quella di Quman .
A Qumran troviamo espressioni neotestamentarie che mancano nella letteratura rabbinica, troviamo testimoniato l’equivalente ebraico o aramaico di alcuni termini greci del N.T. Questa presenza rinforza la nostra comprensione del radicamento del Cristianesimo nell’ambiente palestinese contemporaneo. Radicamento che si riflette sul piano organizzativo. Si pensi all’uso di termini come “i molti, la maggioranza” ton pleionon = harabbim o episkopos = mebaqqer. O sul piano ideologico, come testimoniano termini quali la “giustizia di Dio”, dikaiosyne Theou = sidqat ‘El, “opere della legge”, erga nomou = ma’aseh torah, ecclesia tou theou = qehal ‘el, figli della luce. La contrapposizione esplicita con i ‘figli delle tenebre’ (bene hoshek) frequente a Qumran però manca nel NT, che tuttavia talvolta manifesta un’inclinazione verso una simile forma di dualismo.
Si confronteranno ancora le espressioni “Poveri in spirito”, “La sorte (il partito) dei santi”, “Corpo di carne”, “Il Signore del cielo e della terra”, fuori del NT era testimoniato solo in fonti rabbiniche posteriori.
Alcuni passi del NT presentano una forte assonanza con il linguaggio qumranico come 2 Cor. 6,14 s. “Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l’iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente”. La presenza di termini quasi unici nel NT ha fatto persino pensare alcuni autori alla ripresa e rielaborazione di un testo esseno.
Forti analogie si trovano nell’uso del termine mistero (raz-mysterion), analogie che non riflettono solo un’analogo radicamento nelle tradizioni apocalittiche (cfr. Daniele ecc.), ma in particolare anche l’uso della stessa terminologia tecnica per l’interpretazione della scrittura. Numerosi passi neotestamentari ricalcano lo stessa schema letterario dei pesharim qumranici.
Nella 2 Tess. 2,7 l’espressione “Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene” ricorda evidentemente l’analoga espressione di 1Q27 (Libro dei misteri) “il mistero dell’iniquità”, in un simile contesto escatologico. E nello stesso capitolo di 2 Tess. (2,11 s.) “E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità”, si può confrontare con il Pesher su Abacuc II, 1-3. “L’interpretazione del passo si riferisce a coloro che hanno tradito con l’uomo di menzogna poiché non hanno creduto alle parole del M.d.G. (da lui ricevute) dalla bocca di Dio”.
Il tema paolino della giustificazione per fede (cfr. Rom. 3,21-24; Gal. 2,16), con l’accentuazione della colpevolezza umana e della fiducia nella sola giustificazione da parte di Dio, può trovare una preparazione a Qumran (1QS XI,9-14). Ad Abacuc 2,4 “il giusto per la sua fede vivrà” commentato in Pesh. Abac. VII,18 si richiamerà anche Paolo.
Il richiamo alla figura di Melchisedek nella Lettera agli Ebrei e gli sviluppi rispetto alla tradizione biblica trovano un parallelo nel testo 11QMelchisedek e nella Liturgia dell’olocausto del sabato, che presentano Melchisedek come celeste sommo sacerdote (identificabile con Michele), che presiede la gerarchia angelica, e che interviene nell’esecuzione del giudizio finale. Tali analogie hanno spinto alcuni a vedere nella Lettera agli ebrei l’opera di un sacerdote esseno convertito al cristianesimo, che si rivolgeva ai suoi antichi correligionari.
Espressioni come quelle del testo 4Q246: “Egli sarà chiamato il figlio di Dio; essi lo chiameranno figlio dell’altissimo. … Il suo regno sarà un regno eterno ed egli sarà giusto in tutte le sue vie. …”, qualunque sia il vero significato di questo testo, hanno certamente un forte potere suggestivo se le si confronta con l’annunciazione dell’angelo a Maria in Luca 1,35-37: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine. … Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”.
La datazione dell’ultima cena nei Sinottici ha fatto pensare alla conoscenza del calendario seguito dagli esseni. Altri temi spesso presi in esame sono stati quello del banchetto messianico (1QSa) e della cena eucaristica, o della comunione dei beni. Anche il tema del ritardo escatologico compare in entrambe le letterature: “l’ultimo tempo avrà lunga durata, e oltrepasserà tutto ciò che hanno detto i profeti” (Pesh. Abac. VII,12. Cfr. E. Jucci, Il Pesher, 330).
Numerosi studiosi hanno ipotizzato un’appartenenza di Giovanni Battista al movimento esseno, perlomeno in una prima fase della sua esperienza religiosa, fino a quando nel deserto non ricevette una chiamata particolare (Luca 3,2 s.): “La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano …” . La stessa citazione di Isaia 40,3-5 : “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore”, qui utilizzata per caratterizzare e qualificare teologicamente l’attività di Giovanni, è un testo chiave della letteratura qumranica. Da alcuni dunque il Battista è visto come un anello di congiunzione tra l’essenismo e il primo cristianesimo. Tra gli studiosi non c’è tuttavia unanimità d’opinioni.
Per
concludere si osserverà che il dibattito è ancora in corso e che lontano dal
chiasso e dagli annunci sensazionali di pretese identificazioni si constata
sempre di più la consistenza del patrimonio giudaico a cui il cristianesimo ha
attinto e in particolare l’importanza per la sua formazione dello sfondo
esseno. Come osserva
P. Sacchi: “it appears that Jesus’ formative background was of an
Essene Type. His uniqueness must be sought within this kind of thought, which
necessarily led to confrontations with his “Pharisaic” contemporaries
[…] Although Jesus’ thought had an Essene background, it was always far from
the rigidity and extremism of the Essenes Themselves”.
Infine vorrei tracciare le linee essenziali di alcune direttive di ricerca su cui si stanno muovendo gli attuali studi qumranistici.
1. Halakah.
L’Halakah è la normativa legale-rituale, spesso minuziosa che regola ogni aspetto della vita ebraica. Si può anche parlare di interpretazione halakicah della scrittura, in quanto spesso queste norme sono dedotte dai testi sacri della Legge. Negli studi recenti e con la lettura dei testi ultimamente pubblicati si è messo in luce come su molti punti in cui la normativa legale di Qumran si distingueva da quella corrente, in contrasto, spesso in vivace polemica con quella che sarà conosciuta poi come la tradizione farisaica, si avvicina invece a quel poco che conosciamo, per via indiretta, della tradizione sadducea.
Data la difficoltà della materia questo lavoro occuperà ancora a lungo gli studiosi. Ma si possono già indicare alcune linee di tendenza nell’interpretazione dei dati disponibili.
Alcuni autori sostengono che non si può attribuire la letteratura qumranica alla corrente essena e si deve ammettere l’identificazione con quella sadducea, o in via subordinata con qualche corrente da questa derivata. Altri sostengono che questi dati ci testimoniano piuttosto il carattere innovativo dell’interpretazione farisaica, mentre a monte si potrebbe intravvedere una tradizione più antica testimoniata da sadducei ed esseni. Si può anche pensare però che questa parentela coll’interpretazione sadducea sia da ricondurre a quell’elemento sacerdotale che certamente in un certo momento del movimento qumranico ebbe un peso rilevante.
Per dirimere questa questione sono necessarie ulteriori indagini. Sarebbe importante poter datare con più sicurezza i testi, e nel caso frequente di testi compositi poterne chiarire la stratificazione.
L’halakah, l’interpretazione della legge è uno dei nodi centrali del processo d’identificazione della comunità. Il testo 4QMMT (alcune opere prescritte dalla legge) riveste qui un ruolo chiave. Riferendosi apertamente al momento della separazione dal gruppo dal resto di Israele.
2. Apocalittica
A Qumran si sono ritrovati numerosi Apocrifi già noti, tra questi alcuni scritti apocalittici, come numerosi frammenti del libro di Enoc. Il ritrovamento di questi frammenti ha decisamente contribuito a rivoluzionare le idee correnti sull’origine dell’Apocalittica e sulla sua datazione. Anche se non si è raggiunto un accordo sulla questione. Si è dovuto comunque spostarne all’indietro il termine di composizione. Inoltre si è potuto confermare l’ipotesi di una stratificazione dell’opera che deriva dall’unione di diversi elementi. Infatti a Qumran sono risultate assenti alcune sezioni. Altre sono presenti in una forma più arcaica. Si devono collocare le radici dell’apocalittica tra il V e il IV secolo a.C. Vi sono opere chiaramente qumraniche che risentono dell’impronta apocalittica, es. Nuova Gerusalemme, Melchisedec ecc. Lo stesso Rotolo del Tempio, pur nella sua natura essenzialmente legale non è estraneo a questi influssi con la sua visione di un tempio futuro costruito da Dio stesso, e con il suo disegno di un tempio “presente” mai costruito. Il rapporto tra queste due componenti, quella apocalittica e quella più propriamente qumranica è oggetto di dibattiti.
Sicuramente a Qumran c’è una diversa accentuazione di alcuni temi apocalittici, ad es. il tema della caduta. O c’è una minore presenza delle figure tradizionali dei rivelatori apocalittici in favore di nuove figure, o meglio di una nuova figura, il Maestro di Giustizia, interprete attuale della rivelazione del passato, interprete definitivo. Ma il legame appare comunque forte e sicuro. La letteratura apocalittica più antica è presente a Qumran perché qui ci si sente eredi di quella tradizione. Eredi diretti, pur con delle diverse, nuove connotazioni.
Ciò ci permette di collocare a Qumran in un percorso di pensiero, in un percorso storico che resta però ancora tutto da precisare.
3. Scrittura
La scrittura, la Legge e le sacre tradizioni sono al centro degli interessi della comunità qumranica.
A Qumran troviamo numerose copie di tutti gli scritti della Bibbia ebraica (tranne Ester e Neemia).129 Troviamo targumim, commentari (pesharim e midrashim), troviamo opere che pur avendo una propria autonomia sono intrise di allusioni e citazioni. Troviamo anche gli spunti di una riflessione teorica sul senso della scrittura e sul rapporto dell’attuale lettore con essa (Nistaroth, nigloth, rivelazione continua ecc.).
Troviamo anche un materiale diverso da quello che si conosceva prima di Qumran. Si tratta di una Bibbia riscritta. Diciamo così per semplificare, ma questi testi possono correre parelleli ai testi biblici canonici o addirittura precederli. Il testo biblico trova una ristrutturazione secondo criteri diversi. Passi sono saltati, altri sono aggiunti. Altri sono spostati. Resta da comprendere che valore avessero questi testi. Quale rapporto ci fosse con la Bibbia quale ci è stata trasmessa nelle sue forme canoniche. Si tratta di un lavoro in gran parte ancora da fare.
4. Storia della comunità
Si tratta di riorganizzare tutto il materiale disponibile indagando la storia della formazione dei singoli testi e le loro relazioni quindi di individuare su questa base lo sviluppo delle idee e inserire il tutto in ciò che conosciamo della storia ebraica del tempo. Si può prevedere che il risultato conduca non solo a una migliore comprensione del movimento qumranico ma anche a un revisione della nostra visione del giudaismo del tempo.
Sunto
La pubblicazione ufficiale dei manoscritti di Qumran, scoperti in undici grotte nei pressi del Mar Morto a partire dal 1946-47, non è ancora giunta a termine, ma finalmente, dopo molti indugi che hanno prodotto interminabili polemiche, sono divenute accessibili le fotografie (in microfiche) dell’intero corpus.
La presente nota ripercorre per sommi capi le vicende della scoperta e della pubblicazione dei manoscritti, oggi generalmente attribuiti, almeno in parte, a una comunità essenica e datati , per lo più, al periodo compreso tra il II sec. a.C. e il I sec. d.C.
Parallelamente alla scoperta dei manoscriiti procedeva l’esplorazione delle rovine di Qumran e, pur con alcune voci contrarie, la maggioranza degli studiosi ammette la connessione tra le rovine e la comunità che trasmise e prudusse le opere contenute nei manoscriitti.
In considerazione delle polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione dei manoscritti della quarta grotta, ci si sofferma sulle intricate vicende che con un susseguirsi di colpi di scena hanno condotto all’edizione dei Dead Sea Scrolls on Microfiche. Sullo sfondo stanno la difficile impresa della lettura della ricostruzione dei documenti a partire dalle migliaia di frammenti, e le drammatiche vicende storiche che hanno travagliato il vicino Oriente in questi ultimi decenni.
Si concede anche una particolare attenzione al rapporto dei manoscritti di Qumran con la primitiva comunità cristiana. Al di là del facile sensazionalismo giornalistico, emerge il terreno comune sul quale entrambe le comunità affondano le proprie radici, e sembrano evidenziarsi, pur nella differenza degli sviluppi, contatti da ricondursi a diversi momenti della crescita del cristianesimo.
Infine si
accenna brevemente ad alcune aree nelle quali la futura ricerca potrebbe
produrre fruttuosi risultati: l’esame della halakah può condurre a
precisare i contorni della comunità qumranica e a meglio definirne le relazioni
con le correnti contemporanee del giudaismo, specie fariusei e sadducei. Si fa
luce tra molte difficoltà lo sfondo storico sul quale si muove e si sviluppa la
letteratura apocalittica. Emerge un nuovo quadro, un tempo imprevedibile, di
ciò che era la Scrittura e della vitalità e creatività con la quale veniva
trasmessa.
Istituto Lombardo, Accademia di Scienze e
Lettere, Via Borgonuovo 25, 20121 MILANO