L’etica massonica tra paura e speranza nella società attuale
Oggi è il 9 novembre. Venti anni fa, il 9 novembre del 1989 cadeva il muro di Berlino e con esso crollava l’utopia del sistema ad economia pianificata.
Questa data è ormai considerata come un punto di riferimento della storia contemporanea perché l’abbattimento di questo simbolo che le democrazie occidentali identificavano come negazione di ogni libertà come minimo significava con certezza almeno una cosa: il tipo di società e di economia proposta dal sistema comunista, dopo una settantina d’anni di sperimentazioni, gettava la spugna.
Ma se vogliamo analizzare, anche solo un poco, il cambiamento recente della struttura economica mondiale, dobbiamo tenere in considerazione anche un’altra data. Il 15 aprile 1994 in Marocco, a Marrakech, veniva stipulato il trattato internazionale sul libero commercio mondiale, il WTO ( World Trade Organization).
Dopo questi due eventi il mondo non sarebbe più stato come prima, almeno per quello che riguarda la geografia economico politica. Grandi paesi asiatici, come la Cina l’India, coglievano in questa fase l’opportunità di rilancio e integrazione, e possiamo aggiungere anche l’Indonesia, il Brasile, il Vietnam. In altra parte del del mondo questo sconvolgimento veniva vissuto come minaccia alla tradizione e all’identità. Parte del mondo arabo reagiva infatti negativamente alla repentina trasformazione dello status quo e innalzava un baluardo religioso contro l’eventualità di una penetrazione commerciale globale. Il rinvigorire del fondamentalismo religioso e spesso del terrorismo erano da interpretare come tentativo di reazione al fenomeno.
Con la caduta di quelle barriere politiche che avevano diviso il mondo per più di mezzo secolo, da un alato si liberavano tutte quelle potenziali energie tecnologiche, soprattutto informatiche, che la guerra fredda aveva contribuito a congelare. Basti pensare alla rivoluzione costituita da Internet, un sistema di comunicazione che per anni era rimasto di esclusiva pertinenza ed uso dell’esercito americano. Da altro lato si mettevano in gioco sterminate masse di manodopera a basso costo che incontravano ingenti investimenti, in tempi rapidissimi, grazie alla libera circolazione, in tempo reale, di capitali illimitati. Il tutto per originare flussi finanziari colossali.
Il mercato unico, basato sulle regole del WTO, implicava tutta una serie di standardizzazioni e di semplificazioni, nella politica, nei costumi, nei consumi. Nasceva così quello che viene definito “ l’uomo a taglia unica” , un ideale prototipo di uomo-consumatore perfettamente adattato alla prospettiva della globalizzazione dei mercati.
La vecchia dialettica del mondo che ricercava affannosamente un equilibrio tra l’ideologia liberale e quella comunista, cedeva il passo ad un pensiero unico da cui scaturiva un nuovo materialismo storico dove il mercato diventava la centralità e il mercatismo la filosofia che tutto appiattiva e standardizzava.
Come sappiamo, ben presto, questo rapido modello di sviluppo evidenzierà inevitabili contraddizioni.
In questa fase dove i capitali occidentali si spostano andando incontro ai paradisi della manodopera a buon mercato,i salari occidentali subiscono l’effetto di un livellamento verso il basso, appiattendosi verso parametri che trovano origine nelle economie emergenti.
Per contro i costi del welfare occidentale non subiscono sostanziali riduzioni e lo stesso stile di vita, con i relativi costi, mantiene i sostanziali caratteri, sebbene la minore capacità di spesa induca un diffuso impoverimento della società che passa soprattutto attraverso i ceti medi, toccano tute blu e colletti bianchi.
Il conflitto classico della macchina che ruba lavoro, tipico di ogni precedente rivoluzione industriale, è sostituito dalla concorrenza indiretta che il salariato a buon mercato, cinese o indiano per lo più, esercita sul salariato europeo o americano, ma gli effetti del conflitto sociale che si determina rimangono identici.
E’ proprio a questo punto che si evidenzia la mancata capacità di capire il fenomeno e intervenire con misure correttive adeguate in grado di riportare equilibrio nel sistema.
Come reagisce l’Europa e soprattutto come reagiscono gli Stati Uniti d’America a questa situazione che a partire dagli anni 2001, 2002 e seguenti, manifesta evidenti segnali di questo squilibrio?
Ricordiamoci che il 2001 è l’anno in cui la Cina entra nel WTO.
Dopo gli anni dello smantellamento della nostra industria di base, dalla siderurgia alle miniere, alla chimica, inizia l’erosione della grande industria meccanica, con gravi ripercussioni in quei settori tipici del consumo dovuto al ricambio, auto, elettrodomestici ecc. Grossi settori manifatturieri, tessile, elettronica, prendono definitivamente la via della Cina in particolare.
La vecchia economia di fabbrica e d’impresa viene rimpiazzata dalla new economy.Non è piu il valore aggiunto del lavoro di trasformazione a creare ricchezza, ma il flusso finanziario stesso e la finanza crea e alimenta le sue risorse con delle bolle prima borsistiche, poi decisamente basate sull’artificioso gonfiamento dei valori immobiliari.
Praticamente, per garantire all’uomo-consumatore la capacità di spesa indispensabile per sostenere il ciclo del consumo di quei prodotti che il sistema sforna a ritmi crescenti (la cui produzione è ormai delocalizzata), il consumatore soprattutto inglese e statunitense, finanzia la sua necessaria capacità di spesa attingendo ad improbabili plusvalori immobiliari, e in modo sempre più massiccio.
Ad un certo punto l’artifizio del gonfiamento dei valori immobiliari non basta più, si arriva alla creazione di un mercato immobiliare artificiale, l’importante è stipulare un mutuo, la tecno finanza provvederà poi a monetizzare il finto investimento, rivendendolo all’interno di un perverso sistema bancario che distribuisce su tutto il pianeta rischi concreti e utili virtuali.
La grande fiera del consumo americano si alimentava in sostanza sul debito, e non solo quello immobiliare dei subprime ma anche quello esteso e diffuso delle carte di debito.
Ovvio che in Europa e in parte più modesta anche in Italia, la conseguenza del rischio che abbiamo importato quando le banche hanno acquistato e ridistribuito quei bond drogati, che promettevano alti guadagni, provenienti dalle centrali erogatrici di mutui, non si sono fatte attendere. Quando i nodi sono venuti al pettine, a nulla è valso l’aver spalmato il rischio un po’ in tutte le parti del mondo e il concretizzarsi di quei rischi ha originato nelle identiche proporzioni in cui era stato accettata la sfida speculativa, crisi e disoccupazione.
Al momento la fitta ragnatela di prodotti finanziari ad alto rischio, si sta via via diradando, grazie soprattutto ai massicci interventi pubblici, con danaro vero.
E’ chiaro che un’ inversione di tendenza s’impone, anche se persistono tentazioni, e un equilibrio più solido è auspicato da tutti. Il tentativo di costruire un economia sul debito è fallito, come era logico che fallisse, ed è propri da qui che è necessario ripartire in una visione più sana del mondo, in cui l’uomo e il lavoro riacquistino la posizione centrale che compete loro.
L’uomo massone, diverso per formazione dall’acritico uomo consumatore, può dare un contributo essenziale in questo necessario processo di rifondazione del sistema, mettendo in gioco i suoi valori morali, la sua filosofia umanistica, la sua sobrietà, il suo schietto ed essenziale stile di vita.
Il grembiule che indossiamo con vanto, simboleggia proprio il rispetto che nutriamo per il lavoro e ci rende consapevoli del ruolo che umilmente occupiamo e da cui vogliamo elevarci. Il lavoro che crea ricchezza trasformando il materiale e l’immateriale, ma che comunque rimane un mezzo, non il fine, il lavoro come strumento di crescita per il conseguimento del benessere dell’umana famiglia.
La nostra scuola ci induce a partire sempre da noi stessi, a guardare dentro di noi, prima di ogni altra considerazione, l’effetto immediato risulta la consapevolezza dei nostri limiti, ma anche il richiamo al senso di responsabilità individuale, quello che ci fa anteporre il dovere al diritto.
Proprio dal senso del dovere verso noi stessi si implementa il senso del dovere verso la famiglia e verso la società.
La crisi che viviamo, non è solo crisi economica, ma crisi morale, sociale. Consumo quindi esisto è un equazione che non fa per noi, non ci appaga.
In questi momenti i nostri principi etici basati sulla solidarietà, sulla fratellanza, assumono un valore più alto più necessario.
Della vita ci piace apprezzare anche il senso interiore, liberi dal bisogno e costantemente impegnati nella ricerca della comprensione. Del mondo conosciamo la forza, apprezziamo la bellezza, ricerchiamo la sapienza.
Identità e valori, senso del dovere, abnegazione, sono i pilastri etici che portiamo in noi per costruire un futuro trasparente della nostra luce.