dal libro: “Civiltà degli Etruschi”
di Mauro Cristofani
………………Per quanto siano ancora scarsamente utilizzate, per l’età storica, le tecniche di rilevamento paleobotanico, molteplici indicazioni sulla produzione agricola ci provengono dalle evidenze archeologiche o dalle fonti letterarie latine, che si riferiscono però a tempi recenti. Non c’è dubbio che la produzione cerealicola costituì l’aspetto fondamentale delle coltivazioni, e che ad un più razionale sistema di sfruttamento dei suoli contribuirono opere di ingegneria idraulica, rilevate soprattutto nel meridione, consistenti in cunicoli sotterranei per la cattura e la conservazione delle acque piovane, scavati nel terreno tufaceo, esito di uno sforzo collettivo, direttamente organizzato dall’autorità politica.
Si affiancarono a queste, già nel trentennio finale del VII° secolo, produzioni di tipo speculativo, come quelle della vite e dell’olivo, forse importata dalla Grecia. I contenitori di questi liquidi, anfore da trasporto (6.9) e unguentari (6.10) rinvenuti anche al di fuori dell’Etruria (8.7) attestano l’esistenza di una sovrapproduzione destinata probabilmente anche al commercio estero. Contemporaneamente si assiste a uno sviluppo dei mezzi di produzione. Le rappresentazioni dell’aratro (6.3-5) o quelle di attrezzi con zappe, falci e bidenti (6.7) mostrano la notevole articolazione della strumentazione agricola, adatta sia alla coltura dei cereali che a quella dei vigneti.
Il consumo dell’olio e del vino, prodotti nella Grecia propria e nella Grecia dell’Est, appare limitato inizialmente, nel VII° secolo a.C., al ceto “principesco”: nella prima metà del secolo la documentazione è concentrata a Cerveteri, che ha restituito un’anfora euboica, due attiche SOS, una chiota ed una corinzia A e che detiene, per tutto l’arco cronologico di oltre duecento anni sopra indicato, l’indiscusso primato di presenze. Nella seconda metà del VII°, che registra una netta preminenza rispettivamente delle SOS e delle chiote, sopraggiungono tipi di altre fabbriche (Samos, Grecia orientale), riscontrabili pure in contesti tombali di rilievo, oltre che a Caere, a Veio e Vulci.
Anche nel VI° secolo a.C., quando pure l’Etruria ha una sua produzione di anfore e del relativo contenuto, avviata dall’ultimo quarto del secolo precedente e massicciamente attestata a Vulci (con non poche occorrenze in tombe di medio e modesto livello), le necropoli sia ceretane che vulcenti continuano a restituire contenitori di fabbricazione greca, che ora aggiungono, con maggiore addensamento nella prima metà del secolo stesso, anfore “à la brosse”, “clazomenie”, laconiche, corinzie E; queste ultime, come le “ionico-marsigliesi” e le massaliote, compaiono inoltre, benché in novero assai ridotto, a Tarquinia. D’altro canto, i primi risultati degli scavi condotti dal Centro di studio per l’archeologia etrusco-italica nell’area urbana di Caere ( 1983-84) sembrano confermare che l’importazione di vino greco perdura nel corso del VI° secolo, anche a discapito di quello etrusco, che ha il suo epicentro produttivo a Vulci, e orientano quindi ad assegnare ai più meridionali approdi di Caere la funzione di centri di smistamento in Etruria dell’olio e del vino greci………………..
…………………Le anfore qui raggruppate rappresentano alcuni dei principali tipi usati in epoca arcaica per il trasporto del vino, che dalla fine del VII° secolo a.C., quando ne comincia la produzione su larga scala, è il perno di un sistema organizzato di scambi, volti all’acquisizione di materie prime. Insieme a ceramica dipinta di imitazione corinzia, a vasellame di bronzo, ma soprattutto a brocche e vasi potori in bucchero (qui esemplificati da un kantharos), probabilmente destinati alle aristocrazie locali, questi contenitori, il cui centro primario di fabbricazione è stato riconosciuto a Vulci, si diffondono numerosi nell’area tirrenica, in Sicilia e in particolare nella Francia meridionale.
L’eccezionale quantità di anfore vinarie e bucchero restituita tanto dai numerosi relitti lungo le rotte costiere che dagli insediamenti della Linguadoca e della Provenza fino alla Catalogna – punti di approdo con probabili funzioni di redistribuzione verso l’interno e in certi casi addirittura stabili basi – attesta fra le popolazioni celto-liguri una forte presenza di commercianti etruschi fra la fine del VII° secolo a.C. e la seconda metà del VI°………………….