LA PUBBLICISTICA DEL G.O.I. DAL1862 AI GIORNI NOSTRI

La pubblicistica del

Grande Oriente d’Italia

dal 1862 ai giorni nostri

di Marco Novarino

Questo breve saggio, che accompagna la mostra sulla pubblicistica del Grande Oriente d’Italia (GOI) dal 1862 ad oggi, cerca di delineare i caratteri salienti delle riviste a livello nazionale del GOI pur nella consapevolezza che questo rimane un settore della storia massonica italiana tutto da esplorare e dal quale possono uscire stimolanti ricerche.

In Italia non sono molti, a differenza della Francia e della Spagna, gli studi sulla stampa massonica a livello nazionale e locale per il periodo che va dall’Unità ai nostri giorni.

Questa lacuna ha generato alle volte confusioni tra stampa massonica e stampa filo-massonica, riviste di contenuto esoterico, riviste occultiste o di sette magiche.

Prima di passare pertanto all’analisi dei periodici del GOI riteniamo opportuno fornire una griglia interpretativa che chiarisca gli ambiti d’intervento e delimiti precisamente i soggetti da analizzare.

Il vasto panorama della pubblicistica massonica e filomassonica si può raffigurare con tre cerchi concentrici.

Il primo, il più interno, riguarda la stampa dichiaratamente massonica, ossia riviste che erano espressione ufficiale di una Obbedienza, di un Rito, di una o più logge o di singoli massoni e la cui specificità massonica fosse esplicitamente contenuta nel titolo o nel sottotitolo o nel programma.

Il secondo riguarda riviste che non riportavano precise indicazioni di appartenenza massonica, ma di cui si ha documentazione certa che furono pubblicate dalla massoneria. L’esempio più interessante è senza dubbio la rivista “Idea Democratica” (segnalata dalla “Rivista massonica” come una rivista “di difesa e di propaganda dei principi democratici e per le idee, pel diritto, per la rispettabilità e il prestigio dell’Ordine”) la cui pubblicazione fu decisa dalla Giunta del Grande Oriente d’Italia nel 1913 per contrastare la rivista dei nazionalisti “Idea nazionale”, fortemente antimassonica. Esistono altri esempi locali, come il periodico fiorentino “Il Temporale” (1864-66) o il settimanale d’istruzione e d’educazione “La famiglia e la scuola” (1876-78) pubblicato con il contributo della loggia milanese “La Ragione”.

Nel terzo cerchio si considerano le riviste e i quotidiani ritenuti, a torto o ragione, vicini alla massoneria. In questo caso la ricerca si dilata, scende nella storia locale, assume contorni meno definiti.

Due esempi paradigmatici furono i quotidiani “L’Espero” e “Il Diritto”, portavoce ufficiosi, nei primi anni dopo l’unificazione nazionale, di due massonerie contrapposte: del Grande Oriente Italiano, d’ispirazione moderata, il primo; della loggia “Dante Alighieri” e del Rito Scozzese, di matrice democratica, il secondo.

Sulla stampa del primo cerchio, ossia quella specificamente massonica, recentemente lo storico francese Charles Porset ha elaborato una classificazione che divide questo tipo di pubblicistica in tre grandi categorie:

I) I Bollettini, che contenevano informazioni amministrative o tecniche – se così si può dire – degli organismi massonici (decisioni degli organi dirigenti, verbali di assemblee e riunioni, sentenze dei tribunali massonici, necrologi). Questo tipo di riviste pubblicava quindi notizie a livello nazionale ma anche informazioni sulla vita delle singole logge e aveva una diffusione strettamente interna.

II) Le riviste culturali, dedicate a temi di carattere storico, filosofico e scientifico trattati secondo una prospettiva massonica. Queste pubblicazioni potevano appartenere a una Obbedienza, a un Rito o a singole logge, riflettere l’opinione di più organismi massonici o, all’opposto, funzionare come organo di opposizione interna. Questo tipo di pubblicazioni era diffuso anche all’esterno e rappresentava un veicolo per la diffusione del pensiero massonico.

III) Le riviste “rituali” che si occupavano specificatamente di esoterismo e tradizione. Queste riviste erano in genere prodotte dalle Camere rituali dei Riti, in particolare dal Rito Scozzese, e la loro distribuzione era vincolata al grado massonico raggiunto.

Da una attenta analisi risulta che le riviste libero-muratorie italiane, espressione diretta del Grande Oriente d’Italia, sfuggono a questa classificazione in quanto la stragrande maggioranza dei periodici erano una via di mezzo tra il bollettino e la rivista culturale, con queste due componenti presenti in proporzioni diverse a seconda dei casi.

Nella tenuta del 10 ottobre 1862 il Gran Consiglio del Grande Oriente Italiano, su proposta di Buscalioni, prese in esame il progetto di pubblicare una “effemeride massonica autografata, settimanale o mensile” che diffondesse tra le logge e nel mondo profano gli atti della più importante Obbedienza massonica. Il periodico ufficiale del GOI assunse il nome di Bollettino officiale del Grande Oriente Italiano, e la sua esistenza coincise con la gestione della rinata massoneria italiana da parte della dirigenza moderata torinese d’ispirazione cavouriana e si concluse nel giugno 1864.

Ad esso seguì il Bollettino del Grande Oriente della Massoneria in Italia che uscì dall’ottobre 1864 al maggio 1869, periodo caratterizzato dalla svolta in senso democratico-garibaldino promossa principalmente dai Grandi Maestri De Luca e Frapolli.

A partire dal 1870, superato lo scontro tra moderati e democratici e avviandosi verso un periodo di stabilità e di crescita, il Grande Oriente d’Italia diede vita alla Rivista della Massoneria italiana che nel 1905 assunse il titolo di Rivista Massonica. Si può affermare che tra queste tre testate (o quattro se si tiene conto del cambio di testata nel 1905) sia esistita una omogeneità di forma e contenuto nella diffusione degli ideali massonici; sia in generale in quanto ideali umanitari e progressisti, sia in particolare, in quanto temi caratteristici delle stesse idealità: come ad esempio il tema della pace e dell’autodeterminazione dei popoli oppressi o l’abolizione della pena di morte.

Attraverso uno spoglio accurato dei bollettini del primo decennio massonico post-unitario si evince che questo fu uno dei periodi più tormentati e ricco di esperienze per l’intera massoneria italiana e in questi anni si posero non solo le basi per un successivo sviluppo del Grande Oriente d’Italia ma si sedimentarono i valori fondanti della libera muratoria.

Nelle pagine delle riviste del primo decennio post-unitario emersero con forza tutti gli aspetti e le contraddizioni che caratterizzeranno la massoneria italiana fino al 1925.

L’impegno democratico, la fede nella scienza e nel progresso, l’anticlericalismo – sospeso tra l’ateismo e il razionalismo con istanze metafisiche e religiose – il rifiuto della lotta di classe e l’attenzione per la questione sociale, sono tutti elementi che furono acquisiti e interiorizzati dal Grande Oriente d’Italia, che assumerà, con la Gran Maestranza di Adriano Lemmi, una fisionomia specifica e un assetto organizzativo stabile.

Successivamente attorno alla Rivista della massoneria italiana si raccolsero e potenziarono le energie individuali dei massoni per riaffermare la libertà di pensiero attraverso una posizione di equidistanza non appiattita su posizioni filosabaude né tanto meno incline a connivenze con l’insurrezionalisimo mazziniano, in linea con la celebre frase di Crispi “la Monarchia ci unisce e la repubblica ci dividerebbe”.

In questo percorso l’impegno sociale e politico dispiegato dalla logge massoniche alle volte fu di gran lunga superiore all’impegno iniziatico ed esoterico.

La massoneria italiana, attraverso gli articoli apparsi sulle sue riviste, si distinse per un acceso anticlericalismo, non inteso come spirito antireligioso – anche se non mancarono atei iconoclasti – ma come totale avversione al potere temporale e spirituale della chiesa cattolica, al suo ruolo antinazionale e al suo perdurante influsso operante nella società civile attraverso la capillare struttura di parrocchie e opere sociali. Il rifiuto opposto dai vertici massonici alle richieste di sopprimere l’obbligo di credere in un Ente supremo, richiesta avanzata da più parti dopo che sia il Grande Oriente del Belgio e sia il Grande Oriente di Francia a metà degli anni settanta avevano optato per questa soluzione, dimostra quanto fosse radicato nella maggioranza della comunità massonica italiana lo spirito religioso.

Se l’impegno in campo politico e l’acceso anticlericalismo prefiguravano la nascita di una massoneria filo-francese, l’impegno pedagogico-filantropico la riavvicinarono all’area anglosassone e alla tradizione della massoneria operativa medievale, di cui la massoneria inglese si riteneva l’unica e fedele esecutrice.

Questa coesistenza d’indirizzi strategici contrapposti e il tentativo di costruire una “via italiana” creò le basi per una vita istituzionale turbolenta, incline alle aspre polemiche e alle devastanti scissioni e a una difficile collocazione in campo internazionale.

Naturalmente ogni testata, seguendo l’evoluzione di questo percorso, ebbe caratteristiche ben definite.

Il Bollettino officiale del Grande Oriente Italiano esordì come organo destinato a far conoscere i documenti ufficiali, e se dedicò uno spazio abbastanza ampio e frequente alla materia amministrativa (rendiconti, solleciti di quote, elenchi di logge, etc.) ben presto tuttavia esso diede spazio anche a una significativa parte redazionale, dove l’opera di Carlo Michele Buscalioni fu intensa, tanto che alle sue dimissioni, verso la fine del ciclo di attività del gruppo moderato torinese, seguirà rapidamente la cessazione del periodico che uscì dal 15 novembre 1862 al 15 giugno 1864, con la pubblicazione di 19 numeri.

Il periodico di Buscalioni – che fu il primo giornale massonico italiano – costituisce, con gli altri due periodici ufficiali che ne prenderanno il posto, una delle fonti più cospicue e attendibili per la storia massonica italiana dell’800.

Nel primo numero vennero tracciate le linee programmatiche (scritte verosimilmente da Buscalioni, riconoscibile se non altro per gli stilemi già riecheggiati dai verbali delle sedute del Gran Consiglio del Grande Oriente) in cui si dichiarava che “il programma del bollettino massonico è il programma dell’Ordine. Progresso morale e materiale delle masse, e per suo mezzo, l’affrancamento di tutte le famiglie umane sotto il Gran Delta luminoso che potrebbe tradursi in questa formola umanitaria: Amore, Lavoro, Libertà”.

Oltre al piemontesismo di certi errori ortografici (forse imputabili al tipografo, ma comunque non corretti), si rileva nell’articolo la tensione per l’affermazione dei principi risorgimentali italiani del suo editore, tuttavia aperta a orizzonti sovranazionali.

Buscalioni tentò attraverso il “Bollettino” e al quotidiano filo-massonico “L’Espero” di emarginare politicamente la sinistra rivoluzionaria restringendone il campo d’azione e fu appunto l’incoercibile prevalenza, a partire dalla fine del 1863 dei democratici e dei garibaldini, che egli considerava pericolosi rivoluzionari, a provocare la sua défaillance massonica nel 1864.

Nel numero del 31 marzo 1864 Buscalioni pubblicava una lettera di dimissioni dichiarando che “L’opera di conciliazione e di concordia da me iniziata, essendo tornata indarno, mi credo in debito di rassegnare le mie dimissioni da primo Gran Maestro aggiunto e da membro del Grande Oriente …”.

L’amara conclusione dell’esperienza dirigenziale e giornalistica di questo esponente massonico pose fine al tentativo di dare alla massoneria italiana un indirizzo consono con la mentalità della Destra storica. Frattanto però il Bollettino aveva potuto recare al crescente numero di massoni italiani e alle potenze massoniche straniere una serie di messaggi di notevole qualità ideologica e letteraria, che caratterizzarono, con la produzione didascalica di Buscalioni, questa fase della pubblicistica massonica torinese.

Nel Bollettino del Grande Oriente della Massoneria italiana, grazie all’impegno pedagogico di Lodovico Frapolli e alle capacità giornalistiche di Mauro Macchi, si avviò un graduale passaggio verso la forma di una rivista che facesse della strutturazione ideologica e della risposta al mondo esterno una caratteristica fondamentale.

Largo spazio venne dedicato alle polemiche tra le varie componenti latomistiche italiane (già presenti nel bollettino diretto da Buscalioni, con il dissidio tra il Grande Oriente Italiano di Torino – moderato di ispirazione cavouriana – ed il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato di Palermo – di matrice democratico-garibaldina o con la polemica nei confronti delle logge massoniche napoletane riunitesi intorno a Domenico Angherà) sviluppatesi dopo la nascita del Grande Oriente d’Italia e attraverso i suoi dissidi con il centro massonico milanese (che raggruppava alcune logge simboliche) guidato da Ausonio Franchi da una parte, con le correnti scozzesiste del centro palermitano e con il Supremo Consiglio nato all’interno della loggia torinese “Pietro Micca” dall’altra.

In questo decennio magmatico – che vide sorgere gruppi con presunzioni iniziatiche che si richiamavano frequentemente ad ascendenze antiche inesistenti – spicca senza dubbio la figura del citato Lodovico Frapolli, personaggio di primo piano nelle vicende risorgimentali e massoniche italiane.

Il grande merito del Frapolli fu che attraverso il Bollettino del Grande Oriente della Massoneria italiana affrontò e pose le condizioni per risolvere i problemi che erano alla base della debolezza della massoneria italiana: la divisione in differenti organizzazioni liberomuratorie e la mancanza di un programma definito, che poneva l’Istituzione al rischio di una eccessiva politicizzazione.

Dopo una prima fase (1870-1874) largamente proiettata verso l’esterno, grazie all’ottimo utilizzo della stampa italiana ed estera operata dal Macchi, e quindi con una forte impronta profana e politica, nel 1874 la Rivista della massoneria italiana (con l’affidamento della direzione a Ulisse Bacci che manterrà la carica fino al 1926) assunse una veste più “massonica” con ampie e costanti informazioni sul mondo latomistico italiano ed estero e con una spiccata attenzione dedicata alla formazione ideologica interna.

Alla Rivista venne affiancato nel periodo 1874-1879 (e con un successivo numero riassuntivo pubblicato nel 1892, che raccoglieva gli atti del GOI dal 1869) il Bollettino ufficiale del Grande Oriente d’Italia che conteneva gli atti delle Assemblee generali, i decreti e le circolari del Gran Maestro e gli estratti delle sedute del Consiglio dell’Ordine.

Il problema per la Rivista del GOI restava quella di trovare un giusto equilibro tra le pagine dedicate ai temi socio-culturali e quelle dedicate alle questioni interne, sullo stile dei “bollettini officiali”, e alla formazione pedagogica in senso massonico, a volte riempite con testi dal tono esasperatamente didattico e pesante.

La stabilità apportata all’Istituzione dalla Gran Maestranza di Adriano Lemmi e il potenziamento attuatosi con le Gran Maestranze successive di Ernesto Nathan, Ettore Ferrari e Domizio Torrigiani, contribuirono a raggiungere l’equilibrio auspicato e dare alla rivista stabilità e prestigio.

Un ulteriore modifica editoriale, dovuta ai cambiamenti subiti dalla società italiana nel periodo giolittiano, avvenne nel 1905 durante la Gran Maestranza di Ettore Ferrari, anche se il dibattito su una nuova stagione della pubblicistica massonica ebbe inizio a cavallo dei due secoli in piena Gran Maestranza Nathan. All’inizio del Novecento la polemica antimassonica non era solo più esclusivamente di stampo cattolico ma altre forze politiche, come i socialisti, dirigevano i loro strali contro il Grande Oriente con le solite accuse di “potenza occulta” e “centro affaristico”.

Per rispondere a questi attacchi sui vari fronti e per “sfatare le accuse scempie e ingiurie volgari mossele (al GOI ndr) da certa stampa che inventa raccoglie, riproduce e illustra contro l’ordine nostro” nel 1905 la rivista cambiava veste e titolo, diventando la Rivista Massonica per essere, come scrisse Ulisse Bacci “anche diffusa nel mondo profano… Così la Rivista Massonica, potendo correre nelle mani di tutti, sarà in grado di spiegare e chiarire i principi e gli intendimenti della nostra Istituzione, concorrendo a difenderla vigorosamente dagli attacchi di ogni genere che da più parti le si muovono con insolita temerità”.

Rinnovata nei caratteri e stampata a tutta pagina, aumentò le pagine per fascicolo continuando a dividere il contenuto in due parti: ufficiale e non ufficiale.

La prima comprendeva gli Atti, informazioni sull’Istituzione e notizie sulle comunioni estere; la seconda articoli divulgativi di carattere storico, letterario, scientifico e discorsi e conferenze pronunciati in ambiti massonici o profani.

La linea editoriale della rivista rimase immutata fino al 1926, anno della sua forzata chiusura, e in questa strategia di “trasparenza” e difesa dell’Istituzione venne affiancata in periodi successivi dalla rivista del Rito simbolico L’Acacia (1908-1917) e da quella del Rito Scozzese Antico e Accettato Lux (1923-1925). Anche se espressioni di Riti queste riviste possono essere considerate a tutti gli effetti riviste del GO d’I in virtù del sistema organizzativo teoricamente abrogato nel 1922 dal Gran Maestro Domizio Torrigiani che decretò la separazione tra Ordine e Riti ma di fatto in vigore fino alla messa al bando della massoneria nel 1925.

Le due riviste svolsero un ruolo molto importante in due momenti molto difficili per il GOI: L’Acacia nella crisi massonica dei 1908 (determinatasi con la scissione del RSAA e la nascita della Gran Loggia di Saverio Fera) e negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, con lo sforzo di respingere gli attacchi virulenti del Partito nazionalista da una parte e dei massimalisti socialisti, capeggiati da Benito Mussolini, dall’altra. La rivista L’Acacia rientrava a pieno titolo nel tipo di riviste culturali, descritte in precedenza, in quanto tutte le notizie interne riguardanti il Rito Simbolico venivano delegate al Bollettino del Rito Simbolico Italiano, che seppure spedito insieme alla rivista godeva di una sua fisionomia redazionale e tipografica. La rivista Lux nacque in un periodo particolarmente tumultuoso della storia, non solo massonica, italiana, contribuendo al non facile lavoro di chiarezza e difesa delle tradizioni democratiche della massoneria, dopo la sbandata pro-fascista del primo dopoguerra, trovando calorosi consensi non solo nel Rito Scozzese (del quale essendo il bollettino pubblicava gli atti del Supremo Consiglio nella consolidata tradizione della forma di “bollettino-rivista”) ma da parte di tutti i massoni del GOI.

Il primo novembre 1926 in applicazione delle leggi fasciste restrittive sulla libertà di stampa, il prefetto di Roma, con una sua ordinanza, imponeva la sospensione della stampa massonica. La Rivista massonica cessò le pubblicazioni con il numero 7 del mese di settembre 1926, dopo 56 anni di pubblicazione ininterrotta!

La dittatura fascista interruppe per vent’anni la catena iniziatica libero-muratoria in Italia e alla ripresa dei lavori apparve subito chiaro che il forzato “sonno” aveva avuto effetti disastrosi. Il periodo che va dal 1945 al 1960 vide da una parte il difficile rapporto tra coloro che avevano vissuto la massoneria prima del 1925 ed erano legati ai vecchi modelli culturali e le nuove generazioni, alla ricerca di una nuova identità, in concomitanza con la drastica riduzione del tradizionale spazio laico proprio della Massoneria e in presenza del periodo più integralistico di matrice clericale mai avuto in Italia.

Malgrado questo clima di sofferenza interna e difficoltà esterne nel 1947 iniziò la pubblicazione della rivista L’Acacia massonica, nata sotto la Gran Maestranza di Guido Laj e continuata sotto quella di Ugo Lenzi. Diretta da Giovanni Mori – vero artefice, anche finanziario, dell’iniziativa – la nuova rivista del GO d’I seguiva la linea della Rivista Massonica con articoli di tematiche liberomuratorie, notizie del GOI e argomenti di attualità ripartiti in quattro rubriche fisse: Sulla pietra grezza; Cronache dalla Comunione italiana; Libreria, recensioni; Colonna funebre. Con la morte di Mori nel 1952 L’Acacia cessava la pubblicazione mentre nel gennaio 1951 appariva il Bollettino del Grande Oriente d’Italia, rivista che uscirà negli anni 1951-52 (con cadenza mensile), contenente principalmente gli Atti ufficiali del Grande Oriente, un notiziario e una rubrica dedicata alla corrispondenza dove trovano spazio argomenti di attualità.

Un anno esatto dopo la cessazione della rivista L’Acacia il testimone venne ripreso dalla rivista Lumen, che dal n. 2 assumerà il titolo di Lumen Vitae.

Molto simile alla precedente consorella come contenuti, Lumen Vitae aveva diffusione solo all’interno del GOI e apparve durante le Gran Maestranze di Publio Cortini, Giorgio Tron e Umberto Cipollone.

Tra il 1959 e il 1966 si ebbe l’unico periodo (a parte il periodo 1925-1947 per gli ovvi motivi) di assenza di una pubblicazione a livello nazionale del GOI.

A questa situazione anomala per l’Obbedienza italiana pose rimedio il Gran Maestro Giordano Gamberini che nel 1966 diede vita alla Rivista Massonica (preceduta da due numeri sperimentali denominati Ordine Massonico) della quale assunse la direzione. Significativamente la nuova testata si collegava alla Rivista Massonica del 1905 portando sul primo numero la dicitura vol. LVII – I della nuova serie.

La rivista, pur con una veste editoriale dimessa, si differenziava dalle precedenti esperienze del secondo dopoguerra per l’alto contenuto degli articoli e della varietà dei temi trattati; inoltre la rivista veniva venduta sia in edicola che in libreria, contribuendo in parte ad arginare il clima di sospetto e di ostilità imperante nella società italiana. Secondo una testimonianza di Riccardo Sacco il 1973 fu un anno di svolta in quanto “fino ad allora la Rivista ospitò solo articoli di Fratelli impegnati a promuovere il pensiero massonico con articoli di sofferta passione e di elevato contenuto iniziatico. Nel 1973, illustri e preparati Fratelli, che fino ad allora avevano costituito il nerbo dei corpo redazionale, abbandonarono le pagine della rivista. Dal 1973 la rivista ospiterà in misura sempre crescente articoli di profani, pregevoli ma che visiteranno la storia della Massoneria e discetteranno di iniziazione, esoterismo e morale massonica senza il sostegno della formazione dovuto al Lavoro di Loggia”.

La Rivista massonica continuò ad uscire anche sotto la Gran Maestranza di Lino Salvini, conservando Giordano Gamberini la carica di Direttore responsabile, e cessò nel 1979.

Nel febbraio 1980 vede alla luce la rivista Hiram, bimestrale diretto da Giordano Gamberini, completamente diverso nella grafia e nel formato dalla Rivista massonica. Riccamente illustrata con immagini a colori rappresentò una svolta nella pubblicistica massonica e venne largamente diffusa in campo profano. Con l’assunzione del Supremo maglietto da parte di Armando Corona, che successe al Gran Maestro Ennio Battelli (1980-82), la direzione passò ad Augusto Comba e dal 1986 la rivista assunse la periodicità mensile.

Nell’ottobre 1990, con la nuova Gran Maestranza, la rivista pur mantenendo la testata Hiram, assunse una nuova veste.

Cambiò totalmente la veste grafica, divenne bimestrale, suddivise gli articoli nelle seguenti rubriche: Osservatorio, Prospettive, Storia-Tradizione ed Esperienze, senza trascurare rubriche minori, quali recensioni, notes e schede.

Nell’editoriale il direttore, Delfo Del Bino, scrisse che Hiram ( … ) accoglierà notizie di vita massonica, dedicandovi ampio spazio, con l’intento di informare i lettori, oltre che sull’attività del Grande Oriente, dei Collegi Circoscrizionali e delle Logge, anche sull’attività dei Riti e delle Comunioni massoniche straniere alla cui collaborazione, per la prima volta, “Hiram” apre le proprie pagine. Non trascurerà nemmeno di mantenere un colloquio aperto con i propri lettori e con tutti coloro che vorranno offrirle generosamente i propri consigli oltreché, ovviamente, le proprie critiche. L’intenzione dei direttore e dei suoi collaboratori, del resto gia annunciata nei precedenti editoriali, è quella di fare di “Hiram” una rivista che pur restando tenacemente ancorata alla Tradizione massonica, riesca ad avviare un fecondo colloquio col mondo esterno.

La rivista Hiram terminò le pubblicazioni con il n. 1 del 1994 e sotto la Gran Maestranza di Virgilio Gaito iniziò, nel maggio del 1994, la pubblicazione di Massoneria Oggi, diretta dallo stesso Gran Maestro e con direttore responsabile Mariano Bianca, sostituito nel 1998 da Augusto Comba.

La rivista si differenziò in due diverse pubblicazioni: Massoneria Oggi di natura culturale, articolata in sei numeri all’anno, e il supplemento Massoneria Oggi – Notizie, con cadenza irregolare, dedicata alle attività del GOI.

Come scrisse nell’editoriale di apertura il Gran Maestro Virgilio Gaito: “I fascicoli di Massoneria Oggi-Notiziario hanno l’intento di far conoscere, oltre che agli affiliati del Grande Oriente d’Italia, anche ad un vasto pubblico, le attività del Grande Oriente d’Italia, dei Collegi Circoscrizionali e delle singole Logge. In tal modo il Grande Oriente d’Italia si propone di raggiungere la massima trasparenza sulle proprie attività e di porre in grado i Fratelli ed i profani di partecipare alle sue iniziative culturali e filantropiche”. Mentre i numeri di Massoneria Oggi erano dedicati da un lato, alla diffusione del pensiero massonico, dall’altro, alla stimolazione di un vivo dibattito, forse inatteso ma di grande respiro, su tematiche culturali, etiche, ideali e sociali che interessano l’uomo, la società civile attuale e il futuro dell’umanità, volendo la nuova Giunta essere più che mai attenta ad ogni nuovo fermento per indirizzarlo verso il bene universale… “Massoneria Oggi” è la rivista del Grande Oriente d’Italia, ma non intende presentare solo il proprio punto di vista, bensì promuovere il confronto con altre prospettive sull’uomo, per questo è aperta alla collaborazione di tutti coloro che, con amore di libertà, intendano partecipare ad un processo di crescita spirituale personale e sociale.

Massoneria Oggi venne diffusa, non solo per abbonamento, ma anche presso un numero selezionato di librerie e di edicole italiane ed inviata a molte istituzioni massoniche estere e per questo motivo conteneva gli abstracts in inglese, francese, spagnolo e tedesco degli articoli più importanti.

La rivista Massoneria Oggi cessò le pubblicazioni con il numero di febbraio 1999 e a seguito dell’elezione di Gustavo Raffi a Gran Maestro per il quinquennio 1999-2004 la nuova rivista del GOI riassunse il titolo di Hiram (tuttora in corso e diretta, come responsabile, da Mariano Bianca) sulla quale riportiamo l’editoriale scritto dal direttore e Gran Maestro Gustavo Raffi.

HIRAM è la nuova rivista culturale del Grande Oriente d’Italia che con essa si propone di ampliare e rafforzare il proprio impegno culturale, etico, esoterico e spirituale della Libera Muratoria sia nei confronti dei Fratelli della Comunione che verso la Società Civile.

HIRAM si rivolge all’attualità dell’uomo e a tal fine continuerà ad occuparsi, nel solco di un’antica e consolidata Tradizione, di tutte le problematiche che assillano l’uomo del tempo presente. Quelle che spingono l’uomo alla continua, faticosa ricerca di possibili, seppure sfuggenti, soluzioni capaci di soddifare, nel rispetto dei valori laici e del principio della Tolleranza, bisogni e interessi diversi.

In tale ambito, HIRAM proporrà e difenderà le visioni del mondo, le prospettive culturali e i valori etici propri della Massoneria Universale, al fine di fornire un contributo alla maturazione dell’uomo, anche come animale sociale. L’opera di educazione, che intende svolgere, mira a creare cultura e non solo a trasmetterla, in quanto compito della Libera Muratoria non è quello di comunicare certezze, ma di educare gli uomini ad affrontare situazioni nuove, a ricercare se stessi negli altri invece di pretendere di fare di essi i simulacri di sé.

HIRAM si prefigge, altresì, di promuovere e rafforzare la concezione laica del mondo, al fine di consentire a tutti di esprimere le proprie idee, in un libero confronto, superando deteriori pregiudizi, come pure dogmalismi ideologici, si da riaffermare l’autonomia della società civile dalle ingerenze confessionali e dallo strapotere statale.

Al contempo, HIRAM non si chiude in se stessa, ma sipropone di stimolare un dialogo e un confronto aperto, serio e fecondo con altre visioni e concezioni dell’Uomo, della Società e del Mondo.

Nell’ottica della massima libertà di pensiero, ospiterà articoli anche di non massoni, che potranno cosi manifestare liberamente i propri punti di vista, con l’obiettivo di una comune crescita spirituale e per proporsi di ausilio a chi intende elevarsi per comprendere l’Uomo e l’Umanità, lavorando cosi alla costruzione di un futuro più felice per le generazioni che verranno.

HIRAM, però, non è solo una rivista culturale nell’accezione usuale del termine, ma rispecchia la natura di Istituzione Iniziatica del Grande Oriente d’Italia. Al tal fine, verrà dedicata grande attenzione ai temi propri della Tradizione esoterica, nella prospettiva di un autentico arricchimento interiore degli uomini e con l’intento di prepararli al diuturno Impegno nelle diverse articolazioni della loro vita quotidiana.

HIRAM si propone così come uno strumento attivo che possa incidere sugli uomini e sulla società in cui viviamo per il miglioramento dell’Uomo e dell’umana convivenza, alla luce della libertà di pensiero, della dignità di ogni persona, della tolleranza e della promozione delle potenzialità individuali.

HIRAM si farà anche promotrice di incontri culturali sui temi che coinvolgono l’uomo nella sua attualità e nel suo anelito al perfezionamento interiore.

HIRAM, l’architetto biblico del Tempio di Salomone, volle affermare il principio che ogni diritto nasce dall’espletamento di un dovere: per questo venne ucciso, ma il suo corpo smembrato fu pietosamente ricomposto e riprese a vivere.

HIRAM è quindi il simbolo della rigenerazione ed è per questo che abbiamo scelto questo nome per la nostra Rivista: una rinascita culturale, spirituale ed umana del Grande Oriente e uno stimolo alla rinascita per ogni Uomo di buona volontà disposto al dialogo e al costruttivo confronto delle idee.

In conclusione dal primo numero del Bollettino officiale del Grande Oriente Italiano (1862) all’ultimo numero di Hiram (2000) risulta chiaro l’intento da parte del GOI di contribuire al dibattito che scaturiva (e scaturisce) dalle componenti della società che si battevano (e si battono) per la modernizzazione e la laicizzazione del nostro paese, smentendo la definizione di “associazione segreta”, data in molte occasioni alla massoneria. Anzi la diffusione all’esterno delle riviste del Grande Oriente d’Italia, strutturate nella forma “bollettino/rivista culturale”, consentiva una agevole conoscenza delle attività massoniche, con un tasso di trasparenza così elevato che non ha riscontri nella stampa delle altre forme di associazionismo laico, sia di matrice politico-sindacale che socio-culturale.

Queste peculiarità furono una costante nella strategia culturale del Grande Oriente d’Italia e poche Obbedienze massoniche al mondo possono vantare una continuità nelle pubblicazioni che, a parte il ventennio fascista e un breve periodo agli inizi degli anni sessanta, va dal 1862 ai giorni nostri.

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