TAVOLA POST 28.3

TAVOLA POST 28.3

nella discussione che si è svolta giovedì 28 marzo, sono chiaramente

emersi due distinti, se non opposti, punti di vista, che mi pare opportuno esaminare una volta di più. In contrasto con chi crede in un universo organizzato e diretto da una Forza trascendente, onnipresente ed onnisciente, forza che ci è dato anche di conoscere, è sempre esistita una corrente di opinione che non ritiene necessario invocare la presenza di qualcosa di trascendente per spiegare l’universo.

Incominciamo col provare che a ciascuno di noi non consta che esiste un universo esterno a noi. Tutto quello che ci è dato di conoscere sono i dati che ci trasmettono i nostri   sensi; e questi dati non hanno affatto la forma che noi attribuiamo loro. La luce che ci perviene, se la esaminiamo per mezzo di strumenti scientifici, è un complesso di vibrazioni,    caratterizzate solo dalle loro frequenze (numero di vibrazioni al secondo) e dalla loro intensità. È solo la nostra attività interiore che attribuisce a certe frequenze la qualità del rosso, ad altre quella del giallo, e così via, Lo stesso si dica per il suono e per tutte le altre sensazioni; dobbiamo concludere che la sensazione è un’elaborazione primaria dei dati che i sensi trasmettono. A questa se ne aggiungono altre secondarie, sia di valore (ossia di reazioni che suscitano in noi le varie sensazioni), sia di relazione, ad esempio di casualità, ecc.. Quindi l’universo, così come crediamo di vederlo, è solo un frutto della nostra psiche; e non è affatto detto che quello che appare a me sia lo stesso di quello che appare ad altri; infatti non possiamo sapere se la nostra sensazione del rosso sia la stessa di quella di un altro; sappiamo solo, convenzionalmente, che quella certa frequenza si chiama rosso; che, nei semafori, la frequenza rossi è diversa dalla frequenza verde, e che il rosso armonizza con il giallo; è

sempre solo una questione di relatività.

Vi è chi attribuisce tutta la struttura dell’universo, dalle galassie fino al corpo umano, al caso. Nel è facile definire cosa sia il casi, supponiamo che esso sia quella legge (ma pare che tra i due vocaboli ci sia una certa contraddizione) per la quale, se getto un dado, può indifferentemente apparire, nella faccia superiore, il sei come qualunque degli altri cinque numeri; e che, se getto il dado un numero abbastanza grande di volte, tutti i numeri appariranno un numero uguale di volte. Si vede subito che, tra la prima regola e la seconda, c’è una contraddizione. Infatti ogni volta che getto il dado è un fatto nuovo; e non c’è nessuna ragione perché non possa uscire il sei per un milione di volte di seguito. A noi ciò appare impossibile, ma, in questa opinione, è implicita la credenza di qualche legge superiore che domina il caso. Il caso non è più libero.

Tutto, al mondo, è fatto di vibrazione. 1 componenti più fini della materia ci si rivelano come pacchetti di onde, e come tali si comportano, ed il fisico li può lasciare interferire, usarli come raggi luminosi, ecc.. Quello che non si sa è che cosa sia che vibri. Una volta si credeva che ci fosse una sostanza impalpabile, che pervadesse tutto l’universo e tutte le cose in esso;  sostanza che dovrebbe essere stata il mezzo vibrante. Ma, una sessantina d’anni fa, due fratelli americani, Michelson e Morley, con un esperimento storico, dimostrarono che codesta sostanza sottile, codesto etere non esiste. Allora le vibrazioni sono ad un tempo stesso    sostanza e movimento; oppure il moto è di per sé sostanza. È difficile raccapezzarcisi; l’esperimento fisico, materiale è giunto al limite del campo della ragione, né più né meno di quanto accade se ci si mette a sondare il campo della metafisica.

Questi pacchetti di vibrazioni hanno un minimo di dimensione, al di sotto del quale non è più possibile scendere; poco importa se siano i Quanta di Planck, o se sia i Subquanta, Essi si aggregano e formano protoni, neutroni, ed in gruppi più grossi formano atomi, ma in verità non maggiori di quelli elencati nella scala di Mendeleieff, e, così aggregati, obbediscono poitutti a certe leggi che, guarda caso, sono le stesse nella provetta del chimico o negli spazi siderali.

Il casualista, chiamiamolo così, sostiene che tutto ciò avviene per caso. È un caso che si è dato certe leggi che ci appaiono come invariabili, che sono inoltre corrispondenti a certi schemi che, per caso, esistono o sono reperibili nella nostra mente. Non credo di dover procedere nel discorso per dover essere autorizzato a ritenere che questo caso assomiglia, in molte prerogative, a quello che i teologi chiamano Dio, che nel nostro Tempio è riconosciuto come Grande Architetto dell’Universo.

Se poi vogliamo esaminare entro la nostra personalità, ci è facile notare due cose.

Appena abbiamo coscienza si forma, per primo, il senso dell’io, Nello sviluppo del bambino, oppure al nostro risvegliarci, il primo concetto che ci appare è quello dell’io; e poi vengono quelli del mondo esterno, di tutto ciò che all’io si contrappone. Si può affermare che l’io è la prima cosa reale che si presenta alla nostra consapevolezza; ed essa stessa è la prima cosa reale e si confonde con l’io stesso. L’io è consapevolezza ed appare prima di ogni cosa materiale, prima di ogni sensazione e prima di ogni sentimento,

La seconda osservazione è che, dietro ad ogni consapevolezza, si trova qualcuno che è consapevole; dietro ad ogni sensazione c’è il saziente, dietro ad ogni reazione, ad uno stimolo sensorio – cioè ad ogni sentimento – s’è colui che prova i sentimenti; dietro ad ogni pensiero c’è colui che si accorge di pensare; questa entità è irriducibile, non è cioè possibile riportarla a qualcosa di fisico. Vogliamo credere che, dietro a chi muore, c’è colui che si accorge di morire.

Non credo che nessuno, neanche il più tenace materialista, sua disposto a riconoscere la propria inesistenza; o la propria capacità di analizzare i propri dati sensoriali, le reazioni di piacere o di dolore che essi generano in lui, i propri pensieri; o la propria capacità di accorgersi di pensare, o di imporre ai suoi pensieri un determinato corso; o di scegliere per un determinato modus agendi scartandone un altro; o addirittura sia disposto a rinunciare al proprio libero arbitrio, a dichiararsi irresponsabile. Ma allora esiste un potere di scelta, di volontà, di valutazione. Sarà anche quello frutto del caso?

Nell’impegno di conoscere noi stessi sta appunto quello di cercare la soluzione di tutte queste problematiche … che, tra l’altro, sono già risolte da millenni, e da millenni ci è stata indicata la via per giungere alla conoscenza diretta della Verità Assoluta.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’.  M.  B.

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