LIBERTA’ E MASSONERIA

LIBERTÀ E MASSONERIA

L’intenzione professata dalla nostra Istituzione è quella di agire per il bene dell’Umanità, oltre a quella primaria, di ricercare il perfezionamento spirituale dei Fratelli.

Perciò il significato di ogni parola è da intendersi il più perfetto possibile, cercando di comprendere la Legge che il Grande Architetto dell’Universo della nella creazione dell’Universo, a tutti i suoi livelli.

La ricerca del significato del concetto di libertà può essere condotta in due modi: o a partire dal livello che ci appare il più basso, quello del mondo manifestato, della nostra condizione umana di minima spiritualità, su fino al livello massimo;  oppure quello inverso, scendendo dal livello massimo – che, per noi, è quello del Grande Architetto, della prima manifestazione -, fino al livello più basso che ci sia dato sperimentare.

Il primo cammino, che andrebbe dal particolare al generale, ci porterebbe entro un intrigo indefinito di casi particolari, nella storia e nelle opinioni di tutti i pensatori profani e non profani, con il difficilissimo impegni di discriminare ogni volta l’ispirazione che giunge dall’alto delle motivazioni di ordine inferiore; ed a sua volta, codesta discriminazione deve essere fatta con un certo metro, che non può essere se non qualcosa che viene dall’Alto.

Ricadiamo così in un circolo, una aporia logica, che ci induce a scegliere il secondo cammino, quello che scende dal generale al particolare.

Ci soccorre qui la Tradizione, la Sruti, la trasmissione dottrinale dell’esperienza dell’Assoluto che hanno vissuto, e stanno vivendo, Coloro, i Maestri, che sono realizzati nell’Assoluto.

Secondo la Tradizione, alla comprensione della quale, in questo caso, ci aiuta la logica della nostra mente pur limitata, la libertà totale è l’affrancamento da ogni genere di condizionamento ed il possesso di ogni genere di possibilità; ma queste sono le caratteristiche dell’Assoluto, di Dio, dell’Essenza Universale, che è in ogni cosa e trascende tutte le cose. È una libertà accessibile anche all’uomo, a patto che sappia prendere coscienza della propria identità con lo Spirito, l’Essenza, Dio. Per giungere a ciò deve liberarsi da tutte le catene che lo legano a condizioni inferiori, effimere ed illusorie. Che ciò sia possibile danno testimonianza tutti Coloro che ci sono giunti, dai Grandi Maestri universalmente noti, fino a                                                                                               quelli di minor fama, ma altrettanto grandi, perché tutti identici ed Uni con l’Essenza.

Il Buddha, davanti allo spettacolo della morte, della malattia e della miseria, volle cercare la via verso la liberazione dalla sofferenze della vita: la trovò e la insegnò, come avevano fatto prima di lui, e dopo, gli Avatara, i Santi ed i Saggi che costellano i cieli d’Oriente e quelli d’Occidente.

Fin qui eravamo al livello supremo, quello nel quale si è con Dio, in Dio, e si condivide la libertà dell’Assoluto. Scendendo, gradino per gradino, troviamo, appena più in giù, il livello dell’Intuizione. Questa è la facoltà, e l’attività, per la quale l’uomo è in grado, solo che sappia far tacere la miriade di messaggio che gli vengono dai piani via via più materializzati, di prendere coscienza dei messaggi che gli vengono continuamente dal Supremo, e che l’uomo comune riceve come lampi di genio, ed in genere come tutte le frazioni della Verità eterna che compaiono in tutti i campi della vita intuitiva dell’uomo. Che significa Libertà a questo livello? Questa Tavola vorrebbe essere solo uno stimolo ad un approfondimento della ricerca; vogliamo sperare che i Fratelli approfondiscano l’argomento, riflettendo su questa domanda,

indagando entro la loro personale esperienza psichica piuttosto che cercando documentazioni ibresche.

Il livello dell’intuizione è chiamato dalla Dottrina Indiana con il nome di Buddhi, che significa suppergiù risveglio (Buddha = il Risvegliato). Tutti noi, consci solo dei messaggi e degli stimoli che ci manda il mondo esterno, fisico, siamo addormentati; nostro compito è risvegliarci: raggiungere quello che è detto lo stato buddhico. Ma il nostro veicolo di consapevolezza, il ricevitore che mette in comunicazione tutte le componenti del nostro esistere è la Mente – Manas, in sanscrito, e l’uomo pensato come creatura dotata di mente, è

detto Manava -; il risveglio è l’aprirsi della nostra mente ai messaggi che vengono dalla Sfera Superiore, per mezzo di Buddhi.

C’è quindi un terzo livello, che è quello della Mente. La Mente opera come ricettore dei messaggi buddhici, come ricettore di quelli che vengono dalla sfera inferiore, e come elaboratore autonomo nella ricerca dei collegamenti, di relazioni fra tutti codesti messaggi.

Viene qui un’altra domanda, che proponiamo ai Fratelli: che significa, qui, il concetto di Libertà?

Ripetiamo che la Mente, come insegnano i Saggi e come ci è facile constatare indagando sulla nostra esperienza psichica personale, è uno specchio a due facce. L’una rivolta verso l’Alto, riceve i messaggi dell’intuizione; la seconda, rivolta verso il basso, verso il mondo inferiore (cui appartiene la sfera degli affetti, degli istinti e delle passioni; quella che dirige le funzioni vitali; e poi, infine, il nostro corpo materiale), riceve i messaggi che provengono da codesti livelli, li regista, ne coordina i rapporti e dà ordini affinché la vita si svolga in conformità con i giudizi che esso formula tenendo conto dei due ordini di messaggi: quelli Superiori e quelli inferiori.

Si presentano quindi almeno due ordini di Libertà.

Il primo controlla il funzionamento stesso interno della mante. Una mente libera deve essere anzitutto aperta a recepire tutti i messaggi; quelli che provengono da Buddhi e quelli che provengono dal di sotto; e deve essere libera di giudicarli nel modo che essa ritiene migliore. Non deve quindi contenere nessuna autolimitazione – dogmi artificiali, tabù, ecc. -, ma deve capire che cosa è in Alto e che cosa è in basso, in sostanza, deve essere libera di capire quale è la sua fonte; e non le mancano i mezzi per questo, perché è dotata di discernimento (viveka). Se però gli attaccamenti alle cose delle sfere inferiori sono potenti, la sfera affettiva prevale, si impadronisce della mente, la fa unilaterale e, dalla posizione di equilibrio che dovrebbe mantenere, si sposta verso il basso, ingenerando nell’uomo tutti i mali psichici, le nevrosi individuali e collettive che ci affliggono in diverso grado. La causa è la tensione della mente, che si sente attratta verso il centro, da un lato, e distratta da questo dalle forze inferiori.

Verrebbe da concludere che, a livello mentale, la Libertà sia la dissoluzione di tutti gli attaccamenti verso l’effimero e l’inferiore; sia per quanto riguarda la volizione, sia nel pensiero; l’equilibratura fra gli attaccamenti al mondo e quello che ci attira verso l’Alto, verso la Verità, la Realtà immutabile ed terna; in un linguaggio corrente, la conoscenza di Dio.

Ai livelli inferiori e ristabilita la libertà della Mente, ossia l’equilibrio mentale dell’uomo, tutte le libertà sono di natura esteriore; provengono cioè da fattori esterni alla coscienza dell’individuo. Anche la sfera istintuale, affettiva e vitale è esterna alla coscienza. perché abbiamo consapevolezza mentale di quello che avviene in queste sfere.

Reciprocamente, codeste libertà si manifestano in atti operati dall’individuo verso il suo esterno.

Sembra ovvio che ogni limitazione alla libertà su uno solo di questi livelli induce effetti ai livelli superiori; anzi, solo fino al livello mentale. Ad esempio, se mi gettano in carcere, se risente il mio corpo fisico per effetto della limitazione forzata dei suoi movimenti e delle altre condizioni ambientali; per riflesso, ne risente il mio corpo vitale (potrebbe venirmi un infarto, o perdere il sonno o l’appetito); ed il mio corpo mentale, che si perderebbe in ragionamenti convulsi. Non ne risentirebbe né il mentale superiore e tanto meno il mio Spirito, che, tra l’altro, non è mio, ma io (il mio ego) sono suo. Esso è tangibile, attraverso tutte le mutazioni delle mie sfere inferiori, a cominciare dal corpo fisico. la cui morte è totalmente indifferente all’Essenza principale. Se poi fossi un Realizzato, un uomo che ha definitivamente preso coscienza pratica, sperimentale (più vivida di ogni esperienza sensoriale) della propria identità con lo Spirito, Uno ed Universale, anche chiuso nella più nera delle carceri, o sottoposto alle più atroci torture, mi sentirei sempre nell’assoluta libertà dell’Assoluto.

Ma dato che non siamo dei Realizzati e che, anche se lo fossimo, viviamo pur sempre entro una moltitudine di esseri non realizzati, dobbiamo dare alla Libertà una piena manifestazione in questo mondo relativo, nei confronti dei nostri simili, di tutte le cose che ci circondano e nei nostri confronti.

Verrebbe qui la voglia di dare al concetto di Libertà una dimensione coerente con quanto si è detto sopra. In poche parole, poiché la condizione di massima libertà è quella del Supremo, dato che all’uomo è concesso di arrivare ad identificarsi con Quello e dato che è possibile che certe condizioni esterne rendano più agevole questo processo di identificazione, sì direbbe che la migliore libertà sia quella che può offrire all’uomo singolo le migliori possibilità di raggiungere questa Realizzazione.

Ma il concetto va esteso a tutte le creature; Libertà è quella situazione nella quale possono meglio esplicare tutto il loro slancio vitale. La Libertà non deve quindi essere cercata solo per la creatura uomo; noi facciamo parte di un universo manifestato per volontà ed opera del Grande Architetto, che lo sostiene continuamente con la Sua Volontà Creativa. Di questo universo crediamo, a torto od a ragione, di essere l’espressione più elevata, ma solo non sappiamo quale parte giochino tutti gli altri elementi di esso e non siamo affatto sicuri che non esistano cose inanimate. Nell’Universo si manifesta un Ordine (Rta del sanscrito) che è retto da una Legge (Dharma) che da tutti profeti ed i Maestri è stata formulata così come viene insegnata nell’Iniziazione del Primo Grado: Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te; e fa agli altri tutto il bene che vorresti fosse fatto a te.

Chi sono gli altri? Siamo certi che siano soltanto i nostri simili? Non potrebbero essere tutte le cose dell’Universo? Nella dottrina Orientale è insegnata la legge del Karma. Questa parola, che viene dalla radice Kr = fare, è quella dell’azione e reazione. Tutto ciò che facciamo porta alle sue conseguenze; più rozzamente, è la legge della Punizione e della Ricompensa. L’attuale situazione ecologica, per dirne una, è la Legge del Karma che ci punisce di rimbalzo per tutti i delitti che commettemmo e commettiamo conto le cose della Natura.

Il Grande Architetto dell’Universo, la Prima Personalizzazione del Divino, ha dato all’Universo un ordinamento; entro, e nel rispetto di questo tutte le Creature hanno una propria libertà di azione e collaborano perciò con Lui nella continua Creazione, la Legge, il Dharma, stabilisce con esattezza il grado di Libertà di tutti e di ciascuno. Sta a noi comprendere, vedere la Legge e collaborare nel miglior modo possibile con il Grande Architetto.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’.   M.  B.

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