LA STORIA DEL GOLFO DI FOLLONICA

LA STORIA DEL GOLFO DI FOLLONICA

          Quale appassionato di storia e di archeologia, proverò questa sera a raccontare, sperando di non annoiarVi troppo, ciò  che si poteva veder transitare nel passato sopra le acque del nostro golfo e nelle sue immediate vicinanze.

Prepariamoci quindi a vedere con gli occhi di un personaggio di fantasia (ma non troppo, visto che il suo é un vero nome etrusco), che chiameremo Afonas,  nel giorno 8 Agosto di uno qualsiasi degli anni del VI° secolo avanti Cristo, nella tarda mattinata.

Collocheremo in nostro Afonas su una delle  colline vicino al puntone di Scarlino, luogo ideale per l’ osservazione di tutto il golfo: da Punta Ala, all’Elba, al promontorio di Piombino ed oltre, anche verso la terraferma. Le vele quadrate di lino colorato delle navi di questo periodo avevano bisogno di una discreta quantità di vento per poter navigare e, visto che né in inverno né di notte si navigava, propongo la data di oggi e l’orario che vi dicevo come i migliori per l’osservazione del mare.

          Le isole del nostro arcipelago sono state un punto di riferimento essenziale per i commerci e le rotte di ogni epoca, almeno fino all’avvento del motore a vapore ed ai moderni sistemi di navigazione. In particolare l’isola d’Elba era lo snodo centrale di tutti i traffici. A quello principale delle medio-lunghe distanze si sommava poi tutto il traffico di piccolo cabotaggio.

          Le antiche navi erano prevalentemente costruite con il metodo del fasciame portante. La costruzione iniziava dalla posa della chiglia e dei due dritti (di prua e di poppa) a cui faceva seguito la posa delle tavole del fasciame, che erano unite insieme dai tenoni inseriti nelle mortase e bloccati dalle caviglie. Solo dopo aver completato il guscio si inserivano le ordinate e le coste del fondo, insomma lo scheletro.

DAL VI SECOLO AL II  SECOLO AVANTI CRISTO

          Il VI° secolo coincide con il massimo splendore etrusco. La ragione e’ semplice: gli Etruschi, alleati con i Cartaginesi, avevano vinto nel 540 i loro nemici Greci nella battaglia di Alalia in Corsica e, fino alla loro sconfitta a Cuma del 474, gli Etruschi erano padroni del mar Tirreno. Dopo tale data furono invece i Greci a comandare.  Poi, dal III° secolo, i Romani.

L’8 agosto del VI° secolo, la prima cosa che il nostro Afonas avrebbe visto sarebbe stata la nebbia ed il fumo che avvolgeva l’isola d’Elba, non a caso chiamata Aithaleia o Aithalia, cioè “la fuligginosa” o “la fumosa” .

          Questo era dovuto alla frenetica attività di estrazione della Ematite elbana dalle cave a cielo aperto e dalla successiva fusione del minerale per l’estrazione del ferro. Il fumo era anche causato dalle tante carbonaie attive per preparare il combustibile dei forni.

         Certamente, guardando verso il mare, avrebbe visto transitare grandi navi da trasporto etrusche cariche di anfore con il vino di Vulci o di altre località, dove si coltivavano quelle viti secondo l’arte insegnata dai Greci. Le navi erano dirette in Francia, verso la colonia greca di Marsiglia o verso altri empori della costa, dove potevano ricaricare per il ritorno il prezioso minerale di stagno proveniente dalle isole Cassiteriti e destinato alla produzione del bronzo etrusco.

          Se il nostro antenato si fosse volto verso la sua destra avrebbe osservato barche etrusche che pescavano nel grande lago costiero che occupava tutto l’attuale padule tra Follonica e Scarlino. Questo per dire che anticamente i laghi costieri erano numerosi lungo il litorale (ed il fatto che l’acqua non fosse stagnante impediva l’insorgere della Malaria). Il più famoso era comunque il Lacus Prilie che occupava tutta la pianura compresa tra Vetulonia e Roselle.

          Girando gli occhi ancor più verso la terraferma, Afonas avrebbe visto altri fumi levarsi in lontananza: là, in direzione del misterioso lago dell’Accesa, c’erano i numerosi forni etruschi che arrostivano il minerale di rame ed estraevano il metallo necessario per la lega di bronzo.

          Ancora più vicino alla sua posizione, nella zona che oggi conosciamo come Rondelli, altri fumi rivelavano la presenza di altre decine di forni per la lavorazione del ferro.

          Molte altre navi avrà osservato Afonas, navi diverse, veloci e robuste, destinate a lunghi viaggi.  Erano quelle che a Populonia, ed anche giù ai piedi della collina dove lui si trovava, nel porto controllato da Vetulonia,  caricavano i metalli semilavorati  destinati ad un preziosissimo commercio.

Queste navi partivano per destinazioni lontane; la Grecia e l’Oriente prevalentemente, da dove sarebbero tornate cariche di prodotti preziosi ed esotici: vasi dipinti, uova di struzzo colorate, avorio, oro.

          Poi, come ho già accennato, venne la sconfitta di Cuma ed allora si sarebbero viste sempre più navi greche dirette verso Marsiglia ma anche verso l’Elba per saccheggiarne il ferro etrusco. Fu per questo che, intorno al IV° secolo, la lavorazione dell’ematite fu spostata a Populonia dove ci si poteva difendere meglio.

 Il fumo dei forni adesso non era più nell’isola ma sulla terraferma: a Populonia, ma anche un po’ in tutto il golfo, da Punta Ala al Puntone di Scarlino, alle Colonie Lombarde, dove i forni erano molto vicini alla spiaggia. Per questo le navi da carico etrusche punteggiavano tutto il nostro mare.

          I discendenti del nostro osservatore videro nel III° secolo la città di Populonia passare sotto il potere romano, ma non c’erano navi romane sul mare: Roma non aveva ancora una sua flotta.

          Alla fine del III° secolo videro transitare altre navi con merci particolari: alcune erano partite da Volterra cariche di grano, resina e pece, altre dalla stessa Populonia piene di lingotti di ferro. Queste navi andavano ad unirsi con quelle di Roselle che portavano legname da costruzione e cereali, tutte merci destinate alle truppe di Scipione che si preparavano a quella che sarebbe stata la fortuna di Roma: la guerra risolutiva (e la vittoria finale) contro Cartagine.

DAL II SECOLO ALLA FINE DELL’IMPERO ROMANO

          Passarono i secoli  e, sempre su quella collina, troviamo uno dei pronipoti di  Afonas, che adesso si chiamava in latino Afuna (altro nome vero). Anche lui si accorse dello straordinario aumento del traffico marittimo davanti al nostro mare: Roma aveva sottomesso Cartagine, la sua più temibile avversaria, aveva sconfitto le falangi greche ed era diventata la padrona assoluta di tutta l’Italia e del Mediterraneo occidentale.

          Come se non bastasse, aveva deciso di proteggere le enormi estensioni di vigneti, che si trovavano nel centro-sud Italia, con una legge, la Lex Claudia, che impediva a tutte le colonie di coltivare la vite.

          Fu il periodo dell’invasione dell’ottimo vino italico verso le colonie, in primo luogo verso la Gallia, con una rotta che dal sud toccava l’Elba, quindi la Corsica e poi la Francia. Il simbolo di questa invasione possiamo focalizzarlo con il più classico contenitore per il vino di quel periodo: l’anfora Dressel 1.

           Certamente alcune di queste provenivano anche dalla città di Cosa, dove la famiglia dei Sestii, nella sua villa di Settefinestre, aveva una grande produzione di vino ma anche di anfore, che sono state ritrovate un po’ in tutti i territori delle colonie romane.

          Questo traffico, unito a quello di tante altre navi che transitavano nel nostro golfo da sud a nord e viceversa trasportando tra l’altro ceramiche sigillate, derrate alimentari, schiavi, rifornimenti di ogni tipo per le legioni ecc. durò fino al I° secolo dopo Cristo quando Roma,  la ricchissima padrona di quasi tutto il mondo, poteva permettersi qualsiasi  cosa. Era un momento di forte concorrenza, non esistevano più protezionismi e tutto poteva arrivare ovunque. Poi vinse la concorrenza delle province, dove la mano d’opera era molto più a buon mercato.

          Adesso il nostro Afuna, cittadino di Roma, avrebbe visto un incredibile via-vai di navi onerarie provenienti dalla Spagna, cariche di olio e le cui anfore (le famose Dressel 20) avrebbero nel tempo contribuito a formare il monte Testaccio; altre erano piene della richiestissima salsa di pesce (il Garum). Dalla Gallia arrivava grano e vino; dal nord africa Garum, grano e schiavi. Navi diverse portavano merci diverse: i marmi di Carrara, legname per le terme romane, metalli, animali per il circo, avventurieri in cerca di fortuna, ladri, accattoni ecc..  

          Quasi tutte avevano per destinazione il porto di Ostia, e qualcuna si fermava anche ai piedi della collina di Afuna, lì dove l’antico approdo di Vetulonia era oramai diventato il Portus Scabris.

          A pochissima distanza da qui un ricco romano aveva nel frattempo costruito la sua villa facendo affari con la lavorazione del minerale elbano, sfruttando il lavoro degli schiavi e la posizione strategica del luogo: situato lungo la via Aurelia ed il Portus Scabris.  la sua attività fu così intensa che nel tempo si erano formate due colline di scorie ferrose: i “Poggetti Butelli”.

          A partire dal III° secolo il traffico nel nostro golfo comincia a diminuire, sia per l’incertezza della situazione politica di Roma, sia per il fatto che le merci arrivavano soprattutto dal nord Africa (l’imperatore Settimio Severo era originario di Leptis Magna), sia perché grandissima parte delle merci veniva destinata alla delicata frontiera danubiana e quindi viaggiavano attraverso il mar Adriatico.

          Nel IV° secolo l’impero fu diviso in due e nel 476 la grande Roma era definitivamente tramontata.

IL MEDIOEVO, UN SALTO DI 1000 ANNI

          Roma era dunque caduta e le porte dell’impero d’occidente si erano spalancate alle orde barbariche dei Goti, dei Vandali e dei Longobardi che presero Populonia nel 569.

          Il discendente del nostro Afuna vide transitare queste genti non dal mare ma sulla via Aurelia, che si poteva vedere benissimo dalla sua collina. Il mare, invece, era di dominio delle veloci navi Saracene che saccheggiavano ogni villaggio, convento o città.

          Sulle colline intorno al golfo si cominciarono a costruire le prime fortezze e castelli nei quali rifugiarsi ad ogni pericolo che giungesse dal mare o dalla terra e certamente Afuna avrebbe intravisto i primi “Follonichesi”: quelle persone che erano arroccate intorno al castello di Valli già nell’anno 884.

         Dalla sua posizione privilegiata avrebbe poi visto quel “tal Colombino fu Piccolello” che nel 1312 condusse “due barche di grano da 9 moggia alla foce di Follonica”: è la prima volta che sentiamo questo nome. L’antico scalo ora era importante per servire le ferriere di Valpiana dove già nel 1377 funzionava un forno per il ferro.

          Verso l’anno 1000 si comincia a parlare di Regio Marittima, poi di Marittima, Marimma e quindi Maremma. Il Medioevo fece precipitare la nostra zona nella miseria più nera. La Maremma era considerata una terra di frontiera e continuamente segnata dalle guerre di Siena, di Pisa e di Firenze.

          Nel XII° e XIII° secolo, nel golfo di Follonica si potevano vedere, oltre alle veloci navi Saracene, le grandi galee di Pisa che, oltre a tentare di contrastare i corsari, si scontravano con quelle di Genova, che poi sconfisse Pisa alla Meloria nel 1284. Fino ad allora, Pisa era comunque la padrona dei traffici fino a Civitavecchia e poteva, pirati permettendo, far viaggiare liberamente le sue merci. 

          Sopravviveva ancora il trasporto di minerale dall’Elba per essere lavorato all’interno del golfo, lungo i numerosi fossi che solcano i fianchi delle colline. Ci sono notizie certe che nel 1440 arrivava a Portiglioni (ai piedi della collina del nostro osservatore) il minerale fornito dalla famiglia Appiani di Piombino.

          Poi, con la scoperta del Nuovo Mondo, tutto cambiò nuovamente, sia nei traffici che nelle rotte.

DAL 1500 AI GIORNI NOSTRI

          Verso il 1500, dopo aver sconfitto i Senesi, inizia la dominazione dei Medici anche sulla costa Maremmana e le cose cominciano lentamente a migliorare.

          Intanto fu intensificata la lotta contro i Turchi (il Barbarossa era arrivato a saccheggiare Grosseto) che oramai aveva il sapore di una guerra di religione tra Cristiani e Musulmani, sia unendosi ai cavalieri di Santo Stefano pisani, sia intensificando la rete di torri di avvistamento, sia proteggendo con mura e soldati gli avamposti vicino al mare.

          Poi Cosimo II° volle decisamente incrementare la produzione del ferro elbano, tanto che nel 1577 fu costruito a Follonica un altoforno che era il più importante d’Italia.

          Ma il riscatto della Maremma avvenne in maniera ancor più decisa dopo il 1700 con i Lorena, che intrapresero serie ed importanti bonifiche sul territorio.

          Anche se il rischio Malaria era sempre serio e presente, c’erano ancora molti disperati che venivano a lavorare in Maremma, nel bosco o nelle fonderie. Arrivavano alla fine dell’Estate e ripartivano a Maggio.

          Il nostro osservatore avrebbe visto, un giorno del 1834, il Granduca Leopoldo II inaugurare le nuove fonderie di Follonica, scoprendo una targa che così recitava: “Al ferro, padre di tutte le industrie, queste officine, siccome Tempio, Leopoldo II dava”

          C’e’ un’altra cosa che sicuramente il nostro antenato avrebbe visto il 2 settembre del 1849: un gruppo di persone, eroi oscuri, che attraverso i boschi delle costiere scortava un eroe ben più popolare.

          Era Giuseppe Garibaldi che, inseguito da quattro eserciti attraverso l’Italia, riuscì a salvarsi imbarcandosi a Calamartina.

          Con questo fatto, che non potevo non citare, chiudo la mia panoramica di storia sopra le acque del nostro golfo.

          Il resto e’ storia recente.

COSA SI VEDE OGGI: RIFLESSIONI

          Chiunque di noi, oggi 8 Agosto, andasse nel punto di osservazione del nostro Afonas, vedrebbe che le cose sono notevolmente cambiate.

          Ai piedi della collina, al posto del Portus Scabris c’e’ un bellissimo porto turistico con barche dalle attrezzature incredibili; a sinistra, verso Punta Ala, un altro ancor più grande ha preso il posto dell’antico approdo; verso Piombino si vede ancora del fumo: lì non e’ ancora terminata la trasformazione del minerale (che arriva però da migliaia di miglia di distanza) in ferro, che oggi si chiama acciaio; nel mezzo del lago costiero dove pescavano gli Etruschi troneggia un complesso industriale sul quale e’ meglio sorvolare; mentre la villa romana costruita sulle sue rive e’ stata addirittura tagliata da un canale di scolo.

          In mezzo al golfo c’e’ la nostra città, nata in pochissimi anni.

          Da quello che ci siamo detti fino ad ora è chiaro che i nostri dintorni e tutto il mare del golfo sono pieni di testimonianze che dobbiamo imparare a conoscere ed a preservare, perché esse sono la nostra cultura. E da quegli antichi frequentatori (siano essi minatori etruschi, marinai romani, schiavi, commercianti pisani, lavoratori del bosco, carbonai ecc.) dipende il nostro modo di essere oggi: il nostro pensiero, la nostra cucina, il nostro modo di parlare e perfino le nostre sembianze fisiche.

          Il nostro presente è il frutto di quell’enorme complesso di trasformazioni economiche, politiche, sociali e religiose che l’hanno preparato e che e’ legato a loro come l’albero alle sue radici.

TAVOLA DEL FR.’. M. L.

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