CONSIDERAZIONI SULL’ATEISMO
di Alfonso La Monica
Innanzitutto, cosa s’intende per ateo.
La derivazione etimologica, dal greco, non lascerebbe adito a grossi
dubbi: senza Dio.
Proprio in antico però riscontriamo che atei erano coloro che non adoravano
gli idoli della «polis» e di qui, di volta in volta, Anassagora,
i Giudei, i Cristiani,
Oggi l’ateo s’identifica comunemente ed in maniera semplicistica nell’individuo
che nega l’esistenza di Dio. Ma quale negazione?, quella
della o delle Divinità che formano i! substrato di base di tutte le religioni
professate sulla Terra o piuttosto il rifiuto di qualunque realtà
trascendente l’uomo?
È sufficiente, per definirsi ateo, dichiarare «non credo nel Dio dei
Cristiani, né in quello di Maometto, né in alcuna delle divinità Induiste,
ecc.»? oppure «questa vita, questa società, la realtà di tutti
i giorni propone talmente tante cose inique che, esistendo una Divinità,
questa non potrebbe permetterlo».
L’individuo che conclude il suo percorso intellettuale sull’argomento
a questo punto è da ritenersi quantomeno un superficiale. Deve per
forza proseguire.
Non crede perché non conosce, non vede, non tocca; non crede per
ribelle esclusione a fronte delle terrene ingiustizie o piuttosto per razionale
processo filosofico?
Nel primo caso qual è la differenza tra ateismo e agnosticismo? Nessuna.
Il presunto ateo prendendo le mosse dalla «non conoscenza» assume
una posizione di rifiuto «soggettivo» del trascendente.
Nel secondo il rifiuto è diretto alla Divinità sublimata, onnipotente
e onnisciente, non rifiuto della Divinità trascendente.
Nel caso di negazione dell’Entità Superiore per pieno convincimento
della totale materializzazione della vita umana, costretta è ristretta
unicamente in un certo numero di chili, di centimetri e di anni,
ecco che allora finalmente, a mio E se quest’analisi parere, ci troviamo di fronte l’ateo. è condividibile nel metodo e nel risultato, dobbiamo ammettere che l’ateismo è un fenomeno circoscritto ad un limita- to numero di individui capaci di affrontare la quotidianità soli con se stessi, fidando unicamente sulla forza del Proprio carattere, senza la spinta di un obiettivo che travalichi la limitazione temporale della fine biologica.
Tutto ciò contrasta con la maggior parte dei principi basilari cui si spira la Massoneria. Il Grande Architetto dell’Universo, la sacralità che traspare da ogni nostro atto massonico, il simbolismo presente nei nostri Tempi e nei Riti, la spiritualità con cui ci apprestiamo ad affrontare il lungo cammino verso la Verità non avrebbero, condividendo le caratteristiche peculiari dell’ateismo, più alcun senso, alcuna legittimazione.
Ed inoltre, è ben vero che Un ateo può essere uomo di buoni costumi. Può essere altresì definito uomo libero? La libertà è concetto astratto di illimitata spazialità e di estrema spiritualità, incostringibile nei ben delineati limiti del materialismo puro. E così è assiomatico che né l’ateo può condividere e convivere con i princìpi ispiratori della Massoneria, né la Massoneria può accoglie- re tra le colonne uomini privi di quasi tutte quelle caratteristiche atte ad intraprendere il difficile lavoro sulla pietra grezza. Concludendo una considerazione finale presentata ai Fratelli per la riflessione e l’eventuale discussione. Esula dal Procedimento d’anali. si sin qui adottato per affrontare l’argomento, ma allo stesso attinente e comunque realtà contingente. Chi semina morte spacciando droga o vendendo armi o innescando bombe, chi sacrifica tutti i migliori valori della morale umana sull’ara del dio denaro, può quest’individuo credere nel trascendente? Può essere considerato «non ateo» solo perché si reca al Tempio? Ecco che nello scrivente s’insinua il dubbio sull’effettiva ristrettezza del fenomeno «ateismo» e sulle difficoltà dell’’homo sapiens a condividere tale scelta di vita.