IL SIGNIFICATO DELL’IMPEGNO MASSONICO NELLA CREMAZIONE

IL SIGNIFICATO DELL’IMPEGNO MASSONICO NELLA CREMAZIONE

Questa Tavola approfondisce l’argomento “cremazione”, nonché il rapporto tra “cremazione” e i “liberi muratori”, così come si è storicamente sviluppato. Solo marginalmente si parla della Società per la Cremazione di Torino.

SOMMARIO:

1) La cremazione nella storia

2) La cremazione nel secolo scorso

3) La cremazione, il cristianesimo e la chiesa cattolica

4) La cremazione oggi

5) La scelta cremazionista nella visione massonica della vita

6) Il culto laico della memoria

7) 1 massoni e la cremazione in Italia,

8) Riflessioni conclusive ieri e oggi

1) LA CREMAZIONE NELLA STORIA.

La cremazione è un rito antichissimo che nasce agli albori della civiltà.

Ha origine in Oriente nel neolitico: circa 150.000 anni fa. L’uomo di

Neanderthal, che certamente conosceva il fuoco, probabilmente la praticava.

Sicuramente l’ha praticata l’homo sapiens di Cromagnon: circa 50.000 anni fa. Ci sono infatti tracce di cremazione di cadaveri umani di quell’epoca.

Nasce con l’uomo nomade: quando da raccoglitore l’uomo è diventato cacciatore. Spostandosi continuamente in un habitat che non conosceva, probabilmente, non voleva che il corpo dei propri cari diventasse preda degli animali che lui cacciava e forse anche perché aveva scoperto che il fuoco ha una forte valenza rituale.

La cura e il culto dei defunti hanno infatti costituito, fin da allora, uno dei segni

più evidenti del processo di coscientizzazione e civilizzazione del genere umano.

Quando l’uomo scoprì l’agricoltura e ritornò ad essere stanziale mantenne questa

forma funeraria, che ormai faceva parte della sua tradizione culturale.

La cremazione, dall’Oriente ove era nata, si estese in Occidente, portata dai mitici Ari, e qui fu praticata per molti millenni.

Si diffuse presso diverse civiltà mediterranee (greca, etrusca e romana) e ovunque venne considerata un rito di purificazione e di onore.

Fin da allora fu largamente applicata anche presso le popolazioni non mediterranee: slave, scandinave, celtiche, ecc..

Le popolazioni precolombiane la esercitavano abitualmente sino all’arrivo dei

“‘civilizzatori”.

Presso questi popoli indoamericani la pratica si basava sulla credenza secondo

cui la colonna di fumo che si elevava dalla pira consentiva al defunto di salire al cielo: una sorta di liberazione dal mondo temporaneo e provvisorio.

Nel mondo romano la cremazione all’inizio era un rito nobilissimo riservato agli

eroi e alle persone illustri. Successivamente si estese e divenne patrimonio delle classi nobili e patrizie: solo i ricchi potevano permettersi i fasti delle sontuose cerimonie  funebri e la pira di legni preziosi irrorati di balsami. Lo sfarzo di questi riti creò una distinzione tra i ricchi e i poveri.

In India è ancora così: i poveri non vengono cremati perché non possono pagarsi

la cremazione. Nel buddismo la cremazione è così importante ed onerosa che in pratica se ne esclude l’accesso ai poveri.

Anche i popoli di cultura ebraica, per i quali il fuoco era simbolo del sacro,

consideravano la cremazione un onore straordinario da riservare ai re e agli eroi: Saul, Asà, Mosè, Davide, Salomone, come si legge negli scritti di S. Gerolamo. Non doveva quindi essere praticata dal popolo. Anche le due religioni nate dal ceppo abramico, il cristianesimo e l’islamismo, non l’adottarono.

Con la diffusione del cristianesimo e dell’islamismo, in pochi secoli, nell’area mediterranea la cremazione venne praticata sempre meno. Già nel VI secolo, in

Occidente, l’uno e l’altro rito funebre erano praticati quasi in egual misura perché il cristianesimo, poco a poco, impose l’inumazione in tutta l’Europa.

Infine Carlo Magno interdisse di bruciare i cadaveri e così, prima dell’anno

1000, la cremazione scomparve pressoché in tutta l’area mediterranea.

Fu solo saltuariamente praticata, in modo collettivo, in occasione di epidemie,

terremoti e sui campi di battaglia.

Rimase come strumento della Chiesa per punire i sostenitori del libero pensiero: Jacques de Molay, Arnaldo da Brescia, Frà Dolcino, Savonarola, Giordano Bruno, ecc.

2) LA CREMAZIONE NEL SECOLO SCORSO

Nel ‘700, con la rivoluzione industriale, in tutta l’Europa nasce l’urbanesimo. Le

popolazioni rurali si accalcano nelle città, ove i cimiteri tradizionali diventano

insufficienti.

Fino ad allora i cadaveri si inumavano nelle chiese (i ricchi e i nobili) o nelle aree esterne attigue (i servi e i poveri) ma con l’urbanesimo ciò non fu più possibile. Si

ricorre alle fosse carnarie collettive, destinate alla putrefazione in massa all’interno

dell’abitato, nelle quali i cadaveri vengono buttati alla rinfusa.

Nei paesi della Riforma, dove culturalmente si è più liberi e meno dogmatici, il problema viene visto in un’ottica diversa: si comprende che è il momento di tornare

alla cremazione e se ne comincia a discutere a livello scientifico.

Anche in Francia, con gli Illuministi e con la Rivoluzione, si riprende a parlare della cremazione, ma con la Restaurazione il dibattito si arresta.

All’inizio dell’Ottocento nasce il Codice Napoleonico: si creano dei nuovi cimiteri fuori dell’abitato e sotto il controllo pubblico ma la cremazione non viene considerata.

Nella seconda metà del secolo scorso, anche in relazione alle scoperte di Pasteur,

un buon numero di scienziati e di medici, in maggior parte massoni, propongono il

ritorno alla cremazione.

Contemporaneamente nasce a livello europeo il movimento cremazionista, i cui

propugnatori furono:

  •  spiriti umanitari che agiscono a tutela della dignità umana. In un documento dell’epoca si legge: “mossi sia da pietà verso i defunti, sottraendone le spoglie dal disfacimento nella putrefazione e sia da pietà verso i superstiti, evitando che il ricordo dello scomparso sia rattristato e contaminato dalla terribile immagine di una lenta, orrenda e sotterranea tragedia”;
  •  liberi pensatori che nella cremazione vedevano la possibilità di affermare una morale laica della morte, che riconoscesse ad ogni uomo pari dignità di fronte alla morte, indipendentemente dal suo censo, dalle sue idee e dai suoi convincimenti religiosi;
  • laici che si prefiggevano di sottrarre dal potere ecclesiastico la gestione, fino ad allora in esclusiva, del dolore e del lutto;
  • uomini di scienza preoccupati della salute dei vivi;
  •  pubblici amministratori, che dovevano risolvere problemi territoriali, igienici e urbanistici.

In quegli anni, dal multiforme magma libero muratorio e libero pensatore, il

movimento cremazionista prende vita anche in Italia.

Nel 1873 il Senato italiano, sotto la spinta di parecchi Fratelli e in particolare del

Gran Maestro Giuseppe Garibaldi, vota una prima legge, che verrà in seguito

perfezionata, che autorizza la cremazione. La prima cremazione legale in Europa ha avuto luogo il 22 gennaio 1876 a Milano.

La cremazione entra ufficialmente nell’ordinamento italiano mediante la legge

sanitaria Crispi – Pagliani (entrambi massoni) del 1888, che l’ammette e la legittima a pieno titolo, come scelta facoltativa, così come lo è ancora oggi.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento il movimento di opinione che promuove la

cremazione si diffonde rapidamente in Europa. Le motivazioni non sono solo quelle di modernità, di igiene e di razionalità ma anche quelle dettate da una nuova pulsione morale, dalla necessità di dar rilievo ad una sacralità laica, di affrontare il problema della morte in modo civile e liberati dalla paura della dannazione. In definitiva si scopre un nuovo senso della storia e della evoluzione umana e c’è la consapevolezza che è intervenuto un cambiamento nell’immagine del mondo e che sono mutati i rapporti tra l’uomo e la natura.

Il numero delle salme cremate nell’ultimo decennio del secolo testimonia un momento di grande impatto per la cremazione.

3) LA CREMAZIONE, IL CRISTIANESIMO E LA CHIESA CATTOLICA

L’idea che il fuoco sia la via privilegiata per ascendere al mondo degli dei è

presente nella cultura occidentale precristiana sin dalle origini.

Negli oracoli caldaici la divinità suprema veniva teorizzata come un fuoco che si

trovava nei cicli e che riversava il suo soffio agli esseri umani attraverso canali di

fuoco.

Nel cristianesimo non ci sono argomenti di fede che contrastano con la

cremazione, anche se il cristianesimo nascente non l’adottò. Ciascuno era libero di

continuare la originaria tradizione ebraica (cremazione esclusa per il popolo) oppure di  seguire la tradizione cremazionista, da millenni presente in Occidente. I  primi cristiani venivano infatti seppelliti o cremati, secondo le usanze praticate

presso le diverse comunità locali. Nel Tempio Crematorio di Torino si trova un’urna

cineraria cristiana dell’epoca romana.

La chiesa cattolica non fu mai contraria alla cremazione per motivi di fede,

poiché nulla ha predicato il Cristo circa la destinazione del corpo.

Il corpo di Cristo fu posto in un sepolcro, unto con oli e balsami che dovevano

impedirne o rallentare il disfacimento. Onoranza non comune, riservata ai ricchi e che non poteva certo essere assunta a regola, perché non applicabile a tutti, specie ai più umili che costituivano il gruppo originario del cristianesimo.

Occorre tuttavia fare una riflessione: la mancata libertà di scelta, negli ultimi duemila anni, circa il destino del proprio corpo non è stata solo una questione politica o di potere ma ha anche radici culturali più profonde.

L’interpretazione simbolica del fuoco, purificazione per taluni e simbolo del male per altri (il fuoco dell’inferno), fu decisiva.

Nel Vangelo (Matteo III .11) è riportato che Giovanni Battista ha detto: “io vi battezzo con l’acqua ma Colui che viene dopo di me vi battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco”. Infatti nella visione ebraica e in quella protocristiana la natura del fuoco era la stessa del sacro: Dio si manifestava con segni di fuoco (rovi ardenti, pioggia di fuoco, ecc.).

S. Agostino dice “ardescimus ed imus”, cioè ci incendiamo e saliamo verso il

cielo.

Successivamente e gradualmente, con la fine della tensione escatologica, l’interpretazione simbolica del fuoco passò da simbolo del sacro e della purificazione a simbolo del male e a motivo di terrore. Nel contempo il cristianesimo, che inizialmente era costituito da comunità locali, adottò una struttura gerarchica centralizzata che inevitabilmente divenne un centro di potere, con connessioni con la società politica, fino a diventare, nel 313, un elemento portante dell’impero romano, con l’editto di Costantino.

Altra riflessione: in tutti questi secoli la chiesa cattolica ha sempre gestito l’hora

mortis, ì funerali, il dolore e il lutto. Eventi dolorosi nei quali le popolazioni subivano, spesso terrorizzate, il condizionamento dell’oscurantismo clericale e della

superstizione religiosa. 1 cadaveri sono stati, per secoli e fino all’inizio dell’800,

inumati o tumulati nelle chiese o nelle aree attigue o nelle immonde fosse carnarie.

Fino al settecento era infatti la Chiesa ad occuparsi dei funerali.

All’inizio dell’ottocento vengono costruiti i primi cimiteri pubblici. Questi luoghi della morte vengono chiamati “campo santo”, perché dopo la caduta di Napoleone, anche gli ordinamenti laici del Codice Napoleonico caddero in desuetudine.

La “celebrazione della morte” ritorna nuovamente ad essere un monopolio ecclesiastico esclusivo: nel “campo santo” non possono essere destinate le salme di

coloro che sono considerati eretici, degli ebrei, dei protestanti, degli acattolici, dei

bambini morti prima del battesimo, dei suicidi, dei pubblici peccatori, dei morti in

peccato mortale, dei giustiziati e di coloro che prima di morire non si convertono, di quelli che rifiutano i sacramenti, ecc.

Per tutti questi esclusi c’è un ghetto in una parte del cimitero, separato da un alto

muro. È  il cosiddetto cimitero degli “acattolici”.

I laici, i liberi pensatori e i massoni dell’ottocento non possono accettare questo

stato di cose. Il ruolo delle élites cremazioniste va visto infatti anche nel quadro

dell’antagonismo del pensiero liberale post-unitario nei confronti della Chiesa e del

suo apparato. La propaganda e la pratica della cremazione, per le quali i massoni si impegnarono, avevano anche la finalità di impedire ogni ricatto religioso al momento della morte, nei confronti di chi era ormai in pericolo di vita e dei suoi familiari.

Naturalmente questa situazione di antagonismo indusse il S. Uffizio, con un

documento del 1886, a ostacolare la cremazione, negando le esequie a chi l’aveva

scelta.

Oggi, dopo oltre un secolo, l’atteggiamento della Chiesa nei confronti della cremazione è notevolmente cambiato. Nel 1963, Paolo IV in occasione del Concilio

Vaticano II revoca la scomunica, un gesto di ecumenismo soprattutto verso i cattolici dell’area anglosassone, ove la cremazione da molti anni si era spogliata nelle caratteristiche antireligiose.

Attualmente in Italia la gerarchia cattolica guarda ancora con sospetto e diffidenza le associazioni cremazioniste.

Gli integralisti tentano talvolta qualche sortita anacronistica, come ha fatto il Cardinale Saldarini alla omelia per la Ricorrenza dei Defunti nel 1995, che ha costretto a rispondere ufficialmente con una lettera aperta, pubblicata da “La Stampa”. Sono tuttavia dei “colpi di mano”, perché il movimento cremazionista oggi non appare più come una risposta al predominio ecclesiastico del secolo scorso in materia di sepolture, a raccoglie sostenitori provenienti da diversi percorsi intellettuali.

Anche tra i cattolici si comincia a vedere nella cremazione un rito di pari dignità.

Da un questionario distribuito ai Soci SOCREM di Torino nel 1994, il 77% si definiva credente.

Tra i Soci ci sono dei sacerdoti cattolici e in alcuni funerali le famiglie chiamano

il prete per la celebrazione dei riti funebri all’interno del Tempio Crematorio.

4) LA CREMAZIONE OGGI

La spinta, data nel secolo scorso, all’idea cremazionista non si è più esaurita in

Europa, mentre in Italia subisce un assestamento nei primi anni del 900 per poi avere una flessione durante il fascismo.

Il movimento cremazionista è oggetto di opposizione politica per la ribadita

condanna da parte della Chiesa, ormai alleata con il “potere” attraverso i Patti Lateranensi, che compromettono e infrangono la laicità dello Stato sorto dal Risorgimento.

Fino all’ultimo dopo guerra, cioè fino agli anni 50 e 60, in Italia la cremazione ha connotato non solo la cultura massonica ma anche tutte le culture antagoniste e

conflittuali nei confronti della morale dominante, da quella anarchica a quella del

movimento operaio. Essa divenne una scelta specifica per le passioni libertarie e anticonformiste che, tra le due guerre mondiali, confluiscono nell’antifascismo.

Oggi, alle soglie del 2000, in Italia l’opinione cremazionista non appare più come la riproduzione pura è semplice di quella identità. Molti degli spunti ideologici che animarono il dibattito di fine secolo sono stati progressivamente e in buona parte

superati e sì è sgonfiata la tensione clericalismo/anticlericalismo di allora.

In questo fine secolo la cremazione si sta rivelando, in tutto il mondo

occidentale, come la pratica funeraria più civile e anche la più idonea alle esigenze

della società contemporanea, nella quale non è più possibile sottrarre la terra ai vivi di domani per darla ai morti di oggi. La cremazione infatti si impone anche come l’unica e concreta soluzione dei problemi cimiteriali, igienici è urbanistici.

Negli anni 2000 la cremazione in Occidente ritornerà ad essere prevalente, come

lo era duemila anni fa.

Copenaghen è la città europea con il più alto tasso di cremazione: 90%, molto

prossimo alla media giapponese, che si aggira sul 98%.

La media europea è del 31%, con punte del 70% in Gran Bretagna.

In Italia, ove il movimento cremazionista ha ripreso i suoi primi passi solo negli ultimi 20 – 30 anni, il tasso è del 2,8% ma sta diventando, gradualmente, un

significativo e rilevante fenomeno sociale. Da noi la cremazione, unico caso in Europa, è diventata (dal 1987) servizio pubblico gratuito che compete a tutti i cittadini perché le spese sono a carico dei rispettivi Comuni di residenza.

Confortante è la situazione di Torino: si è già superato il 21%, certamente anche per l’intensa azione di promozione sociale e culturale svolta dalla SOCREM.

Occorrerà però che gli italiani non ostacolino la loro evoluzione culturale, sappiano cioè affrancarsi dai pregiudizi e dal “tabù”   della morte.

5) LA SCELTA CREMAZIONISTA NELLA VISIONE MASSONICA DELLA VITA.

La nostra società sta attraversando una fase storica caratterizzata dalla perdita del

senso del sacro, dei valori legati alle virtù civili e al vivere in modo consapevole il

proprio destino.

I nostri Fratelli del secolo scorso ci hanno insegnato che chi sceglie la

cremazione afferma il diritto di poter scegliere la destinazione del proprio corpo. In

questa scelta vi è il rifiuto di considerare la morte come un semplice adempimento

burocratico da lasciare ad “altri”.

Chi sceglie la cremazione afferma, implicitamente, l’autonomia dell’individuo

nei confronti della “istituzionalizzazione” della morte.

Il non delegare, assumere la decisione di scegliere personalmente, dà a ciascuno

di noi una maggior coscienza, una intima consapevolezza e una più vigile attenzione verso la propria esistenza, presupposto per un miglior apprezzamento della vita e delle cose realmente importanti che ci offre.

La cremazione non si sceglie sbadatamente, comporta una riflessione e una

decisione autonoma, propria di chi si  è liberato dal tabù della morte.

Soffermarsi sul problema della morte significa aprire gli occhi sulla realtà della

vita.

Montaigne, autore del 1500, non certo di scuola cattolica, anzi precursore del

laicismo come oggi viene inteso, fa questa riflessione di sapore massonico:

“E incerto dove la morte ci attenda, aspettiamola dovunque. La meditazione

della morte ha disimparato a servire. Il saper morire ci libera da ogni soggezione e da ogni legame”. (Saggi 1. XX).

Il significato del messaggio di Montaigne, di sorprendente attualità, è questo:

acquisire la consapevolezza della propria morte rende l’uomo interiormente libero.

Questa consapevolezza gli toglie ogni motivo di soggezione verso la morte e lo libera

da molti vincoli convenzionali verso gli altri.

Egli apprezza di più quello che la vita gli offre, vive la vita con più realismo e anche con più sicurezza in se stesso, perché diventa padrone della propria vita non è più succubo della paura della morte.

La riflessione e la ricerca intellettuale sono parte integrante del bagaglio etico di

chi, come il massone, vuol dare un senso compiuto ai grandi temi della vita e della

morte, di chi cerca di capirla, la morte, è non semplicemente subirla tra ansie e paure.

Chi sceglie la cremazione è in contrapposizione al servile attaccamento di troppi

uomini (noi li definiamo “profani”) di fronte ad una vita vissuta nella mediocrità,

senza slanci e senza grandi pulsioni, in pratica intesa come semplice sopravvivenza.

“Noi abbiamo goduto la vita e la vita gode di voi, noi l’abbiamo posseduta, ed

essa vi possiede. Voi ci tenete come ad un’amante che si è mai spogliata davanti a

voi”, dice l’Aristocratico condannato alla ghigliottina nei Dialoghi delle Carmelitane

di George Bernanos.

Noi massoni dovremmo un giorno poter dire: “L’abbiamo posseduta questa amante”.

6) IL CULTO LAICO DELLA MEMORIA.

La cremazione non è solo una forma funeraria alternativa: è difesa della sacralità

della morte, è tutela della dignità di essere umano dello scomparso ed è rispetto per il dolore di chi gli sopravvive.

Chi sceglie la cremazione non solo intende sottrarre le proprie spoglie dall’orribile disfacimento nella putrefazione ma vuole evitare che questa orrenda immagine rattristi il ricordo di se in chi gli sopravvive. Egli sa bene che la consumazione del proprio corpo ad opera del fuoco altro non è che un processo che si limita ad anticipare, mediante il simbolismo del fuoco, che consuma e che purifica, il ritorno a quello stato di polvere da cui probabilmente ha avuto origine la vita.

Il Fratello Ariodante Fabretti, nel suo discorso inaugurale del Tempio

Crematorio (17 giugno 1888), afferma che la scelta della cremazione, che dà al corpo degli scomparsi una nuova e incorruttibile forma, emerge anche dal bisogno che tutti noi abbiamo, di mantenere viva la comunione con i defunti. Le ceneri dei nostri cari, nelle quali è racchiuso l’inestinguibile ideale soffio di vita, costituiscono infatti ancora

– in forma immutabile – una loro presenza fisica tra noi.

Il perpetuare la memoria di quanti hanno condiviso con noi il peso e la gioia della vita è un valore legato alla civiltà dell’umanità. Fin dalle sue origini l’uomo ha scoperto di poter continuare a vivere con “l’amico estinto e l’estinto con noi” (Ugo

Foscolo). È il culto laico della memoria, che non ha bisogno di rifarsi ad una

rivelazione soprannaturale, perché la civile tensione etica è sufficiente a sottrarre alla morte qualcosa della sua preda.

7) I MASSONI E LA CREMAZIONE IN ITALIA, IERI E OGGI.

La nascita dei primi movimenti cremazionisti, nella seconda metà del secolo

scorso, è avvenuta, in Europa e in Italia, principalmente per iniziativa dei massoni e della massoneria.

La costituzione delle Società per la Cremazione, è stata promossa quasi ovunque

dai massoni.

In quegli anni si costruiscono i primi impianti che – significativamente – vengono

chiamati ARE o TEMPLI, perché volutamente vogliono denunciare il riferimento

massonico.

Sotto l’influenza dei massoni e per loro volontà, la cremazione è ridiventata, dopo duemila anni, una pratica funeraria legale.

Massoni erano Francesco Crispi, Luigi Pagliani, Malachia De Cristoforis,

Gaetano Pini, Ariodante Fabretti e molti altri. La massoneria di quei tempi operava

concretamente per “il bene e il progresso dell’umanità”: i massoni, che avevano già il grande merito di aver dato un decisivo contributo a “fare l’Italia” e a costruire lo stato laico nato dal Risorgimento, si accingevano a “fare gli italiani”. Cioè alla costruzione di una religione civile in grado di sostituire le nuove appartenenze dello stato laico alle vecchie identità, sedimentatesi nelle credenze religiose. La diffusione della cremazione da parte dei massoni nell’Ottocento è il prolungamento di un più generale discorso sulla fondazione di una morale laica, in grado di fronteggiare adeguatamente, in tutti i campi, l’egemonia di norme e comportamenti a sfondo confessionale.

Poiché l’essenza della proposta cremazionista era – in sintesi – una tensione etica

di trasformazione sociale, in nome dell’uomo, della scienza e del progresso, i massoni si dedicarono con slancio alla sua affermazione.

A Torino, ove questi progetti nacquero e si svilupparono, la Società per la Cremazione viene fondata, nel 1883, da 12 Fratelli torinesi, tra i quali (citiamo solo i più noti):

– Ariodante Fabretti: M.’.V.’. della R.’.L.’. Dante Alighieri di Torino, membro del

Supremo Consiglio R.S.A.A., Segretario dell’Assemblea Costituente che proclamò

la Repubblica Romana nel 1849, Deputato al Parlamento Subalpino, Senatore del

Regno, Professore universitario, Direttore del Museo Egizio, Membro

dell’Accademia delle Scienze, Consigliere Comunale.

-Galileo Ferraris: Fratello, 33° Grado R.S.A.A., uomo politico, Scienziato,

Consigliere Comunale.

– Giovanni Battista Bottero: Fratello, medico, fondatore della Gazzetta del Popolo,

uomo politico deputato, successore di Cavour nel suo Collegio elettorale, alla morte

dello statista.

– Cesare Goldmann: M.’.V.’. della R.’.L.’. Pietro Micca di Torino, Amministratore

Comunale, uomo politico, finanziere.

– Tommaso Villa: Fratello della R.’.L.’. Dante Alighieri di Torino, membro del

Consiglio dell’Ordine, Ministro degli Interni e successivamente di Grazia e

Giustizia, Presidente della Camera, Sindaco di Torino.

– Luigi Pagliani: Fratello della R.’.L.’. Rienzi all’Oriente di Roma, Consigliere

dell’Ordine, Membro effettivo del Supremo Consiglio R.S.A.A., Professore universitario, autore delle prime leggi italiane di Sanità e responsabile della Sanità

Pubblica nel Governo Crispi.

L’apporto massonico alla nascita della cremazione a Torino risulta non solo da

un impegno a livello individuale di singoli massoni ma da un intervento diretto e

ufficiale in termini economici e logistici delle Logge, come si desume dai verbali

conservati nel Centro Studi Ariodante Fabretti.

Dall’opera di questi Fratelli e con l’aiuto, anche economico, delle Logge torinesi,

viene costruito il Tempio Crematorio: dal 1888 a Torino si sono così avuti funerali ed esequie uguali per tutti, senza divisioni di censo, di cultura, di ideologia e di sentimenti religiosi. L’opera costò 22.500 lire (1.500 mil. di oggi) di cui un terzo lire (500 mil, di oggi) coperte da un contributo del Comune e due terzi (1.000 mil. di oggi) coperte dai Fratelli e dalle Logge Torinesi.

Interessante leggere i documenti di allora, per capire quanto determinante fu 1a

partecipazione della massoneria alla affermazione dell’idea cremazionista.

Nella “Rivista della Massoneria Italiana” del 1° giugno 1874, si legge: “La Massoneria italiana, augurando che i Cimiteri divengano esclusivamente civili, mentre lascia ai singoli fratelli ed alle loro famiglie piena libertà di determinare il luogo ed il modo di deposito delle salme dei loro cari defunti, si propone di promuovere presso i municipi l’uso della cremazione, da sostituirsi all’interramento. Raccomanda perciò tale concetto a tutte le Officine, ed ai singoli fratelli lo studio di più sistemi atti a raggiungere l’intento in modo cauto, igienico e poco dispendioso. Le urne contenenti le ceneri dei massoni e delle loro famiglie, potrebbero così essere raccolte nei Templi o  nelle loro adiacenze, come in un sepolcreto di famiglia”.

Anche oggi a Torino c’è un’area (monumento a forma di Tempio massonico)

riservata alle ceneri dei fratelli e dei loro familiari.

La percentuale di massoni che si iscrivono alla SOCREM nel periodo 1890 –

1910 è altissima (valutabile intorno al 50%) e dai registri dei cremati risulta che molti altri massoni, non iscritti, si fecero cremare per cui c’è da ritenere che la cremazione, pur nell’assoluta libertà di scelta, fosse considerata nel mondo massonico il rito funebre di elezione.

Nel 1892 la SOCREM di Torino ottiene il riconoscimento a Ente Morale e da allora questa associazione di volontariato, voluta e tuttora sostenuta dai massoni, che

ha personalità giuridica e che non persegue scopi di natura economica © di lucro,

animata esclusivamente da motivazioni ideali, continua ad operare nella sfera morale e dei sentimenti più intimi dell’uomo, al raggiungimento di un fine altamente umanitario: la diffusione della cremazione, per il rispetto della dignità dell’uomo.

Poiché la diffusione della cremazione è legata alla crescita culturale della società, la nostra associazione sta diventando un centro propulsore di iniziative culturali e sociali a vasto raggio. Mi limito a citarne una sola: il Centro Studi Ariodante Fabretti, la cui attività è iniziata nel 1992.

Dopo aver predisposto le basi archivistiche e culturali, affinché gli studi potessero svolgersi con il necessario rigore scientifico, oggi il Centro Studi – nella prospettiva di trasformarsi in una vera e propria Fondazione – è diventato un punto di riferimento obbligato per chi si interessa dell’intreccio tra gli uomini, la vita, la morte c i riti. Opera in collaborazione con Università italiane (Torino, Roma, Bologna, Lecce) ed estere (Parigi, Utrecht, Strasburgo, ecc.).

Ha recentemente organizzato un seminario sui “riti funebri tra conservazione e

distruzione”, i cui atti sono stati pubblicati in un libro, che riporta anche il rito

funerario massonico.

Maestro venerabile, Fratelli carissimi. È tempo che mi avvii alla conclusione di

questa “Tavola”. Rimane solo più da precisare che oggi i massoni hanno un motivo in più, rispetto ai nostri Fratelli del secolo scorso, per interessarsi di cremazione.

Significativa è la seguente lettera pubblicata da “Specchio dei Tempi” lo scorso

7 agosto 1996: “Mio padre è morto una settimana fa, rispettando le sue volontà, è stato cremato nel cimitero di Pallanza – Verbania. Lo strazio di questo lutto è stato insultato e vilipeso dalle condizioni in cui questa cremazione è avvenuta: nessun segno, neanche piccolo, di una civile accoglienza ad un feretro. Intendo dire un luogo decoroso e pulito dove papà potesse aspettare che si compissero le ultime ore di permanenza su questa terra delle sue spoglie, ma un inverecondo stanzino in cui si ammassavano le cose più svariate (dai trapani elettrici ai calcinacci) ed il forno in bella evidenza che mi ha fatto l’orribile effetto di un lager!

Senza parlare del comportamento degli addetti, uno dei quali ci ha offesi solo perché avevamo chiesto informazioni su orari e procedure. Non ci vorrebbe molto a rendere più civile e rispettoso il luogo (basterebbe una piccola stanza imbiancata,

pulita e magari con un crocefisso, una tenda scorrevole a coprire pietosamente il forno crematorio). A chi tocca muoversi, per cortesia, lo faccia al più presto” (segue la firma).

Ho voluto citare questa lettera perché è emblematica di come questo antichissimo rito può degenerare e nel contempo essa indica il nuovo ruolo che i massoni ora hanno.

La causa di tanta desolazione è dovuta all’errore di considerare la cremazione

solo come una forma funeraria alternativa, mentre va inserita nella millenaria

tradizione culturale occidentale.

Il rito della cremazione presso tutte le civiltà e in tutti i tempi ha infatti sempre

avuto il fine di onorare il defunto, di rispettarne la dignità e di dare conforto ai parenti.

Una cremazione priva della ritualità si riduce ad una fredda operazione tecnica: una barbarie peri parenti colpiti dal dolore della scomparsa del proprio caro.

I valori morali coinvolti nel rito della cremazione difficilmente oggi si possono

coniugare con il distacco e l’indifferenza di un burocratico servizio comunale, svolto

da operatori spesso impreparati e insensibili.

Senza un rito funebre abdichiamo al diritto di chiamarci umani.

In caso di latitanza di noi massoni, la cremazione diventerebbe esclusivamente soggetto di operatori disinteressati al rispetto dei fondamentali sentimenti umani, se non di speculatori insensibili a motivazioni prive di contropartita monetaria.

L’opera dei nostri Fratelli del secolo scorso non è ancora compiuta.

La SOCREM, portatrice di un compito morale, si è posto – in un’ottica massonica – il problema del significato e della dignità del rito funebre e si è preoccupata di ripristinare e di arricchire il rituale della cremazione, per dar rilievo alla sacralità della morte, per evitare che questo avvenimento venga contagiato dall’impoverimento comunicativo, che oggi caratterizza le realtà metropolitane al momento del lutto. Ciò ha comportato un grosso lavoro di riorganizzazione e di ristrutturazione.

Attraverso questo rituale, nel quale sono rispettate le convinzioni religiose di ognuno c viene tutelata la dignità di essere umano dello scomparso, i congiunti

vengono accompagnati nel percorso di separazione dal proprio caro, anziché essere

abbandonati nell’angoscia e nella desolazione.

Noi massoni siamo infatti convinti che il dolore di una perdita può essere mitigato nel trasformare questo evento in qualcosa di meno crudele e insensato, in quanto pensiamo che la morte sia un processo trasformativo che non esaurisce il senso

di una esistenza.

Oggi che in Piemonte e nella Valle d’Aosta la cremazione sta diventando prevalente, c’è ancora bisogno di noi massoni, affinché sia gradualmente acquisita dalla società e praticata in modo civile ed umano. La trasformazione della mentalità ha infatti ritmi molto lenti rispetto a quelli degli avvenimenti.

Noi continueremo ad assolvere questo ruolo, cui dedichiamo il massimo impegno, e tutta la nostra tensione morale, perché siamo consci che così operiamo “per il bene e il progresso dell’umanità”.

8) RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Maestro Venerabile, se mi sono concessi ancora 2 minuti, vorrei concludere

questa Tavola con alcune riflessioni sul fuoco:

–il fuoco è la vita: ogni traccia di vita sulla Terra scomparirà quando si estinguerà

quel globo di fuoco che chiamiamo Sole,

–1 primi uomini avevano compreso l’importanza del fuoco e ne fecero motivo di

culto.

–Con il fuoco essi si riscaldavano, cucinavano il cibo, si difendevano dagli animali,

che ne erano terrorizzati.

–L’uomo è il solo essere del regno animale ad aver dominato il fuoco.

–Il fuoco, fin dall’antichità, ha avuto per l’uomo delle valenze positive. Nella mitologia greca era simbolo di libertà: Prometeo lo ruba agli dei e viene punito perché solo loro potevano crearlo (Giove) e utilizzarlo (Vulcano).

–Nell’antica Roma il fuoco era ancora motivo di culto e le Vestali dovevano custodirlo,

–Il fuoco presiede, sin dai tempi più antichi, ai riti di passaggio.

–Nell’iniziazione massonica è il fuoco che purifica e rigenera l’iniziato.

–Il fuoco indù è la soglia del sacro. Nella cultura indù, è sinonimo di salvezza,

significa uscire dalla ruota delle reincarnazioni.

–Noi massoni diciamo che prima di entrare in Tempio dobbiamo la: i metalli.

–Il fuoco del rogo ha il compito di liberare il divino che è nell’uomo dalla prigione

della materia.

–La cremazione dà alla morte la dignità di un sacrificio rituale, che accosta l’uomo

alla concezione dell’anima e alla sua immortalità.

–La forza ardente del fuoco rappresenta l’anelito dello spirito, nell’imminenza della

morte, ad abbandonare la materia, per librarsi in uno spazio più alto: una visione di liberazione.

–Nel BARDO THOÒDOL (il libro tibetano dei morti) è detto: “quando al defunto

appare la fulgida luce di fuoco che lo terrorizza, nella quale vorrebbe perdersi e da

cui vorrebbe fuggire, egli deve cedere e accumularsi in essa se vuole essere salvato”.

–L’elemento sottile e immateriale nascosto nell’uomo non può essere distrutto dal

fuoco, giacché l’uomo stesso è luminoso e fatto di fuoco.

–Nel linguaggio alchemico il fuoco è una sostanza pura, eterna, indispensabile per il compimento della Grande Opera

TAVOLA SCOLPITA DAL   FR.’. L. Scgll

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