EVOLUZIONISMO

EVOLUZIONISMO

L’evoluzionismo, in una qualche sua forma, è la dottrina ufficiale della moderna biologia e, potremmo quasi dire, del moderno pensiero scientifico. Non è una teoria scientifica. Infatti, ha ricadute che investono il problema di fondo di ogni iniziato: chi siamo, dove andiamo, donde veniamo.

In realtà, la parola “evoluzionismo” viene usata per designare due cose molto diverse, che sono una scientifica, figlia del dott. Charles Darwin, e una ipotesi speculativa.

Cominciamo dalla prima. È basata sullo studio dei fossili, ed è la teoria secondo la quale, all ‘interno di ogni gruppo di organismi animali o vegetali, si riconoscono dei cambiamenti sviluppatisi col passare del tempo (e fin qui è semplicemente un dato di osservazione), cambiamenti che paiono andare nel senso di una maggiore adattabilità all’ambiente, e quindi di una maggiore probabilità di sopravvivenza. Di solito vanno anche nel senso di una crescente complessità, ma non necessariamente: non mancano organismi semplici e perfettamente adattati, che esistono da un tempo lontanissimo, e non hanno subito nessuna evoluzione. L’evoluzionismo che ho definito “scientifico” è tutto qui. La constatazione sulla quale si basa non è contestata da nessuno che prima abbia passato qualche ora a guardare i fossili in un museo di scienze naturali.

La teoria comincia quando si passa a proporre meccanismi evolutivi. Vorrei ricordarne almeno uno, quello delle catastrofi successive, perché è storicamente interessante. Sappiamo che nella storia della Terra migliaia e migliaia di specie animali si sono estinte, presto sostituite da altre. Secondo l’ipotesi catastrofista, che attualmente gode di molto credito, queste estinzioni sarebbero state determinate da eventi catastrofici e in particolare dall’impatto della Terra con grandi meteoriti. La possibilità di questo scontro era già sostenuta alla fine del 1600 dall’astronomo Halley (quello della cometa) in contrasto con Newton. La ragione dell’opposizione di Newton, secondo alcuni storici era probabilmente di opportunità, o se si preferisce di opportunismo. Per la chiesa, quel tipo di catastrofe era paragonabile alle “cause prime”, e quindi la teoria era da condannare come eretica. Meglio non correre rischi. Era ancor fresco il ricordo della vicenda di Galileo.

Qualunque sia il modello adottato, resta comunque il fatto che il prodotto di un processo evolutivo a priori non va pensato né migliore né peggiore di quel che lo ha preceduto. Sarà semplicemente più adatto a sopravvivere. In un sistema naturale, Mike Tyson ha una probabilità di sopravvivere certo superiore a quella di Madre Teresa di Calcutta.

Fin qui l’evoluzione delle forme di vita che conosciamo, perché ci sono state conservate allo stato fossile. Uno può chiedersi quale è stata la storia della vita più antica ed addirittura la storia pre-biotica, cioè anteriore alla vita, ed è qui che comincia l’altro evoluzionismo, quello che ho chiamato speculativo, perché non è più basato su una documentazione scientifica, ma solo su ipotesi. Utilizzando in modo discutibile una logica evoluzionista, qualcuno è arrivato alla conclusione che l’apparizione della vita è stata determinata da processi perfettamente casuali. Collisioni di atomi sono andate producendo molecole e composti via via più complessi, fino alle grosse molecole dei composti organici e fino agli amminoacidi che sono, per così dire, i mattoni costitutivi delle cellule viventi. Questa teoria è oggi contestata anche su base scientifica, come vedremo.

II meccanismo dell’evoluzione può prescindere da un creatore, anche se non è necessariamente cosi (Darwin stesso era credente). Per questo motivo l’idea è stata considerata empia, e scomunicata da tutte le chiese, come è ben noto.

Interessante la storia recente di questa polemica, quale si è sviluppata negli Stati Uniti, dove esiste una attenzione molto forte per le problematiche che investono aspetti etico-religiosi. Ebbene, c’è tutta una corrente di opinione la quale non ha mai accettato che, nella scuola, l’insegnamento delle scienze lasci spazio solo all’ipotesi evoluzionista, e che non venga parallelamente proposta anche quella creazionista.

Fin che tale istanza è stata portata avanti su base di fede religiosa, per gli oppositori è stata facile respingerla, anche semplicemente facendo appello alla ben nota laicità della costituzione degli Stati Uniti. Ma ora viene portata avanti in modo assai più “insidioso” (come dicono gli avversari), e cioè su base scientifica. II concetto (di per sé vecchissimo, ma ora argomentato scientificamente) è che taluni aspetti dei meccanismi biologici sono di tale perfezione e complessità, da rendere impossibile una loro origine casuale: devono quindi essere il prodotto di un “progetto intelligente” (è questo il nome dato al modello). L’esempio che viene fatto più comunemente è quello dell’occhio: un apparato capace di prestazioni così straordinarie, che il più perfetto prodotto della nostra tecnologia ottica non riesce nemmeno a avvicinarglisi.

Quanto alla evoluzione pre-biologica, o comunque a livello molecolare, esiste una critica al modello, che ho già citato in un articolo su Hiram (1993, n. 5). In una semplice proteina, composta da un centinaio di amminoacidi, i modi in cui essi possono combinarsi sono dell’ordine di IO elevato alla centotrentesima, ovvero un numero inimmaginabilmente alto. La possibilità che una proteina si formi in modo casuale è quindi così bassa da risultare “miracolosa”. E una cellula anche primitiva, per funzionare, deve possedere qualche migliaio di proteine appropriate. Per arrivare all ‘Uomo occorre una serie di miracoli, ma allora il biologo credente commenta che, miracolo per miracolo, preferisce tenersi i suoi.

Gli studiosi che dedicano tempo ed energie alla confutazione di queste obiezioni sono soprattutto i genetisti. La contro-obiezione è che l’esistenza di un “progetto intelligente” potrebbe ritenersi provata se il nostro DNA, ovvero il disegno del progetto, fosse perfetto. Il che non è. La mappa del DNA, se pure ancora imperfettamente conosciuta, ci rivela che esso è pieno di geni i quali sono praticamente dei rottami biologici. Infatti, non hanno nessuna funzione, proprio come se fossero il frutto di esperimenti evolutivi falliti. Questi “pseudogeni” si spiegano quindi in una logica evolutiva, mentre è impossibile attribuirli a un “progettista” di suprema intelligenza. Vi risparmio la ricca esemplificazione genetica.

Argomenti analoghi vengono portati anche a livello fisiologico. Ad esempio, la splendida struttura dell’occhio dei vertebrati (noi compresi) ha un “difetto di progettazione”: l’apparato neuronale sta davanti ai fotorecettori, così opacando la visione. Per fare un paragone automobilistico, è come se ci fosse un tergicristallo messo dentro l’auto invece che fuori. Questo difetto (assente in organismi inferiori) si spiega (dicono i fisiologi) su base evoluzionistica. Invece, un buon progettista avrebbe disegnato l’occhio in un altro modo. Personalmente, mi sentirei di avanzare una contro-contro-obiezione, e cioè che se c’è un “progettista intelligente”, è così supremamente intelligente da aver fatto un progetto nel quale entrano anche i nostri limiti di comprensione.

La controversia americana è riassunta in un articolo di un biologo (Kenneth R. Miller in ‘Technology Review”, edizione italiana, n. 68-69, 1994), il quale sostiene che gli argomenti antievoluzionisti non hanno validità scientifica. Ma vale la pena di riportare la chiusa dell’articolo.

“Chi è profondamente religioso può guardare all’evoluzione non come a una sfida, ma come alla vera dimostrazione della potenza e dell’ingegnosità del Creatore. La vastità e le implicazioni dell’evoluzione non possono che amplificare il senso di ammirazione per un creatore che ha saputo mettere in moto un simile meccanismo. Forse il grande architetto dell ‘universo (notare il linguaggio! n.d.r.) non si è curato di scrivere ogni singola base acida del DNA nel genoma umano, ma ciò non toglie nulla alla sua incredibile intelligenza”.

A questo punto ci si può porre una prima domanda, e cioè: c’è conflitto tra evoluzione e fede religiosa? La risposta di Miller, è chiaramente negativa. Ma il conflitto era negato da Darwin stesso che , nell”‘Origine della Specie”, scriveva:

“Grande è la maestosità di questa visione della vita, con i suoi molteplici poteri, insufflata dal Creatore in poche o forse in una sola forma; e che, mentre il nostro pianeta girava in accordo con le sempiterne leggi della gravità, si è evoluta e continua ad evolversi, da un si umile inizio, in una infinità di forme, tra le più splendide e meravigliose”.

Che l’evoluzione possa essere vista come il mezzo della creazione, è anche la posizione di almeno una corrente di pensiero della Chiesa di Roma: quella semieretizzante di Theilard de Chardin. Ma ecco allora la seconda domanda. È compatibile l’evoluzionismo con una visione tradizionale, e diciamo pure massonica?

In tutte le tradizioni compare in una qualche forma il mito della Perfezione degli Inizi, secondo il quale lo stato attuale rappresenta una caduta da uno stato edenico. Si parli di Paradiso Terrestre, o di Età dell ‘Oro, o di Krta Yuga, la diversità dell’espressione simbolica non nasconde la unicità della visione. Il traguardo di perfezione al quale la ricerca mira è appunto la restaurazione di quello stato edenico, o l’inizio di un nuovo ciclo. L’adepto ricerca il Graal, la Gerusalemme Celeste la Pietra Filosofale, la Parola Perduta.

E chiaro quindi che c’è incompatibilità se con “evoluzione” si intende qualcosa come “progresso”, ma questa è solo la visione marxiana. A questo proposito c’è un passo di Darwin molto significativo, che ho trovato citato in uno scritto di Ceronetti. Dice così: “Le nostre facoltà sono più adatte a riconoscere la meravigliosa struttura di uno scarafaggio che di un universo. E l’intelletto dell’uomo non è diventato superiore a quello dei Greci: questo va contro l’idea di uno sviluppo progressivo. L’intelletto dell’Uomo può degadarsi, ridursi a funzioni miserabili e automatiche. Nella mia teoria non c’è alcuna tendenza assoluta al progresso”. Davvero, non trovo niente di antitradizionale in queste parole. Che sono di Darwin, non di qualche mediocre suo interprete o adepto.

E comunque c’è un altro aspetto che è il più importante. Io penso che incompatibilità non c’è, in quanto i concetti della Tradizione e quelli della Scienza si collocano in due diversi sistemi di riferimento. La scienza è un linguaggio con la sua grammatica e la sua sintassi: si basa pertanto su convenzioni, che sono tuttavia perfettamente compatibili con i nostri apparati neuronali, e bene funzionali per una lettura del mondo fisico, e per soddisfare le nostre necessità.

Le verità della Tradizione sono invece atemporali e qualitative. Sono la descrizione di un altro aspetto del reale. Quando ne facciamo oggetto di calcoli e di datazioni, che vogliamo inserire nell’altro sistema di riferimento, il marchingegno non funziona. Per usare una moderna metafora, un sistema lavora in DOS e l’altro in Macintosh.

Se le tradizioni mi dicono che in illo tempore c’era uno stato edenico, ha senso che mi chieda in quale tempo e in quale luogo? Qualcuno mi dice che il Kaly yuga dura 1800 anni. Qualcuno mi dice che la “Notte di Brahma” dura 20 milioni di anni. E veramente importante mettersi ad analizzare se questi due dati sono compatibili, e se ci soddisfano su base storica? Per me, no. Se mi pongo in questa ottica, concludo che la Tradizione non è in conflitto né con l’evoluzione né più generalmente con la scienza moderna.

In chiusa di questo articolo, vorrei tornare al biologo Miller, al suo dio e alla chiusa del suo articolo.

Quel creatore che il biologo chiama “Grande Architetto” può andar bene. Ha perfino un profumo massonico.

Non muove né amore né odio.

Per quel dio nessuno ucciderebbe.

Ma conta?

E conoscibile?

È adatto a concedermi la Grazia?

Come si pone in confronto al dio sanguigno di San Pio V e del Vecchio Testamento, per il quale uomini uccidevano?

Sono tutte domande alle quali ogni massone può rispondere come gli piace, senza uscire dalle pietre di confine. Deo Gratias.

TAVOLA DEL FR.’. R. Scch,

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