UN TIPO DI LAVORO

UN TIPO DI LAVORO
Credo che il nuovo Statuto dell’Istituzione (n.d.r.: quello edito nell’anno 1975) contenga
ancora l’equivalente del secondo articolo del vecchio Statuto; che la Massoneria ha come
scopo l’evoluzione spirituale dei Fratelli. Sarebbe quindi il caso di puntualizzare tale finalità.
L’uomo si differenzia dagli altri esseri del mondo fisico per le sue capacità di
ragionamento, di discernimento, di scelta delle proprie azioni indipendentemente dagli istinti
e di intuizione di messaggi provenienti da alcunché di trascendente dai sensi. Ha la possibilità
di liberarsi da ogni traccia della sua precedente animalità per raggiungere il primo stati di
perfezione con modalità corrispondenti ai piccoli misteri della tradizione; diventa così
l’Adamo Kadmon dei Kabbalisti. L’Argiuna della Bhaghavad Gita … puro e disposto a salire
alle stelle.
Il raggiungimento di questo stato potrebbe essere lo sforzo di tutti i Fratelli, sforzo che
consiste nel “rinchiudere il vizio in prigioni oscure e profonde” e nel praticare la virtù.
Le prigioni oscure e profonde consistono nel distacco da tutti gli interessi terreni, il che
non significa abbandonare la società per chiudersi in un convento o per radersi i capelli ed
indossare il saio dell’eremita, ma sviluppare in noi stessi l’amore per il prossimo, anzi, per
tutte le creature, e servire gli altri senza alcun pensiero di ricompensa, ma solo perché
vediamo Dio in tutti, e in noi, e sentiamo per tutti l’amore che sentiamo per noi stessi, perché
noi siamo tutti gli altri, tutte le cose dell’Universo. L’Amore è Dio, Dio è Amore, Ecco la
Virtù.
Tutte le religioni, bene intese (non certo come Torquemada o l’Ayatollah Komeinì)
conducono a questo livello: alla formazione dell’uomo perfetto; dell’uomo che opera nella
società riversando amore, specialmente sui nemici, perché, come disse Gesù, è molto facile
amare chi ci ama, ma è un gran merito amare chi ci odia.
Chi è arrivato a questo punto è pronto a spiccare il grande salto, per arrivare là dove
nessuna religione ci porterebbe. In tutte le religioni vi sono persone che quel balzo l’hanno
fatto; i Sadhu dell’India, i Sufi dell’Islam, i grandi mistici del Cristianesimo, anche certi
Sciamani eschimesi o polinesiani, gli Zen giapponesi, eccetera.
Qui cominciano i Grandi Misteri.
Quis Deum gnoscit Deus fit: chi giunge ad avere l’esperienza di Dio s’accorge di essere
Dio, disse, se non erro, Sant’Agostino. Sono migliaia i Maestri di ogni parte del mondo che
hanno raggiunto questa esperienza, che, tra l’altro, ha anche i caratteri della scientificità:
descrizione dell’esperienza e della metodologia per ottenerla e ripetibilità. Tutti i referti di Chi
ci è arrivato coincidono, e le differenze possono essere solo formali, dovute alle condizioni
storico-culturali di ogni caso.
La strada è lunga, difficile, ed ha come condizione la distruzione dell’ego individuale,
che ci è tanto caro e che fa di tutto per non lasciarsi annullare. Ma l’ego è solo una creatura
fittizia, che comincia dalla nascita, si forma con le nostre esperienze nei confronti del mondo
che ci pare esterno, e che sparisce con la dissoluzione del corpo. Ma Dio, l’Essenza,
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l’Assoluto è UNO, e chi ci arriva si fonde con Lui; Dio è UNO senza un Secondo, è il Grande
Architetto dell’Universo; anzi gli è ancora a monte, perché Dio come Creatore si pone già
davanti al Creato; c’è già una duplicità che l’Assoluto non ammette: Dio si personalizza per
farsi Creatore. Si aprirebbe qui un grande discorso metafisico che sarebbe perfino fallace,
perché fatto a livello della mente, e tutto ciò trascende del tutto la mente e il suo figlio, il
linguaggio.
Sarebbe già moltissimo arrivare ai Piccoli Misteri, comunque; questo potrebbe essere le
fil rouge che dovrebbe legare tutto il lavoro di Loggia, dal rito di apertura dei lavori fino al
saluto al Fratello che ha abbandonato il corpo fisico per andare a lavorare nella Gran Loggia
dell’aldilà.
Vi saluto Maestro Venerabile e Fratelli carissimi.
27 febbraio 1987 dell’e..v.’.
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