IL FUTURO DEL «FRATELLO» DRAGHI…

Il futuro del «fratello» Draghi visto dall’occhio del Grande oriente democratico d’Italia

Febbraio 2021

Marco Milioni

POLITICA

Roma, 5 febbraio 2021 – «Quasi sempre le reti di potere più in grado di fare storia, di determinare eventi, di trasformare la realtà non si muovono a forza di clic, visualizzazioni, like e strombazzamenti mediatici vari, ma con altri strumenti, alquanto più paludati, incisivi e strutturali. Il che non significa rinunciare a comunicare, cosa che magari si può fare in modo più defilato, rivolgendosi non ai molti che poco contano, ma ai pochi che contano molto». È questo uno dei passaggi chiave di una nota pubblicata ieri 4 febbraio sul portale del Grande oriente d’Italia democratico, «il movimento metapolitico» che ha nell’imprenditore e scrittore Gioele Magaldi il volto più noto.

Magaldi, «massone progressista e democratico dichiarato» autore del best seller «Massoni», ha coltivato negli ultimi anni l’ambizioso progetto di rileggere «per il grande pubblico» la geografia del potere dentro e fuori le logge passando al setaccio la vita di una serie di personaggi alto di gamma i quali, principalmente tra Europa e Stati uniti, «hanno fatto la storia». E non a caso il portale del Grande oriente democratico, noto agli addetti ai lavori con la sigla, non proprio improntata alla modestia di «God», ieri si è occupato da una prospettiva molto particolare, dell’argomento che sta riempendo le colonne dei quotidiani: la crisi di governo e il possibile arrivo a palazzo Chigi, con una traiettoria che potrebbe anche carambolare dalle parti del Quirinale, dell’ex numero uno della Bce Mario Draghi. L’uomo che secondo molti quotidiani «mainstream» potrebbe riportare la barra a dritta nella gestione delle sorti del Belpaese il quale sta affrontando una crisi economica notevole affiancata dai cascami pesantissimi dell’emergenza da Covid-19.

L’intervento pubblicato sul portale del God si presta a una lettura su più livelli e da varie angolazioni. Tuttavia tra gli elementi che più colpiscono ci sono le punture di spillo nei confronti di Dagospia, il web magazine dedicato ai retroscena del potere, creato anni fa da Roberto D’Agostino e visto da molti vicino a Luigi Bisignani, un ex giornalista e imprenditore considerato a Roma ma non solo a Roma il crocevia di alcune importanti trame di potere.

«Bastava leggere God, Libre idee, Affari italiani» nonché gli interventi o gli scritti di «Magaldi» per sapere «come sarebbe andata a finire». La stilettata distillata sul portale del Grande oriente democratico d’Italia per vero non è solo indirizzata a Dagospia, ma anche al magazine di contro-informazione «L’intellettuale dissidente»: il quale avrebbe lodato quelle previsioni di Dagospia che secondo il God, invece, Magaldi e altri avrebbero azzeccato ben prima.

Di seguito c’è un’altra puntura di spillo ad opera dello stesso God: «Come che sia, quanto alla primogenitura informativa su quella che sarebbe stata la traiettoria del fratello» nel senso della sua appartenenza alla massoneria, «Mario Draghi, rinviamo… chiunque abbia occhi per vedere e intelletto per intendere, ai seguenti, inoppugnabili documenti, alquanto pionieristici su tutta la vicenda». Appresso vengono elencati una serie di riferimenti ad analisi e approfondimenti per lo più pubblicati sul web.

Uno di questi ha un titolo che dice tutto: «Magaldi: Draghi vuol fare una rivoluzione… Guai, se mente». E l’incipit di quel testo del 20 dicembre 2019 è altrettanto evocativo: «Confermo: i contatti sono in corso. A noi, massoni progressisti, il fratello… Draghi continua a dire: datemi fiducia, e io emenderò tutto ciò che ho fatto nel passato e sarò l’artefice di un cambiamento epocale, per l’Italia e per l’Europa. Draghi ha detto e ridetto, giurato e spergiurato che questa è la sua intenzione… Draghi si è espresso in questi termini anche pubblicamente. È stato uno dei falchi della gestione neoliberista della moneta europea, ma ultimamente ha riconosciuto la difficoltà della Bce nel contribuire a rilanciare l’economia reale, visto che ha immesso capitali quasi solo nella economia finanziaria. Per questo ha parlato della necessità di legare la Bce a un potere politico, eventualmente il Parlamento europeo. Ha parlato di eurobond, e persino dell’opportunità di cominciare a considerare modelli economico-monetari radicalmente differenti… A noi, esponenti dei circuiti massonici progressisti, Draghi ha dichiarato espressamente di voler essere lui, come pentito, uno degli artefici – ribadisce Magaldi – di un cambiamento totale del modello di governance in Europa e in Italia».

Di fronte ad uno scenario del genere ci sono tre domande che nascono spontanee. La prima, davvero Draghi ha in mente un cambio di paradigma così epocale che metta in qualche modo in secondo piano le aspettative dei più potenti circuiti internazionali? La seconda, se davvero Draghi crede nel suo pentimento di ex neo-liberista, sarà in grado di compiere la sua missione? Tre, Può verificarsi l’eventualità che Draghi fallisca, ridando terreno al solito valzer della politica supina agli interessi dei pochi, come sostengono alcuni suoi detrattori, e che nel fallimento lo stesso banchiere faccia intendere, cari miei, ci ho provato ma non ce l’ho fatta, arrangiamoci con quello che c’è?

Orbene giacché in questa fase della politica travagliata uno degli argomenti più discussi è quello relativo al reperimento dei fondi, Recovery plan, Mes o quant’altro poco importa, per fronteggiare la crisi e contemporaneamente alimentare la ripartenza (su cosa si intenda con questi termini molto sarebbe da dire), ci sono alcuni piccoli grandi segnali che l’eventuale neo-premier potrebbe dare urbi et orbi? Guardando ai problemi del Paese la risposta è sì, alcuni segnali potrebbero davvero essere indirizzati all’opinione pubblica e agli stakeholder.

Sono quattro questioni apparentemente tecniche ma di ampia portata.

Uno, gettare definitivamente nella spazzatura la legge obiettivo evitando di farla resuscitare per le opere già incluse in elenco ma mai iniziate.

Due, cancellare dal codice degli appalti quella parte della norma che permette il ricorso nella realizzazione delle grandi opere al cosiddetto project financing, una bella sciagura per l’erario italiano come ricordato dal compianto Ivan Cicconi nei suoi numerosi libri e nei suoi interventi pubblici.

Tre, obbligo vero e non trascendibile, nell’ambito della progettazione e della realizzazione delle infrastrutture, del rispetto di una analisi costi benefici autentica e indipendente.

Quattro, l’abbrivio per una indagine indipendente, magari anche in ambito parlamentare, sulla vicenda che ha visto protagonista anni fa in qualche modo Goldman Sachs, governo italiano ed Eni nell’ambito del cosiddetto spin-off del patrimonio immobiliare della società del cane a sei zampe.

La resipiscenza non prevede solo il pentimento, ma chiede gesti trasparenti, concreti e richiede l’abbraccio di una condotta adeguata sin dai primi passi. Fare pace con sé stessi e con gli altri significa dare contezza pubblica degli errori, volontari o meno che siano stati, del passato: per imparare da questi ultimi e perché questi siano un monito affinché nessuno abbia l’incoscienza o l’astuzia di ricaderci ancora.

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