IL CATECHISMO DELLA “STELLA FIAMMEGGIANTE”

IL CATECHISMO DELLA “STELLA FIAMMEGGIANTE”

di Giuseppe Scaglia

Cos’è?

Lo si potrebbe definire come una vera e propria “guida” verso l’effettivo

(e non virtuale) compimento dei “Piccoli Misteri”, vale a dire verso la realizzazione della Maestria Muratoria.

Un manuale ermetico-massonico di alta e raffinata qualità esoterica realizzato, verso la metà del ’700, dal barone Henry Tschudy, allievo prediletto di Raimondo di Sangro, Principe di San Severo, anima principale della Libera Muratoria napoletana del XVIII secolo.

Il quadro storico

La Libera Muratoria muove i primi passi, nel Regno di Napoli, verso la fine degli anni ’20 del XVIII secolo.

Si hanno, infatti, notizie della presenza di alcune Logge Militari già verso il 1728 all’epoca della dominazione austriaca.

Tuttavia la nascita ufficiale della Massoneria a Napoli data 1730, anno

in cui un’“Officina” venne costituita dal mercante di stoffe francese Larnage e dall’Alfiere (odierno Tenente) del Reggimento “Real Napoli”

Francesco Zelaja.

Inizialmente i gradi della Muratoria partenopea furono solamente i classici tre della Massoneria Azzurra (o simbolica) cioè Apprendista,

Compagno e Maestro, ma, in tempi successivi, più o meno intorno al 1748, compaiono altri Gradi Superiori che potremmo definire “rituali”: Maestro Scozzese, Eletto dei Nove, Cavaliere d’Oriente, Principe Rosa-Croce, Kadosh.

Tali gradi furono ispirati dalla corrente massonica filo-francese ed                                         inevitabilmente portarono le Logge a lavorare secondo, appunto, il metodo francese, staccandosi quindi dall’originario solco britannico.

In questi anni, non ultimo per il prestigio d’immagine che tali gradi conferivano, si ebbe un notevole incremento del proselitismo anche, e soprattutto, nelle classi più ricche e nobili del Regno.

Fanno, così, la loro comparsa tra le colonne alcuni tra i nomi più illustri e vicini all’ambiente di Corte, tra cui Gennaro Carafa Principe di Vocella, il Principe Calvaruso e, figura eminente per ingegno

e carisma, Raimondo di Sangro Principe di San Severo, gentiluomo

di camera del Re.

Questi venne eletto Gran Maestro della Massoneria Napoletana il 24 Ottobre del 1750 e fin da subito la sua illuminata figura unisce, superando tutte le divisioni intestine, la Libera Muratoria Partenopea, che da lui trarrà nuovo slancio. Il Sansevero opera una totale revisione

dividendo i FF. in tre Logge denominate, dal nome dei rispettivi Maestri Venerabili, “De Sangro”, “Carafa” e “Moncada”.

L’“Officina” del Principe constava di circa 300 membri, e, al suo interno, sembra operasse un gruppo “scelto”, d’ispirazione rosicruciana che lavorava secondo schemi esoterico-alchemici.

Tale nucleo si denominò “Rosa d’Ordine Magno” e tra i suoi componenti, sicuramente in posizione di rilievo se non addirittura guida (sotto le direttive del San Severo), annoverava lo svizzero Henri  de Tschudy, l’autore, appunto, del “Catechismo”.

Secondo alcuni autori tale “gruppo eletto” avrebbe poi, nel 1751, dato vita ad una vera e propria Loggia “autonoma”, gemmata quindi dalla “De Sangro”, il cui Maestro Venerabile sarebbe stato proprio ‘Tschudy.

Secondo altre fonti, al contrario, tale “Officina” non sarebbe mai esistita come entità indipendente, ma più semplicemente come gruppo di studio “esoterico” della Loggia Madre.

Di certo si può soltanto rilevare lo strettissimo legame di amicizia, oltreché di fratellanza, che univa il Maestro De Sangro al giovane allievo Tschudy che del Principe fu il confidente ed il continuatore.

Infatti nere nubi si stavano addensando sui circoli latomistici napoletani.

Nell’estate del 1751 gli ambienti ecclesiastici, messi in subbuglio dalle

attività, ma soprattutto dalle idee “liberali” che scaturivano dai Lavori

di Loggia, ravvisarono nelle riunioni massoniche dei pericolosi focolai d’insubordinazione e rivolta verso l’ordine costituito.

L’Inquisizione, guidata dall’infaticabile e fin troppo zelante Padre Pepe, corse ai ripari forte anche della scomunica che il 28 Maggio dello stesso anno 1751 il Papa Benedetto XIV(il Card. bolognese

Prospero Lambertini di cui si vocifera l’appartenenza alla Massoneria

addirittura col XXX grado di Kadosh!) con la bolla “Providas

Romanorum Pontificum” fece piovere sul capo dei Liberi Muratori già peraltro scomunicati nel 1738 dal Papa Clemente XII (scomuniana il che, peraltro, tuttora esistenti!).  Spinto da tante pressioni, il Re di Napoli, Carlo di Borbone, prese, a sua volta provvedimenti a carico della Libera Muratoria e traendo ispirazione e “consiglio” dai dettami della Santa Sede e dell’Inquisizione, iniziò una sistematica persecuzione delle Logge.

A questo punto, siamo all’incirca nel luglio del 1751, il Principe De pi suo Sangro si recò dal Sovrano notificandogli la decisione di rinunciare

rosi- alla carica di Gran Maestro, l’abiura del giuramento massonico ed

il contemporaneo scioglimento di tutte le officine che lavoravano sul  territorio del Regno delle Due Sicilie. Lo scandalo, presso i FF., fu  enorme ed il San Severo venne esposto alla condanna ed al ludibrio di tutti i circoli latomistici.

In verità si trattò dell’ultimo “regalo” che il Gran Maestro fece ai suoi sodali: autodenunciandosi, mettendo sul piatto della bilancia  dell’Inquisizione la propria carica, addirittura il proprio onore,  Raimondo Di Sangro, in realtà permise alle Logge di continuare, seppur sotto “spoglie coperte” (favorite dal tacito assenso del monarca che, ufficialmente aveva obbedito ai “paterni” consigli del Pontefice e sciolto la Massoneria) i propri lavori.

L’unico scotto da pagare fu l’espulsione dal Regno di Napoli di alcuni tra i membri più in vista dell’organizzazione e tra questi anche il barone Henri de Tschudy che, obbligato a lasciare definitivamente la città ed il territorio del Regno, fu apprezzato “pellegrino ramingo” presso molte corti europee, ovunque alfiere del Libero Pensiero e della Conoscenza Massonica.

Il Catechismo

L’opera è articolata come un breviario di domande e risposte di carattere ermetico-esoterico spazianti dalla più pura scienza alchemica

fino alle, definiamole così, “applicazioni” massoniche.

Si comincia col definire il termine della Natura che, nell’ottica ermetico- esoterica del Tschudy, corrisponde in definitiva all’Uno che è Dio.

La Natura, quindi, viene divisa nei quattro canonici elementi (Fuoco, Aria, Terra ed Acqua) di cui vengono descritti i rispettivi caratteri (Caldo, Secco, Freddo, Umido).

La Natura, poi, differenziata in maschile, attivo, e femminile, passivo, viene paragonata al Mercurio filosofico, agente sottile, messaggero degli Dei che s’insinua in tutte le cose, ivi recando il soffio divino.

Essa, sposa del Principio Primo, da quest’ultimo viene fecondata rappresentando, così, la materia primordiale, base della creazione, che prende atto per mezzo della Volontà vivificatrice della Divinità increata.

Tale simbologia è resa in Massoneria dalla Stella Fiammeggiante recante al centro l’iniziale del nome impronunciabile di Dio. A questo punto l’attenzione viene posta sull’Adepto, sull’Iniziato alla Grande Opera, che “deve agire con estrema cura, sottoponendo la pria volontà pro- a quella dell’Agente Universale, sapendo osservare ed agire con pazienza e costanza onde arrivare ad un qualche risultato”.

Venendo alla “Grande Opera” in sé, dapprima si definisce la “sublime

essenza” di ogni cosa che, alchemicamente, altro non è che lo Zolfo “dio” animico che, fin dalla nascita, alimenta la vita e che, tramite le potenzialità dei Quattro Elementi, si manifesta mediante una forza attiva, centrifuga, maschile, base della crescita fisica e spirituale dell’uomo.

Rivitalizzare quel Fuoco primevo, depurandosi dalla scorza salina che lo contiene per permettere le sacre nozze dello Spirito Divino con la Materia (il rosso Zolfo sposa la bianca dama Mercurio) è il compito di ogni Iniziato per giungere alla scoperta della Pietra Filosofale, dell’Oro alchemico, della massonica Pietra Levigata.

Quest’Oro, nei Templi Muratorii, è ben rappresentato dal Sole, cui fa da contraltare il simbolo femminile della Luna (ermeticamente corrispondente all’Argento), mirabile simbolismo incrociato che rappresenta l’essenza stessa della creazione e della vita.

E come tre sono le fasi dell’Opera Alchemica, tre sono le sostanze che incontriamo nel Gabinetto di Riflessione, tre sono le “tappe” che il profano deve compiere per giungere a scorgere la Luce.

La prima corrisponde alla fase Putrefattiva dell’alchimista, in cui il

“compost” deve diventare “nero come la pece” ed “esalare un caratteristico odore di cadavere” segno che il disfacimento del corpo  è iniziato: è il passaggio attraverso la nera tomba del Gabinetto di Riflessione ove il profano muore alla vita precedente e rinasce, novello neonato, a “Vita Nuova”, come avrebbe detto quel grande iniziato che fu Dante Alighieri.

Il “compost”, poi, inizia la sublimazione ed il colore da piceo si fa via via più chiaro, nei testi alchemici si sottolinea che una perfetta esecuzione dell’Opera deve portare il preparato ad assumere tonalità differenti di tinta, al punto da imitare la coda del pavone.

Infine, dopo lunghe attese e ripetute prove, si ottiene l’aureo metallo depurato da ogni scorza, è cioè possibile all’Adepto riunirsi al suo Sé superiore ed arrivare alla Luce, alla comprensione.

Il Maestro ha raggiunto una prima meta e realizzato lo scopo principe della Massoneria il cui oggetto di ricerca è l’Arte di perfezionare ciò che la Natura ha lasciato imperfetto per avvicinarsi sempre più a quella Fonte Eterna, da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna, che noi identifichiamo nel GADU.

Epilogo

Dove si tratta del “Segreto” Massonico.

Variamente inteso, spesso ERRONEAMENTE inteso (purtroppo anche da certi FF), questo “Segreto” rappresenta forse il principale capo d’accusa che la società profana rivolge ai Massoni, rei di voler celare sotto una spessa cortina di reticenti dinieghi delle verità assolute che dovrebbero, secondo certe interpretazioni, essere patrimonio di tutti.

Ma se ci pensiamo, anche il sacerdote, dando la Comunione, porge ai fedeli l’Ostia consacrata, mentre per se, oltre alla Particola Sacra, tiene anche il Vino, corpo di Cristo.

To credo d’interpretarvi i due aspetti della Chiesa, quello essoterico,aperto a tutti, simboleggiato dall’Ostia e quello esoterico (il Vino)

che soltanto il sacerdote conosce.

Del resto NON TUTTI sono in grado di reggere il Vino, perché si deve essere preparati, avviati, alla degustazione del prezioso nettare. Così anche la Massoneria, che è, a mio avviso, un diverso aspetto dell’Alchimia, deve rivelare i suoi segreti (che sono incomunicabili perché ognuno di noi vive l’esperienza, assolutamente quest’esperienza, in modo personale!) per gradi e per gradi deve abituare la vi- sta dell’Adepto alla visione della Luce perché il bagliore non lo accechi per sempre.

Ecco perché il “Catechismo” è stato costruito “a scala”, sotto forma di un formulario-breviario di domande e risposte: con lo studio graduale di esso l’Apprendista (ma anche coloro che sono insigniti di gradi più elevati perché più avanti nella conoscenza e non per una malintesa superiorità!) Può pian piano avvicinarsi alla “retta via” della 8nosi.

Non è una facile lettura e la sua comprensione richiede mirata e particolare attenzione, nonché una costante rilettura, però il messaggio iniziatico che ne deriva è di valore assoluto. Come di valore assoluto fu non tanto il redattore materiale, quanto l’ispiratore… il Principe di San Severo.

Ma di questi parleremo più diffusamente un’altra volta.

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