Paura di volare
L’idea di scolpire questa tavola mi è venuta allorquando il Maestro Venerabile, incaricandomi di preparare la consueta relazione sulla riunione di Miasino, mi informò di possibili tensioni che tale iniziativa stava creando all’interno della Loggia.
Successive chiarificazioni sembrerebbero aver ridimensionato il problema, tuttavia la “cosa” mi ha colpito tanto da indurmi a scrivere queste brevi note.
Al termine della mia tavola su Maguzzano di qualche anno fa auspicavo che tale iniziativa potesse divenire una iniziativa della Loggia tutta e non di quella di un certo numero di Fratelli che vedevano nell’idea la possibilità di realizzare qualcosa che mirasse a colmare taluni possibili vuoti creati dalla semplice frequentazione del giovedì.
Si trattava e si tratta di rinforzare la conoscenza reciproca, creare la possibilità di amicizia, permettere ai neofiti di meglio amalgamarsi fra loro e con gli altri e, perché no, lavorare nelle migliori condizioni possibili su temi congeniali all’obiettivo che la nostra Loggia e I ‘Istituzione propugnano.
Tutte cose evidentemente non strettamente necessarie dal punto di vista della Loggia in quanto tale, ma che, ad avviso dei fautori dell’iniziativa, potevano aiutare in quel difficile percorso rappresentato dalla ricerca della verità o, più semplicemente, di noi stessi.
La ricerca del consenso all’interno della Loggia traeva origine dal fatto che non pochi fra i Fratelli che non aderivano all’iniziativa la vedevano, invece, come qualcosa di fuorviante rispetto all ‘Istituzione e portatrice, in prospettiva, di fenomeni trasversali e disgregatori.
Agli occhi di un semplice e di un idealista come il sottoscritto la tesi pareva (e pare tuttora) paradossale e cervellotica e, pur rispettando le idee altrui, si è continuato ad organizzare le riunioni nella segreta speranza di riuscire infine a convincere anche i più restii circa la bontà e l’assoluta buona fede dell ‘idea.
Rimane, in fondo, un poco di amarezza per non essere riusciti a trasmettere I ‘idea, a convincere che nulla di trasversale può nascere quando le intenzioni sono pure e che, invece, da tali incontri possono nascere spunti di lavoro per l’Officina, tutta alle prese, specialmente negli ultimi tempi, con una sorta di stanchezza intellettuale derivante, a mio avviso, da una domanda che un po’ tutti, specialmente i più anziani, cominciano a porsi: “ma cosa stiamo facendo?”
Questa sorta di stanchezza intellettuale di quasi tutta la Loggia, questa delegittimazione di Miasino un poco strumentale mi hanno convinto che il problema della Loggia possa riassumersi in quella che nel titolo di questo lavoro ho definito “paura di volare”.
Tutto ciò che è nuovo viene guardato con diffidenza come foriero di chissà quale maleficio, mentre non ci si rende conto che il vero problema da affrontare è la stanchezza e la mancanza di idee.
Ho la sensazione che per la maggioranza di noi il giovedì sera sia una “bella abitudine” ormai consolidata da anni di esperienza, ma senza più le pulsioni interiori dei primi anni, dedicati a cercare di capire, a cercare di fare.
La nostra conquista è dunque questa “bella abitudine” e nulla più?
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Distolti dal consueto tran-tran ci sentiamo perduti e cominciamo a filosofeggiare se la cosa sia aderente alle Costituzioni, se arrechi grave danno alla Loggia o, peggio ancora, se ciò sia iniziatico o meno.
L’abitudine, il tran-tran, questo l’obiettivo di una Loggia di quasi tutti Maestri?
Già tentai nella mia ultima tavola di trasmettere un messaggio che mi stava a cuore e cioè: “sviluppiamo al meglio le capacità dei Fratelli di questa Officina per tentare un lavoro collettivo che possa rendere tangibili gli effetti delle nostre conquiste e delle nostre conoscenze”.
Credevo e credo tuttora che questo sia il modo migliore per realizzare lo scopo che il rituale ci assegna che è quello di “lavorare al bene ed al progresso dell’Umanità”.
Comincio a pensare che molto più di noi fanno quei Fratelli che dedicandosi ad attività paramassoniche come gli Asili Notturni, L’Università Popolare o la Socrem realizzano con i fatti, anziché tante vuote parole, l’obiettivo che la nostra Istituzione si pone.
Ma se fino ad oggi non mi sono dedicato che molto marginalmente a tali attività è perché la mia idea, forse velleitaria, è quella che la Loggia deve cogliere dai suoi Lavori lo spunto per realizzare qualcosa che vada al di là del semplice confronto dialettico che si sviluppa nelle tornate.
Solo così tale confronto dialettico non rimarrà fine a sé stesso, non rimarrà solo “parole e parole”, ma potrà rappresentare la sintesi del meglio che la Loggia ha saputo realizzare negli anni.
Ed è questa capacità di darsi, almeno a livello di Maestri, obiettivi più ambiziosi, forse più concreti, certamente più difficili, che io definisco “paura di volare”.
Sembra quasi che la nostra Officina, dopo aver realizzato solide fondamenta, manche della capacità, o della forza, o della volontà per realizzare l’intero edificio.
Bravi nel realizzare la parte nascosta della costruzione (l ‘Officina è forte e non ha subito che piccoli contraccolpi dalle vicende esterne dell’associazione), ma incapaci di terminare l’opera (la realizzazione di un qualcosa che tale forza dimostri).
Queste, cari Fratelli, sono le mie considerazioni sulla salute della Loggia.
È Possibile che il problema sia soltanto mio. In questo caso perdonatemi si vi ho tediati.
TAVOLAQ DEL FR.’. G. F. Cmmrcc,