LA BIBLIOTECA DI ALESSANDRIA

Una delle maggiori attrazioni dell’antica Alessandria   fu senz’altro il tempio delle Muse, il museo, una delle meraviglie architettoniche che presentava la città fondata da Alessandro Magno sul delta del Nilo. L’edificio si trovava nel quartiere reale di Bruchion, davanti al mare e nell’area del palazzo dei Tolomei, la dinastia discendente da Tolomeo I, ‘un generale del grande conquistatore macedone. Secondo la descrizione di Strabone, il museo era un complesso monumentale costituito da un portico con alcuni giardini, un’esedra — uno spazio semicircolare scoperto, provvisto di banchi su cui sedersi — e un’ampia sala. Lo scopo del museo era di soddisfare i bisogni intellettuali del sovrano greco, ormai signore della terra dei faraoni, e della sua corte di filosofi, grammatici, poeti e uomini di scienza e, sebbene Strabone non ne faccia cenno, al suo interno vi doveva essere anche una biblioteca.

Con il tempo quest’ultima divenne famosa per il gran numero di rotoli di papiro custoditi nei suoi scaffali: quasi 7oomila esemplari (secondo alcune stime) tra testi letterari, accademici e religiosi. In virtù di questi archivi la biblioteca fu per secoli un famoso centro di ricerca e, grazie al lavoro svolto dai suoi studiosi in numerosi ambiti del sapere, riuscì a preservare e ad arricchire un’eredità letteraria che risaliva addirittura a Omero.

Dall’Egitto ad Atene

La biblioteca non nacque dal nulla, ma ebbe importanti antecedenti. Nell’Egitto faraonico il papiro era già usato come supporto della scrittura, e su quello di migliore qualità (detto “ieratico” o “regio”) venivano copiati i testi sacri che erano poi conservati in templi e palazzi sotto forma di piccole collezioni Anche in Grecia i primi libri che videro del liceo, che comprende la luce consistevano in uno più rotoli  di papiro egizio su cui era trascritta un’opera in versi o prosa che gli autori leggevano in pubblico. Nei primi tempi i volumi erano oggetti di lusso che impreziosivano le raffinate residenze dei ricchi. Potevano pure divenire donazioni, come volle il filosofo Eraclito, che lasciò in offerta presso il tempio di Artemide a Efeso il manoscritto delle sue opere complete.
Ben presto s’iniziarono a creare delle edizioni di ogni tipo di opera, non solo di letteratura, ma anche di storia, filosofia o teoria dell’arte. I primi copisti e librai
formarono un abbozzo d’industria editoriale, che fiorì ad Atene tra il Ve IV secolo a.C. Quando accusavano Socrate di corrompere le giovani menti con le sue idee, questi rispondeva che anche le opere del filosofo Anassagora, attivo circa trent’anni prima, si potevano trovare «nell’orchestra con la modica cifra di una dracma», ma che nessuno apriva bocca per protestare. Inoltre  metodo socratico per giungere alla conoscenza era il dialogo, e non la lettura: lo stesso Socrate aveva già preso in giro alcuni di quei giovani che si reputavano saggi solo perché accumulavano testi di poeti e di filosofi.
La prima biblioteca di Atene fu quella del liceo di Aristotele, soprannominato “il lettore” per l’avidità con cui collezionava e divorava libri, Il liceo era in realtà il nome di un ginnasio sportivo vicino al tempio di Apollo licio, dove Aristotele cominciò a insegnare ai suoi primi discepoli mentre passeggiavano per portici e giardini. In seguito all’aumento di alunni Aristotele decise di comprare lì delle proprietà che avrebbe poi lasciato a chi voleva vivere nella scuola o recarvisi per dibattere, come in una sorta di santuario del sapere.
La biblioteca che Aristotele consultò per scriverei più di duecento trattati a lui attribuiti (di fisica, logica, etica, politica, estetica eccetera) era però di carattere personale. La lasciò al discepolo e successore nel liceo, Teofrasto, che vi aggiunse molte altre opere per poi,  a sua volta, trasferirla a un certo Neleo di Scepsi. Quando quest’ultimo morì nella propria città natale dell’Asia minore, piuttosto lontano da Atene, i discepoli nascosero i rotoli di papiro sottoterra in una sorta di grotta, dove furono danneggiati dall’umidità e dalle tarme. Vennero alla luce più di cento anni dopo allorché, malgrado il pessimo stato in cui versavano, li comprò un mecenate greco.
L’idea diun rifugiato

Da un accenno di Strabone si è creduto che Aristotele avesse insegnato ai Tolomei come allestire una biblioteca, eppure la menzione non può essere interpretata alla lettera, perché il fondatore del liceo non andò mai in Egitto. Invece è certo che vi si recò un celebre alunno della scuola, Demetrio Falereo. Malgrado le umili origini — era figlio di uno schiavo —, Demetrio ricevette un’ottima formazione nel liceo di Teofrasto, dove ebbe accesso alla biblioteca del maestro e poté approfondire argomenti di suo interesse come la politica. Demetrio ebbe un ruolo attivo nel governo di Atene e per un decennio guidò la città con la fermezza di un tiranno. Dopo l’espulsione dalla Grecia fuggi in Egitto, e qui diventò consigliere di Tolomeo I. Probabilmente fu proprio a lui che balenò l’idea del museo. O, se non fu questo il suo merito, risulta comunque che chiamò in Egitto un saggio greco, il condiscepolo Stratone, affinché si occupasse dell’educazione del futuro Tolomeo II.

Quel che è certo è che Demetrio portò ne Paese del Nilo il modello del pensiero aristotelico, che univa la lettura critica dei filosofi precedenti alla discussione e

al confronto trai membri della scuola. Non a caso la nuova istituzione prese il nome di museo proprio dalle muse, le dee che infondevano l’ispirazione a poeti e scienziati: il carattere e gli scopi del museo erano quindi piuttosto evidenti. Prima Tolomeo I, e poi il figlio Tolomeo II, invitarono inoltre i saggi dell’intera Grecia — filosofi, scrittori, storici, matematici, astronomi… — a recarsi ad Alessandria per stabilirsi nel museo. Qui avrebbero goduto di ottime condizioni per lavorare ricevendo un salario esente da tasse, e in quanto ospiti del sovrano avrebbero avuto a disposizione vitto e alloggio gratuiti, nonché l’accesso a tutti gli edifici presenti nel quartiere reale, tra cui la biblioteca. La biblioteca di Alessandria sorse perciò dalla necessità di creare un corpus di testi a cui gli eruditi del museo potessero lavorare.

Non doveva essere un edificio indipendente con una sala di lettura, ma era forse composto da una serie di ambienti collegati tra di loro e provvisti di scaffali per immagazzinarvi i rotoli di papiro, di cui si sarebbe data lettura a voce alta nei porticati adiacenti.

Studiare, insegnare, discutere

L’archivio accumulato nella biblioteca doveva essere sorprendente. I Tolomei intrapresero una politica aggressiva per impossessarsi delle opere che vi erano custodite e si diceva che, a tale scopo, facessero requisire le imbarcazioni approdate nel porto di Alessandria. Visto che la produzione del papiro era monopolio regio, a partire da un solo testo si potevano realizzare tante copie di buona qualità. Difatti la biblioteca non conteneva unicamente opere della letteratura greca, ma anche volumi tradotti da altre lingue, come la versione greca della

Bibbia ebraica, nota come Septuaginta, redatta da saggi che Demetrio Falere o aveva fatto giungere da Israele (sebbene la comunità ebraica di Alessandria fosse di per se molto importante). Un sacerdote locale di nome Manetone compose per la corte dei Tolomei pure un’Aigyptiaka, o storia dell’Egitto, organizzata per dinastie e che rappresenta ancora oggi la base delle conoscenze relative all’Egitto faraonico.

Tuttavia la biblioteca non fu solo un gigantesco deposito di libri: scienziati e scrittori vi condividevano cibo e conoscenze in duraturi dialoghi coni saggi di varie scuole, e insegnavano — se lo volevano — seduti tra i banchi dell’esedra o mentre passeggiavano per i giardini e i colonnati del museo.

Non è perciò strano che proprio ad Alessandria — erede del liceo aristotelico — concentrarono il proprio operato più pensatori, per certi versi comparabili ad Aristotele. Uno di loro è Eratostene di Cirene, che fu direttore della biblioteca sotto Tolomeo Ile i cui interessi si spingevano dalla mitografia e la critica letteraria fino alla geografia e alla matematica. A lui si deve pure la messa a punto di un metodo trigonometrico per calcolare la circonferenza della terra e fu l’autore di un poema intitolato Hermes.  I Tolomie fondarono il museo di Alessandria in un frangente piuttosto delicato per la cultura occidentale. Aristotele e i suoi primi discepoli si erano impegnati nello studiare e preservare sia l’eredità scientifica della Grecia sia quella letteraria, da Omero in poi, ma tutto quello sforzo correva il rischio di andare perso alla morte del maestro. L’entusiasmo visionario di una generazione di regnanti e di pensatori greci nell’Egitto del IV e del III secolo a.C. fece sì che il legame si mantenesse vivo, ma pure che venisse arricchito. Nella biblioteca di Alessandria si rieditarono antichi testi in eleganti edizioni, mentre i membri del museo ne scrivevano di nuovi. Grazie a quegli studiosi è possibile apprezzare ancora oggi i classici greci e percepire la forza del loro messaggio millenario,
come fossero appena stati scritti.

TRATTO DALLA RIVISTA “STORICA” N. 161

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