“E canterò di quel secondo regno / dove l’umano spirito si purga, / e di salire al ciel diventa degno” (Purgatorio I, 4-6) Dante Alighieri, inserendo al centro della Divina Commedia la cantica del Purgatorio, ha creato una nuova iconografia, offrendo spunti inediti all’immaginario collettivo e artistico. Il poeta dà forma all’idea di un regno intermedio, provvisorio, che si interpone tra i due luoghi tradizionalmente antagonisti, l’Inferno e il Paradiso, per consentire la purificazione delle anime. Il terzo luogo dell’aldilà è il risultato di una lenta e progressiva mutazione delle credenze medievali, che giunge a compimento intorno alla seconda metà del XII secolo. È però Dante il primo a concepire il Purgatorio come una montagna che emerge dal mare, costituita da cornici concentriche presidiate da angeli. Le anime dei penitenti la percorrono dal basso verso l’alto, partendo dalla breve spiaggia dove approdano con una navicella, in costante umile ascesa fino a giungere all’Eden, posto in cima. La novità introdotta dalla Divina Commedia è proprio quella di considerare il Purgatorio come un luogo autonomo, geograficamente collocato agli antipodi di Gerusalemme, nato in conseguenza della precipitosa caduta di Lucifero fino alla profondità della Terra. La Divina Commedia è stata una fonte inesauribile di suggestioni per gli artisti, e ha lasciato una traccia indelebile nell’iconografia del trascendente. La produzione di splendide illustrazioni in miniatura, iniziata fin dalle prime copie manoscritte realizzate subito dopo la morte di Dante e proseguita nel corso del Trecento e del Quattrocento, dimostra la grande diffusione e lo straordinario successo del poema, il cui corredo figurativo costituisce non solo un prezioso ornamento, ma una vera e propria spiegazione visiva. Iniziali figurate, elementi decorativi disposti a fregio, vignette inserite nello scritto, miniature a piena pagina offrono una gamma molto varia di scelte illustrative per le tre cantiche. Il Purgatorio non godeva di precedenti figurativi; sono proprio i miniatori a creare nuove iconografie destinate a essere riecheggiate dalle xilografie delle versioni a stampa e dalle opere di numerosi artisti dei secoli seguenti. Dopo la diffusione del testo dantesco, tra XIV e XV secolo, il regno intermedio della speranza -immerso nello scorrere del tempo, destinato a scomparire con il Giudizio Universale- diviene nelle raffigurazioni artistiche visivamente indipendente dall’Inferno. Non più un luogo sotterraneo in cui gli angeli cercano di sottrarre alle fiamme alcuni uomini giusti, come appariva nelle prime illustrazioni di manoscritti liturgici e di testi devozionali, o una sequenza di buie caverne popolate di anime penitenti e oscuri demoni, come affrescato nel coro dei monaci del convento di San Francesco a Todi (1346) e da Bartolomeo di Tommaso nella Cappella Paradisi della chiesa di San Francesco a Terni (1450 c.), bensì una faticosa salita -gradone dopo gradone- verso il Paradiso Terrestre, forse memore delle scale dipinte nei libri medievali dei vizi e delle virtù.
Maestro del Purgatorio di Todi, Il Purgatorio di San Patrizio, 1346, affresco, Todi, Monastero di San Francesco (Foto Castrichini, iluoghidelsilenzio.it)
Il terzo regno inizia a essere rappresentato nei codici miniati come un grande monte scosceso, suddiviso in gironi: la progressione verticale riflette scenograficamente la graduale purificazione spirituale dei penitenti. Le anime accettano con gioia punizioni durissime perché sono spinte dalla speranza e dal desiderio di giungere alla meta finale, il Paradiso. La presenza degli angeli, altro elemento fortemente innovativo del Purgatorio dantesco, aiuta gli spiriti purganti a liberarsi dai peccati, per presentarsi totalmente puri davanti a Dio. Nel quattrocentesco codice Palatino 39 della Biblioteca Nazionale di Firenze, il miniatore ha istoriato la lettera D del IX canto con la rappresentazione di Dante e Virgilio che giungono alla porta del Purgatorio, presidiata dall’angelo guardiano, vestito di bianco, con la spada in mano. Dopo aver percorso tre gradini di marmo bianco, di pietra nera e di porfido rosso, i due poeti inginocchiati chiedono di poter entrare nell’aspra montagna, brulicante di anime. Anche nella miniatura a piena pagina di un altro manoscritto coevo, custodito nella stessa biblioteca (Ms. BR 215), l’altura rosata sorvegliata dall’angelo è percorsa da un cammino spiraliforme ed è conclusa in cima dal Paradiso terrestre; un monte simile è delineato sul fondo del disegno realizzato da Botticelli dopo il 1480 per illustrare il primo canto del Purgatorio. L’immagine del Purgatorio è inserita anche in opere rinascimentali di dimensioni maggiori: nella celebre effige di Dante realizzata da Domenico di Michelino per Santa Maria del Fiore (1465), alle spalle del poeta, circondato dai tre regni dell’oltretomba, appare l’alta rupe percorsa dalle anime purganti, mentre nella lunetta dipinta da Agnolo Bronzino per Bartolomeo Bettini nel 1532-33, Dante, di profilo, è seduto su una roccia e volge malinconicamente lo sguardo verso l’ isola-monte Purgatorio, che si erge dal mare in tutta la sua asprezza.
Domenico di Michelino, Dante e la Divina Commedia, 1465. Tempera su tela (?), 232×290 cm, Firenze, Chiesa di Santa Maria del Fiore (Wikimedia Commons)
Agnolo Bronzino, Dante osserva il Purgatorio, 1532-1533. Olio su tela, 130×136 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi.
Fin dal XIV secolo la forza visiva e immaginativa del testo dantesco e le infinite possibilità espressive della sua parola avevano offerto agli illustratori dei numerosi codici manoscritti della Commedia spunti creativi per altre straordinarie invenzioni. Ad esempio nell’incipit del Purgatorio il poeta, per indicare il proprio ingegno impegnato nella stesura del poema, si affida a un’immagine nautica che il miniatore del codice Egerton 943 della British Library di Londra illustra con un inedito accostamento di due motivi: il poeta allo scrittoio e la navicella dell’ingegno. Intento nella scrittura, Dante è seduto sul cassero di poppa di un realistico veliero, simbolo dell’altezza d’ingegno del poeta che “alza le vele” verso le “migliori acque” del Purgatorio. Tuttavia è soprattutto il trittico dedicato ai superbi (Purgatorio canti IX-X-XI) -con le celebri descrizioni dei bassorilievi marmorei intagliati sulla parete e sulle lastre del pavimento della cornice- che, oltre a rivelare i debiti contratti da Dante con la tradizione figurativa medievale, lancia una sfida tra parola e immagine sulla capacità di rappresentare la realtà. Con la descrizione dei rilievi raffiguranti esempi di umiltà o superbia su cui le anime devono meditare, Dante recupera la tradizione antica dell’ecfrasi, ossia la descrizione letteraria dell’opera d’arte. Queste effigi, definite da Dante stesso “visibil parlare”, sono presentate come paradigmi di bellezza e realismo, superiori a ogni altra realizzazione dell’arte e della natura e si offrono inevitabilmente come termine di confronto per gli artisti e gli illustratori da Lorenzo di Pietro e Guglielmo Giraldi a Luca Signorelli, fino a Federico Zuccari. Tre miniature del codice urbinate di Guglielmo Girardi e Franco de Russi sono dedicate alla dettagliata raffigurazione dei bassorilievi scolpiti. Giradi gioca con l’ecfrasi e, in una sorta di rispecchiamento tra testo letterario e testo figurativo, rappresenta con accuratezza il fregio marmoreo contemplato da Dante e Virgilio mentre la schiera dei penitenti avanza faticosamente, accovacciata sotto pesanti massi. Se Luca Signorelli si ispira a una pagina miniata, riservando all’illustrazione dei canti del Purgatorio dantesco lo spazio dei monocromi affrescati tra una fitta decorazione a grottesche sullo zoccolo della cappella di San Brizio ad Orvieto, Federico Zuccari, autore del complesso progetto editoriale del “Dante Historiato”, giunge a esiti senza precedenti nella storia dell’illustrazione del poema dantesco. Nel raffinato disegno a penna e bistro del Canto XI raffigura l’incontro di Dante e Virgilio con tre noti personaggi: Aldobrandeschi, Oderisi da Gubbio e Salvani, identificati da eleganti iscrizioni che riportano alcune terzine del canto. Questi uomini, un tempo altezzosi e fieri, dai corpi nudi e vigorosi, oppressi da gigantesche pietre, camminano in uno spazio libero, cadenzato ritmicamente dalle geometriche specchiature della parete e calpestano le scene sul pavimento, istoriato con esempi di superbia punita. Il coltissimo artista manierista si inserisce nel dibattito culturale tardo-cinquecentesco dell’ut pictura poesis rovesciando il tradizionale rapporto tra testo e immagini del libro figurato: del testo ritiene sufficiente trascrivere solo alcuni estratti, mentre la raffigurazione dell’episodio occupa ormai l’intero foglio.