Può valere la Frammassoneria come fine a se stessa?
Ora soltanto rispondo alla vostra domanda: “Non si può porre la Frammassoneria come scopo a se stessa”; semplicemente perché essa mi porge l’occasione per alcune determinazioni complementari.
Voi siete giunti a questa idea, come da voi medesimi comprendete, paragonando la Frammassoneria con la religione. Si può domandare, quale sia il fine della Chiesa: il propagamento della religione?
Senza dubbio, proprio di questa, poiché essa è meramente il risultato, l’esigenza dello spirito e del cuore nella loro armonia, il frutto della nostra saggezza, il più alto fiore della nostra ragione, la dignità della nostra natura. A che cosa deve essa ancora valere, o servire qual mezzo, che
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deve proporsi a scopo finale? Così l’Ordine dei Liberi Muratori esiste per mantenere, per conservare la
Frammassoneria; essa pure non è buona per alcunché, ma buona in sé e per sé, non già mezzo per un qualsiasi scopo. A che altro deve mai ancora mirare? Ciò ch’essa opera e può operare, ciò che essa ha generato in lui e anche in altri deve generare, questo deve conoscere il vero Massone: e questo è Frammassoneria.
Pertanto sarebbe vano, in generale, il ricercare un suo fine, come il rispondere a tal richiesta e l’impostare il concetto d’un siffatto fine (come noi abbiam fatto); essa verrebbe a desistere in forza di se medesima, dovrebbe assolutamente essere e sarebbe una parte costitutiva dell’assoluto.
E vi è un certo senso, in cui si può benissimo concepire questa tesi e nel quale essa è vera e importante; ma essa non sembra essere espressa in forma sufficientemente determinata. Si parla spesso, non preciserò qui se con esattezza filosofica, di un senso ampio e amplissimo, ristretto e strettissimo delle
parole e delle proposizioni nella filosofia. Sicché ciascuno potrebbe dire: «se io chiamo la Massoneria fine a se stessa, penso alla Massoneria nel suo significato più ristretto. Ma questa è per me appunto quella cultura comune [a tutti], puramente umana, che tu hai posto come fine della Massoneria. Quindi
per me il suo fine è essa medesima».
Ciò è giusto in sostanza, ma le parole sono un po’ oscure a comprendersi. L’uomo è fine a se stesso e quella cultura puramente umana è una maniera di essere dell’uomo assolutamente postulata, quindi una parte costitutiva di ciò che è fine a se stesso, ossia dell’assoluto. Ma si doveva pur da ognuno riconoscere per espressioni equivalenti Massoneria e cultura universalmente umana? La sentimentalità sonica (dopo che si abbia cioè spiegato a bella prima l’espressione nel modo teste concesso) può essere chiamata fine a se stesso ma suona poi tanto Massoneria, Ordine Frammassonico, quanto sentimentalità massonica? La Massoneria non è una cultura o un sentimento, ma una società colleganza. Non posso dire: il Fratello N. N. ha compiuto secondo la sua Frammassoneria questa
lodevole azione, ma essa è una prova dei suoi buoni sentimenti massonici; ovvero: il signor N. N. ha in sé la Frammassoneria, senza essere accolto nell’Ordine, sebbene egli può possedere la vera (massonica) sentimentalità di una cultura universalmente umana. Ma poiché ora la parola «Massoneria» indica
associazione, essa non può essere chiamata fine a se stessa, ma soltanto mezzo, poiché l’associazione per il fine prefisso è solo mezzo e non deve essere in senso assoluto, ma solo sotto la condizione di una certa situazione del mondo, quale essa è pur ora presente. Invero, soltanto perché lo scopo, che la società separata si propone, non può essere conseguito nella grande [società] come essa è presente, verrà fondata la società: separata. Ma la più grande società non è
necessariamente così come essa è: può venir pensata nel campo della ragione affatto diversamente, per lo meno senza la condizione più sopra indicata nella formazione dell’individuo: deve piuttosto progredire del continuo verso il meglio, e questo meglio consiste, affatto particolarmente, anche nell’uguaglianza e armonia della cultura di tutti gli individui. Se essa fa questo, nella stessa misura
appunto ch’essa in ciò progredisce la società, separata diventa meno necessaria; e quando quella ha raggiunto la sua meta, [questa è ormai] superflua e inconsistente. Ora, di una cosa tanto relativa si può dire che sia parte costitutiva dell’assoluto.ma; Si potrebbe replicare, che sia scopo di tutta l’umanità costituire un’unica grande colleganza, come presentemente dovrebbe essere quella massonica. Ma la stessa mera esistenza della Massoneria dimostra che ciò, che noi abbiamo chiamato fine in sé, non è ancora affatto conseguito.
L’esempio, di cui si fa uso per quella tesi, deve porre in più chiara luce il suo opposto. Si dice: non si potrebbe ricercare un fine della religione (o più precisamente: della religiosità, del sentimento religioso), ma invece un fine della Chiesa. Benissimo! solo che al concetto della religiosità appunto corrisponde non già il concetto della Massoneria, ma piuttosto quello della cultura puramente umana; a quello della Chiesa per contro [corrisponde] proprio quello della Massoneria, 0 (che poi è lo stesso) dell’Ordine dei Liberi Muratori.
Massoneria significa dunque (per riassumere tutto in breve) non il sentimento, bensì associazione: ma questa, per generare quel sentimento, e condizionata da alcunché di accidentale, che appunto per questo non potrebbe nemmeno essere € nel fatto non dovrebbe essere. La Massoneria non è quindi fine a se stessa, tanto poco quanto, secondo quella particolare opinione, la Chiesa; e per l’una come per l’altra si può, con tutti i diritti filosofici, ricercare i loro fini c determinarli in forma chiara e precisa.
Questo spero di aver fatto nei riguardi della Massoneria. Ma non siamo ancora alla fine: non solo dobbiamo ancora indagare che cosa e come operi la Massoneria tanto verso i suoi membri che verso il mondo, ma altresì distinguere compiutamente l’un dall’altro i principi fondamentali più sopra affermati
e applicarli più largamente, affinché essi diventino atti e sufficienti alla valutazione della situazione presente della Massoneria e dell’attività massonica.