Esiste la Bellezza?
Fratelli carissimi, anni fa un mio eminente collega, in una conferenza dedicata ai parchi naturali, disse che certi oggetti geologici, ovvero, certi prodotti di processi geologici, devono essere tutelati perché sono intrinsecamente belli. Gli scrissi facendo delle obiezioni. Ritrovata la lettera, mi sono accorto che il discorso era interessante. A cuor leggero, quella volta mi ero avventurato in un grande problema: praticamente, avevo abbozzato una tavola sulla Bellezza. Ho pensato di sottoporvi quelle considerazioni, aggiungendovi il frutto di qualche ulteriore riflessione. Dopo tutto, l’argomento della Bellezza è centrale nella visione massonica del mondo. Eppure se ne parla poco. Pensiamo ai nostri molti trinomi: la bellezza non compare mai. Ma ecco quanto scrivevo.
“La mia obiezione è che non esistono oggetti intrinsecamente belli, perché la bellezza non è un valore oggettivo. Certe combinazioni e proporzioni di lunghezze, angoli, frequenze, colori, filtrate dalla nostra esperienza, ci danno un’emozione che chiamiamo estetica. Noi, cioè la varietà indoeuropea dell’homo sapiens, sulla base delle nostre esperienze, abbiamo fissato delle tavole di valori, che usiamo per dare valutazioni di un parametro che chiamiamo bellezza. Quanto alla natura, non è ne bella né brutta. Chi (se non noi) ha deciso che l’aquila è bella e lo scarafaggio brutto? O che un sacchetto di plastica è meno bello di un fiore? E’ facile immaginare (basta un piccolo incidente cromosomico) un’altra umanità con un’altra cultura, per la quale il culmine dei valori estetici è rappresentato da una lattina arrugginita o da un vecchio pneumatico.
LUomo occidentale ha deciso che i Faraglioni di Capri sono belli: ma è poi proprio cosi? Sarebbe d’accordo un Boscimano? Un Van Gogh autentico mi dà una emozione estetica, mentre uno falso, se so che è falso, non mi fa ne caldo né freddo, anche se è indistinguibile. La meraviglia davanti al Van Gogh autentico è legata alla sua rarità: lo trovo bello perché so che è raro, non diversamente da un certo francobollo delle isole Mauritius. È bello per la corporazione di quelli che sanno che è raro.
Un altro esempio. Le bellissime incisioni rupestri della Val Camonica sono spesso coperte da un tappeto di sottobosco, che le ha protette per millenni. Per una persona che non abbia interessi paletnologici, quei disegni infantili possono apparire meno belli del tappeto vegetale, che solleviamo per ammirarli.
La visione ‘naturo-centrica’ del mondo, può portare a atteggiamenti aberranti. La funivia del Monte Bianco, che Reinhold Messner e i suoi amici ambientalisti vorrebbero abolire perché ‘brutta’, dà alla gente la possibilità di accedere a una bellezza grandiosa, altrimenti inaccessibile, e quindi inesistente: questo è il punto. Il Monte Bianco è bello solo se io lo guardo, altrimenti non è altro se non un mucchio di silicati.
Conclusione: massimo rispetto per la natura, perché la natura è l’ambiente nel quale dobbiamo vivere. Ci stanno a cuore il nostro mondo e certe nostre gratificazioni intellettuali: smettiamo quindi di mascherare tutto ciò con motivazioni mistificanti: noi amiamo la natura perché amiamo noi stessi. Proteggiamo pure i versanti ‘deturpati ‘ dall’erosione, dato che l’erosione ci crea dei problemi, ma non parliamo di bellezza intrinseca, per carità. Anche gli splendidi Faraglioni sono solo un prodotto di quella stessa erosione che deturpa i versanti.”
Rileggendo dopo dieci anni ho avuto l’impressione che in quella lettera avevo dato sfogo ad una vocazione per il paradosso, ma è proprio così? Il problema per me è irrisolto. Ho provato a elucubrare ulteriormente.
Chiaramente la bellezza è una di quelle che Cartesio chiamava “qualità secondarie” ovvero non scientificamente quantificabili. Eppure ci sono un paio di esempi che non quadrano.
Uno è quello della musica. Gli intervalli delle note musicali, scelti dall’uomo per soddisfare una sua esigenza estetica, in realtà, come sappiamo, corrispondono a rapporti matematici semplici delle frequenze. Ecco un caso nel quale la nostra valutazione estetica si rivela ancorata ad un riscontro oggettivo. L’altro esempio si incontra in pittura. I pittori del rinascimento, usavano spesso nei loro quadri una certa proporzione gratificante al nostro occhio, che chiamiamo sezione aurea, e che oggi sappiamo essere la soluzione di una equazione elementare, peraltro già nota ai costruttori delle cattedrali. Ma quei pittori con ogni probabilità ignoravano l’aspetto matematico e disegnando, senza far misure, seguivano semplicemente il loro istinto ovvero la loro pulsione estetica. Comunque, anche qui la valutazione estetica trova un riscontro oggettivo.
Il legame tra numero e bellezza resta misterioso. Dipingere proporzioni auree e scegliere intervalli musicali che corrispondono a rapporti matematici semplici è una forma di conoscenza intuitiva. Una delle poche che ci sono date.
Con questi due esempi, comunque, ci siamo spostati su un altro terreno ed un’altra forma di bellezza. Se esiste una bellezza che ci è data, quella della natura, esiste anche una bellezza che uomini creano, quella dell’arte. Per entrambe vale l’obiezione che ho già fatto. Il Boscimano, se ascolta Mozart, probabilmente non prova nessuna emozione estetica. La sua espressione artistica non ci emoziona, ma forse anche essa risponde a parametri di perfezione, che noi non conosciamo.
Espressione artistica forse significa proprio armonizzarsi, per via intuitiva, con misteriosi parametri di valore assoluto. Per questo possiamo pensarla come una via di realizzazione.
Col che, lascio la penna al Fr. G.D.S.
La Bellezza
La tavola del Fratello Rosalino evidenzia bene che qualsiasi dibattito in merito a valori relativi, idee, simboli, forme, pensieri, principi universali, non porta mai a conclusioni, punti di vista comuni, integrali, omogenei e che nel determinato la certezza è un poi, una evoluzione mentale che non ha traguardo.
LA realizzazione secondo la tradizione iniziatica non è nella visione, nel percepito e viene prima delle elaborazioni pensiero dell’intelletto nella mente. Riguarda proprio noi persona interiore unico cuore, centro. Sta nella comprensione che la nostra reale natura è una costante che non cambia, non duale al di là della contrapposizione soggetto oggetto e che la ricerca di questa costante, sostegno del relativo, è lo scopo per il quale ci ritroviamo. Va da se che una volta giunti a questa determinazione non c’è più da dibattere niente, ad ogni contrapposizione perché ogni opinione è visione parziale, giusta, corretta, parte necessaria di tutto – pensiero universale – che non è reale se considerato dal punto di vista metafisico, illusoriamente vero, se identificato alle coordinate causa spazio tempo.
La bellezza, se esiste, non è un concetto, è la conoscenza stessa. E indefinibile, indescrivibile, inafferrabile coi pensieri e le parole: issa, immanente, irradia e compie il tutto numero. Trascendente è coincidente con la verità, l’Assoluto.
La pura bellezza consapevolezza costante, contempla indifferente l’evento suo simbolo, amore di sé, coscienza, io sono: principio nel quale appare, automatismo, il credersi un nome corpo che agisce nel mondo.
Tutto si consuma in questa idea di essere corpo bellezza, identificazione, sogno consolidato, fuoco raffreddato, piombo alchemico, che nato deve morire nel succedersi dei fotogrammi del film dove, io sono, è l’unico, principio identico recitante gli indefiniti ruoli di enti, frutti della quintuplice miscellanea degli elementi e delle tre qualità: movimento, staticità, equilibrio.
Il Sé consapevolezza trascendenza assoluta dimenticando la sua reale natura si identifica con il meccanismo apparenza bellezza vibrazione suono, io sono questo, corpo, nome, cibo: singolo individuo, elemento, alteità, parte necessaria della trasformazione, limite, strumento impotente dell’effimero che non ha possibilità di decisione e scelta. Il credersi libero di agire nel divenire oggettuale è la causa prima del perdersi, il peccato originale.
Il Sé bellezza imprigionato nell’ignoranza metafisica, nel sonno sogno, si crede soggetto agente nel mondo della dualità e oggetto “tu” nella coscienza di enti che considera diversi da sé. Perso, frastornato, ottenebrato dall’incanto della sua bellezza riflessa dimentica che la visione percezione non è altro che una idea proiezione dell ‘ignoranza mente universale.
Questa coscienza bellezza amore, che a prima vista potrebbe sembrare un limite nell’assoluto non limitabile non è altro che quello stesso. Infatti Esso pura esistenza è pienezza contenente tutte le infinite possibilità principio.
Non raggiungibile con l’intelletto e la mente, sostrato, da vita equilibrio amore bellezza a tutto ciò che nelle coordinate spazio temporali si manifesta in lui. Esso fa risplendere l’universo delle dualità complementari e contrapposte, come i concetti opinione di bello e di brutto che nel loro rapporto antagonista non sono altro che riverbero di Lui cioè pura bellezza non duale.
Ponendosi da un punto di vista realizzativo è importante cogliere che l’io sono è identico alla pura bellezza verità, e quindi sapere che questa bellezza, presenza conscia, coscienza, questo principio divino, amore di sé, primo concetto, verbo, origine dell’esplosione primordiale universo, non è altro che oggetto accidentale nell’assoluto testimoniato dal Sé che è la verità stessa racchiusa nel vaso corpo mente.
Il tutto è il lui, colto questo, per il viaggiatore dello spirito, per l’iniziato le cose si semplificano.
Il metodo consiste nel praticare l’investigazione discriminante ciò che è reale da ciò che non lo è inferendo che è reale solamente quello che non cambia mai, non si trasforma, non sparisce.
Così attraverso la meditazione si ripulisce il primo concetto dalla sporcizia del relativo sia formale oggettivo esterno, sia formale soggettivo interno, di lì neutralizza la mente, creato il distacco filosofico, mentre il corpo continua autonomamente il suo sbattersi nel divenire causa, spazio, tempo, si giunge alla morte iniziatica, puri e nella più totale solitudine, abisso, blu indefinibile. Le scritture affermano che l’identità luce consapevolezza, bellezza, beatitudine, compare non per volontà, ma per pura grazia del maestro interiore, Io sono.
La realizzazione della pura bellezza non dipende da meccanismi mentali, culturali, eruditivi, è intuitiva e alla portata di tutto e di tutti dal verme all’uomo tecnologico perché la verità identità è uguale in tutti e gli enti possono accedere ad essa in quanto già Essa.
Noi oggettivati possiamo essere solamente quello che pensiamo:
Uomo animale, se la mostra coscienza conoscenza, io sono, si immedesima con attività, concetti, pensieri di natura umana animale.
Uomo divino, se la nostra coscienza consapevolezza si identifica a livello sottile di conseguenza materiale con concetti di natura spirituale e ai principi divini.
Uomo universale, se la nostra coscienza si coglie unica autoidentica, autorivelata riflessa in tutto.
Molto semplicemente siamo l’assoluto, quindi realizzati, solo nel momento in cui non ci uniamo più al percepito o meglio quando in noi sparisce il dualismo soggetto conoscenza oggetto: sonno profondo veglia.
Questa è la via che sto seguendo. Non devo fare altro che cogliermi ora e subito pura identità assoluta: io non sono questo corpo questa mente: l’assoluto non sono questo io sono.
Appena ci si pone dal punto di vista metafisico il problema realizzativo diventa concetto inconsistente; perché risulta evidente che la consapevolezza aseità – puro percepire – è la costante invariante Sé stesso.
R. Scch – G. d Slv, 19 marzo 1998 dell’e:.v:. (1 0 Grado)