IL LABIRINTO

IL LABIRINTO

Esiste in Massoneria, come in tutte le vie, una forma di “autopurificazione”. Direi anzi che tale evento rappresenta una fase iniziale, fondamentale, del nostro cammino.

L’abbandono dei metalli, squadrare la pietra grezza, il gabinetto di riflessione, coinvolgono anche questo valore.

Il significato di questa azione va esteso bel al di là del semplice discorso morale, ma sottintende orizzonti più ampi: l’abbandono di abitudini inveterate, di pregiudizi, di costruzioni mentali fasulle.

Questo tipo di purificazione, unito ad un comportamento eticamente corretto, sono condizioni considerate indispensabili per poter iniziare.

La partecipazione attiva ai riti, la meditazione sui simboli, il dialogo con i Fratelli permetterebbero il lento progresso lungo la via.

Esisterebbe dunque un’azione sinergica, un circolo virtuoso, tra l’eliminazione delle nostre “scorie” e la capacità di comprensione e di intuizione.

Sulla carta è tutto semplice e ovvio.

Se vogliamo passare dalle parole ai fatti, dal virtuale al reale, ecco nascere il titolo di questa tavola:

Il labirinto

– il luogo dove tutte le strade sembrano uguali, ma solo una porta al centro; – il luogo dove tutti si perdono, tranne chi possiede il filo di Arianna.

E un simbolo estremamente ricco di significati che richiederebbe una cultura esoterica ben superiore alla mia. Rievoca, comunque, il concetto di viaggio in territorio sconosciuto, di assenze di punti di riferimento, di selva oscura, di spirale, di discesa agli inferi e molti altri ancora.

Secondo alcune interpretazioni, tale simbolo, indicherebbe la vita del profano che, senza la “mappa del tesoro”, continua a cozzare contro gli specchi deformanti, come in quei vecchi baracconi da paese; l’iniziazione fornirebbe invece il famoso filo di Arianna.

Non so voi, ma io vi confesso serenamente che non ho la piena coscienza di avere in mano questo filo. La mia iniziazione forse è solo virtuale, forse è una questione di livelli di coscienza, o di karma da “scontare”, ma io procedo con difficoltà e lentezza. Infatti sono pieno di dubbi.

Non mi riferisco al dubbio paralizzante dell’agnostico che di fronte a due ipotetiche strade crede di non poter scegliere e si arresta; mi riferisco invece a colui che in ogni caso sceglie, ben sapendo che tale scelta è fondata su base non certa.

In questo secondo caso bisogna prestare molta attenzione ad ogni piccolo indizio di “errore”.

Il saggio, dicono i King, è come una vecchia volpe che attraversa un lago ghiacciato, attenta ad ogni minimo scricchiolio di cedimento.

A mio parere, il dubbio è il compagno naturale dell’Apprendista.

II mio grembiule non è bianco, non ho la bavetta alzata, ma temo che questo sia poco importante. Apprendista ricercatore, apprendista maestro si continua ad essere per lungo tempo.

All’interno del labirinto non si può essere sicuri che la strada scelta sia quella giusta. Si procede nel buio con il rischio che i nostri schemi mentali, non adatti alla nuova situazione, ci portino fuori strada.

In realtà esistono molte mappe del tesoro, antiche e recenti, alcune senz’altro vere, ma di difficile comprensione.

E interessante porsi il dubbio sulla nostra capacità di leggere e, soprattutto, sulla nostra reale volontà di leggerle.

Esistono poi i problemi della fedeltà delle traduzioni; della possibilità di manipolazione in buona e cattiva fede e della relativa frequenza di indicazioni contrastanti.

Inoltre, sappiamo bene che un atteggiamento solo fideistico nei confronti di “vie preconfezionate” comporta un appiattimento delle nostre capacità intellettive ed un allontanamento dalla strada che abbiamo scelto bussando al tempio.

In quest’ambito, il dubbio non è un tarlo che mina alle radici le nostre convinzioni, ma un’arma potente che ci evita grandi errori.

Dentro al labirinto, il viaggiatore passa da incrocio ad incrocio attraverso corridoi e scale cieche. Ciascun corridoio pare non avere altra funzione che portare all ‘incrocio successivo. Si possono attraversare incroci già visti, oppure altri che sono la riproduzione identica di incroci già oltrepassati.

Ecco che diventa importante riconoscere dei segnali che indichino il progresso lungo la via. La fiaba di Pollicino dovrebbe insegnarci qualcosa.

Tali segnali, ritornando a noi, dovrebbero indicare dei progressi di tipo spirituale e non solo di tipo intellettuale. Le conoscenze che abbiamo acquisito con i nostri studi personali, o grazie alle tavole dei Fratelli, devono essere interiorizzate. Se ciò non avviene, se malgrado “l’acculturamento” esoterico noi siamo sempre uguali, ci comportiamo nella stessa maniera, commettiamo regolarmente gli stessi errori, continuiamo a vivere, agire, parlare in modo superficiale, allora stiamo girando in tondo.

Ritengo che questo insegnamento che ci ha dato, in camera di Compagno. il Fratello S. P. con la tavola “I segni del Cambiamento” sia davvero fondamentale.

Ecco l’autopurificazione. E un lavoro faticoso, duro, doloroso che dovrebbe cambiare in modo radicale le mie convinzioni, il mio atteggiamento nei confronti del mondo esterno, dei Fratelli, delle conoscenze che avevo acquisito prima, che ora non posso più dare per scontate.

Forse la relativa facilità con cui si entra in Massoneria (una domandina burocratica, una tegolatura di qualche ora) si rivela un rischio.

Storicamente il periodo che precedeva le iniziazioni, sia cavalleresche, sia di altre vie prettamente orientali, prevedeva prove da superare e lunghe valutazioni di reale purificazione. Noi siamo entrati senza alcuna difficoltà. In un attimo si diventa Compagni e Maestri. Un corso accelerato.

Un giorno abbiamo affermato di “non saper né leggere, né scrivere”, poco tempo dopo ci ritroviamo a parlare di Luce; di Verità che è dentro di noi; di possibilità di raggiungere l’Uno superando la diversità e la molteplicità; di Grandi e Piccoli Misteri.

Niente asilo, pochissimi anni di scuola e sono all'”università”. Io so tutto e in realtà non so niente.

E l’umiltà? E il circolo virtuoso di purificazione ed intuizione? Uscire dal labirinto senza capire bene la differenza tra sapere ed essere, temo, sarà molto difficile.

Come ci è stato ripetuto mille volte, la Via non può essere studiata a memoria, la Via deve essere vissuta.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. S. Clnn,

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