QUANDO GLI EBREI ERANO “GIUDEI” E FRAMMASSONI 1 LIBERI MURATORI

QUANDO GLI EBREI ERANO “GIUDEI” E FRAMMASSONI 1 LIBERI MURATORI

Padre Giuseppe De Rosa S.J.narra la storia della “Civiltà Cattolica ” di Aldo A. Mola

Nel 1500 dalla fondazione “La Civiltà Cattolica” propone una pacata riflessione sulla propria storia. Ne è autore p. Giuseppe De Rosa S.J., una tra le colonne del “Collegio degli Scrittori” dell’importante quindicinale della Compagnia di Gesù. ln diciotto capitoli (poco più di duecento pp. compresa l’utilissima appendice sui Direttori della rivista, a cura di p. Guido Valentinuzzi S.J.) l’Autore (che si vale anche degli studi dei p. Pirri, Mucci, Fiocchi, G. Martina… S.J. e degli apporti di laici quali Gabriele De Rosa, Roger Aubert, A. Cestaro e altri spiega in sintesi “che cosa è” la “C.C.”, quale ne sia stata la storia dalla fondazione a oggi, e quali i terreni del suo maggiore impegno di “fedeltà a Gesù Cristo, alla Chiesa e al Papa”.

Il testo è intercalato da una scelta di fotografie che costituiscono quasi una storia nella storia per chi sappia leggere nei volti e cogliere i tempi di cui i corpi redazionali qui ritratti sono testimonianza emblematica.

Padre De Rosa attesta che “ancor oggi ogni articolo che viene presentato al direttore per essere pubblicato sulla rivista è da questi sottoposto alla revisione di due o più membri del “collegio” (così si chiama ufficialmente il gruppo dei redattori della rivista)”. Apportati i ritocchi suggeriti dai ‘lettori’, “un’ulteriore revisione ‘interna’ è fatta da tutto il collegio quando il fascicolo è in bozze ( … ) in tal modo si concretizza il fatto che tutto il collegio degli scrittori sia sostanzialmente corresponsabile di tutto quello che esce sulla Civiltà Cattolica nelle cui pagine “possono scrivere soltanto gesuiti, salvo rarissime eccezioni” (fra le quali ci piace ricordare l’indimenticabile massonologo don Franco Molinari, che sommò il frutto delle ricerche sue a quelli degli studi rigorosi in tale materia condotti da padre Giovanni Caprile S.J.).

V’è da credere che metodo non meno rigoroso venga seguito per la pubblicazione degli Editoriali; destinati a “far testo” sulle questioni più disparate e impegnative. Tantopiù — spiega ancora p. De Rosa S.J. – che prima della stampa ogni fascicolo passa attraverso il filtro ulteriore della Santa Sede per vaglio della sua conformità con l’ insegnamento della Chiesa in materia di fede e di morale (o almeno la non sostanziale difformità) e della opportunità o meno di pubblicare taluni articoli in particolari situazioni”. Se in passato era il Pontefice stesso a ricevere quindicinalmente il direttore della Civiltà Cattolica ora, anche per via delle molte assenze del Santo Padre da Roma, a incontrarlo è il Segretario di Stato vaticano o altro autorevole membro della Segreteria.

Per tutti questi motivi va apprezzata la differenza sostanziale anche sul piano lessicale del modo nel quale negli ultimi decenni l’autorevole e prestigiosa rivista è andata affrontando realtà storiche un tempo trattate con singolare asprezza. È il caso, per esempio, della massoneria e dell ‘ebraismo. Il 7 maggio 1884 — ricorda p. De Rosa S.J. la rivista usò la formula: “La massoneria, ecco il nemico”, speculare a quella di Léon Gambetta: “11 clericalismo, ecco il nemico”. Rileviamo per altro che Gambetta, come la generalità degli anticlericali dell’epoca, non scrisse dunque la Chiesa o il cristianesimo, sibbene “il clericalismo”, cioè quanto (non solo a lui) pareva un’esasperazione del temporalismo, quasi un ‘tradimento’ del messaggio evangelico stesso o se si preferisce della Rivelazione, del magistero dl Cristo, laddove la rivista replicava investendo non tanto “il massonismo” quanto la massoneria e, concretamente, i massoni, anzi la “setta giudaico-massonica” staffilata da una moltitudine impressionante di articoli, note storiche, zibaldoni romanzeschi (pensiamo a Massone e massona di p. Franco S.J.) ispirati dall’enciclica Humanum genus ( 1 884) e sfocianti persino in “pesanti e deprecabili articoli antigiudaici” come opportunamente scrive p. De Rosa S.J.

In effetti troppo a lungo gli ebrei vennero denominati ‘giudei’ proprio per quel tanto di spregiativo che si connette al termine, rievocante il tradimento e il ‘deicidio’; così come i liberi muratori venivan liquidati come “frammassoni”: formula alludente a pratiche cultuali sacrileghe o, almeno, ad indebite appropriazioni di valori carismatici, da certa opinione addebitate alle logge.

L’ Autore ripercorre con specchiato scrupolo i diversi orientamenti enunziati dalla Rivista in tema sia di ‘conciliazione’ tra fede cristiana e massoneria sia, ciò che più conta, sulla posizione degli affiliati alla massoneria dinanzi alla Chiesa: un tempo scomunicati, ora “in stato di peccato grave”, con mutamento disciplinare non da poco, dunque. Varrebbe forse la pena aggiungere che molte severe pronunzie sui rapporti chiesa-massoneria hanno seguito da presso esagitate affermazioni di pretesi “filosofi della massoneria”. Proprio quella del 2 novembre 1991 (sulla quale si chiude il capitolo in discorso: e non fu l’ultima in materia) seguì di qualche mese la dichiarazione alla stampa di chi aveva minacciato di mettere in campo le armi e gli eserciti (??) massonici ove il Pontefice non avesse ritrattato l’accusa alla Massoneria di agire come “potere segreto”: mai pronunziata, invero, dal Santo Padre, tantopiù che — rileviamo anzi — dalla sua elezione a oggi (salvo errore nostro, per mera disinformazione; e gradiremmo essere corretti, ove sbagliassimo) papa Giovanni Paolo II non ha mai pronunziato il termine neppure il nome di “massoneria”. Del pari altri editoriali furono provocati da massoni che, non si sa a quale titolo, si ersero a interpreti autentici e supremi della natura e della dottrina della Chiesa cattolica: un’ingerenza che comprendiamo possa riuscire insopportabile e sollecitare qualche puntualizzazione.

D’altronde, ricorda p. De Rosa S.J., la massoneria venne a lungo ritenuta dalla Rivista il minimo comun denominatore delle forze via via sorgenti in lotta contro la Chiesa: liberalismo. socialismo c comunismo: tema, quest’ultimo, al quale lo stesso p. De Rosa S.J. ha dedicato quarant’ anni di note critiche informatissime.

L’ Autore, infine, non tace la “piccola apertura” della Rivista al fascismo (p. 109) e un certo ritardo nella dichiarata avversione nei confronti del nazismo.

Questo sobrio volume sulla più antica rivista italiana fa auspicare analoghe operazioni di contestualizzazione storica del proprio patrimonio e dei modi della sua proposta da parte di altri ‘filoni’ culturali attivi in Italia (e non solo), lontano dalla presunzione di percorsi rettilinei, privi di incespicamcnti e di mende.

Le pacate pagine di p. De Rosa S.J. sulla Rivista della inducono infine alla prudenza e alla temperanza anche dinanzi a certe pronunzie recenti della “Civiltà Cattolica ‘: da accogliere in una visione di lungo periodo, come soleva fare p. Giovanni Caprile S.J. contemplando pazientemente dalla sua finestra di Villa Malta il tramonto rosseggiante del Cupolone di San Pietro: promessa di sempre nuova luce, non gà di tetro definitivo crepuscolo.

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