” 2001: Dialogo fra le civiltà. Onorare la saggezza. Arricchirsi con la diversità.”
Rispett.mo Maestro Venerabile,
Carissimi Fratelli,
sono convinto, e certamente lo siete anche Voi, che un dialogo vero e costruttivo tra civiltà diverse non può prescindere dal superamento di qualsiasi tipo di barriere, siano esse etniche, ideologiche, culturali o, ancor più, religiose.
La storia recente e passata ci insegna, viceversa, come sia ancora lungo il cammino da percorrere.
Il primo pensiero va subito al Medio Oriente dove da anni, arabi ed israeliani, cercano di concretizzare un “dialogo” senza giungere, ad oggi, ad alcunché di positivo.
Il prezzo, che la popolazione civile di entrambi questi popoli sta pagando, non è dato solo dal numero di vite umane andate perdute; a pesare di più, soprattutto sulle generazioni future, sarà sicuramente il mancato sviluppo economico, oltre che sociale e culturale, di questa fascia di terra del mediterraneo.
Ancora la guerra nei balcani dove, già all’indomani dalla morte di Tito, è iniziato un processo di disgregazione politico che è poi sfociato in un conflitto tra popoli di etnia e religione diversa che ci ha veramente inorridito, mostrandoci fino a che punto può giungere l’odio razziale.
La strisciante guerra civile nell’Irlanda del Nord, che da anni, ormai, vede contrapposti protestanti di origine inglese e cattolici irlandesi.
Potremmo continuare, perché i conflitti in atto nel mondo sono purtroppo ancora tanti; ma ci bastano questi esempi per fare alcune considerazioni.
Subito, intanto, ci si pone una domanda: cosa fare, in aggiunta a ciò che è già stato fatto, perché questi conflitti cessino definitivamente ed altri non abbiano a ripetersi?
Come far capire che il diritto di ognuno di noi a riconoscersi in una patria, una lingua, una storia e, per chi ne sentisse il bisogno, in una religione, non può prescindere dall’attribuire tale diritto agli altri?
Penso che il lavoro più grosso da fare riguardi le coscienze degli uomini, che vanno educate ai valori della libertà, della uguaglianza e della fratellanza secondo il principio della reciprocità e non solo per esso.
Il compito di sensibilizzare le coscienze alla pacifica convivenza ed al rispetto degli altri, spetta, insomma, ad ognuno di noi, alle famiglie, alla scuola, allo Stato.
Uno Stato laico, però, ed aconfessionale.
Quasi sempre, infatti, e non solo nei casi appena citati, l’appartenenza a professioni di fede diverse, è motivo di
disgregazione sociale e di conflitto anche tra genti che, come nel caso dell’Irlanda del Nord, pure hanno una matrice etnica, culturale e storica comune.
Non può esserci dialogo se in qualche modo non ci si sente solidali con le altrui necessità.
Tolleranza, insomma, non solo quella espressa dal suo significato etimologico, ossia “ sopportazione o particolare disposizione dell’animo per la quale si ammette, senza turbarsi, che altri professino idee, opinioni o religioni diverse e contrarie”, ma andando ancora al di là di esso.
La globalizzazione, infatti, che induce uomini, economie e mercati ad integrarsi fra loro, che non pone freni e confini alla libera circolazione di uomini e merci, fa sì che la nostra società, quella occidentale in particolare, diventi sempre più multietnica e multirazziale.
La necessità del dialogo, allora, in nome della pacifica convivenza, deve far sì che ognuno di noi si senta aperto a tutti, e consideri le esperienze e le conoscenze di cui gli altri sono portatori come un motivo di interesse e di ulteriore arricchimento, culturale e spirituale insieme.
Un ruolo fondamentale, infine, lo può e lo deve svolgere la nostra Istituzione che, propugnando la solidarietà e la tolleranza tra i popoli, da sempre si batte per la valorizzazione dell’uomo in quanto tale, ovunque sia nato, qualunque credo professi e qualunque sia il colore della sua pelle, portatore di diritti e di doveri condivisi ed universalmente riconosciuti.