GLI OPERAI SONO CONTENTI?

GLI OPERAI SONO CONTENTI?

Maestro Venerabile e Fratelli Carissimi,

Un passo del rituale, che mi ha sempre reso perplesso sul significato da attribuirgli, riguarda la domanda che il M.V. indirizza al 1° Sorvegliante, ma che in sostanza è rivolta a tutti i Fratelli presenti.

“Fratello 1° Sorvegliante, gli operai sono contenti?” Il 1° Sorvegliante osserva il comportamento dei Fratelli e constatando i loro cenni affermativi risponde: “Tanto quelli dell’una quanto quelli dell’altra colonna manifestamente lo attestano”.

Ottenuta la risposta, si procede alla chiusura dei lavori in Camera di Apprendista.

Desidero questa sera porre alla vostra attenzione il passaggio rituale, appena descritto, per decifrarne il corretto significato. Lo scopo è di favorire una migliore e più approfondita comprensione del rituale per una sua maggior efficacia operativa.

La domanda posta è: “in tale circostanza è consentito ai Fratelli esprimere liberamente e legittimamente il proprio dissenso o anche solo tenere un atteggiamento di mera indifferenza?”

La risposta non mi pare né semplice né scontata.

Il dubbio nasce nel constatare che l’affermazione del 1° Sorvegliante è univoca.

Il rituale infatti non contempla, nella risposta del 1° Sorvegliante, opzioni diverse rispetto a quella di confermare l’unanime consenso. Quindi. ne deriva che dovrà pronunciare l’identica frase anche se in evidente contrasto con i comportamenti manifestati.

Ciò suggerirebbe l’ipotesi che l’unanimità debba costituire una condizione nonsolo necessaria ma indispensabile alla regolare chiusura dei lavori.

Se cosi fosse, il contenuto del passo rituale vincolerebbe i Fratelli ad una sola scelta: quella cioè di mostrarsi contenti.

Questo può non convincere del tutto, presumendo che non sempre si possano creare le condizioni favorevoli ad una felice conclusione dei lavori.

Ne consente, delle due l’una, o che il Fratello dissenziente ipocritamente finga contentezza, forzando così la mano alla propria coscienza, ovvero, che il 1° Sorvegliante ignori l’espressione di dissenso e affermi il falso.

Entrambe le situazioni rappresenterebbero un grave scostamento dai principi che ci guidano.

Escludendo che il nostro rituale, frutto di una saggezza antica, possa contenere brani dai significati capziosi, proviamo ad approfondirne il contenuto sotto il duplice aspetto del significato verbale e dell’interpretazione simbolica.

Nel primo, la domanda del M.’. V .’.postula, come ogni domanda, una risposta affermativa o negativa, discriminata solo dalla libera volontà di ognuno. Il secondo aspetto esclude tale postulato in quanto la domanda del M..V . è rivestita di una funzione simbolica il cui particolare significato deriva dall’essere parte integrata di un contesto di formule e gestualità rigorosamente codificate dal Rituale. In più, la particolare modalità di comunicare, consistente in una manifestazione

non verbale, bensì di tipo gestuale, conferisce alla circostanza ulteriore carisma simbolico

Ne consegue che la risposta dei Fratelli, a mio avviso è necessariamente

affermativa proprio perché ritualizzata.

Le due diverse prospettive portano, come si intuisce, a delle conclusioni distanti fra loro.

In cosa si differenziano tra loro le due distinte interpretazioni della frase in esame? Penso soprattutto alle diverse conseguenze a cui rispettivamente possono condurre, conseguenze i cui possibili effetti lascio alla valutazione ed alla meditazione dei Fratelli.

Per arrivare alle mie conclusioni, vorrei partire da questa breve premessa

Il nostro lavoro consiste soprattutto nella verifica e nel confronto di idee e di esperienze.

Questo è il momento rappresentativo della vera attività creativa e propulsiva del lavoro di Loggia, dove ci si attende che ognuno, fatte salve le normali regole di prudenza e di rispetto, esprima senza piaggeria o falsi pudori il frutto delle proprie idee, anche se contrastanti ad altre.

Anzi proprio dal gioco dialettico di questi legittimi contrasti nasce lo stimolo al superamento delle proprie convinzioni in una continua ricerca, favorita dall’apporto dei singoli.

In questa fase, e cioè nel loro dialettico confronto, le idee possono mutare o mantenersi ferme, l’importante è che ciascuno riconosca, con umiltà, che esse rappresentano le prime ed incerte tappe di un lungo e faticoso cammino.

Se questo è lo spirito che impronta i rapporti tra Fratelli, allora le proprie eventuali incomprensioni e insoddisfazioni trovano il loro corretto momento di composizione nell’ambito degli interventi previsti dal rituale (quando cioè la parola è concessa) e non certo al momento della chiusura dei lavori.

Su tale ipotesi mi spiego allora quella dose di prudenza espressa dal nostro rituale che, per un verso impedisce al 1° Sorvegliante di enfatizzare l’eventuale risposta negativa, non permettendogli di rilevarla, e per l’altro, ritualizza la risposta svuotandola da implicazioni critiche. Non solo, ma proprio perché non contiene giudizi di merito sugli specifici contenuti emersi nel corso della Tornata,. la risposta affermativa intende esprimere atto di fraterna tolleranza, disponibilità e comunque di eventuale pacificazione.

A questo punto mi pare che nel passo rituale considerato venga a delinearsi in maniera inequivocabile la prevalenza del significato simbolico su quello letterale.

Terminate le dure fatiche, simbolicamente rappresentate dall’uso della parola, ora, nel silenzio delle colonne, sopito l’eco delle proprie appassionate argomentazioni, i Fratelli si accingono a lasciarsi per fare ciascuno ritorno alle proprie abitazioni.

Ed ecco la ragione dell’ultimo adempimento che viene richiesto loro dal rituale: che eventuali fattori di insoddisfazione e di turbamento intervenuti nel corso dei lavori, vengano consapevolmente e liberamente rimossi dai loro animi; essi, in una sorta di “Catena d’unione” gestuale, si dichiarano contenti e soddisfatti riconfermando, con tale fermo atteggiamento, la propria rinnovata fede nei valori di Tolleranza, Fratellanza e Libertà.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’.S. Lppls,

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