LA REALTÀ DI FATTO E LA REALTÀ DI PENSIERO

LA REALTÀ DI FATTO E LA REALTÀ DI PENSIERO

Ciò detto, il problema dell’esistenza e quello dell’essere dell’uomo in

particolare, van posti nel più vasto problema della « realtà di fatto », frutto della

« volontà di Dio ». Ciò che è, è: nessuna forza umana può modificare tale realtà.

Noi siamo ciò che siamo, la realtà è ciò che è, per volontà superiore alla nostra e

nessuno può smentire, né mutare, la realtà delle cose che esistono. Iddio ci ha dato

la realtà e i mezzi per avvertirla. Siccome tale constatazione risulta quindi dai

mezzi e dai poteri stessi dell’uomo, essa è « valida per tutti ».

Nella realtà di pensiero si possono immaginare e sognare (e accettarli come

novelli Don Chisciotte) anche mondi antelucani e tutte le fisime metafisiche che si

vogliono; ciò non è permesso al buon senso, figlio della economia psichica

comune. Quanto appare vero ad un pazzo, è certamente una realtà per lui, ma non è

« la realtà », frutto dell’assenso universale. Noi difatti diciamo rosso il colore di

un oggetto, che da secoli è unanimemente definito tale, e se sognassimo di

chiamare verde il rosso, il mondo ci accuserebbe di daltonismo e a giusta ragione.

Perciò la misura della verità è – per quanto riguarda le cose e i rapporti umani – il

consenso generale. Tutto è posto su di queste basi e anche i tribunali condannano

(o assolvono) in relazione a quanto asseriscono i testimoni.

Ne discende che la realtà della cosa in sé, la realtà in se stessa e per se stessa,

non è affatto un noumeno, bensì un fenomeno, che vuole la constatazione non di

uno o di tre uomini, ma « dell’uomo » e cioè di « tutti gli uomini ». A pensiero

comune, corrisponde realtà di ratio comune, certa, anche perché non potrebbe

essere contraddetta da altra realtà o non accertabile (in quanto esistente solo nel

pensiero), o diversa.

La realtà come concetto è il segno astratto di una evidenza comune a molti

oggetti, alla guisa stessa della bellezza, della vecchiaia, della forza e non vale

quindi la pena di spendere una vita a sondare l’inesistente. Il pensiero che crea la

realtà, è puro giuoco di parole: il pensiero « stampa, fotografa » la realtà e di fatti

nessuno può pensare cose o alcunché che sia fuori e comunque che non siano

ancora entrati nella sua esperienza, nella sua sensazione. Si può almanaccare con

costruzioni immaginarie, mostruose o mirifiche, artista o scienziato che si sia, ma

il materiale di tale costruzione è preso, inevitabilmente, dalla realtà vissuta.

La ragione è mezzo di ricerca (e siamo con il Dewey), non già realtà. Hegel

confonde l’azione con la sostanza di essa, appunto identificando la razionalità con

la realtà.

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