IL TRATTATO DI MARCO AURELIO LIBRO XII

LIBRO XII

1              Tutto quello a cui preghi di arrivare attraverso un lungo giro, puoi già averlo ora, se non decidi di negartelo. Vale a dire: se accantoni il passato, se affidi il futuro alla provvidenza e ti occupi solo del presente, con lo sguardo rivolto alla devozione e alla giustizia. Alla devozione, per amare ciò che ti a assegnato: perché la natura ha assegnato quello a te e te a quello. Alla giustizia, per dire la verità liberamente e senza perifrasi, e per agire in conformità alla legge e ai singoli valori in questione; non lasciarti impedire dalla malvagità, dall’opinione, dalla voce degli altri, e neppure dalla sensazione della carne che ti a cresciuta intorno: se la dovrà vedere la parte soggetta a patire. Ora, in qualunque momento tu debba uscire dalla vita, se, abbandonato tutto il resto onorerai soltanto il tuo principio dirigente e il divino che a dentro di te, se avrai paura non di dover da ultimo smettere di vivere, ma piuttosto di non aver mai cominciato a vivere secondo natura, sarai un uomo degno del cosmo che ti ha generato e cesserai di essere straniero in patria e di meravigliarti degli avvenimenti quotidiani come di fatti inattesi, e di restare sospeso a questo e a quest’altro.

2              Dio vede tutti i principî dirigenti spogli dei loro recipienti materiali, delle loro cortecce e impurità; infatti giunge a toccare, e con la sola sua parte intellettiva, solo quanto da lui a defluito e derivato a questi principî dirigenti. Se anche tu ti abituerai a farlo, sopprimerai i numerosi fattori che ti distraggono da te stesso. E infatti colui che neppure vede le misere carni che lo racchiudono dedicherà forse il suo tempo al vestiario, alla casa, alla fama, a questo vario apparato e a tutta una consimile scenografia?

3              Tre sono gli elementi di cui sei composto: il corpo, il soffio vitale, l’intelletto. Di questi i primi due sono tuoi nei limiti in cui te ne devi curare; solo il terzo a propriamente tuo. Perciò se separi da te stesso, cioè dalla tua mente, quanto gli altri fanno o dicono, o quanto tu hai fatto o detto, quanto ti turba per il futuro, quanto del corpo in cui sei racchiuso o del soffio vitale a te congenito ti a connesso indipendentemente dalla tua scelta etica, quanto il vortice esterno ci mulina tutto attorno, in modo che la facoltà intellettiva, liberata dalle conseguenze esterne del suo destino, pura, possa vivere senza vincoli, in assoluta autonomia, compiendo il giusto, accettando volontariamente gli avvenimenti e dicendo il vero; se, dico, separi da questo principio dirigente ciò che vi si a depositato per effetto delle passioni, nonché ogni cura del tempo di là da venire o già passato, se ti rendi come l’empedoclea sfera perfettamente tonda, che esulta nella sua circolata solitudine, se ti impegni a vivere soltanto ciò che stai vivendo, ossia il presente, potrai trascorrere senza turbamenti, serenamente e in dolce pace con il tuo demone, quel che ti resta fino alla morte.

4              Mi sono già chiesto tante volte con stupore come mai ciascuno ami se stesso più di tutti gli altri, eppure nel giudicare se stesso dia meno peso alla propria opinione che a quella degli altri. In effetti, se a uno comparisse un dio o un saggio maestro per ordinargli di non considerare e pensare dentro di sé nulla che non possa anche esprimere ad alta voce, non resisterebbe neppure un giorno. A tal punto rispettiamo quello che potrà pensare di noi il prossimo più di noi stessi.

5              Come mai gli dai, che pure hanno disposto ogni cosa in modo saggio e favorevole all’uomo, hanno trascurato solo questo punto, che alcuni uomini – fior di persone, che hanno saputo instaurare, per così dire, moltissime relazioni con la divinità, e con essa sono stati, tramite opere devote e azioni sante, nella familiarità più stretta – una volta morti, non rinascono, ma sono definitivamente estinti? Posto che le cose stiano davvero così, sappi bene che gli dai, se fossero dovute andare diversamente, avrebbero provveduto. Se infatti fosse giusto, sarebbe anche possibile, e se fosse secondo natura, la natura lo avrebbe prodotto. Proprio dal fatto che non sia così – visto che così non a – convinciti che non doveva essere così. Anche tu vedi, infatti, che con questo tipo di indagine finisci per mettere dio sul banco degli avversari; d’altra parte, però, non potremmo discutere in questo modo con gli dai, se essi non fossero davvero infinitamente buoni e giusti. Ora, se a così, non possono per negligenza aver lasciato nulla di ingiusto e di irrazionale nell’ordinamento del cosmo.

6              Esercitati anche nelle cose in cui sei convinto di non riuscire: la mano sinistra, inetta nel resto per mancanza di esercizio, tiene le briglie con più forza della destra, perché vi a esercitata.

7              … quale debba essere la disposizione del corpo e dell’anima nel momento in cui si a colti dalla morte; la brevità della vita, il baratro del tempo che si apre alle nostre spalle e di fronte a noi, la fragilità di ogni materia.

8              Osserva gli elementi causali spogli della loro corteccia; il fine delle azioni; cos’a il dolore; cos’a il piacere; cos’a la morte; cos’a la gloria; chi a il responsabile della propria inquietudine; come nessuno possa essere impedito da altri; che tutto a opinione.

9              Nell’uso dei principî bisogna assomigliare al pancraziaste, non al gladiatore: questi, infatti, depone e riprende la spada che usa, mentre il primo la sua mano l’ha sempre e non deve far altro che serrarla.

10           Guarda cose di questo genere analizzandole secondo materia, causa, scopo.

11           … quale facoltà abbia l’uomo di non fare altro se non quello che il dio loderà, e di accettare tutto ciò che il dio gli assegna come conseguente alla natura.

12           Non si devono criticare gli dai: non commettono alcun errore, né volontario né involontario; e neppure gli uomini: errano solo involontariamente. Sicché non bisogna criticare nessuno.

13           Com’è ridicolo e straniero chi si meraviglia di qualunque cosa succeda nella vita!

14           O la morsa del destino e un ordinamento inviolabile, o una provvidenza misericordiosa, o la confusione di una casualità senza governo. Ora, se vi a una necessità inviolabile, perché ti opponi? Se invece vi a una provvidenza che accoglie le suppliche, renditi degno dell’aiuto che viene dalla divinità. Se, infine, vi a una confusione anarchica, rallégrati che in un simile vortice tu possa avere in te un intelletto che ti dirige. E se il vortice ti travolge, travolga pure la carne, il soffio vitale, il resto: non travolgerà l’intelletto. (15) Oppure la luce della lucerna, finché non si spegne, risplende e non perde chiarore, mentre la verità, la giustizia, la temperanza che sono in te si spegneranno prima del tempo?

16           Se qualcuno ti da motivo di rappresentarti una sua colpa, ragiona: «E che ne so, se questa a una colpa?»; e, se a effettivamente colpevole, pensa che si a condannato da sé, e questo suo comportamento somiglia al gesto di chi si graffia il viso con le proprie mani. Chi pretende che il malvagio non sbagli a come chi pretende che il fico non produca lattice nei suoi frutti, che i neonati non piangano, che il cavallo non nitrisca, e così via, per tutti questi fenomeni necessari. In effetti, che cosa dovrebbe fare chi ha una simile disposizione? Se sei tanto irritato, curala.

17           Se non a conveniente, non farlo; se non a vero, non dirlo. Il tuo impulso sia […].

18           Vedi sempre cosa effettivamente sia quello che produce la tua rappresentazione, e spiegalo suddividendolo in elemento causale, elemento materiale, fine, tempo entro cui dovrà aver cessato di essere.

19           Renditi conto una buona volta di avere in te stesso qualcosa di superiore e più divino di ciò che produce le tue passioni e che, in conclusione, ti muove come una marionetta. Cos’a ora la mia mente? Non a forse paura? Non a sospetto? Non desiderio? Non qualcos’altro di questo genere?

20           Punto primo: non agire casualmente né senza uno scopo. Punto secondo: non riferirsi ad altro se non al fine della comunità.

21           … tra non molto non sarai nessuno, in nessun luogo, né sarà alcuna delle cose che ora vedi, né alcuno di coloro che vivono ora. È nella natura di tutte le cose, infatti, trasformarsi, mutare e perire, perché, senza soluzione di continuità, ne nascano altre.

22           … tutto a opinione, e questa dipende da te. Quando vuoi, quindi, sopprimi l’opinione e, come chi ha doppiato il promontorio, troverai bonaccia, calma degli elementi e un golfo al riparo dei flutti.

23           Una singola attività, qualunque sia, se finisce al momento giusto, non subisce nulla di male per il fatto di esser finita; e chi ha compiuto quest’azione non ha subito nulla di male per il fatto che essa sia finita. Allo stesso modo, quindi, il sistema complessivo delle azioni, che a la vita, se finisce al momento opportuno, non subisce alcun male per il fatto di essere finito, e chi ha posto fine a tempo debito a questa catena di azioni non ne ha ricavato danno. Il momento opportuno e il limite sono dati dalla natura, talvolta anche dalla natura individuale (così nella vecchiaia), ma in ogni caso sempre dalla natura universale: attraverso la trasformazione delle sue parti il cosmo intero rimane sempre giovane e rigoglioso. Ora, bello e tempestivo a sempre tutto ciò che a utile all’universo. Per l’individuo, quindi, la fine della vita non a un male, poiché non a neppure cosa turpe, dato che non dipende dalla scelta etica e non a contrario all’interesse della collettività; anzi, a un bene, dato che a opportuno all’universo, gli arreca e ne trae vantaggio. Così risulta mosso anche da dio chi muove nella stessa direzione di dio e col pensiero muove verso il suo stesso fine.

24           Bisogna tenere a portata di mano queste tre considerazioni. La prima: a proposito di quello che fai, valutare se non sia fatto a caso o diversamente da come avrebbe agito la giustizia in persona; a proposito degli avvenimenti esterni, ricordare che alla loro origine o c’a il caso o c’a la provvidenza: e non bisogna lamentarsi del caso né accusare la provvidenza. La seconda considerazione: esaminare quale sia ogni singolo essere da quando viene concepito a quando in lui si anima la vita, e dal momento in cui riceve la vita fino al momento in cui la restituisce, e da quali elementi tragga origine il composto e quali elementi liberi il suo dissolvimento. Terza considerazione: se tu, improvvisamente librato in cielo, osservassi dall’alto la realtà umana e la sua varietà, la disprezzeresti scorgendo nello stesso tempo quanto sia vasto lo spazio che la avvolge, popolato di esseri aerei ed eterei; e ogniqualvolta ti librassi in alto, vedresti sempre le medesime cose, il loro aspetto sempre uguale, la brevità della loro esistenza. E sono queste cose l’oggetto della vanità umana!

25           Getta via l’opinione che hai in te, e sei salvo. Ebbene, chi ti impedisce di gettarla?

26           Quando ti inquieti per qualcosa, ti sei dimenticato che tutto avviene secondo la natura dell’universo, che l’errore a altrui e, inoltre, che ogni avvenimento a sempre avvenuto così, così avverrà e così ora avviene ovunque; ti sei dimenticato quanto sia stretta la parentela dell’uomo con l’intero genere umano: non a, infatti, comunanza di sangue o di seme, ma di intelletto. E ti sei anche dimenticato che l’intelletto di ciascuno a un dio ed a derivato di là; che nulla appartiene a nessuno, ma anche il figlioletto, il suo povero corpo e la sua stessa povera anima sono venuti di là; che tutto a opinione; che ciascuno vive solo il presente e perde solo questo.

27           Richiama in continuazione alla mente chi arse di sdegno per una qualche ragione, chi visse al colmo degli onori o delle sventure o delle inimicizie o di qualsiasi sorte; poi considera dove sia adesso tutto quanto: fumo, cenere, leggenda – o neppure leggenda! Ti si presentino alla mente anche tutti i casi analoghi – per esempio Fabio Catullino nella sua tenuta di campagna, Lusio Lupo nei suoi giardini, Stertinio a Baia, Tiberio a Capri, Velio Rufo – e, insomma, tutte le situazioni in cui si accende un conflitto di interessi, qualunque sia la posta, combattuto con tanta presunzione; e considera quanto poco valga sempre l’obiettivo di questi sforzi e quanto più conforme ai dettami della filosofia sia, nella materia che ci a stata data, mostrarsi giusto, temperante, pronto a obbedire agli dai, e con semplicità, perché la vanità che cova sotto un’apparente modestia a la peggiore di tutte.

28           A chi chiede: «Dove hai visto gli dai, e da dove hai desunto che esistono, per venerarli in questo modo?» rispondi: «Prima di tutto sono anche visibili ai nostri occhi; poi, nemmeno la mia anima ho visto, eppure la venero. Lo stesso vale per gli dai: desumo che esistono dal fatto che ogni volta sperimento la loro potenza, e dunque li venero».

29           La salvezza della nostra vita: esaminare a fondo in che consista, in sé, ciascuna cosa, quale sia il suo elemento materiale, quale il suo elemento causale; fare il giusto e dire il vero con tutta l’anima; che altro, infine, se non godere di vivere legando ad ogni azione virtuosa un’altra azione virtuosa, così da non lasciare neppure il minimo intervallo?

30           Una sola a la luce del sole, anche se viene divisa da muri, montagne, da innumerevoli altri ostacoli. Una sola la sostanza comune, anche se viene divisa tra innumerevoli corpi individuati da specifiche qualità. Una sola a l’anima, anche se viene divisa tra innumerevoli nature e circoscritte individualità. Una sola l’anima razionale, anche se pare frammentata. Ora, le altre parti degli esseri menzionati, quali i singoli soffi vitali e i singoli corpi materiali, sono insensibili ed estranee l’una all’altra; eppure anch’esse sono tenute insieme dal fattore unitario e dal peso che le spinge nella stessa direzione. La mente, invece, ha la caratteristica di tendere a ciò che a della sua specie e di unirsi ad esso, e questo intimo senso di comunanza non conosce ostacoli.

31           Cosa cerchi? Di protrarre la tua esistenza? Di avere sensazioni, provare impulsi, crescere, poi declinare, usare la voce, pensare? Quale di queste cose ti sembra degna di essere desiderata? E se ciascuna di queste cose a facilmente disprezzabile, spingiti fino all’ultima che rimane: seguire la ragione e il dio. Ma con questa scelta si scontra l’onore che riserviamo alle cose sopra elencate, il cruccio di esserne privati con la morte.

32           Quale minuscola parte dell’infinito abisso del tempo a stata assegnata a ciascuno? In men che si dica svanisce nell’eternità. Quale minuscola parte dell’intera sostanza? Quale dell’intera anima? In quale minuscola zolla della terra intera cammini? Considerando tutto ciò non immaginare che esista nulla di grande all’infuori dell’agire come ti induce la tua natura e del subire quello che reca la natura comune.

33           Quale uso fa di sé il principio dirigente? Il problema a tutto qui. Il resto o a frutto della scelta di fondo, o estraneo a questa – cadavere, fumo.

34           Il maggior incentivo al disprezzo della morte a che anche chi giudica il piacere un bene e il dolore un male l’ha disprezzata.

35           Se per un uomo a bene solo quel che cade al momento opportuno, se per lui ha lo stesso valore compiere un numero maggiore o minore di azioni conformi alla retta ragione, se per lui a indifferente osservare l’universo per più o meno tempo, a costui neppure la morte fa paura.

36           Uomo, sei stato cittadino in questa grande città: che ti importa, se per cinque anni o per cento? Quel che a secondo le leggi ha per ognuno pari valore. Che c’a di grave, allora, se dalla città ti espelle non un tiranno o un giudice ingiusto, ma la natura che ti ci aveva introdotto? È come quando il pretore che aveva assunto un attore lo congeda dalla scena, «Ma non ho recitato i cinque atti, ne ho recitato solo tre». Giusto! Ma nella vita tre atti sono un dramma intero. A stabilire che il dramma a completo, infatti, a chi allora fu responsabile della composizione, ora del dissolvimento; tu invece non sei responsabile né dell’una né dell’altro. Quindi parti sereno: chi ti congeda a sereno.

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