L’EUCARISTIA

L’eucaristia

Elio Richiardi

Melchisedek, re di Salem fece portare pane e vino. Era Sacerdote dell’Altissimo, e benedisse Abramo …” Genesi 14,18)

Questa frase in apparenza innocente ed abbastanza superficiale, ha invece dal punto di vista della tradizione giudaica, o giudeo-cristiana, insospettate profondità e significato. Si deve innanzi tutto notare che dal momento in cui Melchisedek trasmette ad Abramo il rito sacrificale del pane e del vino, egli trasmette in modo completo i poteri di sacrificare essendo egli stesso, Melchisedek, il sacrificatore dell’Altissimo.

Questo significa, a parer mio, che già in quel lontano tempo esisteva una gnosi ben articolata e che gli appartenenti sapevano molto bene dell’esistenza di un Dio unico ben superiore agli altri déi comuni. Abramo, inoltre, riceve da Melchisedek l’iniziazione, che gli conferisce la possibilità di trasmettere a tutta la sua posterità, quindi a tutto il futuro Israele, questi particolari poteri di sacrificare. Per cui si può ritrovare l’offerta del pane azzimo e del vino nel Tempio di Salomone addirittura a fianco di sacrifici propiziatori di poveri e sanguinanti animali, usanza che si perpetua con il “Rito del Seder e del Kiddouch”, vale a dire del pane azzimo e la benedizione della coppa del vino.

La Tradizione afferma che il Cristo farà di questo rito il fondamento, il fulcro di tutto il Cristianesimo, Egli dirà “… sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek” ed i suoi Apostoli riceveranno da Lui una “ordinazione”particolare la cui fonte è necessario farla risalire all’epoca d’Abramo. Pertanto questo rito, dalla semplice apparenza, si perpetua adagiandosi su elementi e antiche tradizioni di ben quattromila anni; credo che questo debba eliminare qualsiasi valenza alle tante sciocchezze, non tutte di buon gusto, che i razionalisti non mancano di alimentare alla fiaccola della grassa ignoranza. Cerchiamo dunque di calarci nelle significanze che questo misterioso Rito cela, ancora dopo tanto tempo.

Da molti è conosciuto, spero anche accettato, l’antico assioma della celebre “Tavola di Smeraldo” che dice: “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso, …” per cui è facile accettare che come un nutrimento materiale, se è sano, sostiene la nostra vita materiale, così un nutrimento spirituale e psichico è in grado di sostenere la nostra vita psichica e spirituale, mentre un nutrimento materiale velenoso distrugge la vita materiale, come un nutrimento spirituale velenoso distrugge la vita spirituale. La storia ci aiuta a costatare come i popoli di tutti i tempi hanno sempre tentato di stabilire una comunione, vale a dire una comune unione, con le entità di cui supponevano l’esistenza e presenza.

I riti di questa comunione, univocamente, ci attestano l’assunzione, per via orale, di qualche alimento materiale per dei fini spirituali. Da ricordare “l’Erba dell’Immortalità” del babilonese Ut Napishtin , il “Soma ed Ahoma” dei vedici, il “Nettare e l’Ambrosia” dei greci, i “Banchetti Rituali” dei Pitagorici, il pasto delle carni del “Leviathan e Behemoth” della tradizione biblico talmudica, il “Cibo infuocato del Santo Graal” ed i “Salmoni di Sapienza” del ciclo Arturiano.

È pertanto un “Pasto Sacro” analogo in tutte le sue caratteristiche al “Pasto Sacro” della tradizione Mosaica della consumazione del “Frutto dell’Albero della Vita”. Strette analogie le troviamo in alcune pratiche della geomanzia araba, nella quale si pone sotto il viso del richiedente un vaso di terracotta con varie resine aromatiche, le quali hanno lo scopo di richiamare i “Geni”, che momentaneamente, ma realmente, hanno il possesso sul richiedente, conducendolo attraverso i vari “gradi” delle figure geomantiche.

È da non dimenticare “l’Antropofagia Rituale” di alcune tribù africane, e di altre località, i cui appartenenti si cibano ritualmente del cuore di un guerriero coraggioso, del cervello di un uomo particolarmente intelligente o della mano di un mancino. Vi sono infine gli animali immolati, questi vengono per metà consumati sull’altare dell’olocausto,per metà consumati dai Cohens, i preti d’Israele, che così facendo si uniscono con il loro dio Jaweh.

Vanno inoltre ricordati i “dodici Pani delle Proporzioni”, uno per ogni Tribù d’Israele, essi restano per sei intere giornate sulla “Tavola di Testimonianza” circondati da grani d’incenso purissimo, così permanendo nel “Tabernacolo dell’Alleanza della Shekinah” s’impregnavano dell’incenso e al settimo giorno, il Sabato, i Cohens li consumavano ritualmente con l’offerta, vale a dire la benedizione e la consumazione della coppa del vino. In quei lontani tempi al levare del sole, nel luogo più misterioso e segreto del Tempio: “naos”, interdetto a tutti i profani, il sacerdote di Osiride poneva le proprie labbra su quelle del dio, mentre nei riti agresti Orfici e Dionisiaci, a primavera: tempo del rinnovamento (Pasqua = passaggio), si divideva il capretto simbolo ed immagine del dio solare affinché potesse rivivere nel misto. Molto probabilmente queste forme, sono un po’ un’eucaristia al contrario, perché fanno rivivere nel misto un dio morto, un dio che dovrà la sua nuova vita all’uomo.

Nell’eucaristia cristiana, invece, come già nella sua prefigurazione ebraica, si tratta di far rivivere l’uomo nel Corpo Mistico di Dio. La resurrezione di Hiram della simbologia e rituaria massonica è stata comparata a quella del Cristo, credo però che sia Hiram sia Orfeo o Dioniso, rivivono nell’iniziato per lui e grazie a lui, forse sarebbe necessario fare una riflessione a questo proposito.

La tradizione cristiana cosa ci dice? Credo sia giusto e doveroso dare alla transustanziazione delle “Specie Eucaristiche” della liturgia, sia orientale sia occidentale, ortodossa o cattolica, la giusta posizione che è quella della trasposizione in modo invisibile del sacrificio di Melchisedek perpetuato in Israele da Abramo, consacrato dallo stesso Melchisedek, fino al Cristo che è un discendente della tribù di David, perciò è Pontefice e Re; tutto questo grazie al “Rito del Seder e del Kiddouch”, vale a dire del pane azzimo e della coppa del vino.

Certamente la “Cena” fu una cerimonia giudaica, veramente ortodossa, sicuramente si trattava della festività annuale della “Pasqua” quindi dell’assunzione dell’agnello e delle erbe amare, seguita dal sacrale “Rito di Melchisedek”. Le “grazie” che i vangeli dicono essere state pronunciate da Cristo, durante il banchetto, erano certamente delle preghiere rituali, queste sono certamente ancora presenti nelle attuali preghiere degli israeliti praticanti.

Questi riti sono, in pratica, sconosciuti dalla quasi totalità dei cristiani, perciò qui di seguito cercherò di dare una sintesi, cercando in ogni caso di ricordarvi quale rilievo ed eco dava quella sera, l’Eterno Liturgo, a quelle parole rimaste inalterate nei secoli.

Nel “Rito del Kiddouch”, o inaugurazione del sabato, mettendosi a tavola, il venerdì sera, l’officiante prende in mano la coppa piena di vino e dice:

    Era allora il settimo giorno, il cielo e la terra e tutto ciò che contengono era terminato. Al settimo giorno o Eterno hai compiuto la Tua Opera, ed al settimo giorno ti riposasti dopo tutto ciò che avevi fatto. O Dio benedicesti il settimo giorno e lo santificasti, perché in quel giorno, o Signore, ti riposasti per tutte le Opere che avevi compiuto. Sii dunque lodato o Eterno nostro Dio, Sovrano dell’Universo, che hai creato il frutto della vigna. Sii lodato o Eterno nostro Dio, Sovrano dell’Universo, che ci hai santificato per mezzo dei Tuoi Comandamenti, che ci hai gradito come Tuo popolo e che nel Tuo Amore ci hai dato il giorno del Sabato in commemorazione della Creazione, questo giorno è la prima delle solennità, essa ricorda a tutti noi che ci hai fatto uscire dall’Egitto, è noi che Tu hai scelto e santificato sopra a tanti popoli, nel Tuo Amore, Tu ci ha dato in eredità il Santo giorno del Sabato. Sii dunque lodato o Eterno che hai santificato il Sabato”. In seguito l’officiante recita la benedizione sui due pani interi, spezza il pane dal di sopra, ne mangia e poi ne dà a ciascuno degli assistenti dicendo: “Sii lodato o Eterno, nostro Dio Sovrano dell’Universo, che ricavi il Pane dalla Terra.

Dopo il pasto recita il Salmo CXXVI (canto del ritorno): “Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare …”. Terminato di recitare il Salmo pronuncia le “grazie”, che per brevità non riporto, queste si possono trovare nella raccolta delle “Preghiere Giornaliere” degli Israeliti di Rito Askenazita. Credo sia lecito chiedersi come poter recepire l’occulto dell’Eucarestia. È a tutti evidente, che non ci cibiamo della carne sensibile, cellulare di Colui che nel Giordano, come dice S. Agostino, rivestì l’Uomo, ed altrettanto non beviamo il sangue, rosso e suscettibile di coagulazione, come si usava nelle orge dell’antichità. Il Cristo non è certamente stato dilaniato né spezzettato in modo selvaggio da furiose e ubriache baccanti.

Nell’Eucaristia noi assorbiamo una “Sostanza occulta e Mistica” intimamente legata all’Essenza stessa del Salvatore, per una misteriosa e specifica  grazia voluta da Lui, che impregnando trasmuta la materialità delle “Specie Eucaristiche”, infatti, senza lo specifico ricevimento dei “Poteri” legittimi e la pronuncia delle “Parole Sacre”, le “Specie Eucaristiche” restano quelle che erano, semplici alimenti materiali, in modo analogo la sostanza psichica e l’essenza spirituale dell’uomo diventeranno a poco a poco, per una seconda transustanziazione, analoghe a quella di Dio, è l’incorporazione dell’Uomo nel “Corpo Mistico” del Cristo.

Tutto questo come conseguenza della promessa fatta nell’Ultima Cena dal Salvatore e della specifica potenza conferita in eterno ad un Rito ordinato agli Apostoli: “Fate questo in memoria di me” (Luca XXII,19). Il Divino si mescola mediante la sua promessa e si lega tramite il suo ordine, così come la “Pietra Filosofale” trasmuta il piombo in oro, così come la “Liturgia Eucaristica” legherà il frumento ed il succo dell’uva a quell’Essenza salvifica e salvatrice, di cui noi stiamo parlando e per mezzo di questa, da ormai due millenni, transustanzia nell’invisibile le “Specie Eucaristiche”. Dunque noi con l’Eucarestia assorbiamo un’occulta e misteriosa “carica”, uno speciale “Elisir di lunga Vita” che se c’impregnerà sufficientemente, durante la nostra vita terrena ci trasmuterà gradualmente, perché questa particolarissima “carica” come ogni altro elemento, è assimilata dal nostro organismo, passa dal piano fisiologico a quello psichico, da questo al “nous” o spirito. Gli ebrei ricevettero sul Sinai l’ordine di mangiare sola carne completamente esente da sangue, perché il sangue è il veicolo delle passioni di tutti gli esseri.

Tutta la Creazione decaduta con Adamo, e le coorti delle anime preesistenti che lo costituivano, risale con l’azione redentrice del Cristo, credo sia questa la ragione per cui Pietro ricevette in sogno l’ordine di considerare tutti gli alimenti, di qualunque specie, purificati per sempre. (Atti degli Apostoli X,9-16)

Questo significa che l’uomo diviene l’atanòr trasmutatore attraverso il quale la Creazione redenta necessariamente deve passare per giungere al Divino. La Reintegrazione o ricostituzione del Santo Pleroma consiste in una lenta e progressiva identificazione della “Chiesa preesistente” dispersa a causa della caduta, questa chiesa è nient’altro che il “Corpo Mistico” di Cristo, esso è simboleggiato dal pane eucaristico, per questo assorbirlo equivale ad edificare progressivamente il nostro “corpo mistico”, gli antichi Cabalisti ed i Padri della Chiesa lo chiamavano il “Vestimento di Gloria”. Senza il “Vestimento di Gloria”, dicevano gli antichi Cabalisti, nessuno è in grado di superare il “Fuoco-Principio” separatore del Creato dall’Increato. Naturalmente ogni vestimento è fatto per essere utilizzato, così ogni corpo ha la necessità di avere un’anima, ed ecco che si comincia a capire il ruolo del vino eucaristico.

Il pane è il “Corpo Mistico” del Cristo, il vino è “l’Anima Mistica”, perciò come le passioni bestiali degli animali impuri sarebbero passate nel sangue degli Israeliti, così “l’Anima Mistica del Cristo passa in ciascuno con il vino. Pertanto nel Rito Latino, il fedele ordinario si comunica con una sola “Specie”: l’Ostia, così la sua Eucaristia non è completa perché manca uno degli elementi del Mistero, che si trova invece nell’Eucaristia del prete officiante. Nel Rito ortodosso, tutti i fedeli si comunicano con le due “Specie”, però si utilizza il pane ordinario al posto di quello azzimo come nel Rito Latino, indubbiamente il pane azzimo ha una valenza simbolica superiore al pane comune; infine vi è una liturgia particolare: la “Messa Pontificale”, la può celebrare solo il Vescovo in occasioni particolari, essa ha un valore occulto e simbolico ben diverso.

La cera d’api riveste una fondamentale importanza nel registrare fedelmente le radiazioni dell’ambiente, gli occultisti sanno molto bene il ruolo evocatorio della fiamma di una candela di cera, quindi si comprende come famosi e illustri personaggi utilizzavano, ed utilizzano, candele di cera d’api accese e poste sopra i Nomi Divini, Angelici, ecc. nelle loro “Operazioni Teurgiche”. Queste conoscenze sono le stesse di quelle della “Liturgia Eucaristica”, infatti, troviamo sull’altare della Liturgia Cristiana il Crocefisso o il “Tau” eretto, che evoca e manifesta la presenza del Salvatore, e due candele di cera disposte una a destra ed una a sinistra del Crocefisso, senza queste due candele il Rito Liturgico è senza valore. Queste due candele evocano la presenza del mondo angelico ed in particolare rappresentano simbolicamente la presenza di due Arcangeli: “MICHAEL e GABRIEL” vale a dire rispettivamente l’aspetto “Solare “ e quello “Lunare”. Questi paradigmi diventano viventi sulla pietra d’altare, essa contiene, o meglio ha sempre contenuto nel passato, qualche reliquia di “Santi”.

È per mezzo di queste “Reliquie” che diventa possibile il contatto con la “Città Celeste, mentre inversamente il cranio usato dagli adepti delle “messe nere”, posto su un sudario funebre tra due ceri neri, mette il negromante in contatto con la “Città di Sotto”. Nelle Chiese d’Oriente la pietra d’altare è sostituita da una nappa di lino, chiamata, “Antimension”, essa contiene nel suo centro delle reliquie, anche nel Rito Latino troviamo il “Corporale”, che è simile all’Antimension, entrambi si piegano in “nove quadrati” e sicuramente questi oggetti rituali sono in stretta analogia con il “Quadrato Magico di Saturno”.

L’utilizzazione delle “Reliquie” nella Liturgia Eucaristica, soprattutto nell’ambito orientale, è molto antica, essa è contemporanea della prima “Liturgia” conosciuta: quella detta di Gerusalemme o di S. Giacomo. Sicuramente i primi liturgisti cristiani conoscevano bene il valore delle “Reliquie”, ecco perché hanno usato e accuratamente conservato le reliquie della Passione di Cristo: come i chiodi, la corona di spine, il legno della croce, il Sudario, ecc. I primi cristiani, quasi sicuramente, non erano né farisei, né sadducei, e con ogni probabilità neanche esseni, ma semplicemente un gruppo di persone che erano fuori della stretta osservanza religiosa ebraica. Tra le prime comunità cristiane, pertanto, non assume un particolare ruolo specifico il “tabù del cadavere”, anche se è facile capire che i discepoli del Cristo certamente conoscevano bene la tradizione ebraica sull’uso dello “Habal ha Garbin” o “Spirito delle Ossa”.

Il Vescovo quando celebra la Messa Pontificale deve, necessariamente, accendere tre candele di cera, che devono essere poste a formare un triangolo di luci, al centro di questo deve essere posto il Crocifisso, tutto questo rispetta perfettamente i canoni della tradizione teurgica dell’evocazione. Purtroppo ai nostri giorni queste conoscenze sono andate quasi completamente perdute, finiscono così gli “Arcani” per le chiese moderne. Il terzo cero evoca ritualmente la “presenza” dell’Apostolo da cui discende per successione diretta ed ininterrotta il Vescovo celebrante. È risaputo, infatti, che ogni filiazione o “successione” apostolica deve necessariamente risalire ad uno dei dodici Apostoli, perciò le chiese tradizionali hanno sempre prestato la massima attenzione nell’aggiornare le proprie filiazioni e quelle dei loro concorrenti. Stanislao de Guaita chiama “Iona” questa terza fiamma che è la “Comunione dei Santi”, la presenza invisibile del coro degli “Ishim” della tradizione kabalistica. Per costatare la realtà del mistero eucaristico, alcuni ricercatori assistettero a solenni Messe nei giorni di Natale e Pasqua, e giunto il momento in cui l’officiante elevava l’Ostia ed il Calice, essi si posero in precisi punti dell’asse della navata centrale ed esposero, alle “Specie Eucaristiche”, una sfera di cristallo, classico strumento di veggenza e potente condensatore psichico, che era stata immersa per tutta la notte precedente in acqua limpida e corrente affinché si ripulisse da ogni traccia ed irradiazione precedentemente accumulata.

Dopo l’elevazione essi riposero la sfera di cristallo in un isolante drappo quadrato di seta nera, dopo la sottoposero all’esame di sicuri e provati veggenti i quali videro ruotare la sfera di cristallo con fulgidi bagliori di rosso rubino, tale fenomeno nell’arco di dodici ore si attenuava e infine spariva del tutto. Lo stesso fenomeno non accadde esponendo la sfera di cristallo senza l’elevazione delle “Specie Eucaristiche”, questa è una dimostrazione, seppure su un piano molto “materialistico”, che l’Eucarestia non è un semplice memoriale dei cristiani. La “Presenza reale” era una cosa certa per i primi Dottori della Riforma, ma successivamente, a causa della loro maggioranza nei Sinodi, la direzione delle Chiese passò in mano a persone che non conoscevano, nel giusto modo, questi Arcani; per questo si perse a poco a poco la conoscenza di quel formidabile segreto che Dio volle confidare all’uomo. I Pastori delle Chiese Cristiane senza la “successione Apostolica”, come la Chiesa Protestante, non diedero ovviamente importanza a tutto questo, anche perché loro non possiedono la trasmissione dei “Poteri Sacramentali”, sono solo le Chiese: Orientale ed Occidentale, che detenendo questa “successione” unita al misterioso “Potere della Trasmutazione” possono ancora far perdurare, seppure non più nella loro totalità, questi grandi “Arcani”, che tutte le “Civiltà Tradizionali” hanno espresso nelle loro “Cosmogonie”.

Credo di non errare se accosto questo potere di “Trasmutazione” alla vera “Pietra Filosofale” della più pura “Alchimia Spirituale”. Nel Rito Eucaristico, l’Acqua, simbolo del Mercurio dei “Saggi” e della Chiesa, si unisce nel Calice, simbolo ed immagine del “Crogiolo”, al Vino che simboleggia il “Solfo dei Saggi” e del Cristo. A questa “Unione Mistica” del “Sole Filosofico”: il Vino e della “Luna Filosofica”: l’Acqua, a queste particolari “nozze” dello “Sposo Rosso” con la “Sposa Bianca”, secondo il noto Trattato del Ripley, si aggiunge la “Terra Filosofica”, il grano. È la fusione di questi tre aspetti, che costituisce la “Crisopea Spirituale”, per mezzo della quale l’uomo s’identifica con Dio, come nel matraccio, il vile piombo si trasmuta nel nobile oro. Nel concludere quest’excursus sull’Eucaristia, vi leggerò alcuni passi dell’Apocrifo Gnostico del I secolo, dal titolo: “Apocalisse d’Adamo”. Possiamo notare come l’anonimo autore di questo testo faccia compiere a Melchisedek ed a Sem il Rito del sacrificio del “Pane e del Vino”, proprio sulla tomba d’Adamo, come a voler prefigurare l’Antimension della tradizione orientale o quella delle Reliquie di quell’occidentale.

    “Allora, Adamo, essendo prossimo alla morte corporale, fece venire a sé Set suo figlio, Enos figlio di Set, Cainan figlio di Enos e Malaleel figlio di Cainan e lasciò loro il suo testamento dicendo: – Ecco il voto che tutti i vostri figli ed i figli dei vostri figli dovranno osservare. Quando io sarò morto, voi imbalsamerete il mio corpo con mirra, incenso e cannella e lo deporrete in una caverna nascosta; quello dei miei figli che sarà in vita, quando dovrà lasciare i dintorni del Paradiso, prenderà la mia spoglia e la deporrà nel punto centrale della Terra, perché da quel luogo più tardi uscirà la mia salvezza e quella di tutti i miei discendenti -, i figli di Adamo fecero come egli aveva prescritto loro. Un giorno l’Angelo dell’Eterno scese presso Sem e Melchisedek ed apparve a loro dopo averne fortificato il cuore, disse allora a Melchisedek: prendi il pane ed il vino che ha Sem, Melchisedek prese quelle cose, come l’Angelo gli aveva detto. Essi restarono presso la tomba d’Adamo fino la sera, allora venne un gran chiarore sopra il corpo del nostro Padre comune, ed essi cantavano colmi di gioia. Quando il sole apparve, la voce del Signore giunse a Melchisedek ed egli udì ciò che essa gli diceva. Alzati e prendi dodici pietre, innalzami un altare e mettici sopra il pane ed il vino che Sem ti ha dato, poi vi comunicherete insieme tu e lui. Melchiesedek si affrettò a fare tutto ciò, e supplicò Dio di gradire le offerte. Lo spirito di Dio scese sulle Ostie del sacrificio e la montagna risplendette allora di una luce santa, allora gli Angeli dissero tra loro: sia lode a Colui che ha creato quelle creature chiamate Uomini e che ha loro rivelato dei Misteri così profondi. Allora il verbo di Dio disse a Melchisedek, apparendogli: ecco, io ti ho fatto prete, Sem e tu vi siete comunicati con il primo sacrificio che tu hai offerto, e come tu hai impiegato dodici pietre per erigere quest’altare, così, quando il tempo sarà venuto, io prenderò dodici Apostoli per le colonne solide del Mondo. Come tu hai offerto il Pane ed il Vino, io offrirò la mia carne ed il mio sangue e farò un Luogo Santo di questo luogo, dove tu hai offerto il primo sacrificio, proprio là dove è sepolto il corpo di Adamo vostro Padre. Accorderò grandi grazie a coloro che vi verranno ….” 

Si può osservare da questo racconto il trasparire di un esoterismo d’impostazione gnostica, infatti, secondo la leggenda, Adamo fu sepolto dove più tardi sarà messo a morte il Cristo, quella collinetta vicino alle mura di Gerusalemme chiamata “Golgota”, che in ebraico vuol dire “Cranio”, perché il suo profilo gli è molto rassomigliante. Spero che queste mie riflessioni, volte ad approfondire il significato dell’Eucaristia, contribuiscano a tener viva in ciascuno di noi quella luce interiore che rischiara il profondo del nostro cuore.

;

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *