TRE “MISTERI” DEI MAESTRI SEGRETI

TRE “MISTERI” DEI MAESTRI SEGRETI

di Athos A. Altomonte

Anche se molti “esoteristi” si dilettano a raccogliere e conservare enigmi del passato, rari sono quelli che si spingono tanto avanti da scoprirne il loro pratico impiego.

Per questo, è compito del ricercatore compiere ogni sforzo per capire l’utilizzazione, pratica e reale, d’ogni ideogramma rituale. Inoltre, scoprirne l’utilità vorrebbe dire “rendere giustizia” ai loro ideatori e a quanti li hanno preservati e trasmessi, attraverso una lunghissima “Catena d’Unione”.

Senza l’ausilio della parola sarà difficile chiarire le complesse concomitanze di questo ideogramma, ma ciò non toglie che riusciremo a testimoniarne alcuni aspetti.

Il cerchio è la determinazione “perfetta” di uno spazio ideale che può essere concepito non solo come un’area specifica, ma come una dimensione astratta di spazio e di tempo. Insomma una dimensione atemporale ed immanente che contiene (regge) un’apparenza specifica, determinata e limitata a se stessa.

Nel caso in questione, il cerchio è una porzione di spazio atemporale che racchiude (regge) la maggiore delle tre Triadi che compongono l’essere umano (v. sul Sito la trattazione delle “Triadi” nella: Esonet Conferenza).

“Espressione materiale” di questa Triade maggiore (la Monade spirituale) è il Pentalfa (la Stella a 5 punte), simbolo di 5 regni naturali che ogni essere umano racchiude in sé, nella propria “Natura”.

Il Pentalfa rappresenta: il regno minerale (le ossa dello scheletro); il regno vegetale (liquidi e umori); il regno animale (la corporalità e l’energia chimica ed ormonale che produce i suoi istinti e passioni); il regno umano (la psiche); il regno spirituale (l’energia nucleare che “anima” la conformazione materiale).

Quando la punta superiore del Pentalfa (il 5° regno, la dimensione ch’è detta: spirituale) arriva a “dominare” i quattro regni inferiori (vedi la trattazione del “Quaternario” sempre nella Conferenza di Esonet), l’essere vivente, fisicamente s’illumina. A questo punto il Pentalfa (illuminato) è detto Fiammeggiante.

Alla lettera “Z” vengono attribuiti diversi significati, a seconda della diverse capacità dell’”osservatore”.

Più spesso prevale l’aspetto simbolico, che vi ravvede la possibile iniziale di una parola ebraica.

E non si capisce il perché di questa scelta, visto che nelle intenzioni iniziatiche l’ideogramma è nato come “strumento di trasmissione” di una conoscenza che non fosse sottoposta alle interferenze dei linguaggi popolari. La scelta di ravvedere in quest’ideogramma un termine ebraico appare quindi come una scelta popolare non consona alle peculiarità iniziatiche. A rafforzare il concetto vediamo come la stessa mistica ebraica si guarda bene dall’uso letterale del proprio linguaggio, che riduce sotto forma di “combinazioni numeriche” (v. Kabbalah). 

Un’esegesi poco comune ravvede in questo ideogramma la raffigurazione del sistema sephirotico (Albero sephirotico), la cui Terza Colonna (spirituale) si estende invisibilmente lungo tutto il pavimento del Tempio massonico: partendo da “Kether”, il Maestro Venerabile, sino a raggiungere “Malkuth”, il Copritore Esterno. La “Z”, allora, sarebbe la raffigurazione del doppio triangolo che caratterizza la struttura portante del sistema sephirotico.

Questo è uno dei “segreti” di questo grado rituale.

Nella confluenza verticale di questo doppio triangolo si ravvedono le cosiddette “Clavicole di Re Salomone”. Il simbolo rappresenta la “confluenza” di una triade maggiore (quella di fuoco-spirito) in un’altra minore (aria, acqua, terra) che, come viene descritto con l’Albero della Vita (A. sephirotico), “discende”  dalla sephira denominata “Kether” sino a quella chiamata “Malkuth”.

L’utilizzazione pratica di questo ideogramma sta nella sua correlazione con la spina dorsale umana (vedi le tavole di Baker). Vale a dire, accostare la “discesa” energetica descritta nell’Albero sephirotico (il macrocosmo celeste, vedi l’Adamo Kadmon) alla sua “ascesa”, com’è mostrata nel Caduceo ermetico (il microcosmo umano, vedi l’Adamo terrestre).

La connessione tra Albero sephirotico e Caduceo ermetico “apre” un tema davvero inaspettato nel quale, come spesso avviene, sarà l’intuito del ricercatore a fornire la chiave d’accesso anche di questo “mistero”.

L’Albero sephirotico è l’elaborazione dei dieci stati di coscienza che l’iniziato deve riattraversare per raggiungere l’Iniziazione maggiore e così risalire alla scoperta della propria natura “divina”. E l’itinerario di questo “Viaggio” interiore diviene visibile, congiungendo i significati di due ideogrammi: il Caduceo Ermetico e la Chiave spezzata.

Entrambi i simboli, nella loro accezione iniziatica, corrispondono alla spina dorsale dell’essere umano. È attraverso questa “via” che si svolge tutto il percorso dell’iniziato, dallo stato fisico-animale fino al raggiungimento di quella “Libertà” interiore simboleggiata dalle due ali del Caduceo ermetico.

Il Caduceo ermetico

La tradizione iniziatica mostra nel simbolo del Caduceo ermetico l’ascesa delle tre energie che “animano” l’essere. La via principale di trasmissione è il midollo spinale che dal coccige raggiunge la testa, mentre le altre due vie (il mascolino ed il femminino) salgono avvolgendosi attorno alla prima a mo’ di spirali.

Per il loro particolare moto a spirale i due percorsi vengono rappresentati come due serpenti ignei che, ascendendo verso il capo, si avvolgono attorno al bastone che corrisponde alla Via di Mezzo.

Il bastone (o una canna coi suoi nodi) rappresenta la spina dorsale, la via di mezzo che conduce all’apice, ch’è la mente (testa) dell’Iniziato. Una volta che nella mente siano ascese le tre energie all’iniziato si spalancano le Ali della Libertà (v. simbologia del Compasso massonico).

Le “Ali” (congiunzione di mascolino e femminino), in questo caso, al pari del Compasso massonico, sono la rappresentazione simbolica di quell’apertura di coscienza vista come libertà interiore e spirituale, che nasce dalla “comunione” della triplice essenza umana (fisico-pensiero-spirito) e che viene ritrovata alla conclusione di quel processo di sintesi interiore chiamato Iniziazione maggiore.

Nell’ideogramma i due serpenti rappresentano in modo ermetico due polarità energetiche (+ e – , mascolino-femminino, ossia i due poli dell’elettricità eterica) che si avvolgono, risalendo la corrente principale che scorre lungo il midollo spinale (v. tavole di Baker).

A somiglianza dell’Albero Sephirotico, anche qui alto e basso si uniscono passando per un centro (la sephirot Tiphereth o il suo analogo fisico il centro cardiaco) in cui si congiungono il lato destro, dominato dal lobo cerebrale dinamico (detto mascolino) e quello sinistro, dominato dal lobo cerebrale ricettivo (detto femminino). Tra i due c’è quella che le tradizioni esoteriche hanno chiamato la via di mezzo, ovvero un centro di coscienza, dominio dell’equilibrio interiore. E quest’equilibrio, in sintesi, riesce ad esprimere l’aspetto chiamato: il senso interiore di giustizia.

Ogni qual volta che le due polarità (mascolino e femminino) s’incrociano con l’energia che si trasmette attraverso il midollo spinale confluiscono a formare un unico nodo energetico chiamato: ganglio.

Questo dimostra con sufficiente chiarezza il concetto ermetico del: Tre in Uno che appare quando le due polarità fisiche (mascolino-femminino) si uniscono alla terza, neutra, così che la loro “triplice diversità” (2 + 1) si muta in un’unica sintesi energetica, nella quale è riconoscibile l’UNO.

La confluenza in una sintesi energetica forma un centro che, dalla scienza occidentale, è detto ganglio sensitivo.

L’antica saggezza d’oriente chiamò questo fenomeno “chakra” (in sanscrito: ruota), perché, una volta confluite in un unico punto, le 3 energie, rispondendo ad un impulso centripeto, “ruotano” in senso orario, fino a formare un nucleo dalla triplice essenza. Determinando un mirabile esempio di sintesi ed un processo davvero importante per l’individuo, perché, quest’amalgama energetica annulla e supera in maniera definitiva, un aspetto duale e conflittuale della natura fisico-animale.

Il “mistero” della “Chiave spezzata”

A questo punto non sarà difficile intuire come la ricostruzione della chiave di un libero pensiero in un libero spirito passi attraverso il ricongiungimento di tutte le espressioni energetiche che compongono la coscienza dell’individuo.

Come viene tramandato nei catechismi esoterici: “la chiave si è spezzata e la parola è andata perduta”. Ma, a questo punto, interpretare queste parole non sarà più un azzardo. Soprattutto se, nel rispetto della migliore tradizione ermetica, cominceremo iniziando dalla fine .^.

In mancanza di una mente “luminosa” le idee d’ordine superiore (archetipi) appaiono oscure ed insondabili, per cui, di norma, si procede ad ipotizzarne i significati col risultato di falsarne contenuti e conclusioni.

In questa oscurità la “Parola sembra perduta” (il pensiero archetipo). Invece c’è, anche se non è ancora possibile né vederla, né utilizzarla in maniera profana.

Svelarla attraverso il linguaggio comune è stato per millenni l’arduo compito delle grandi guide spirituali, mentre il compito di conservarne e di trasmetterne il senso ri-velato (velato due volte) nei simboli è stato il compito dei grandi iniziati, che sono i veri Guardiani della Soglia che custodisce il Tempio della saggezza planetaria.

Ma sappiamo con certezza che l’dea primigenia è la Parola sacra dell’iniziatore, ch’egli trasmette col suo “sacrum facere”, illuminando prima la coscienza e poi la mente dell’iniziando.La conclusione è ora a portata di mano, perché, come è stato insegnato, sappiamo che nessuna trasmissione è possibile: finché la chiave è ancora spezzata.

La chiave, dunque, è la spina dorsale e costituisce l’asse verticale di ogni individuo. E rimane “spezzata” finché, come s’evince dal Caduceo ermetico, non sia completata l’“Unione” tra tutti i gangli che forniscono la “spinta energetica” all’apertura di altrettante dimensioni di coscienza.

Conforta che anche su questo punto ci sia assonanza tra il sapere d’occidente e quello d’oriente.

Difatti, anche la tradizione iniziatica orientale riconosce questo “percorso interiore” ed ha redatto sette diverse filosofie yoga alla conoscenza dei sette maggiori chakras, il cui “risveglio” è la via evolutiva più breve per espandere la coscienza fisica.

L’asse individuale dell’essere umano corrisponde all’asse del mondo e molti “segni” degli Ordinamenti mistici e misteriosofici si accomunano, muovendosi  lungo l’asse verticale corrispondente alla spina dorsale. Un asse che, com’è noto, funziona come un’antenna di ricezione tra la “sfera energetica” individuale e lo spazio esterno che la circonda.

Molti segni ricordano la confluenza in un unico centro (è universale il segno della croce, che appare in ogni tempo e cultura) degli assi orizzontale e verticale (v. sephira Tiphereth e centro cardiaco).

Altri, invece, ricordano le interruzioni nella sua fluidità. Come, ad esempio, il taglio che fa all’altezza della gola il massone in grado d’Apprendista, o quello all’altezza della cintola ch’è il segno distintivo del 3° grado massonico. Sono tutti chiari segni d’interruzione “volontaria”, anche se solo simbolica, del flusso verticale.  Un flusso energetico che, a quello stadio, è ritenuto ancora spurio  e perciò indesiderabile.

Mentre il Segno di Compagno d’Arte è indubbiamente un gesto mistico, che ricorda solennemente l’unione (Ponte o Arco reale) tra “cuore e cielo” dell’iniziato (v. pontifex e l’Ars Pontificia della Massoneria Bianca).

Il “mistero” dei Sette Maestri Segreti

La leggenda dei Maestri Segreti racconta della morte del Maestro Hiram, ucciso dall’iniquità di tre cattivi Compagni che poi ne nascosero il corpo sotterrandolo nella sabbia. Ma dalla terra (elemento terra) “germogliò” un ramoscello d’acacia (simbolo d’incorruttibilità) che permise ai Sette Maestri inviati sulle sue tracce di ritrovarlo.

Questa è la parte di catechismo che dovremo analizzare al fine di trovare le correlazioni con quanto detto finora. Per raggiungere lo scopo, però, bisogna trarre il significato esoterico separandolo dall’impianto exoterico della favola.

Secondo il metodo induttivo, per capire quanto non appare subito evidente, il ricercatore formula delle domande a cui dovrà poi rispondere. Penetrando, così, nei significati sotterranei della rappresentazione exoterica.

In questo caso, anche se il simbolismo offre di più, credo che rispondere a 5 domande sia sufficiente per aprire uno spiraglio sul tipo d’esoterismo che vela la facciata exoterica di questo, al pari di ogn’altro grado della Massoneria iniziatica.

1) Cosa rappresenta il Maestro Hiram.

2) Cosa rappresentano i 3 cattivi Compagni.

3) Cosa cercano i 7 Maestri segreti.

4) Cosa rappresentano i 7 Maestri segreti.

5) Di chi sono gl’inviati di questi 7 Maestri.

Primo: il M. Hiram rappresenta lo “spirito iniziatico” dei Costruttori di Templi, che conoscevano i Segreti dell’Arte di rappresentare il Principio-Dio in forme materiali.

Gli antichi Hierophanti erano i pontefici che costruivano i collegamenti col Divino celeste, consapevoli che le condizioni di terra e cielo, cioè di materia e spiritualità, erano nell’intimo d’ogni appartenente all’umanità e questo li rendeva simili (Figli) all’Uno divino.

Ecco il “mistero dei misteri” che noi andiamo conservando.

Altrove è scritto che ampliando il concetto legato a questa figura, Hiram è il Messia dei Pontefici.

Anch’egli, come ogni altra “figura guida”, nasce senza padre perché, nel codice del simbolismo spirituale, la Madre è la materia (vedova perché priva di Luce spirituale) del suo corpo mentre suo Padre è lo Spirito divino di cui egli è Figlio. Dunque ogni Iniziato è figlio della terra in quanto corpo ma anche Figlio del Divino in quanto Luce spirituale.

La figura ieratica del Maestro rappresenta lo spirito guida di coloro che conservano il “real segreto” che, rivelato (velato due volte) nella volta del Tempio, si riflette sul suo pavimento (v. Camera di Mezzo e Tempio circolare).

Secondo: nell’impianto exoterico, dei tre cattivi Compagni che uccisero il proprio Maestro viene enfatizzato soprattutto l’aspetto catechistico e morale che ne condanna l’orgoglio e la scelleratezza.

Questo mito, che non è frutto dell’immaginario popolare, è stato ideato per trasmettere concetti iniziatici. Per questo sarebbe errato trarre conclusioni da una lettura puramente letterale senza dubitare che vi siano risvolti inavvertibili ad una visione profana, nel qual caso dovremo partire ricordando che il Tempio che il Maestro Hiram stava costruendo è la rappresentazione (v: la Grande Opera: l’iniziato attraverso sé stesso sacralizza la materia planetaria) di un progetto che vede impegnato ogni iniziato: l’opera di levigatura (perfezionare) di una pietra (se stesso) del Tempio interiore. Costruire il Tempio, allora, per l’iniziato assume il significato di Edificare in terra la Spiritualità, restaurando la condizione di Adamo Kadmon.

Non potendo contare su lunghi preamboli e chiarimenti non ci resta che entrare direttamente nel merito dell’esoterismo di queste 3 figure.

Il Tempio simboleggia il progresso umano nella sua accezione spirituale piuttosto che in quella “tecnologica”. La figura di Hiram Habiff rappresenta lo Spirito iniziatico che “tende” a Edificare in terra l’aspetto divino (v. Età dell’Oro). I tre cattivi Compagni, che giungono a lui da direzioni diverse, raffigurano le Tre Ere (argento, ferro e piombo) della sua “caduta terrena”.

Se ne comprende meglio il significato considerando, dal punto di vista esoterico, i punti dove il “Maestro” viene colpito fino a provocarne la morte. I punti colpiti equivalgono ai tre “centri” maggiori dell’essere:

·         il centro del capo (l’intelligenza spirituale)

·         quello della gola (la creatività intellettuale)

·         ed il centro cardiaco (la saggezza dell’amore altruistico).

L’ostruzione di questi tre centri porta alla cecità interiore. La “tenebra” che oscura l’anima e rende l’essere incosciente della propria discendenza divina.

La “coscienza spirituale”, come disegnato dal percorso sephirotico,  è “sepolta” nella terra della componente fisica del proprio corpo materiale (Malkuth) ed il solo segno d’incorruttibilità è dato dalla “saggezza” che, nascosta nell’abisso (sephira Da’ath) di ogni coscienza individuale, deve essere ritrovata e fatta risorgere.

Ecco che tutto il percorso iniziatico serve proprio a produrre questo evento: la resurrezione dello spirito (Hiram) nell’animo di tutti coloro che ne giungono a conoscenza (la vera maestranza iniziatica), oltrepassando in vita il concetto della morte fisica (iniziazione a Maestro), superandola nell’aforisma: l’immortalità mi è nota.

Terzo: è detto che sette Maestri Segreti si muovono alla ricerca di Hiram.

Quarto: questo numero non nasce per caso, perché, i catechismi esoterici raccontano come un numero determinato d’iniziati o magi precorrano sempre un avvento di rilevanza spirituale.

Una costante è che il loro numero è sempre dispari: 3, 5, 7 o 9. Questo perché quei numeri, in realtà, non sono persone fisiche, come si vorrebbe far credere, ma rappresentano delle precise “triangolazioni” che debbono avvenire nel “corpus” coscienziale dell’iniziato prima che questi possa diventare un protagonista dell’evento.

Nel caso dei sette Maestri segreti, trattandosi della ricerca d’una rinascita interiore, è ragionevole l’ermeneutica esoterica che riconosce nei 7 Maestri i sette centri di coscienza trattati nel Caduceo ermetico.

Ecco la natura della loro segretezza. Trattandosi, infatti, di sette dimensioni di coscienza, non sono in alcun modo percettibili all’esterno se non come esito di una progressiva espansione di coscienza (illuminazione) che nell’individuo “svela” la rinascita spirituale di Hiram, Maestro e guida interiore dell’iniziato.

D’altronde è difficile considerare una semplice coincidenza il ricorrere di questo numero in tanti altri temi legati alla dimensione spirituale. Eccone alcuni esempi: 7 sono le note dell’Armonica celeste, come 7 sono i suoi colori e 7 i suoi aspetti energetici; 7 sono i pianeti sacri della volta celeste e 7 i pianeti della Menorah, 7 i nodi del Caduceo ermetico, 7 i centri energetici di questo pianeta e 7 sono i centri della fisiologia occulta dell’essere umano.

Quinto: è noto come ogni “spazio rituale” è speculare ad uno “spazio divino”, e come proprio da questa specularità nasca la sua sacralità, ovvero, il “sacrum facere”.

Per questo presupposto il riflesso soggettivo (mondano) di uno “spazio divino” deve essere considerato l’opposto di quella che è una realtà spirituale. Tant’è che il termine “speculare” indica proprio il riflettersi al contrario di una realtà oggettiva e a sé stante.

Lo “spazio rituale” concepito come campo d’azione dei Maestri segreti è retto da una parte da Salomone, che identifica la “saggezza”, e dall’altra da Adonai-Hiram.

Come è noto, Adonai è uno dei nomi exoterici, e perciò “pronunciabili”, di Yahwè, il Dio del popolo ebraico. Per effetto speculare potremmo giungere alla conclusione che Adonai (il divino Costruttore), attraverso la spiritualità (il Maestro Hiram), illumina di “saggezza” (Salomone) la via ai sette Maestri segreti (i 7 centri) che “vanno” alla Sua ricerca.

Questa versione offre una visione animista del grado, tanto che l’argomento, più che dirsi concluso, potrebbe aprirsi ad una dimensione ben maggiore rispetto ai presupposti iniziali, prendendo con decisione, la direzione di quel macrocosmo che tutti noi intimamente riflettiamo, e che è il presupposto dell’Ars Pontificia.

Athos A. Altomont

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