PINOCCHIO LA FAVOLA

PINOCCHIO…  LA FAVOLA

Pinocchio. Photo with clipping path.Similar photographs from my portfolio:

Luciano Angeli

Il mondo fantastico in cui si svolge la storia del burattino Pinocchio e dei personaggi che ruotano intorno alla sua figura è il corollario di una qualunque seppure avvincente favola per bambini; oppure racchiude in sé contenuti, significati, simboli e finalità che fanno di quel mondo la trasposizione metaforica di una tradizione iniziatica alla quale presumibilmente apparteneva il suo autore?

In questo mio articolo cercherò di rappresentare  il contesto storico e culturale in cui si inserisce la figura di Carlo Lorenzini proponendo alcune testimonianze sulla sua dibattuta appartenenza alla Massoneria e i parallelismi ravvisabili tra le vicende che caratterizzano il cammino verso la trasformazione in un vero uomo del burattino Pinocchio con i rituali e la simbologia dell’istituzione iniziatica.

Carlo Lorenzini, in arte Collodi dal nome della cittadina della Valdinievole di origine della madre, iniziò a scrivere la storia di Pinocchio nel 1880 in età adulta, a 55 anni.

Inizialmente la favola sarà pubblicata sul “Giornale per i Bambini” di Ferdinando Martini con il titolo di Storia di un burattino, a puntate, in

quindici capitoli, con il finale tragico dell’impiccagione di Pinocchio alla grande quercia per mano degli assassini “Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito”.

Due settimane più tardi, quando i piccoli lettori, erano ormai convinti che Pinocchio fosse morto impiccato, nella rubrica del giornale “Posta dei bambini” il redattore capo, Ferdinando Martini, il 10 novembre del 1881, annunciò “Una buona notizia. Il signor C. Collodi mi scrive che il suo amico Pinocchio è sempre vivo e che sul suo conto potrà raccontarne ancora delle belline. Era naturale: un burrattino, un coso

di legno come Pinocchio ha le ossa dure, e non è tanto facile mandarlo all’altro mondo.

Dunque i nostri lettori sono avvisati: presto presto cominceremo con la seconda parte della Storia d’un burrattino intitolata Le avventure di Pinocchio”.

Infatti il Lorenzini a partire dal 6 febbraio 1882 riprese la pubblicazione della favola, in tre blocchi suddivisi in vari capitoli sino al trentaseiesimo pubblicato il 25 gennaio 1883. Successivamente l’editore  riunì la favola in un volume illustrato da Enrico Mazzanti e la propose ai lettori all’interno della serie dei libri per ragazzi che affiancavano le collane dei libri scolastici.

Diverse sono le ipotesi sul perché il Lorenzini abbia ripreso a scrivere le storie del burattino.

Le più accreditate riguardano, da una parte, le innumerevoli proteste del pubblico infantile. dall’altra le ristrettezze economiche e l’esigenza di pagare certi debiti di gioco, considerato che percepiva dal Biagi 20 centesimi a rigo. Scrive il Collodi al Biagi dopo aver redatto i primi due

capitoli: Ti mando questa bambinata, quello che ti fanne pare; se me la stampi, pagamela bene per farmi venir la voglia di seguirla”. Volontà di narrare una storia educativa di ispira- zione massonica? Certo che il burattino, attraverso un lungo e faticoso cammino, verrà guida- to verso la via iniziatica che gli permetterà di trasformarsi da un semplice pezzo di legno animato in un vero uomo. Alcuni dati che possiamo certamente rilevare sono l’universalità del messaggio contenuto nel racconto e l’interesse che la storia da oltre un secolo suscita non solo tra i lettori di ogni età, ma anche da parte di scrittori, critici, psicoanalisi, studiosi delle religioni di ogni parte del pianeta, al punto di conquistare una notorietà e una diffusione associabili alla Bibbia e al Corano.

Un’altra verità sul successo della nostra storia la fornisce un anonimo sul “Fanfulla della Domenica” del 19 settembre 1880, che scrive “Il Collodi ha veramente le difficili e molte qualità che ci vogliono a scrivere libri per ragazzi. Li conosce, sa il loro linguaggio e lo adopera” libri per i ragazzi. Li conosce: sa il modo di pensare e di Ma tornando al tema del Collodi massone[GN1] , premetto che l’appartenenza del Lorenzini alla Massoneria non è avvallata, al momento, da alcun riscontro ufficiale reperibile tra la documentazione in possesso del G.O.I. Va ricordato an- che, a tale proposito, che nel secolo scorso molte logge massoniche furono incendiate e buona parte delle testimonianze della loro storia distrutte

o disperse. Inoltre all “epoca del Collodi le socie- tà segrete, le società dei Liberi Pensatori furono soggette alla scomunica da parte della Chiesa iI pertanto, costrette ad operare nell’ombra e nel- la massima segretezza.

È importante ricordare che il Collodi aveva partecipato volontario alle campagne risorgimentali del 1848 e del 1859 ed era il maestro riconosciuto del giornalismo “umoristico” dell’epoca. Fon- dò nel 1848 la rivista “Il Lampione” che, come riferisce il Lorenzini stesso, “ha illuminato tut- ti coloro che erano in bilico nelle tenebre”, ma che poco dopo incorse negli strali della censura e venne chiuso.

Seguirono altre iniziative editoriali quali “Lo scaramuccia”, “La Lente” e il celebre “Fanfulla” caratterizzato da brevi testi, ricchi di sberleffi, a commento di personaggi, fatti e costumi dell”epoca accompagnati spesso da caricature.

In quel contesto letterario furono Guido Biagi e Ferdinando Martini (entrambi massoni) a chiamare a raccolta il Collodi e il gruppo degli scrittori vicino al “Fanfulla” e al suo supplemento il “Fanfulla della domenica”, fondato dal Martini, al fine di cooperare a una vasta impresa educativa, rivolta anche ai bambini, col proposito tutto risorgimentale di formare i futuri cittadini italiani.

Fondamentale, pertanto, appare la profonda amicizia instauratasi tra il Lorenzini e il Martini, Giornalista-editore fiorentino già Ministro della

Pubblica Istruzione durante il primo ministero Giolitti eletto proprio nel Collegio di Pescia al Parlamento Nazionale dove vi rimase ininterrottamente per oltre quarant’anni.

Martini visse buona parte della sua vita in Valdinievole dove morì, a Monsummano Terme, e occupò un ruolo di primaria importanza nell’ambiente massonico dell”epoca. Nella cerchia di letterati ed intellettuali che ruotavano intorno all’orbita del Martini vanno annoverati i massoni Giovanni Pascoli e il suo maestro Giosuè Carducci, il quale in una lettera si rivolge al Lorenzini da “massone a fratello”.

Ferdinando Tempesti, uno dei maggiori stu- diosi di Carlo Lorenzini, nell’introduzione al Pinocchio uscito nei classici dell’Universale Feltrinelli, riporta come prove dell’appartenenza alla Massoneria dell’autore della favola una lettera al massone Pietro Barbera (1844) che termina con un riferimento al “fratello Collodi” e una frase di Giovanni Prati (1885) dedicata ai massoni: ‘“’Lunatici apostoli d’un simbolo politico e religioso, nel quale la mia natura, l’esperienza, la tradizione del mondo e dei miei studi mi vietan di credere”, inserendo tra quegli “apostoli” il nostro scrittore.

Lo stesso Tempesti nel volume Pinocchio e i simboli della “Grande Opera”, scritto dal sociologo Nicola Coco e dallo specialista di dottrine ermetiche Alfredo Zambrano, riporta, tra l’altro, frammentarie notizie circa l’affiliazione del Lorenzini ad una imprecisata obbedienza e riporta un particolare della vita familiare del Lorenzini dove la madre, addolorata di avere un figlio massone, cerca di convincerlo a fare atto di presenza alla messa di mezzogiorno in Santa Maria Maggiore a Firenze al fine di smentire quelle dicerie. Dall’altra parte si vede il Lorenzini rassicurare la madre affermando: “non sono un miscredente, a Dio ci credo. Stia tranquilla che ci credo”.

Sulla scorta di quanto fin qui riferito ritengo non azzardato sostenere che il Lorenzini abbia potuto attingere dalla Massoneria, se non l’ispirazione per la realizzazione dell’intera storia. almeno diversi simboli e significati inserendoli all’interno del racconto dove, comunque, tutti i personaggi fanno parte di un percorso educativo incentrato sulla vicenda di un burattino e di “un segreto misterioso” che vede  il protagonista trasformarsi in asino per divenire infine un giovane uomo.

È indubbio che agli occhi di un adulto questo libro possa manifestarsi come una significativa metafora della vita e della sua evoluzione spirituale rappresentata dal lungo percorso tortuoso di un semplice pezzo di legno grezzo con le forme di un burattino in cui vengono coinvolti tutti i sentimenti e i travagli dell’animo umano, dall’impertinenza del figlio verso il padre, all’innocenza del bambino che pur senza cattiveria si fa indurre in tentazioni cacciandosi continuamente nei guai, dall’amore innato tra genitore e figlio e dall’animo indulgente del genitore, sempre pronto a correre in soccorso e a perdonare, al lavoro nella sua durezza per la sopravvivenza con il richiamo al facile arricchimento e ancora alla giustizia e all’ingiustizia, alla gioia e al dolore, alla paura, alla morte, alla fantasia, alla conoscenza e alla trasformazione.

Cercherò, adesso, di evidenziare quelle parti della favola che maggiormente presentino delle assonanze e delle rispondenze con il mondo massonico

C’era una volta … Un re! Diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Sin dai primi righi lo scrittore vuole da subito  marcare la distanza dal tradizionale mondo fiabesco presentando come protagonista della storia un semplice pezzo di legno da catasta quale   materia prima per creare un burattino che poi   in uomo.

Lo voglio chiamar Pinocchio, Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina.

Da questo momento in poi Pinocchio e Geppetto vivranno in una sorta di simbiosi dove padre e figlio patiranno l’uno per le sofferenze dell’altro, dove entrambi naffronteranno innumerevoli traversie sia pure in luoghi e modi diversi ed entrambi gioiranno delle speranze reciproche

Fra mille peripezie Pinocchio prima di divenire Uomo compirà una serie innumerevole di “viaggi” che lo vedranno entrare in contatto con tutti

gli elementi primordiali — Acqua, Aria, Fuoco e Terra — così come simbolicamente si dovràsottoporre ai loro effetti il profano nel rituale diiniziazione. Le numerose peripezie ed esperienzeaccompagneranno Pinocchio in quel lungocammino che dalle tenebre lo condurrà alraggiungimento della Luce e, quindi, alla rinascitacome uomo. Le avventure del nostro burattinoricordano le passioni della vita, gli ostacolie le difficoltà che l’uomo incontra e che non potràvincere se non attraverso l’acquisizione di quellaforza morale che gli permetterà di lottare controogni avversità.

Iniziamo con il primo contatto con l’Acqua che avviene quando Geppetto viene arrestato e Pinocchio nel tornare verso casa si trova immerso in un temporale … tuonava forte forte, lampeggiava come se il cielo pigliasse fuoco e un ventaccio freddo e strapazzone fischiando rabbiosamente e sollevando un immenso nuvolo di polvere, faceva stridere e cigolare gli alberi della campagna.

Pinocchio nel XXXIV capitolo sarà gettato in mare e, mangiato dai pesci, ritorna ad essere un burattino e mentre nuota per salvarsi verrà

ingoiato dal terribile pescecane, successivamente attraverserà il mare a nuoto “con il babbo a cavalluccio sulle spalle” riuscendo ad arrivare alla spiaggia.

Dall’acqua passando al Fuoco quando tornato a casa bagnato da una “catinellata d’acqua che lo annaffiò dalla testa ai piedi” e “si addormentò con i piedi sopra il caldano pieno di brace accesa e nel dormire i piedi —che erano di legno- gli presero fuoco.

Il contatto con il fuoco lo ritroviamo ancora nell’incontro con Mangiafuoco che minaccerà di bruciarlo insieme ad Arlecchino.

Successivamente rischierà ancora di bruciare quando gli assassini per rubargli le monete d’oro appiccheranno  il fuoco e infine quando il Pescatore  Verde lo vuol friggere sul fuoco come un pesce.

Innumerevoli sono pure i contatti con l’Aria che è presente nel volo del pulcino quando Pinocchio   rompe il guscio dell’uovo, così come ritroviamo tale elemento in tutti i volativi presenti nella fiaba: dalla Civetta, al Corvo, dal Falco, al Colombo, che porta Pinocchio in alto nel cielo, massima espressione di elevazione collegata all’aria.

I contatti con la Terra li ritroviamo nel momento in cui semina gli zecchini nel Campo dei Miracoli e costringeranno Pinocchio a proseguire il suo percorso privo di beni materiali o, verso la fine del racconto, quando, con l’aiuto del tonno, raggiungerà la spiaggia e con l’incontro di animali striscianti quali il serpente e la lumaca.

Oltre al richiamo ai quattro elementi troviamo altri riferimenti al mondo esoterico come l’evocazione del cielo stellato nel Campo dei Miracoli e, successivamente, ancora più marcatamente all’uscita della bocca del pescecane dove quel cielo stellato, oltre che tema di meditazione, diventerà guida verso la meta. La volta stellata — ha un profondo significato simbolico — essa è presente all’interno di ogni tempio massonico e a rappresentare il cosmo infinito, l’evoluzione spirituale, il tetto del mondo.

La visione della volta stellata sta a rammentare che il lavoro di costruzione del tempio rimarrà eternamente incompiuto, in quanto la nostra opera di ricerca interiore, di perfezionamento umano e di verità non avranno mai fine.

Pinocchio si mosse brancolando in mezzo a quel buio e cominciò a camminare tastonì dentro il corpo del Pescecane, avviandosi un                               passo dietro l’altro verso quel piccolo chiarore che vedeva baluginare lontano lontano e più andava avanti, e più il chiarore sì faceva rilucente e distinto: finché, cammina, alla fine arrivò: e quando fu arrivato … che cosa trovò? Ve lo do a indovinare in mille: trovò una piccola tavola apparecchiata, con sopra una candela accesa infilata in una bottiglia di cristallo verde, e seduto a tavola un vecchiettino tutto bianco, come se fosse di neve o di panna montata …

Siamo nel XXXV capitolo, stiamo per giungere al termine della nostra storia e la descrizione di questo luogo buio non può che portare alla mente di ogni massone il Gabinetto di Riflessione, luogo angusto e buio dove è presente un piccolo tavolo illuminato da una candela su cui giace un pezzo di pane, una brocca d’acqua e del sale, così come sono presenti resti di ogni tipo nello stomaco del pescecane, che stanno a significare la temporaneità dell’esistenza e che tutto è destinato ad essere mutato.

La Camera di Riflessione invita il profano-neofita di spogliarsi delle sue paure. delle sue insicurezze. dei metalli per rinascere e lo incita a proseguire il percorso della sua esistenza, rettificandola, al fine di risvegliare la sua coscienza in una nuova dimensione, per dare un senso diverso alla sua vita. Non a caso Pinocchio dopo essere uscito

dal ventre/camera di riflessione superando il “mare” dell’inconscio riesce finalmente ad approdare alla spiaggia che rappresenta il momento della presa di coscienza di sé quale preludio della via iniziatica. Infatti il nostro Burattino —

Profano rinascerà Bambino — Iniziato. Proverò adesso a fornire una rappresentazione in chiave esoterica dei principali personaggi della

storia.

Cominciamo da Mastr’ Antonio detto Mastro Ciliegia il quale prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levigargli la scorza e disgrossarlo … Ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio sospeso in aria, perchè sentì una vocina sottile sottile, che disse raccomandandosi Non mi picchiar tanto forte! E così dopo aver dato il primo solennissimo colpo sul pezzo di legno … Ohi! Tu m’hai fatto mal! Gridò rammaricandosi la solita vocina. È evidente che Mastro Ciliegia o meglio Maestro Ciliegia non è all’altezza del ruolo: pur essendo un brav’uomo è incapace di lavorare su quel pezzo di legno dotato di un’anima al suo interno, anche lo strumento usato per sgrossarlo non è quello giusto. così come la sua stessa destinazione finale (vuol farne infatti una gamba per il tavolino). Per tali motivi il Ciliegia esce di scena per  lasciare il posto ad un altro maestro

del legno, il vecchio e saggio Geppetto. In quel punto fi bussato alla porta. Ed ecco allora esordire il nostro Mastro Geppetto, il quale tornato a casa prese subito gli arnesi e si pose a intagliare il suo burattino. Iniziò a sgrossare il pezzo di legno grezzo così come per similitudine avviene nel nostro caso con gli apprendisti che associati alla pietra grezza dovranno essere guidati nella trasformazione della pietra informe in pietra cubica, elemento basilare nell’opera edificatoria dell’arte muratoria.

L’attività del falegname è simbolicamente connessa all’operato di colui che deve creare ordine dal caos, vita dalla morte.

È, infatti. con animo puro e con dedizione che il nostro maestro seguirà nella crescita, nel processo di miglioramento, di perfezionamento e di trasformazione la sua creatura. Nel capitolo successivo venderà la propria casacca di fustagno per acquistare al burattino l’abbecedario … ritornando a casa in maniche di camicia mentre fuori nevicava.

E la casacca babbo  ??

L’ho venduta.

Perché l’avete venduta?  ??

Perché mi faceva caldo.

L’abbecedario che alla fine del IX Capitolo Pinocchio venderà per andare a vedere il teatrino dei burattini …

di legno È Pinocchio! È Pinocchio! Urlano in coro tutti i burattini … è il nostro fratello Pinocchio … Pinocchio vieni quassù da me —grida Arlecchino –vieni a gettarti tra le braccia dei tuoi fratelli di legno… e qui ogni riferimento   alla fratellanza ritengo non sia affatto causale.

A questo punto appare la figura del burattinaio Mangiafuoco … (questo era il suo nome) pareva un uomo spaventoso, specie con quella

sua barbaccia nera, che a uso grembiale, gli cropriva tutto il petto e tutte le gambe; ma nel fondo poi non era un cattiv’uomo.

Infatti il terribile Mangiafuoco descritto come burbero e minaccioso in realtà è un uomo di animo gentile e compassionevole e come ogni buon

Maestro avrà cura del suo Apprendista, infatti dopo aver minacciato, sgridato e fatto capire a Pinocchio e ad Arlecchino, i loro errori commessi li perdonerà e con commozione consegnerà al nostro burattino le cinque monete, che aveva incautamente sperperato, permettendogli così di potere riprendere il suo viaggio.

Il Gatto e la Volpe … il gatto è cieco da entrambi gli occhi. Egli non potrà mai avere la possibilità di ricevere la LUCE, la sua cecità è la rappresentazione della benda simbolo delle tenebre.

La volpe invece è zoppa e, pertanto, associabile all’imperfezione del cammino claudicante del profano. Nel rituale dell’iniziazione il neofita viene introdotto nel tempio con il piede sinistro scalzo che renderà il suo cammino zoppicante prima di divenire regolare.

Nel XVI capitolo troviamo Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della Quercia Grande e il cappio posto al suo collo cinge anche quello del neofita bendato, zoppicante e dall’aspetto scomposto con una spalla scoperta. Ed è a questo punto che appare la Fata dai capelli turchini e la fatina impietosita alla vista di quell’infelice che, sospeso per il collo, ballava il trescone alle ventate di tramontana, batté per tre volte le mani insieme e fece tre piccoli colpi. Perché proprio tre colpi? Tre sono i colpi che il profano deve battere alla porta del tempio per potere essere ammesso

Nel capitolo successivo Pinocchio verrà accompagnato da conigli celati da cappucci neri, come i fratelli fra le colonne nel Tempio, al cospetto di tre medici, rispettivamente, nel rituale di iniziazione, il Maestro venerabile, il Fratello esperto e il Maestro delle cerimonie, che lo costringeranno a bere la medicina amara dopo aver avuto prima la pallina di zucchero ossia il liquido dolce e quello amaro, che dovrà

bere il profano per assaporare il bene e il male, il piacere della solidarietà dei Fratelli in contrapposizione all’amarezza e ai rimorsi per

il tradimento dei valori massonici. Subito dopo la Fatina dirà a Pinocchio “Tu sarai il mio fratellino …”

Ritroviamo di nuovo la Fatina nel XXIX capitolo dove comunica a Pinocchio che il suo desiderio si sarebbe finalmente real “Domani finirai di essere un burattino di legno e diventerai un ragazzo perbene”, mail nostro burattino ancora non è pronto e pur con tutta la buona volontà sarà di nuovo attratto dal mondo profano e si farà convincere da Lucignolo di seguirlo nel Paese dei Balocchi. E nel medesimo capitolo la Fata fa preparare duecento tazze di caffè e di latte e quattrocento panini imburrati di sotto e di sopra

La tradizione vuole che nella storia di Hiram, leggendario architetto incaricato della costruzione del Tempio di Re Salomone, siano presenti

due file di duecento melagrane attorno a ciascun capitello delle due colonne del tempio, in tutto quattrocento, così come le duecento tazzine del racconto che oltre alla coincidenza numerica rappresentano anche il bianco (il latte) e il nero(il caffè) simboli dell’eterna contrapposizione tra il bene e il male, la luce e le tenebre.

La Fata dai Capelli Turchini, che assiste Pinocchio e lo soccorre in più momenti rappresenta la massima espressione del … impersonifica massonicamente la ragione nella sua espressione più pura. Al contrario della fata Lucignolo raffigura il vizio, che lo distoglie dal Dovere.

Il vizio, inteso come pericolo contro il quale bisogna armarsi con tutte le forze della Ragione e con tutta l’energia come suggerisce al nostro personaggio il Grillo Parlante, dispensatore di insegnamenti e, pertanto, figura assimilabile all’interno del Tempio Massonico alla funzione dell’Oratore, colui che è custode della Legge Massonica, perfetto conoscitore delle costituzioni e dei regolamenti e preposto all’istruzione dei Fratelli.

Ometto di trattare dei soggetti più o meno secondari come il serpente, la colomba, la lumaca, la civetta e. infine. le api in quanto ognuno di essi è presente nelle più svariate realtà iniziatiche peril loro forte e variegato significato simbolico, evocativo ed esoterico.

Vicini ormai alla conclusione del nostro cammino di esegesi massonica all’interno delle avventure di Pinocchio, ci troviamo nella bocca del pescecane dove il maestro Geppetto e il protagonista della sua opera, si ritroveranno di nuovo insieme pronti ad affrontare l’ultimo viaggio che porterà il neofita, una volta usciti dalla bocca dell’enorme pesce, a vedere un bel cielo stellato e un bellissimo lume di luna

Compiuto il suo ultimo viaggio il nostro burattino inizierà una nuova vita fatta di studio, lavoro a sostegno del suo povero babbo.

E un bel mattino Pinocchio aprirà gli occhi e si accorgerà di essere un bambino ed ecco che con il risveglio a nuova vita, possiamo affermare

che il viaggio iniziatico si è finalmente completato. Com’’ero buffo, quand’ero un burattino! E come ora sono contento di essere diventato un ragazzino perbene!

L’unicità di questo capolavoro alla luce del presente lavoro è costituita dalla capacità del Lorenzini di diffondere una verità esoterica universale, quella del miracolo della trasmutazione a nuova vita del suo personaggio, attraverso la semplicità del linguaggio con cui ci si rivolge a un bambino.

La nostra favola è l’esempio più rappresentativo di quella letteratura laica, educativa, sotterranea e a tratti segreta, che ha dovuto sottrarsi alla censura di quell’ala meno illuminata ed elitaria della cultura cattolica del tempo.

Nella lettura di queste pagine abbiamo trovato significati che ci hanno portato a quelle virtù purtroppo sempre più dimenticate quali l’umiltà,

la compassione, la temperanza, la carità, la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza che noi massoni nei nostri templi perseguiamo nel tentativo

di creare uomini autentici, giusti, uomini che tendono ad una vita in cui il bene, l’amore e la giustizia possano trovare una casa comune e affermarsi, all’esterno, nella società.

Concludo ricordando che in Piazzale Doteo a Milano, nel 1 venne realizzata una fontana dedicata a Pinocchio in cui è rappresentato il burattino inanimato e il bambino da lui generato che lo fissa. Ai lati del basamento ci sono o meglio, a causa dell’incuria o ancora peggio di qualche vandalo, c’erano il Gatto e la Volpe.

Sul pilastro centrale è incisa una frase del poeta Nino Negri che recita: “Com’ero buffo quand’ero un burattino! E tu che mi guardi, sei ben sicuro di aver domato il burattino che vive in te


 [GN1]

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