I VANGELI GIUDEO-CRISTIANI
Brano tratto dal libro NUOVE IPOTESI SU GESU’ di David Donnini,
Macro Edizioni, Cesena (seconda edizione, 1998)
In parallelo con la
predicazione di Paolo, tendente a scindere il cristianesimo dalla sua matrice
giudaica, esistevano seguaci dell’insegnamento di Gesù che non avevano alcuna
intenzione di abbandonare la legge mosaica.
Esisteva cioè un cristianesimo giudaico, una concezione coerente con gli
insegnamenti del Messia ebreo, il quale non aveva mai cercato di istituire una Chiesa
extragiudaica; al contrario, si era presentato come l’Unto di Yahweh, venuto a
ricostruire l’antico regno di Davide e a purificare la società ebraica dalla
corruzione e dalla connivenza col paganesimo.
I giudeo-cristiani, prima del 70 d.C., erano probabilmente i messianisti
esseno-zeloti e, dopo il 70 d.C., erano i discendenti degli esseni e degli
zeloti, e non potevano assolutamente riconoscersi nell’insegnamento propagato
da Paolo di Tarso in ambienti non palestinesi.
I giudeo-cristiani non potevano accettare le libere argomentazioni di un ex
fariseo che aveva mescolato concetti del messianismo ebraico con idee mutuate
da varie religioni del contesto greco-latino, costruendo una nuova teologia che
dichiarava decaduta la legge di Mosè.
I giudeo cristiani avevano i loro Vangeli e, con tutta probabilità i più
primitivi fra i Vangeli. Scrive, a questo proposito, lo studioso Marcello
Craveri:
“…l’aperto rifiuto ad accettare contaminazioni con le credenze ellenistiche introdotte da Paolo dimostrano proprio, a mio avviso, che questi nuclei giudeo-cristiani sono molto più vicini al pensiero della primitiva comunità cristiana palestinese che non i gruppi greco-romani dal cui ambiente si sono espressi i vangeli canonici. E in molto casi c’è da domandarsi se gli ipsissima verba di Gesù non siano proprio quelli tramandati dai vangeli di codesti nuclei” (I Vangeli Apocrifi, a cura di M. Craveri, Einaudi)
Come si è comportata la
corrente facente capo a Paolo nei confronti degli scritti giudeo-cristiani?
Ha ricavato da essi molti elementi ed informazioni riguardanti l’opera e
l’insegnamento di Cristo, ha costruito liberamente una sua cristologia e una
sua teologia, infine ha dichiarato eretici i Vangeli giudeo-cristiani e li ha
tolti di mezzo, poiché in essi c’erano scritte cose che non si potevano più
ammettere.
Che cosa è rimasto a noi di questi scritti?
Soltanto brevi citazioni che i Padri della Chiesa, nei secoli II, III, IV, V,
hanno riportato nelle loro opere. Ma (si faccia grende attenzione) i Padri
della Chiesa, continuatori della linea teologica iniziata da San Paolo, citano
tali Vangeli sempre e soltanto per criticarli e per confutarli, pertanto le
loro testimonianze sono sempre tendenziose.
Questo non ha impedito loro di trasmetterci alcune utili informazioni. Possiamo
leggere:
“…nel Vangelo che essi (gli Ebioniti) usano, detto “secondo Matteo”, ma non interamente completo, bensì alterato e mutilato, e che chiamano “ebraico”… hanno tolto la genealogia di Matteo…”. (Epifanio, Haer., XXX, 13, 6).
“…(gli Ebioniti) seguono unicamente il Vangelo che è secondo Matteo e rifiutano l’apostolo Paolo, chiamandolo apostata della legge…”. (Ireneo, Adv. Haer., I, 26).
“…Gli Ebioniti, pertanto, seguendo unicamente il Vangelo che è secondo Matteo, si affidano solo ad esso e non hanno una conoscenza esatta del Signore…”. (Ireneo, Adv. Haer., III, 11).
“…costoro pensavano che fossero da rifiutare tutte le lettere dell’apostolo(Paolo), chiamandolo apostata della legge, e servendosi del solo Vangelo detto secondo gli ebrei, tenevano in poco conto tutti gli altri… in conseguenza di un simile atteggiamento hanno ricevuto il nome di ebioniti che indica la povertà della loro intelligenza: il termine, infatti, presso gli ebrei significa povero…”. (Eusebio di Cesarea, Hist. Eccl., III, 27).
Si noti la tendenziosità di queste ultime parole: secondo Eusebio di Ceasrea (262 ca. – 338 ca.), autore di una apologetica Storia della Chiesa, gli ebioniti furono chiamati così per “la povertà della loro intelligenza“. La realtà, che Eusebio non conosce, o che vuole nascondere, è un’altra: le prime comunità giudeo-cristiane erano organizzate secondo il principio esseno della condivisione dei beni e dello stile estremamente frugale di vita; l’abbiamo letto chiaramente negli scritti di Filone che gli Esseni “…ritengono che la frugalità con la gioia sia, come in realtà è, un sovrabbondante benessere…”. L’interpretazione che Eusebio fornisce per spiegare il nome degli Ebioniti non è l’unica che è stata escogitata dai Padri della Chiesa. Scrive Marcello Craveri:
“…l’esistenza di un eretico di nome Ebion fondatore di una setta è un’invenzione di Epifanio (Haer. XXX, 3, 7) o della fonte a cui attinge, mentre il nome di questi proto-cristiani deriva dall’ebraico ebionim, che significa “gli umili”, “i poveri”, con riferimento evidente non solo alla semplicità di vita monastica che essi conducevano (pare anche che fossero vegetariani), ma soprattutto allo spirito che animava la loro predicazione: una protesta contro le ingiustizie sociali e contro i ricchi. Del messaggio cristiano essi pongono l’accento soprattutto sul fermento rivoluzionario contenuto nel discorso della montagna e i loro proseliti, probabilmente, provenivano dagli ame-ha-erets, la plebaglia, gli esseri impuri con cui Gesù non aveva disdegnato porsi a mensa a Cafarnao…”. (I Vangeli Apocrifi, Einaudi, Torino).
Appare evidente l’intenzione
della Chiesa Cristiana dei primi secoli, ormai chiaramente distinta
dall’ebraismo, di rifiutare le concezioni giudeo-cristiane, sebbene esse siano
state le fonti a cui risale la tradizione primitiva su Gesù.
Afferma lo studioso Luigi Moraldi:
“…gli ebioniti non ammettevano la nascita verginale di Gesù. Gesù Cristo è figlio di Dio non per divina generazione, ma per la sua unione con lo Spirito Santo realizzatasi nel battesimo che, a quanto ci è dato capire, è l’unione di una natura celeste con l’uomo Gesù (ben più di una semplice adozione o ispirazione); compito di Gesù è l’eliminazione dei sacrifici cruenti; gli apostoli furono mandati a Israele; gli ebioniti erano vegetariani, amavano e praticavano la povertà…”. (Apocrifi del Nuovo Testamento, UTET, Torino, 1975, p. 359).
Come abbiamo detto, esistevano anche il Vangeli dei Nazorei (o Nazarei, o Nazareni) e il Vangelo degli Ebrei, che alcuni autori considerano come due opere distinte, altri come le diverse denominazioni di una sola opera.
“…(I Nazarei) posseggono il Vangelo secondo Matteo, assolutamente integrale, in ebraico, poiché esso è ancora evidentemente conservato da loro come fu originariamente composto, in scrittura ebraica. Ma non so se abbiano soppresso le genealogie da Abramo fino a Gesù…”. (Epifanio, Haer. XXIX, 9,4).
“…(I Nazarei) accettano unicamente il Vangelo secondo gli Ebrei e chiamano apostata l’apostolo (Paolo)…”. (Teodoreto, Haer. Fabul. Comp. II, 1).
“…(I Nazarei) hanno usato soltanto il Vangelo secondo Matteo…”. (Teodoreto, Haer. Fabul. Comp. II, 2).
“…Essi sono Giudei che onorano Cristo come uomo giusto e usano il Vangelo chiamato secondo Pietro…”. (idem).
L’esistenza di una setta detta
“dei Nazorei”, e di un Vangelo che porta questo nome richiama una
questione cui abbiamo già accennato.
Infatti è molto poco credibile che Nazorei significhi “abitanti
della città di Nazareth”, c’è piuttosto da credere che il termine, con
cui è definito spesso lo stesso Gesù, indichi i seguaci di un particolare
ideale religioso, che può avere relazione, ma non necessariamente, con l’antico
nazireato ebraico.