IL GRANDE ORIENTE – LA GUERRA D’ETIOPIA

LA GUERRA D’ETIOPIA
      La guerra d’Etiopia pose nuovi e gravi problemi al G.·.O.·.d’Italia in esilio. Passati all’Oriente Eterno altri esponenti di Palazzo Giustiniani (Giuseppe Meoni, Antonio Paternò, Mario Pace … ), perduta ogni speranza di recuperare almeno in parte i proventi della forzata vendita di Palazzo Giustiniani e dei tesori delle logge disciolte in Italia, divorati da disavventure finanziarie dei loro curatori e dal crollo delle imprese nelle quali erano stati investiti, il G.·.O.·.d’I.·. si trovò al bivio: denunciare l’imperialismo fascista, col rischio d’essere annoverato tra le fazioni antinazionali, oppure cogliere l’occasione per reinserirsi (in posizione inevitabilmente subalterna) nel coro di quanti correvano a plaudire al successo del regime. Quest’ultima fu la scelta di alcuni individui, del resto da tempo ai margini dell’Ordine, come lo stesso ex Gran Maestro Aggiunto, Arturo Labriola 46. La denunzia dell’imperialismo fascista, quale negazione dei principi umanitari, non era però tale da assicurare all’Ordine le simpatie delle Istituzioni di Stati, i cui governi si strappavano le vesti dinanzi alla brutalità del colonialismo fascista, dimenticando di possedere essi stessi immensi imperi, conquistati e tenuti insieme con metodi certo non meno convincenti di quelli mussoliniani.
      Il G.·.M.·., Alessandro Tedeschi, non esitò tuttavia a denunziare la « pazza impresa inumana » attuata dal regime 47, contrapponendole la tradizione liberomuratoria di rispetto delle nazionalità. « Dice Mussolini ch’egli vuol foggiare la grandezza e la fortuna d’Italia con un impero coloniale – argomentava il G.·.M.·. -, mentre quello ch’egli fa è esaurire ogni risorsa economica, indebitare il Paese per molti miliardi e ipotecare le future generazioni, mentre porta le attuali al macello, inutilmente e ingiustamente ». Raccomandando di « creare attorno a voi un’atmosfera di pace… », lontano dall’assecondare la « personale ambizione » del duce e la « violazione dei trattati, che lo accomuna a Hitler », Tedeschi riteneva ormai imminente « un nuovo conflitto europeo, che sarebbe il naufragio della civiltà ».
      Dinanzi alla grave crisi, il G.·.M.·. impartì nuove direttive in termini inequivocabili: « Oggi la Massoneria non può limitare l’opera sua alle discussioni filosofiche dei tempi, essa deve compiere nel mondo profano la sua opera di umanità, come sempre ha fatto quando le contingenze l’hanno chiamata a prendere il suo posto per lottare per il bene, per la libertà e per la giustizia ».
      « Siamo i soli fra le Massonerie perseguitate – egli concludeva, non senza una punta di legittimo orgoglio – ad avere conservato la nostra organizzazione, sia nei rispetti dell’Ordine che in quelli del Rito, e, diciamolo senza rancore ma non senza amarezza, contro la volontà delle Famiglie massoniche, le quali, quando noi abbiamo mostrato le nostre miserie e le nostre ferite, ci hanno chiesto la nostra fede di nascita ».
      Perciò – rialzate le colonne della Loggia “Propaganda Massonica“, già note a Mazzoni, Lemmi, Nathan, Torrigiani – a una nuova Officina il G.·.M.·. assegnò l’emblematico distintivo di « Vigilia »: attesa di un rivolgimento che dalla crisi generale d’Europa avrebbe fatto scaturire la soluzione per i casi d’Italia.
      Dal 1933 fu più chiaro che la sorte toccata dieci anni prima alla Massoneria italiana si ripeteva per le Comunioni massoniche di molti altri Paesi: Germania, Ungheria, Romania, Turchia. Nel biennio successivo continuarono, in crescendo, le manifestazioni d’intolleranza da parte di organizzazioni antimassoniche, sorrette dall’estremismo clericale e dai governi nazifascisti. Il 15 settembre 1934, la famigerata « Revue internationale des sociétés secrètes » tracciava un malevolo profilo della risorta massoneria italiana. Accanto a dati inoppugnabili – che rivelano la precisione delle fonti d’informazione alle quali attíngevano i suoi redattori – la rivista di mons. Jouin affermava che le officine italiane raccoglievano esuli politici evasi dal confino di Lipari (con evidente riferimento a Francesco Fausto Nitti) e due ex ministri 48. Organo della Ligue anti-judéo-maçonnique, la rivista riprendeva i motivi da tempo agitati, in Italia, da Giovanni Preziosi e da altri che saldavano l’antimassonismo nazional-fascista a quello clerico-nazionalistico di fine Ottocento.
      Nel 1936, infine, il capo della Federazione Fascista elvetica, Fonjallaz, lanciò in Svizzera la campagna referendaria per la messa al bando della Massoneria e sul foglio « Le Pilori » (= La Gogna) Georges Oltramare prese a pubblicare gli elenchi degli affiliati alle Logge, officina per officina 49, con l’indicazione dell’anno d’iniziazione: vere e proprie “liste di proscrizione“, i cui autori intimavano che i massoni venissero cacciati dai pubblici impieghi, sottoposti a restrizioni nell’esercizio dei diritti civili e privati della cittadinanza, ed esempio di un malcostume poi dilagante ancóra in questo secondo dopoguerra, anche se, nel caso elvetico, l’offensiva (respinta il 27-28 novembre 1937) fu ridicolizzata dal suo abbinamento con un referendum sull’aumento della tassa sui cani.
      Di fronte alla crisi europea, il G.·.O.·.d’I.·. mostrò di aver messo a frutto l’esperienza vissuta. Sin dal 1935 esso si prefisse la costituzione di una lega delle Massonerie perseguitate: progetto che nel marzo 1936 ottenne il consenso dei massoni austro-tedeschi e, nell’aprile, del G.·.M.·. portoghese in esilio, Alphonse Costa.
      L’iniziativa italiana riprendeva e ampliava quella della Loggia « Pionier » di Vienna, che allestì una « colonia massonica in Palestina, come luogo di rifugio per tutti i Fratelli (o simpatizzanti profani) esuli o perseguitati in tutti gli Stati ». Dai massoni austriaci partiva inoltre la proposta di una « organizzazione centrale ( … ) per la difesa morale della filosofia umanitaria, intesa a influire sugli Stati sottoposti a regime dittatoriale e su quelli che ne sono minacciati » 50.
      Un ulteriore impulso all’iniziativa del Grande Oriente d’Italia venne dall’alzamiento in Spagna, nel luglio 1936. Il predominio raggiunto da Francisco Franco – già noto per violenti attacchi alla Massoneria – si tradusse nell’eliminazione fisica dei massoni e dei loro simpatizzanti 51.
      Le ultime incertezze caddero, infine, nel giugno 1937, quando la sorte della repubblica spagnola risultò ormai segnata, in prospettiva, per la sproporzione tra gli aiuti promessi alla Repubblica da parte delle democrazie (che predicavano il “non intervento”) e quelli recati dai regimi di Berlino e di Roma a sostegno di Franco. Nei mesi precedenti i massoni italiani in esilio si erano prodigati a favore delle vittime della reazione in Spagna: una terra particolarmente vicina alla tradizione liberomuratoria italiana, tantoché più volte era stato preso in esame il trasferimento del G.·.0.·. in esilio a Barcellona o in altra città iberica.
      L’assemblea della Comunione Massonica del solstizio d’estate 1937 fu decisiva. Essa si aprì con la solenne commemorazione dei defunti 52: un rito che chiamò a pegno dei travagli massonici la memoria di sei antichi Maestri della parigina loggia « Figli d’Italia », dell’infaticabile Arturo Di Pietro, del coraggioso aviatore, Giordano Viezzoli, della « Eugenio Chiesa », e di Mario Angeloni, comandante della « Colonna Rosselli », caduti in difesa della repubblica di Madrid.
      « A questi scomparsi – dichiarò Tedeschi – deve aggiungere la Massoneria Italiana il nome dei fratelli Nello e Carlo Rosselli, vittime dell’esecrando regime fascista » 53. L’inclusione dei due martiri della cagoule nel novero delle figure da ricordare venne meglio spiegata dall’ampia relazione di Giuseppe Leti sulla Nuova orientazione politica dell’Italia in generale e della Massoneria italiana in particolare di fronte ai nuovi avvenimenti d’indole politica morale e sociale in Italia e nel mondo.
      In ordine ai « problemi eminentemente profani » – osservò Leti – « l’Italia ha perduto la sua libertà, che, del resto (aggiunse ispirandosi alla concezione radicale della storia) non aveva mai interamente goduto ». Per uscire dal tunnel « la politica non [era] più sufficiente alimento »: occorrevano bensì « provvidenze sociali e che tutti, partiti e masse, come i singoli, fossero dominati e guidati da un’alta legge morale ». Di lì la centralità della funzione dell’Ordine per la ricostruzione civile non solo dell’Italia.
      La Massoneria stessa era però chiamata a svolgere il proprio ruolo con maggior fermezza e chiarezza che in passato 54. Proprio mentre anche in Francia non mancavano inviti a privilegiare esclusivamente l’Arte, ovvero i simboli e l’iniziatismo, ma, al tempo stesso, si andava determinando una sorta di « anarchia massonica » per la sostituzione delle singole officine, quali nuclei originari, alla Comunione, anche i più strenui assertori della « apoliticità » della Libera Muratoria, invitavano a un modus vivendi o armistizio tra Chiesa e Massoneria dinanzi al convergente pericolo dell’avanzata di fascismo e bolscevismo. In quale senso dovevano dunque essere intesi i principi andersoniani in una situazione nei quali « i fatti (si mostravano) più potenti delle ideologie? ».
      Tedeschi si rifece, al riguardo, alla massima di Adriano Lemmi: « condurre la Massoneria all’acquisto e al sapiente governo di tanta forza morale, da informare in ogni caso e correggere, se occorra, l’indirizzo politico del Paese »: il che, spiegò, « non è opera, né politica, di partigiani, è assistenza superiore – apolitica e areligiosa – per aiutare partiti, chiese e ordini sociali a ricercare e a fare il Bene di ciascuno e di tutti ». Non diversa era, peraltro, la condotta tenuta tanto dalle Grandi Logge quanto dai Supremi conventi scozzesisti, al di qua e al di là dell’Atlantico, attraverso i tempi. Era del 1929 – ricordò ancora Leti – una Dichiarazione colla quale il S.·.C.·. (giurisdizione Sud) degli Usa, aveva rivendicato l’assoluta laicità dell’educazione, mentre altri poteri massonici avevano ribadito l’insopprimibile principio della libertà della persona quale fulcro della legislazione positiva.
      Per “ringiovanire” – l’altro obiettivo quindici anni prima additato da Domizio Torrigiani alla Famiglia italiana – occorreva dunque attendere « nei limiti delle attuali nostre deboli forze, allo studio di tutti i problemi ( … ) nonché alle provvidenze richieste dagli avvenimenti; e (fare) propaganda nel mondo esterno, a mezzo dei Fratelli, uti singuli, dei risultati e dei rimedi che potranno essere ritenuti utili ». Programma attivo di lotta, dunque. Nel quale la Comunione Italiana non fu lasciata sola.   46. ACS, MI, DGPS, Pol. Pol., 1936, b. 38, Massoneria internazionale.

47. Balaustra di A. Tedeschi. 7-VIII-1935 (originale in ACS, MI, DGPS, Gl, b. 67, Grande Oriente d’Italia; il testo successivo è tratto da circ. n. 46, Parigi, 28 aprile 1936 (originale in ACS, MI, DGPS, AA GG RR, 1903-49, cat. R/G, b. 429, sf. 2).

48. Sull’azione antimassonica della « Revue internationale des Sociétés Secrètes » carteggio in ACS, MI, DGPS, Pol. Pol., b. 77 e, per un suo profilo, A. J. FERRER BENIMELI, El contubernio judeo-masonico-comunista, Madrid, Istmo, 1982, pp. 187 e ss., con ampia bibliografia.

49. In margine alla pubblicazione dei primi elenchi (dal 12 giugno 1936 in poi) un appunto per la DPS di Roma affermava che in realtà essi non contenevano i nomi che gli antimassoni elvetici s’attendevano: anche in quel caso l’odio antimassonico non s’appagava delle liste di proscrizione se non mettevano alla gogna tutte le persone comunque invise ai moralisti d’occasione. Documentazione in ACS, MI, DGPS, 1920-45, a. 1936, b. 39 e ivi, Pol. Pol., b. 138. Tra gl’informatori più eccitati, il 5-XII-1938 un agente segnalava da Berna: « La M. internazionale ha un servizio d’informazioni segrete talmente bene organizzato che le è possibile prendere conoscenza delle segnalazioni che su di essa e sui suoi membri vengono fatte al servizio segreto italiano. In tutti i servizi governativi italiani siederebbero tuttora degli ex massoni, i quali avrebbero il compito di tenere minuziosamente informati i loro capi di tutto ».

50. Slekow ad Alessandro Tedeschi, Den Haag, 4-111-1936, secondo il quale i Fratelli emigrati o perseguitati « n’ayant rien à perdre et plutot tout a gagner, deploient une énergie supérieure et un activisme plus intense qu’ils n’en avaient besoin dans leur patrie ».

51. J. A. FERRER BENIMELI, La Masonería en Aragón, Zaragoza, Libreria General, 1979, vol. 3°: opera ampia e bene informata. Per l’antimassonismo di Francisco Franco Bahamonde v. J. BOOR (id est F. Franco), Masonería, Madrid, Graficas Valera, 1952 (rist. anastatica, Madrid, 1980).

52. Sin dal 29-XII-1931 l’Assemblea del Grande Oriente aveva approvato il calendario rituale: 9 febbraio, proclamazione della Repubblica romana; 10 marzo, anniversario della morte di Mazzini e rievocazione dei defunti; 21 aprile, natale di Roma; 1 maggio, festa alla Gloria del Lavoro; 20 settembre, data dell’unità d’Italia colla caduta del potere temporale; 4 novembre, fine vittoriosa della guerra, da commemorarsi come festa della Pace nel Mondo.

53. Da un appunto manoscritto di G. Leti poi ripreso nella Relazione all’Assemblea dal G.·.M.·., Alessandro Tedeschi: cfr. Appendice, doc. n. XIV.

54. Vivo e argomentato era stato l’appello all’unione europea, ribadito in G. LETI, Il Supremo Consiglio d’Italia, cit., p. 228. Il profondo mutamento del clima dei lavori massonici s’avvertì anche nei temi affrontati dalle relazioni inviate all’Assemblea dalle 10 logge dell’Obbedienza: per es. Educazione fisica e militarismo (dalla « Figli d’Italia » di Buenos Aires), La guerra civile in Spagna e la partecipazione ed il sacrificio dei ff. massoni per la causa della libertà in Spagna (relatore Facchinetti, della « Eugenio Chiesa » di Parigi). Anche i « 100 mattoni » riportati dal tronco di beneficenza fatto circolare al termine dell’Assemblea vennero consegnati al G.·.M.·. « per usarli a beneficio della Spagna come e quando lo crederà più opportuno ».  
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